Infrastrutture idriche e gestione dell’acqua: quale futuro?

In Italia il 24% delle condotte di acquedotto ha un’età superiore ai 50 anni, così come il 27% delle reti fognarie, a fronte di vite utili regolatorie di 40 anni

Acqua: un bene pubblico dal futuro incerto

Il documento di economia e finanza (Def) 2019, in fase di approvazione, contiene, tra gli altri, disposizioni sull’uso e il consumo consapevole della risorsa idrica, riconoscendo l’acqua come bene naturale di diritto umano universale.

La discussione di questo tema è entrata in Parlamento lo scorso ottobre 2018, con un progetto di legge in materia di "Gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque" (pdl Ac 52) che si muove in continuità con un disegno di legge già presentato nella precedente legislatura e che a breve approderà in aula della Camera dei Deputati. Difatti, come riportato nella bozza del DEF 2019: «È obiettivo del Governo garantire l’accesso all’acqua quale bene comune e diritto umano universale, anche avvalendosi degli strumenti normativi europei. Sarà rafforzata la tutela quali-quantitativa della risorsa e si incentiverà l’uso di sistemi per ridurre gli sprechi e le dispersioni con l’introduzione e la diffusione di nuove tecnologie e si incrementeranno gli investimenti di natura pubblica sul servizio idrico integrato. Al riguardo, un progetto di legge in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque (A.C. n.773) è all’esame della Camera dei Deputati».

I punti critici del pdl Ac 52

Da una prima lettura del pdl Ac 52, emergono questioni di grande importanza che potranno creare forti criticità nella struttura del settore idrico a livello nazionale. In particolare, secondo la Federazione nazionale degli ordini dei chimici e dei fisici (Fncf) alcune proposte previste nel progetto di legge meritano un confronto approfondito, come ad esempio:

  • il principio di “unitarietà” della gestione, in luogo dell'unicità”, all’interno di bacini idrografici;
  • l’adesione facoltativa alla gestione unitaria del servizio idrico integrato per i Comuni con popolazione fino a 5 mila abitanti situati in territori di comunità montane o di unioni di comuni;
  • il restringimento degli affidamenti, consentiti in ambiti territoriali non superiori alle province o alle città metropolitane;
  • il ritorno delle competenze in materia di regolazione al Ministero dell’Ambiente. Così era sino al 2011, cioè prima del mandato conferito a un’autorità indipendente, l’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente denominata Arera.

Secondo Nausicaa Orlandi, presidente della Fncf «la situazione delle infrastrutture idriche e della gestione dell’acqua è fortemente critica e, per tentare un superamento della cronica debolezza strutturale, sono necessari ingenti investimenti che devono trovare urgentemente programmazione e relativa attuazione».

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I dati del deficit infrastrutturale e della gestione dell’acqua

In merito al deficit impiantisco[1]Dati Fncf, il 4% della popolazione è ancora priva di adeguati impianti acquedottistici, mentre il 7% di un collegamento alla rete fognaria. Sul versante della depurazione delle acque emerge poi un ritardo drammatico con il 15% della popolazione sprovvista di impianti di trattamento (il 21% del carico inquinante).

In Italia il 24% delle condotte di acquedotto ha un’età superiore ai 50 anni, così come il 27% delle reti fognarie, a fronte di vite utili regolatorie di 40 anni. Inoltre, il 92% degli interventi sulle reti idriche non è programmato, bensì avviene per riparare guasti alle condotte di adduzione dell’acqua per uso idropotabile che, vista la vetustà, hanno percentuali di perdite molto alte (in alcune aree anche superiori al 50% di quanto immesso in rete).
Gli investimenti nel settore idrico, dopo uno scenario decennale inerziale (30 euro/abitante/anno), hanno avuto qualche miglioramento con evidente ripresa (45 euro/abitante/anno) e con previsioni di crescita (in media oltre 50 euro/abitante/anno). Tuttavia, si è ancora molto lontani dal fabbisogno di 80 euro/abitante/anno. Serve quindi uno scenario più forte e di ripresa degli investimenti: da 3,2 Mld€/anno (oltre 50 €/abitante/anno) a 4,8 Mld€/anno (circa 80 €/abitante/anno). Attualmente, tali risorse sono, a livello regionale, reperite all’interno della tariffa a carico del consumatore.

Di recente, è stato adottato il piano straordinario per la realizzazione di interventi nel settore delle acque, come ha reso noto un comunicato del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 20 marzo 2019, n. 67.

Necessaria un’autorità nazionale terza e indipendente

Secondo il presidente della Fncf, «La natura pubblica del bene acqua potrebbe essere garantita in modo migliore da un’autorità nazionale terza e indipendente rispetto alle Regioni evitando così che si operi in modo differente a livello nazionale rispetto ai reali bisogni dell’utenza. Non si può parlare di tutela dell’ambiente a prescindere dall’argomento “acqua”. L’acqua è un bene che deve essere garantito a tutti, ma si deve comprendere anche che l’acqua è un valore ed un costo. Si deve arrivare a garantire a tutti la possibilità di utilizzare l’acqua per il reale fabbisogno personale, disincentivando lo spreco anche attraverso sistemi di differenziazione delle tariffe in funzione del consumo. Nel contempo, spetta al legislatore attivarsi per garantire la riduzione delle perdite idriche e dunque il relativo spreco d’acqua controllando le attività di manutenzione degli impianti e reti a cura dei gestori del servizio idrico integrato».

Note   [ + ]

1. Dati Fncf

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