Decreto “competitività”: coordinamento tra “End of waste” e recupero semplificato?

Sono tre i nuovi commi che la legge n. 116/2014 ha aggiunto all’art. 216, D.Lgs. n. 152/2006, in sede di conversione del D.L. n. 91/2014, con l’obiettivo di coordinare la disciplina italiana sulle operazioni “individuate” di recupero di rifiuti in regime semplificato - come noto, incentrato sul meccanismo della comunicazione di inizio attività in luogo della domanda di autorizzazione - con quella dettata dai regolamenti europei in materia di End of Waste. Addirittura, le nuove misure sembrano, Nelle intenzioni del legislatore, volersi spingere oltre, estendendo l’applicazione del regime semplificato a tutte le attività di trattamento disciplinate dai citati regolamenti europei. L’armonizzazione appare tutt’altro che immediata e di facile realizzazione.

Il comma 4 dell’art. 13, D.L. n. 91/2014 - così come modificato e integrato dalla legge di conversione (legge n. 116/2014) - interviene sull’art. 216, D.Lgs. n. 152/2006, aggiungendovi i nuovi commi 8-quater , 8-quinquies e 8-sexies. Queste disposizioni si propongono di coordinare la disciplina italiana sulle operazioni “individuate” di recupero di rifiuti in regime semplificato - come noto, incentrato sul meccanismo della comunicazione di inizio attività in luogo della domanda di autorizzazione - con quella dettata dai regolamenti europei in materia di End of Waste [1. Si tratta del regolamento n. 333/2011/UE, sui rottami ferrosi, del regolamento n. 1179/2012/UE, sui rottami vetrosi e del regolamento n. 715/2013/UE, sui rottami di rame].  Armonizzazione che, sino a oggi, era in effetti apparsa tutt’altro che agevole e aveva dato luogo a non poche incertezze applicative.

Le nuove misure, tuttavia, paiono andare ben oltre questo obiettivo, dal momento che, a ben vedere, generalizzano l’applicazione del regime semplificato (finora circoscritto alle operazioni in grado di rispettare le tassative regole tecniche fissate dai DD.MM. 5 febbraio 1998, n. 61/2002, e n. 269/2005) a tutte le attività di trattamento disciplinate dai citati regolamenti europei.

Il comma 8-quater

La perentorietà del nuovo comma 8-quater dell’art. 216, D.Lgs. n. 152/2006, induce a ritenere che, d’ora innanzi, i regolamenti europei - ovviamente, rispetto alle tipologie di rifiuti interessate (e, sembrerebbe possibile affermare, limitatamente alle attività di trattamento da essi espressamente disciplinate) - costituiranno l’unico riferimento tecnico e normativo (eccezion fatta, naturalmente, per le parti degli articoli 214 e 216, compatibili con i regolamenti europei) per le operazioni di recupero in questione, senza dunque che possa più farsi riferimento ai “vecchi” decreti ministeriali attuativi del decreto “Ronchi” (D.Lgs. n. 22/1997). Anzi, proprio la sua perentorietà [vi si legge, infatti, «le attività di trattamento disciplinate dai regolamenti (…) sono sottoposte alle procedure semplificate disciplinate dall’articolo 214»] potrebbe far pensare che non vi sia più spazio, con riferimento a queste attività di trattamento, per il regime autorizzativo ordinario.

Il comma 1 del medesimo art. 216, peraltro, prevede più blandamente che l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti «può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente», motivo per cui, sino a oggi, i gestori di impianti destinati alle operazioni ammesse al regime semplificato potevano, comunque, decidere di richiedere - come di fatto è avvenuto in svariati casi - l’autorizzazione in regime ordinario. Se la suddetta interpretazione - che appare invero suffragata da una lettura della norma rispettosa dei consueti canoni ermeneutici ed è in linea con il più ampio disegno di semplificazione burocratica del D.L. n. 91/2014 - dovesse prevalere, occorrerà, tuttavia, interrogarsi sulle concrete conseguenze della riforma in esame anche sulle attività in corso che siano state sino a oggi svolte in regime ordinario, posto che il D.L. n. 91/2014, non si è affatto soffermato su questa eventualità.

Il successivo comma 8-sexies non si è, infatti, premurato di introdurre uno specifico regime transitorio collegato all’entrata in vigore del D.L. n. 91/2014, o della legge di conversione. Il discorso sembra essere diverso per le attività di trattamento, svolte sinora in regime ordinario, che consentano di ottenere anche “End of Waste” diversi e ulteriori (con riferimento sia alle operazioni effettuate sia alle destinazioni del rifiuto che ha cessato di essere tale; ciò vale anche per il caso in cui le attività in questione siano contemplate dai regolamenti europei, ma, ciononostante, nel corso delle stesse, le regole dettate da questi regolamenti ai fini dell’ottenimento di End of Waste non siano osservate nello loro totalità) rispetto a quelli espressamente contemplati dai regolamenti europei; in questo caso pare ragionevole ritenere che esse possano (e debbano) continuare a essere esercitate, nel loro complesso, soltanto in regime ordinario, anche in considerazione del fatto che quest’ultimo regime è più gravoso di quello semplificato. Questa interpretazione appare corroborata dalla disposizione di cui al successivo comma 8-sexies (su cui si tornerà).

