Cave e impatto ambientale: il Mite ha espresso un parere in risposta a un interpello della Regione Lombardia.
La vicenda ha preso le mosse dall'annullamento da parte del Tar (e conseguente ricorso al Consiglio di Stato), di un decreto regionale con il quale era stata espressa valutazione di incidenza negativa per la proposta di inserimento di un ambito estrattivo in un Comune. Nodo della questione il fatto che l'area in oggetto ricada nell'ambito di una zona di protezione speciale (Zps).
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Di seguito il testo dell'interpello della Regione Lombardia e la risposta del ministero della Transizione ecologica.
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Interpello Regione Lombardia 23 giugno 2022, n. 78909
Oggetto: interpello ambientale ai sensi dell'art. 3 septies del D.Lgs. 152/2006 in ordine all'interpretazione del DM 17 ottobre 2007 (divieto di nuove attività di cava).
Con il presente interpello si intende porre all'attenzione di Codesto Spettabile Ministero un quesito relativo alla esatta interpretazione da dare alla disposizione normativa di cui all'oggetto, sorto in relazione alla fattispecie di seguito descritta.
Con il decreto regionale n, (omissis), annullato con sentenza del TAR (omissis) è stata espressa valutazione di incidenza negativa per a proposta di revisione puntuale del Piano Cave provinciale di Bergamo per l'inserimento di un ambito estrattiva nel, Comune di (omissis) Tale area si trova nell'ambito della ZPS (omissis) e non era prevista quale, ambito estrattivo né nella previgente pianificazione, ne vi era attività estrattiva in corso
Nello specifico, la variante avviata prevedeva lo svolgimento di attività di coltivazione di cava in sotterraneo, nella ex miniera, oltre ad altre opere e attività di supporto connesse ed esterne, ovvero all'aperto.
Il TAR, annullando il decreto, ha stabilito che sia Regione che Provincia dovranno valutare specificamente se la cava, per caratteristiche e contesto, sia' compatibile con le esigenze di tutela delle specie insediate nelle gallerie, dell'avifauna selvatica e delle aree componenti la cd. Rete Natura 2000".
La sentenza è stata appellata dal(omissis) deducendo la mancata notifica del ricorso in primo grado, che sarebbe dovuta invece avvenire in quanto controinteressato, ricoprendo la qualifica di ente gestore della ZPS - sostenendo che l'art. 5, lett. n, del DM 184 del 17 ottobre 2017, recante criteri minimi uniformi per le misure di conservazione, avendo natura preventiva e pianificatoria, esclude che gli interventi che ne sono oggetto debbano essere sottoposti ad una valutazione di incidenza.
Tra i divieti posti in essere dal DM vi è appunto quello di "apertura di nuove cave e ampliamento di quelle esistenti, ad eccezione di quelle previste negli strumenti di pianificazione. generali e di settore vigenti alla data di emanazione del presente atto o che verranno approvati entro il periodo di transizione, prevedendo altresì che il recupero finale delle aree interessate dall'attività estrattiva sia realizzato a fini naturalistici e a condizione che sia. conseguita la positiva valutazione di incidenza dei singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione generali e di settore di riferimento dell'intervento".
li divieto è stato recepito dalla normativa regionale e dal piano di gestione della ZPS.
Il TAR è pervenuto alla decisione interpretando il parere del MATTM fornito (omissis) risposta a specifico quesito di RL sul divieto previsto dall'art. 5, lettera n) del DM 17 ottobre 2007, che a a finalità di adottare criteri minimi uniformi sulla base dei quali le regioni e le province debbano adottare le misure di conservazione da applicare ai siti rete Natura 2000.
Il (omissis) anche nell'appello proposto al Consiglio di Stato avverso la sentenza. Il (omissis) sostiene che il parere a altro tenore, ed invita unicamente le amministrazioni a procedere alla valutazione dell'istanza facendo applicazione del D.M. e a verificando lo stato di conservazione delle specie ipogee, a cui si deve apprestare una tutela ulteriore a qùella prevista delle misure minime di conservazione.
