AUTORIZZAZIONE ALLE EMISSIONI/Sanzioni (artt. 271, 278 e 279)
Di che cosa si tratta
In caso di assenza di autorizzazione o di mancata osservanza delle prescrizioni autorizzative possono derivare conseguenze sanzionatorie di natura penale o amministrativa.
Ai sensi delle disposizioni derogatorie principali, per gli impianti in questione non è richiesto che sia ottenuta un’autorizzazione alle emissioni (l’elenco è esemplificativo e non esaustivo):
impianti di deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti. Tuttavia, i gestori sono comunque tenuti ad adottare apposite misure per contenere le emissioni diffuse e a rispettare le ulteriori prescrizioni eventualmente disposte, per le medesime finalità, con apposito provvedimento dall’autorità competente;
stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente impianti e attività che producono emissioni scarsamente rilevanti per l’inquinamento. Questi impianti trovano elencazione nella parte I dell’allegato IV alla parte V del D.Lgs. n. 152/2006;
dispositivi mobili utilizzati all’interno di uno stabilimento da un gestore diverso da quello dello stabilimento o non utilizzati all’interno di uno stabilimento. In questa ipotesi rientrano gli impianti e attività che producono emissioni scarsamente rilevanti per l’inquinamento – parte I allegato IV alla parte V;
stabilimenti destinati alla difesa nazionale: a questa ipotesi fanno eccezione quelli in cui sono ubicati medi impianti di combustione;
emissioni provenienti dagli sfiati e ricambi d’aria esclusivamente adibiti alla protezione e alla sicurezza dei luoghi di lavoro in relazione alla temperatura, all’umidità e ad altre condizioni attinenti al microclima di tali ambienti. Tuttavia, sono soggette ad autorizzazione le emissioni provenienti da punti di emissione specificamente destinati all’evacuazione di sostanze inquinanti dagli ambienti di lavoro;
valvole di sicurezza, dischi di rottura e altri dispositivi destinati a situazioni critiche o di emergenza. A essi fanno eccezione quelli che l’autorità competente stabilisce di disciplinare nell’autorizzazione e quegli impianti che, anche se messi in funzione in caso di situazioni critiche o di emergenza, operano come parte integrante del ciclo produttivo dello stabilimento;
AUTORIZZAZIONE ALLE EMISSIONI/Autorizzazione generale alle emissioni in atmosfera
Di che cosa si tratta
Si tratta di autorizzazioni che possono sostituire le autorizzazioni ordinarie e che sono adottate dall’autorità competente in riferimento a stabilimenti o a categorie di impianti e attività. Le prescrizioni dell’autorizzazione generale contengono prescrizioni relative a:
AUTORIZZAZIONE ALLE EMISSIONI/Variazioni del gestore o trasferimento parziale dell’impianto
Di che cosa si tratta
Durante il periodo di attività dell’impianto autorizzato ai sensi dell’art. 269, D.Lgs. n. 152/2006 è possibile che vi siano dei mutamenti a livello soggettivo.
Durante il periodo di attività dello stabilimento autorizzato ai sensi dell’art. 269, D.Lgs. n. 152/2006, è possibile che il gestore vi apporti delle modifiche strutturali.
AUTORIZZAZIONE ALLE EMISSIONI/Domanda di autorizzazione ordinaria
Di che cosa si tratta
Di norma, il gestore richiede il rilascio dell’autorizzazione per lo stabilimento nel suo complesso e non per i singoli impianti o le singole attività nello stesso presenti, salvo casi specifici.
AUTORIZZAZIONE ALLE EMISSIONI/Autorizzazione ordinaria (artt. 269 e seguenti)
Di che cosa si tratta
L’art. 269, D.Lgs. n. 152/2006 introduce il principio per cui tutti gli stabilimenti che producono emissioni devono essere previamente autorizzati, indipendentemente dalle loro dimensioni.
Di norma, l’autorizzazione viene rilasciata per lo stabilimento nel suo complesso e non per i singoli impianti o le singole attività nello stesso presenti, salvo casi specifici. Dal 2013 l’autorizzazione ordinaria alle emissioni rientra nel campo di applicazione dell’autorizzazione unica ambientale (Aua), disciplinata dal D.P.R. n. 59/2013.
