Infortuni da Covid e inabilità temporanea assoluta (Ita) al centro di due raccomandazioni della sovrintendenza sanitaria centrale di Inail.
In particolare:
- la raccomandazione n. 5/2021 fornisce istruzioni sulla durata del periodo di Ita da infortunio Covid-19, precisando che «In questa fattispecie infettiva […] i concetti di guarigione clinica, di stabilizzazione del quadro e di prognosi medico-legale, non sempre coincidenti per le lesioni infortunistiche, devono risultare sovrapponibili»;
- la raccomandazione n. 8/2021 indica, invece, i criteri medico-legali nei casi per i quali ricorre la presunzione semplice nelle infezioni da Covid.
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Di seguito il testo delle due raccomandazioni.
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Raccomandazione della Sovrintendenza sanitaria centrale di Inail n. 5/2021
Istruzioni operative in tema di durata del periodo di ITA in infortuni da COVID-19.
A seguito delle segnalazioni pervenute a questa struttura in ordine alla definizione della durata del periodo di inabilità temporanea assoluta (ITA) da infortunio COVID-19, si forniscono le seguenti istruzioni operative.
Il periodo di ITA va regolarizzato nel momento in cui i dati clinici e strumentali e/o laboratoristici consentono la conferma diagnostica di infezione da COVID-19.
Per quanto attiene alla conferma diagnostica di cui alla circolare Inail n. 13 del 3 aprile 2020, stante la segnalata incostanza nella effettuazione dei test su tampone, secondaria alle difficoltà operative in fase di emergenza, in tali fattispecie può intendersi per “conferma diagnostica”, ai fini medico-legali indennitari, anche la ricorrenza di un quadro clinico e strumentale suggestivi di COVID-19, in compresenza di elementi anamnestico-circostanziali ed epidemiologici dirimenti. Potrà confortare la diagnosi medico-legale il risultato del test sierologico, qualora disponibile.
La positività virologica del tampone potrà essere desunta anche soltanto dalla annotazione specifica riportata nella documentazione sanitaria disponibile.
Il periodo di ITA partirà dal momento in cui è attestato l’inizio dell’astensione lavorativa, anche quando quest’ultima sia riferibile a quadro sindromico non specifico (ad esempio, un’affezione simil-influenzale), successivamente ricondotto a malattia COVID-19.
Qualsiasi documentazione medica, compresa quella rilasciata ai fini della malattia comune Inps, può essere ritenuta utile ai fini certificativi di infortunio. Gli eventuali dati mancanti potranno essere integrati nel corso della istruttoria medico-legale.
La definizione (termine) del periodo di ITA avverrà, quando l'infortunato è risultato asintomatico e negativo a due test molecolari, confortati in tal senso dai criteri forniti dal Ministero della salute (circolare n. 0006607 del 29.02.2020).
Infatti, l’allegato 1 (Parere del Consiglio Superiore di Sanità: definizione di Paziente guarito da Covid-19 e di paziente che ha eliminato il virus Sars-Cov-2) definisce clinicamente guarito da Covid-19 «un paziente che, dopo aver presentato manifestazioni cliniche (febbre, rinite, tosse, mal di gola, eventualmente dispnea e, nei casi più gravi, polmonite con insufficienza respiratoria) associate all’infezione virologicamente documentata da SARS-CoV-2, diventa asintomatico per risoluzione della sintomatologia clinica presentata. Il soggetto clinicamente guarito può risultare ancora positivo al test per la ricerca di SARS-CoV-2. Il paziente guarito è colui il quale risolve i sintomi dell’infezione da Covid-19 e che risulta negativo in due test consecutivi, effettuati a distanza di 24 ore uno dall’altro, per la ricerca di SARS-CoV-2. Pur non esistendo chiare evidenze a supporto, si ritiene opportuno suggerire di ritestare il paziente risultato positivo, a risoluzione dei sintomi clinici e, in caso di persistenza della sintomatologia, non prima di 7 giorni dal riscontro della prima positività».
Pertanto, soltanto nel caso in cui vi sia evidenza dell’esecuzione di due test molecolari consecutivi negativi, sarà possibile definire la fine del periodo di ITA. La data di fine del periodo di ITA coinciderà, in ogni caso, con la data di notifica del risultato negativo del secondo test.
In questa fattispecie infettiva, infatti, i concetti di guarigione clinica, di stabilizzazione del quadro e di prognosi medico-legale, non sempre coincidenti per le lesioni infortunistiche, devono risultare sovrapponibili.