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Delineato il contesto fattuale, si ritiene necessario evidenziare quanto segue sotto il profilo dell'interpretazione giuridica del D.M., specificando i motivi alla base del decreto regionale che ha espresso una valutazione di incidenza negativa fondata sul contrasto con il divieto e che dunque ha determinato .poi l'arresto della pianificazione.
Il Ministero, nel parere reso, afferma che "il divieto è esteso a tutte le attività di cava", quindi anche alle cave nelle quali si esercita attività in sotterraneo;
e che il DM "non fa riferimento a estrazioni da miniera". il MATTM conclude che l'attività di miniera sopportata da funzioni esterne ad essa, e quindi la sua eventuale configurazione come attività di cava, necessiti di una valutazione che rispetti, oltre che la Direttiva Uccelli, anche il DM 17 ottobre 2007".
Ora, le espressioni di "cava" e "miniera" sono differenziate a livello normativo dal titolo amministrativo dell'attività estrattiva; il R.d. 29, luglio 1927 n. 1443 prevede che miniera sia la coltivazione di sostanze strategiche consentita mediante concessione, mentre che cava sia la coltivazione di altre sostanze minerali assentata con mera autorizzazione.
Il quadro normativo nulla ha a che fare con la distinzione, operata nel linguaggio comune,, per la quale si associa il lavoro in miniera 'ad un'attività svolta in sotterraneo ed il lavoro di cava ad un'attività a cielo aperto. Invero, al giorno d'oggi, grazie alla disponibilità di nuove tecnologie di scavo e di sostegno dei vuoti, di interventi di recupero ambientale e della diversa sensibilità verso il paesaggio, sempre più spesso anche l'attività di cava avviene in sotterraneo, Nello specifico caso(omissis), seppur proposta in sotterraneo, ma anche con opere.e attività esterne, l'attività si qualifica a ogni effetto come attività di cava.
Per tale motivo Regione Lombardia ha ritenuto e continua a ritenere corretta l'interpretazione del D.M. secondo cui l'istruttoria per valutare se la coltivazione sia compatibile con le esigenze di tutela di Rete Natura 2000 risulterebbe improcedibile per l'attività di cava, che si scontra con un divieto assoluto di apertura di nuove cave e ampliamento di quelle esistenti, sia che l'attività sia svolta in superficie che in sotterranea, proprio in ragione del fatto che l'attività estrattiva non ha carattere strategico. Una valutazione di incidenza potrebbe semmai essere ipotizzata qualora si sia dinanzi ad un'attività di miniera nel senso amministrativo del termine, considerato il carattere strategico che la legge attribuisce alla stessa.
Si ritiene, infatti, che non sia rilevante ai fini dell'applicazione del divieto in oggetto la distinzione fra attività superficiali o in sotterranea, poiché entrambe le modalità di coltivazione possono comportare rilevanti impatti sulle aree protette (si pensi, a titolo di esempio, alla tutela delle specie che trovano rifugio nelle cavità oppure ad Una attività in sotterranea che possa intercettare sorgenti d'acqua, con prosciugamento di corsi d'acqua superficiali).
Pur non essendo stato esplicitato nel decreto regionale, è proprio tale distinzione ché è stata posta alla base dello stesso e che ha condotto RL ad esprimere valutazione di incidenza negativa anche in assenza della specifica istruttoria, in quanto l'attività (anche sotterranea) relativa all'area in oggetto risulta essere a tutti gli effetti attività di cava.
