L'Aia si applica alle distillerie? Questa la domanda che la Regione Umbria ha posto, sotto forma di interpello ambientale, al ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica.
La richiesta di chiarimento deriva dal fatto che nei relativi processi industriali vengono prodotte sostanze di vario genere potenzialmente riconducibili agli elenchi di cui alla categoria Ippc 4.1.
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Di seguito i testi dell'interpello posto dalla Regione Umbria e del parere del Mase.
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Interpello ambientale della Regione Umbria 16 novembre 2022, n. 143204
Oggetto: interpello ambientale ex art. 3-septies del D. Lgs. 152/2006. Necessità di AIA per stabilimenti di lavorazione di prodotti e sottoprodotti della vinificazione per la produzione di alcoli (distillerie).
Per le finalità previste dall'art. 3-septies del D.Lgs. 152/2006, lo scrivente Assessorato regionale pone a Codesto Ministero il seguente quesito di ordine generale sull'applicazione della normativa statale in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale agli stabilimenti di lavorazione di prodotti e sottoprodotti della vinificazione per la produzione di alcoli (distillerie).
L'articolo 6 comma 13 del D.Lgs. 152/2006 stabilisce che l'autorizzazione integrata ambientale è necessaria per le installazioni che svolgono attività di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda, nonché per le loro modifiche sostanziali.
Tra le varie categorie di attività di cui all'articolo 6 comma 3, elencate nell'Allegato VIII, alla categoria 4. Industria chimica, punto 4.1, sono elencate le attività di "Fabbricazione di prodotti chimici organici, e in particolare:
- Idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici);
- Idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri e miscele di esteri, acetati, eteri, perossidi e resine epossidiche;"
Nelle premesse dell'Allegato VIII - Inquadramento generale, inoltre:
- al punto C-, si specifica che nell'ambito delle categorie di cui al punto 4 (industria chimica), si intende per produzione "la produzione su scala industriale mediante trasformazione chimica o biologica delle sostanze o dei gruppi di sostanze di cui ai punti da 4.1 a 4.6.";
- al punto D-, si specifica che "In mancanza di specifici indirizzi interpretativi emanati ai sensi dell'articolo 29-quinques e di linee guida interpretative emanate dalla Commissione Europea, le autorità competenti valuteranno autonomamente: [omissis] b) l'interpretazione del termine "scala industriale" in riferimento alle attività dell'industria chimica descritte nel presente Allegato.
Le distillerie di cui al quesito sono stabilimenti di lavorazione di prodotti e sottoprodotti della vinificazione (quali vinacce, fecce, vino), nonché di semilavorati (alcoli grezzi, teste e code di distillazione, bagne idroalcoliche) per la produzione di alcoli di origine agricola, destinati sia al consumo alimentare che per altri usi.
Detti stabilimenti si caratterizzano per diverse fasi lavorative: disalcolazione di vinacce con produzione di flemme, distillazione di flemme, fecce e vino, distillazione di semilavorati quali alcoli grezzi, teste e code di distillazione, bagne idroalcoliche, produzione di tartrati, essiccazione dei materiali vegetali disalcolati, produzione di vapore necessario alla distillazione e depurazione dei reflui.
Ai fini dell'uniforme applicazione della norma sul territorio nazionale, si chiede a Codesto Ministero se tali tipologie di distillerie sono sottoposte all'obbligo dell'Autorizzazione Integrata Ambientale, per effetto di quanto previsto all'art. 6 comma 13 del D.Lgs. 152/2006, con riferimento alla categoria 4. Industria chimica, p.to 4.1, lett. a) e b) di cui all'Allegato VIII alla parte seconda del D.Lgs. n 152/2006.
In caso di risposta affermativa, si chiede altresì di conoscere quali criteri debbano utilizzare le Autorità competenti al rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale, con riguardo alle tipologie di trasformazione chimica o biologica, alle sostanze o dei gruppi di sostanze oggetto di trasformazione e alle soglie quantitative di produzione, che determinano l'obbligo di AIA oppure la sua esclusione.
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Parere del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica 9 giugno 2023, n. 94453
Oggetto: riscontro all’interpello ambientale, ai sensi dell’art. 3 septies del D.lgs. 152/2006, in ordine alla necessità di AIA per stabilimenti di lavorazione di prodotti e sottoprodotti della vinificazione per la produzione di alcoli (distillerie)
Con riferimento all’interpello ambientale proposto da codesta Regione con nota che si riscontra, si riportano di seguito gli elementi di risposta, definiti anche a seguito di un pregresso confronto nell’ambito del Coordinamento di cui all’articolo 29.quinquies, del D.lgs. 152/06 e pregresse interlocuzioni con la Commissione UE.