Ciò al fine, eminentemente profilattico, di evitare di riammettere al lavoro soggetti non ancora guariti completamente dall’infezione, creando in tal fatta situazioni di pericolo per se stessi o di diffusione del contagio ad altri lavoratori, che condividono con l’infortunato l’ambiente di lavoro.
Per quanto attiene alla definizione sugli atti, la stessa si avvarrà degli elementi acquisiti dal lavoratore mediante contatto telefonico e/o telematico, dandone evidenza all’interno della procedura Carcliweb, nella sezione “Considerazioni mediche” ed eventualmente allegando nella sezione “Documentazione” la scansione della dichiarazione del soggetto.
Nel caso in cui il soggetto abbia ripreso l’attività lavorativa prima della conclusione dell’indagine medico-legale, il periodo di ITA andrà chiuso, riportando nella sezione “Considerazioni mediche” la seguente dicitura: “Fermo restando quanto previsto dalla Raccomandazione Ssc n. 5/2020, si prende atto della comunicata ripresa lavorativa da parte dell’infortunato e, pertanto, si procede alla definizione del periodo di ITA”.
Nel caso in cui vi sia ricomparsa dei sintomi dopo il secondo tampone negativo, se il primo periodo di ITA non è stato ancora definito, si procederà al prolungamento dello stesso sino alla risoluzione della sintomatologia e alla nuova negativizzazione del soggetto.
Qualora, invece, la ricomparsa dei sintomi avvenga a distanza di tempo dalla chiusura del primo periodo di ITA, si dovrà procedere all’apertura di un incarico di ricaduta ovvero di un nuovo incarico base, nel caso si trattasse di recidiva.
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Raccomandazione della Sovrintendenza sanitaria centrale di Inail n. 8/2021
Criteri medico-legali per la definizione della presunzione semplice nelle infezioni da SARS-CoV-2
Sono giunte a questa struttura richieste di chiarimenti in ordine all’applicazione della presunzione semplice per i casi di malattia-infortunio da COVID-19 richiedendo, peraltro, l’individuazione di ulteriori attività lavorative a integrazione dell’elenco esemplificativo, ma non esaustivo, riportato nella circolare Inail del 3 aprile 2020, n. 13.
Sotto il profilo medico-legale, l’accertamento della possibile fonte di contagio costituisce il primo momento dell’istruttoria medico-legale e richiede diversi passaggi valutativi, volti a qualificare il lavoratore come appartenente alla categoria a elevato rischio. Tale procedura presuppone lo stesso rigore metodologico applicato alle altre tipologie di eventi infortunistici o tecnopatici.
Più in particolare, la presunzione semplice non elide la necessità che l’istruttoria medico- legale contempli, caso per caso, le seguenti verifiche:
1. qualificazione del livello di rischio dell’attività lavorativa effettivamente svolta (evidenze tecnico-scientifiche[1] Inail (a cura del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale), Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione, aprile 2020.,casistica)
2. corrispondenza tra lo svolgimento in concreto dell’attività lavorativa e la categoria generale richiamata (momento di verifica fondato su: dettaglio di luogo e tempi di lavoro; analisi dei compiti e delle mansioni effettivamente prestati; rilievo anamnestico[2]Si ricorda che l’anamnesi “medico-legale” non rappresenta un atto di mero e supino recepimento delle informazioni ricevute dall’assicurato ma deve essere “dinamica”, ovvero critica, attraverso domande mirate, puntualmente riscontrata attraverso l’esame della documentazione e dei dati circostanziali disponibili. Tra i requisiti tipici dell’anamnesi, difatti, risultano anche l’attendibilità e la fedeltà ai fatti oggetto di valutazione, che si realizzano attraverso l’anamnesi guidata da specifici quesiti posti dal medico Inail.; informazioni formalmente pervenute dal datore di lavoro; risultanze di eventuali indagini ispettive sull’adozione delle misure di contenimento)
3. coincidenza tra dato epidemiologico territoriale e picco epidemico/pandemico e contagio (tempi di latenza sintomatologica/incubazione). Analogamente rileva il criterio epidemiologico aziendale, relativo alla presenza di altri lavoratori sul medesimo luogo di lavoro contagiati per esposizione riconducibile all’attività lavorativa (anche in questo caso con valutazione del criterio cronologico e del periodo di latenza)
4. prova contraria.