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Considerato quanto sopra esposto, il sottoscritto Attilio Fontana, in qualità di Presidente pro-tempore della Regione Lombardia,
INTERPELLA
codesto Spettabile Dipartimento del Ministero per la Transizione ecologica, ai sensi dell'articolo 3 septies del D.lgs. 152/2006 in ordine all'interpretazione del divieto posto dal DM 17 ottobre 2007, chiedendo se sia corretta l'interpretazione secondo cui l'istruttoria sull'incidenza sarebbe necessaria solo in presenza di un'attività di miniera qualificata tale sotto il profilo amministrativo in quanto ricadente nell'ambito di applicazione dell'articolo 2 comma I del R.d. 1443/1927, mentre per l'attività estrattiva di cava, qualificata tale sotto il profilo amministrativo in quanto ricadente nell'ambito di applicazione dell'articolo 2 comma 2 del R.d. 1443/1927, il DM citato prescrive un divieto assoluto che esime dall'effettuare la valutazione di incidenza in ragione dell'assenza di carattere strategico dell'attività estrattiva, sia che l'attività sia svolta in superficie, sia che venga svolta in sotterranea, posto che il D.M. si riferisce alle attività di-cava senza alcuna distinzione.
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Parere del ministero della Transizione ecologica 8 agosto 2022, n. 98979
Oggetto: Interpello ambientale ai sensi dell’art.3 septies del d.lgs 152/2006 in ordine all’interpretazione del DM 17 ottobre 2007 (divieto di nuove attività di cava).
Con riferimento all’interpello in oggetto, pervenuto via posta elettronica certificata in data 23 giugno u.s., si rappresenta quanto segue.
Come noto, l’art. 5, comma 1, lett n), del DM 17 ottobre 2007, recante “Rete Natura 2000. Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS).”, dispone che per tutte le ZPS, le regioni e le province autonome provvedano a porre il divieto di “ apertura di nuove cave e ampliamento di quelle esistenti, ad eccezione di quelle previste negli strumenti di pianificazione generali e di settore vigenti alla data di emanazione del presente atto o che verranno approvati entro il periodo di transizione, prevedendo altresì che il recupero finale delle aree interessate dall’attività estrattiva sia realizzato a fini naturalistici e a condizione che sia conseguita la positiva valutazione di incidenza dei singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione generali e di settore di riferimento dell'intervento; in via transitoria, per 18 mesi dalla data di emanazione del presente atto, in carenza di strumenti di pianificazione o nelle more di valutazione d'incidenza dei medesimi, è consentito l'ampliamento delle cave in atto, a condizione che sia conseguita la positiva valutazione d'incidenza dei singoli progetti, fermo restando l'obbligo di recupero finale delle aree a fini naturalistici; sono fatti salvi i progetti di cava già sottoposti a procedura di valutazione d'incidenza, in conformità agli strumenti di pianificazione vigenti e sempreché' l’attività estrattiva sia stata orientata a fini naturalistici;”.
Con riferimento alle cave che si sviluppano in sotterraneo, codesta Regione richiede “se sia corretta l’interpretazione secondo cui l’istruttoria sull’incidenza sarebbe necessaria solo in presenza di un’attività di miniera qualificata tale sotto il profilo amministrativo in quanto ricadente nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 comma 1 del R.d. 1443/1927, mentre per l’attività estrattiva di cava, qualificata tale sotto il profilo amministrativo in quanto ricadente nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 comma 2 del R.d. 1443/1927, il DM citato prescrive un divieto assoluto che esime dall’effettuare la valutazione di incidenza in ragione dell’assenza di carattere strategico dell’attività estrattiva, sia che l’attività sia svolta in superficie, sia che venga svolta in sotterranea, posto che il DM si riferisce alle attività di cava senza alcuna distinzione”.
A livello generale, la norma si pone nell’ambito di un contesto più ampio discendente da quanto previsto per le Zone di Protezione Speciale dalla Direttiva 2009/147/CE (ex 79/409/CEE) “Uccelli” del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009, che concerne la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente, allo stato selvatico, nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato e dalle disposizioni a tutela dei siti Natura 2000 previste dall’art. 6, paragrafi 2, 3 e 4 della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE.
La Direttiva “Uccelli” si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie, ne disciplina lo sfruttamento, e si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat.
Gli artt. 2 e 3 di detta Direttiva stabiliscono l’obbligo di adottare le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all'articolo 1, la sistemazione conforme alle esigenze ecologiche degli habitat situati all'interno e all'esterno delle zone di protezione, il ripristino dei biotopi distrutti e la creazione di biotopi.