QUESITO
Con istanza di interpello formulata ai sensi dell’articolo 3-septies del D.Lgs n. 152 del 2006, n.152, la Regione Umbria ha richiesto un indirizzo sulla corretta classificazione delle “distillerie” nell’ambito delle categorie di attività di cui all’allegato VIII alla Parte seconda del D.Lgs. 152/06, in considerazione del fatto che nei relativi processi industriali vengono prodotte sostanze di vario genere potenzialmente riconducibili agli elenchi di cui alla categoria IPPC 4.1.
Il quesito riveste carattere generale, anche in considerazione della diffusione della relativa casistica confermata da un precedente caso trattato, nell’ambito di un caso EU Pilot, con la Commissione UE.
RIFERIMENTI NORMATIVI
In considerazione della varietà e complessità dei prodotti e dei processi afferenti all’industria chimica, per tale categoria di attività la direttiva IED (2010/75/UE, allegato I) non ha ritenuto possibile individuare soglie produttive al di sotto delle quali l’industria chimica non è soggetta all’obbligo di una autorizzazione integrata ambientale (AIA), prevedendo piuttosto che con valutazione caso per caso si accerti se l’attività è soggetta, in quanto svolta a scala industriale.
La norma nazionale (allegato VIII alla Parte seconda del D.Lgs. 152/06) ha recepito fedelmente tale campo di applicazione.
Tale situazione, da subito, ha fatto sorgere numerosi dubbi sulla corretta applicazione della norma, dubbi che sono stati, per quanto possibile, affrontati a livello comunitario in FAQ pubblicate dalla Commissione UE e a livello nazionale dalle circolari ministeriali emanate, previo confronto in sede di coordinamento ex art. 29.quinquies, del D.Lgs. 152/06 (Coordinamento IPPC), per l’uniforme applicazione della norma.
Con i citati strumenti di indirizzo è stato possibile chiarire che:
- non sono riconducibili alle categorie IPPC 4.x (industria chimica) attività che non prevedono alcuna trasformazione chimica o biochimica - es. miscelazione, distillazione, confezionamento.
- non sono riconducibili alle categorie IPPC 4.x (industria chimica) attività in cui non si producono sostanze chimiche (finali o intermedie), ma piuttosto manufatti – ad es. pneumatici o profilati di polistirolo;
- non sono riconducibili alle categorie IPPC 4.x (industria chimica) produzioni oggetto di altre categorie IPPC – ad es. ossido di magnesio, calce, alimenti
- non sono riconducibili alle categorie IPPC 4.x (industria chimica) attività che non sono condotte a scala industriale – ad es. produzione officinale di farmaci
- non sono riconducibili alle categorie IPPC 4.x (industria chimica) produzioni di sostanze chimiche non esplicitamente elencate in tali categorie
Risulta inoltre utile all’inquadramento del caso l’esame del carteggio intercorso tra questo Ministero e la Commissione UE in relazione al caso EU Pilot 7107/14/ENVI Tale caso si riferiva ad una distilleria siciliana che produceva a scala industriale alcol etilico sotto le soglie della categoria IPPC 6.4 (industria alimentare), per la quale la Commissione UE dubitava si potesse configurare una produzione riconducibile alla categoria IPPC 4.1 (prodotti chimici organici). La evidente caratterizzazione del prodotto quale alimento (anche confortata dallo specifico regime fiscale) ha fornito rassicurazioni alla Commissione UE sufficienti a chiudere senza esito il caso.
CONSIDERAZIONI
Nel caso in specie va preliminarmente verificato che il processo industriale comprenda trasformazioni (bio)chimiche, e non solo fisiche.
La pura e semplice “distillazione”, di fatti, si connota come un processo di separazione fisica delle componenti di una miscela, e non è quindi un processo chimico.
Tipicamente prima della distillazione ha luogo un processo di fermentazione della materia
prima, che nello specifico determina la trasformazione biochimica di zuccheri in alcol e spesso i sottoprodotti della distillazione subiscono trasformazioni chimiche (ad es. il bitartrato di potassio ricavato dalla feccia è fatto reagire con calce per ottenere acido tartarico). E’ però possibile che tali reazioni chimiche avvengano altrove, in unità esterne al sito o non tecnicamente connesse, e che quindi la materia prima della distilleria sia esclusivamente liquido già fermentato (ad esempio vino, alcoli grezzi, teste e code di altre distillazioni approvvigionate con autocisterne), e nessun sottoprodotto subisca trasformazioni. In tal caso si escluderebbe a priori la possibilità di considerare la distilleria un impianto chimico per l’assenza, nello stabilimento, di alcuna trasformazione chimica.