Non è chiaro, inoltre, se restino in ogni caso ferme le quantità massime stabilite dalle norme di cui ai decreti ministeriali, così come in effetti era stabilito dall’originario testo del comma 8-quater dell’art. 13, D.L. n. 91/2014; la legge di conversione ha spostato questa specificazione nella norma transitoria di cui al comma 8-sexies , facendo così pensare che essa si applichi alle sole situazioni temporanee ivi contemplate. Se così fosse, la norma finirebbe, tuttavia, per sollevare dubbi in termini di ragionevolezza, nonché circa la sua compatibilità con la normativa europea, dal momento che l’art. 25, direttiva 2008/98/CE, subordina la possibilità per gli Stati membri di introdurre deroghe all’obbligo di autorizzazione espressa per le operazioni di recupero dei rifiuti alla condizione che vengano fissate regole generali che stabiliscono «i quantitativi di rifiuti che possono essere oggetto di deroga» (lo stesso D.M. 5 febbraio 1998 era stato oggetto di contestazione, per questo motivo, in sede unionale e, come conseguenza, il D.M. n. 186/2006, ha fissato le quantità massime di rifiuti trattabili annualmente; un richiamo espresso alla necessità di fissare tali limiti quantitativi figura del resto in più passaggi degli articoli 214 e 216, D.Lgs. n. 152/2006).

Appare, peraltro, irragionevole non avere previsto il medesimo regime per le operazioni di recupero a cui siano applicabili le norme tecniche adottate in sede nazionale ai sensi dell’art. 184-ter , comma 2, D.Lgs. n. 152/2006 [2. Si pensi ad esempio al D.M. 14 febbraio 2013, n. 22 relativo all’End of Waste dei combustibili solidi secondari (CSS)], al fine di stabilire i criteri specifici da rispettare affinché determinate tipologie di rifiuti cessino di essere qualificate come “rifiuto”.

Il comma 8-quinquies

Il successivo comma 8-quinquies dell’art. 216, D.Lgs. n. 152/2006, specifica che «l’operazione di recupero può consistere nel mero controllo sui materiali di rifiuto per verificare se soddisfino i criteri elaborati affinché gli stessi cessino di essere considerati rifiuti nel rispetto delle condizioni previste», sottoponendo questa “verifica” - che era e resta a tutti gli effetti un’operazione di recupero (vi rientra anche l’operazione definita «preparazione per il riutilizzo»[3. Coerentemente definita dall’art. 183, comma 1, lettera q), D.Lgs. n. 152/2006, come «le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento»]) e come tale da autorizzare anche se non comporta un “trattamento” del rifiuto - «alle procedure semplificate disciplinate dall’articolo 214 del presente decreto e dal presente articolo a condizione che siano rispettati tutti i requisiti, i criteri e le prescrizioni soggettive e oggettive previsti dai predetti regolamenti (…)». Essa si riallaccia chiaramente al comma 2 dell’art. 184-ter , D.Lgs. n. 152/2006, secondo cui «l’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni » (previsione che, nella sostanza, ha preso il posto del concetto, non più ammissibile, di “MPS fin dall’origine”). L’inciso «al pari delle altre» ha lo scopo di rendere applicabile alla predetta operazione di «mero controllo» il regime semplificato, dal momento che il richiamo va evidentemente riferito alle operazioni (ossia, alle attività di trattamento) di cui al precedente comma 8-quater.

Sul punto, il legislatore (che oramai ha dato più volte dimostrazione di ritenersi svincolato da qualsivoglia impegno di porre mano a un disegno riformatore organico e sistematico del D.Lgs. n. 152/2006, e procede quasi esclusivamente mediante lo strumento, abusato, della decretazione d’urgenza) ha forse perso l’occasione per spingersi oltre, nel senso che avrebbe potuto generalizzare l’applicazione del regime semplificato a tutte le operazioni di «mero controllo» dei rifiuti, anche qualora non ricadenti nel campo di applicazione (ancora piuttosto limitato) dei regolamenti europei in materia di End of Waste (beninteso, ove vi fossero, comunque, norme tecniche di riferimento adottate in sede nazionale) [4. Ciò anche considerando che non è stato ancora adottato il decreto attuativo di semplificazione previsto dall’art. 180-bis, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006, disposizione secondo la quale: «(…) Con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati di cui al comma 1, lett. b), ivi compresa la definizione di procedure autorizzative semplificate e di un catalogo esemplificativo di prodotti e rifiuti di prodotti che possono essere sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo o a preparazione per il riutilizzo»].