In particolare, l’art. 4 stabilisce l’obbligo di prevedere misure speciali di conservazione per quanto riguarda l'habitat e per garantire la sopravvivenza e la riproduzione delle specie elencate nell'allegato I, specificando che per le ZPS corre l’obbligo di adottare misure idonee a prevenire l'inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli, che abbiano conseguenze significative nei loro confronti e, per quanto concerne le aree al di fuori di tali zone di protezione, è disposto che gli Stati membri cerchino di prevenire l'inquinamento o il deterioramento degli habitat.
Inoltre, l’art. 7 della Direttiva 92/43/CEE “Habitat”, prevede che i disposti dell’art. 6, paragrafi 2, 3 e 4 della medesima Direttiva si applichino anche alle Zone di Protezione Speciale individuate ai sensi della Direttiva “Uccelli”, prevedendo l’obbligo di assoggettamento alla procedura di Valutazione di Incidenza (VIncA) di ogni piano, progetto, intervento o attività che possa arrecare interferenze dirette o indirette rispetto ai citati siti Natura 2000.
Tale procedura è normata dall’art. 5 del DPR 357/97 e definita in dettaglio nelle Linee Guida nazionali per la Valutazione di Incidenza (GU n. 303 del 28.12.2019).
Fermo restando quanto sopra rappresentato con riferimento alla normativa eurounitaria, e considerato che l’obiettivo del decreto in esame è quello di integrare la disciplina afferente la gestione dei siti che formano la rete Natura 2000 in attuazione delle Direttive “Habitat” ed “Uccelli”, al fine di garantire la coerenza ecologica della rete Natura 2000 e l'adeguatezza della sua gestione sul territorio nazionale, occorre altresì considerare che un divieto non oggettivamente funzionale e non strettamente collegato al perseguimento delle finalità delle direttive potrebbe porsi in contrasto con i principi di necessità e proporzionalità delle misure, anch’essi di derivazione eurounitaria.
Occorre pertanto domandarsi se il divieto imposto dall’art. 5, lett. n) genericamente per le cave possa ritenersi legittimo anche nei casi in cui non vi sia all’interno della zona protetta una visibile modifica dello stato dei luoghi. Se è incontrovertibile che anche gli scavi sotterranei possono avere un impatto sull’habitat e sulle specie il cui mantenimento è obiettivo primario della Rete Natura 2000, si ritiene tuttavia che l’impatto derivante da attività di cava che si svolgano interamente in sotterraneo, in totale assenza di evidenze ed impatti superficiali di qualsiasi natura in particolare senza ingressi, portali e aperture o prese d’aria posti all’interno del sito, non possa essere presunto, ma debba essere valutato caso per caso, all’esito di apposita istruttoria conforme alle direttive eurounitarie e alle Linee Guida sulla Valutazione di incidenza approvate dalla Conferenza Stato Regioni.
Quanto sopra, con particolare attenzione alle specie di interesse comunitario e alle interazioni con le acque sotterranee, in considerazione dei possibili impatti sulle falde, sulle sorgenti e sul regime delle acque superficiali e, conseguentemente, sulla funzione e strutturazione degli habitat delle specie avifaunistiche.
In tale ottica va letto il divieto in esame, a nulla rilevando la diversa qualificazione operante ad altri fini e segnatamente sotto il profilo amministrativo del titolo, tra cave e miniere ex R.d. 1443/1927, proposta come chiave interpretativa da codesta Regione.
Pertanto, con riferimento alla specifica fattispecie sopra rappresentata, e fatti salvi specifici e più rigorosi requisiti disposti dai singoli piani di gestione, si ritiene che in sede delle stringenti verifiche di incidenza, in cui è oltretutto acquisito e tenuto in conto il sentito dell’ente gestore, potranno essere adeguatamente valutati i profili tecnico ambientali per giungere ad accertare l’esistenza o meno di effetti pregiudizievoli per il mantenimento di uno status di conservazione favorevole di habitat e specie.