Va poi verificato se tra le sostanze prodotte a scala industriale ce ne sono alcune citate nelle categorie IPPC 4.x (tipicamente alcol etilico e tartrato di sodio e potassio).
Per ciascuna di tali sostanze va infine verificato se la relativa produzione è integralmente riconducibile ad altre categorie IPPC (industria alimentare) e solo in caso contrario l’installazione va considerata un impianto chimico.
Ad esempio, se la produzione è di alcol etilico e tartrato di sodio e potassio a scopi esclusivamente alimentari, essa va ricondotta alla categoria IPPC 6.4 (con le relative soglie) e non è applicabile la categoria 4.1.
RISPOSTA ALL’INTERPELLO
Alla luce di quanto esposto è possibile formulare la seguente risposta al quesito posto con l’interpello in oggetto.
Quesito 1 - Le distillerie in questione sono stabilimenti di lavorazione di prodotti e sottoprodotti della vinificazione, nonché di semilavorati per la produzione di alcoli di origine agricola, destinati sia al consumo alimentare che per altri usi, e si caratterizzano per diverse fasi lavorative: disalcolazione di vinacce con produzione di flemme, distillazione di flemme, fecce e vino, distillazione di semilavorati, produzione di tartrati, essiccazione, produzione di vapore e depurazione dei reflui. Si chiede se tali tipologie di distillerie sono sottoposte all’obbligo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, per effetto di quanto previsto all’art. 6 comma 13 del D.Lgs. 152/2006, con riferimento alla categoria 4. Industria chimica, p.to 4.1, lett. a) e b) di cui all’Allegato VIII alla parte seconda del D.Lgs. n 152/2006.
Le installazioni descritte sono sottoposte all’obbligo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, per effetto di quanto previsto all’art. 6 comma 13 del D.Lgs. 152/2006, con riferimento alla categoria 4. Industria chimica, p.to 4.1, lett. a) e b) di cui all’Allegato VIII alla parte seconda del D.Lgs. n 152/2006 ove siano verificate al contempo tutte le seguenti condizioni:
1 – nella installazione avvengono processi di trasformazione chimica, tipicamente fermentazione della materia prima o trasformazione chimica dei sottoprodotti;
2 – sono prodotte sostanze riconducibili agli elenchi di cui al citato p.to 4.1, lett. a) e b) di cui all’Allegato VIII alla parte seconda del D.Lgs. n 152/2006 (tipicamente alcol etilico e acido tartarico);
3 – le sostanze di cui al punto 2 non sono destinate a consumo alimentare (o più in generale la loro produzione non è coperta da altre categorie di cui al citato allegato VIII);
4 - la produzione è condotta a scala industriale.
Quesito 2 - Quali criteri debbano utilizzare le Autorità competenti al rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, con riguardo alle tipologie di trasformazione chimica o biologica, alle sostanze o dei gruppi di sostanze oggetto di trasformazione e alle soglie quantitative di produzione, che determinano l’obbligo di AIA oppure la sua esclusione
Per quanto detto, ogni trasformazione chimica o biochimica è rilevante ai fini del punto 1 del primo quesito. Ad esempio, è rilevante la trasformazione biochimica degli zuccheri in alcol che avviene durante la fermentazione, ed è altresì rilevante la trasformazione di bitartrato di potassio in acido tartarico attraverso la reazione con calce idrata. Si noti che non sono invece rilevanti trasformazioni fisiche e che in particolare la mera distillazione (essendo una separazione fisica, per evaporazione, di sostanze chimiche miscelate, senza loro trasformazione) non è a tal fine significativa.
Come detto le uniche sostanze rilevanti, per la applicabilità della categoria 4. Industria chimica, p.to 4.1, lett. a) e b) di cui all’Allegato VIII alla parte seconda del D.Lgs. n 152/2006, sono quelle ivi elencate, nello specifico tipicamente acidi carbossilici (acido tartarico) e alcoli (alcol etilico). Si fa peraltro presente che può essere pertinente anche il p.to 4.5 del citato Allegato VIII, poichè alcuni usi dei tartrati possono essere medicinali.
Riguardo alla individuazione di soglie, in corrispondenza delle quali si determina l’obbligo di AIA, non è invece possibile fornire indicazioni generali, poiché in proposito la norma primaria (e a monte la norma comunitaria) rimette espressamente la valutazione della sussistenza di una scala industriale per la produzione chimica ad una valutazione che consideri la specificità del caso.