In merito alla verifica della prova contraria, va adottato il criterio di esclusione di altre possibili cause rispetto a quella lavorativa. Essa richiede, a sua volta, l’analisi di ulteriori elementi, quali:
- lavoro svolto effettivamente in presenza nell’ambiente a rischio di esposizione elevata (come sopra verificato)
- presenza di contagi familiari (con valutazione del criterio cronologico e del periodo di latenza)
- modalità di raggiungimento del luogo di lavoro, che potrebbe non giustificare il contagio professionale [sia per infortunio in occasione di lavoro e tanto più per quello in itinere (durante gli spostamenti da e per il luogo di lavoro, il luogo di abituale consumazione dei pasti, etc.)].
La dimostrazione condotta per i lavoratori esposti a elevato rischio di contagio, per i quali si applica il principio della presunzione semplice, a meno di prova contraria, conduce alla positiva verifica medico-legale. L’appartenenza del lavoratore alla categorie a elevato rischio professionale determina, quindi, il riconoscimento medico-legale del nesso causale. Vi possono, viceversa, essere situazioni in cui, pur appartenendo alla categoria a elevato rischio professionale, nel caso concreto, l’istruttoria medico-legale, secondo i principi sopra richiamati, non consente di soddisfare il nesso causale (si pensi, a esempio, all’operatore sanitario che non ha lavorato in presenza ovvero alla prova di un contagio intrafamiliare che, per tempi e modalità di insorgenza dell’infezione, rappresenta il reale momento infettante).
La presunzione semplice consente di superare la indeterminatezza del momento di contagio, in presenza di elementi di prova gravi, precisi e concordanti, che devono scaturire dall’istruttoria medico-legale, basata sui criteri elencati con i numeri da 1 a 4.
Sotto il profilo medico-legale, la presunzione semplice, quindi, facilita il riconoscimento per le categorie a elevato rischio, senza però introdurre alcun automatismo.
L’istruttoria medico-legale condotta secondo i criteri sopra elencati, innanzitutto, permette di individuare il gradiente di esposizione professionale, facendo emergere l’elevata rischiosità di contagio e, quindi, l’applicazione anche per tutte le altre categorie non previste nell’elenco dei principi ampiamente richiamati. Il mancato inserimento nell’elenco delle categorie lavorative a elevato rischio non preclude, né pregiudica in alcun modo l’ammissione del caso a tutela, anche quando ci si trovi in una condizione di solo rischio generico aggravato.
In definitiva, dunque, «gli infortuni da agenti biologici (il coronavirus è uno di questi) restano saldamente ancorati alla tutela infortunistica Inail. Le norme, la medicina legale e la giurisprudenza hanno contribuito a consolidare tale inquadramento asseverando, con costanza e sistematicità:
- la natura infortunistica delle infezioni e – nello specifico – della tutela assicurativo- sociale pubblica
- il rapporto tra l’infezione e l’attività lavorativa, sulla base di conoscenze scientifiche, dati statistico-casistici, caratteristiche dell’ambiente lavorativo, mansioni e compiti espletati in concreto, esclusione di altre cause. Tali principi, di estrema complessità applicativa, guidano saldamente anche i riconoscimenti degli infortuni da virus SARS- 3 CoV-2»[3]ROSSI P., Le infezioni come infortunio sul lavoro: ricostruzione storica del percorso normativo e dottrinario della tutela assicurativa, Rivista degli Infortuni e delle malattie professionali, n. 2-3, 2019. .
Note
1. | ↑ | Inail (a cura del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale), Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione, aprile 2020. |
2. | ↑ | Si ricorda che l’anamnesi “medico-legale” non rappresenta un atto di mero e supino recepimento delle informazioni ricevute dall’assicurato ma deve essere “dinamica”, ovvero critica, attraverso domande mirate, puntualmente riscontrata attraverso l’esame della documentazione e dei dati circostanziali disponibili. Tra i requisiti tipici dell’anamnesi, difatti, risultano anche l’attendibilità e la fedeltà ai fatti oggetto di valutazione, che si realizzano attraverso l’anamnesi guidata da specifici quesiti posti dal medico Inail. |
3. | ↑ | ROSSI P., Le infezioni come infortunio sul lavoro: ricostruzione storica del percorso normativo e dottrinario della tutela assicurativa, Rivista degli Infortuni e delle malattie professionali, n. 2-3, 2019. |