Il comma 8-sexies

Le procedure e le tempistiche di adattamento graduale alle nuove disposizioni di cui ai regolamenti europei in materia di End of Waste , man mano che essi sopravvengono, sono stabilite dal successivo comma 8-sexies , che introduce un termine di sei mesi - ossia, di fatto, un regime transitorio - decorrenti dalla data di entrata in vigore dei regolamenti medesimi, entro i quali gli impianti in esercizio devono adeguare le proprie attività, anche dal punto di vista autorizzativo. La formulazione della norma - che, si noti, richiama espressamente anche l’art. 9-bis , D.L. n. 172/2008, disposizione che disciplina la possibilità, per le autorizzazioni in regime ordinario e per gli accordi e i contratti di programma, di individuare caso per caso le caratteristiche dei materiali ottenuti dalle operazioni di recupero di rifiuti - non appare particolarmente felice, laddove prevede che gli enti e le imprese debbano adeguare le proprie attività «alle disposizioni di cui al medesimo comma 8- quater o all’articolo 208 del presente decreto».

Va, anzitutto, evidenziato che l’impresa dovrà premurarsi di coordinare questo nuovo termine con quello, di novanta giorni, previsto per la comunicazione di inizio attività. Inoltre, non risulta del tutto chiaro il richiamo all’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006; esso, peraltro, pare da intendersi nel senso che, una volta che entrino in vigore regolamenti europei che disciplinano le attività di trattamento precedentemente svolte in regime semplificato secondo le norme nazionali, le attività di trattamento non potranno più giovarsi del regime agevolato se non saranno in linea con i predetti regolamenti. Di conseguenza, l’impresa dovrà necessariamente avviare la procedura ordinaria di cui all’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006, per il rilascio dell’autorizzaziCartaone unica al trattamento di rifiuti. La norma prosegue specificando che, «fino alla scadenza di tale termine» (ossia, dei sei mesi) «è autorizzata la continuazione dell’attività in essere nel rispetto delle citate disposizioni del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio n. 161 del 2002 e n. 269 del 2005 e dell’articolo 9-bis del decreto-legge n. 172 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 210 del 2008». Se ne desume che, decorso il suddetto termine, le imprese che non abbiano adeguato la propria attività dovranno sospenderla, con tutto ciò che altrimenti ne conseguirebbe anche in termini sanzionatori. Anche questa previsione non è adeguatamente coordinata con quella, prima citata, secondo cui in certi casi dev’essere avviata la procedura ordinaria di cui all’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006; le imprese che si troveranno in questa situazione dovranno premurarsi di presentare con largo anticipo, rispetto alla scadenza dei sei mesi, la domanda di autorizzazione, poiché l’« adeguamento» al nuovo regime sembra, a tutti gli effetti, coincidere con l’ottenimento dell’autorizzazione unica al trattamento di rifiuti, risultato che - come è noto - sconta le prevedibili lungaggini del relativo procedimento amministrativo. Resta poi da capire se, nei casi in cui le attività svolte nell’impianto siano solo parzialmente comprese nel novero di quelle descritte dal pertinente regolamento europeo in tema di End of Waste e siano già autorizzate in regime ordinario, il gestore debba necessariamente accedere al regime semplificato per le attività che vi ricadano o possa, comunque, decidere di avvalersi del regime ordinario. L’interpretazione più plausibile sembra essere quella che consente al gestore di avvalersi del regime autorizzativo ordinario, tanto nel caso in cui le operazioni siano totalmente incluse fra quelle contemplate dal regolamento, quanto in quello in cui la sovrapposizione sia invece parziale, quantomeno sino alla naturale scadenza dell’autorizzazione in regime ordinario già rilasciata, fermi restando gli obblighi di adeguamento sotto il profilo tecnico e tecnologico ove sussistenti. Sul punto, è, tuttavia, auspicabile un chiarimento almeno in sede interpretativa e occorrerà, a ogni modo, attendere le prassi applicative per trarre conclusioni definitive. Si è già detto dell’inciso, ricollocato in questa disposizione dalla legge di conversione del DL 91/2014, in forza del quale «restano in ogni caso ferme le quantità massime stabilite dalle norme di cui al secondo periodo». Le imprese avranno perciò un duplice riferimento:

  • da un lato, i regolamenti europei per ciò che concerne le caratteristiche dei rifiuti in ingresso, i processi e le tecniche di trattamento, nonché le destinazioni del rifiuto che ha cessato di essere tale;
  • dall’altro, le precedenti norme tecniche nazionali riguardo ai limiti quantitativi.

A questo proposito, è appena il caso di osservare che, se si considera che nel «secondo periodo» figura anche il già menzionato art. 9- bis, D.L. n. 172/2008 (convertito con legge n. 210/2008), le quantità massime dei rifiuti trattabili annualmente non saranno in questo caso rinvenibili nelle predette norme, ma, semmai, nelle autorizzazioni ordinarie rilasciate o negli accordi e contratti di programma stipulati in forza delle stesse.

(a cura di  Andrea Martelli, avvocato in Milano e Mara Chilosi, avvocato in Milano, Chilosi Martelli - Studio Legale Associato; articolo tratto da Ambiente&Sicurezza n. 18/2014)

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