La disciplina dettata dall’art. 269 e seguenti in tema di autorizzazione alle emissioni in atmosfera risulta residuale e integrativa rispetto ad altre discipline specifiche: questo perché, sul piano formale, l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera è oggi ricompresa in autorizzazione integrata ambientale (Aia), ex artt. 29-bis e seguenti, D.Lgs. n. 152/2006, autorizzazioni settoriali (ad esempio, l’autorizzazione ex art. 208, D.Lgs. n. 152/2006) e nell’autorizzazione di carattere generale ex art. 272, D.Lgs. n. 152/2006.
Quanto ai contenuti del titolo abilitativo, lo stesso individua i valori limite «per sostanze e parametri valutati pertinenti in relazione al ciclo produttivo», i metodi di campionamento e analisi, le attività di monitoraggio di competenza del gestore, gli oneri di comunicazione e ogni altro dettaglio operativo rilevante. La parte V, D.Lgs. n. 152/2006 contiene numerose disposizioni specifiche in merito.
Che cosa si deve fare
Il gestore che intende installare uno stabilimento nuovo o trasferire uno stabilimento da un luogo a un altro presenta all’autorità competente, per il tramite dello sportello unico per le attività produttive (Suap), una domanda di autorizzazione e si attiene alla procedura autorizzativa.
Riferimenti normativi
Artt. 269, D.Lgs. n. 152/2006;
D.P.R n. 59/2013.
Eventuali scadenze o periodicità
L’Aua ha una durata di 15 anni e il relativo rinnovo deve essere richiesto almeno un anno prima della scadenza, al fine di garantire la continuità dell’esercizio.
AUTORIZZAZIONE ALLE EMISSIONI/Adempimenti generali
Di che cosa si tratta
L’art. 269, D.Lgs. n. 152/2006 introduce il principio per cui tutti gli stabilimenti che producono emissioni devono essere previamente autorizzati, indipendentemente dalle loro dimensioni.
AUTORIZZAZIONE ALLO SCARICO/Controllo degli scarichi
Di che cosa si tratta
Il controllo comprende una prima fase procedimentale, antecedente al rilascio dell’autorizzazione, ed una seconda fase che concerne gli accessi e le ispezioni presso lo scarico.
AUTORIZZAZIONE ALLO SCARICO/Progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane
Di che cosa si tratta
Approvazione di progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. In particolare, questi progetti riguardano impianti che rimuovono dei contaminanti da un’acqua reflua di origine urbana o industriale, ovvero di un effluente che è stato contaminato da inquinanti organici e/o inorganici.
Dalla mancata osservanza della disciplina possono derivare conseguenze sanzionatorie di natura penale o amministrativa, oltre che la possibilità per l’autorità competente di intervenire sulle prescrizioni autorizzative.
In base a quanto previsto dall’art. 124, D.Lgs. n. 152/2006, tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati. Fanno eccezione gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie che sono sempre ammessi (senza la necessità di autorizzazione) a condizione che siano rispettati i regolamenti predisposti dal gestore del servizio idrico integrato. Al contrario, gli scarichi di acque reflue domestiche che non recapitano in rete fognaria devono essere autorizzati. L’autorizzazione è rilasciata al titolare dell’attività da cui si origina lo scarico. Nel caso particolare in cui uno stabilimento conferisca, tramite condotta privata (e non pubblica fognatura), le acque reflue provenienti dalla propria attività a un soggetto terzo, titolare dello scarico finale, l’autorizzazione è rilasciata in capo al titolare dello scarico finale. Allo stesso modo, ove tra più stabilimenti si costituisca un consorzio per l’effettuazione in comune dello scarico, l’autorizzazione sarà rilasciata al consorzio stesso. Tuttavia, rimangono ferme le responsabilità dei singoli titolari delle attività suddette e del gestore del relativo impianto di depurazione, in caso di violazioni di disposizioni di legge.
AUTORIZZAZIONE ALLO SCARICO/Autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali
Di che cosa si tratta
Si tratta dell’autorizzazione necessaria per scaricare acque reflue industriali. Queste ultime, infatti, pur essendo assoggettate al regime previsto per l’autorizzazione allo scarico in generale, sono disciplinate anche da una normativa specifica.
Gli scarichi sono sottoposti a diversi regimi autorizzativi, sanzionatori e di controllo, a seconda della tipologia di acque reflue e del recapito. In base alla tipologia le acque reflue si distinguono in “domestiche”, “assimilate alle domestiche”, “industriali”, “urbane” e “meteoriche”. Per quanto riguarda il recapito, i punti di immissione di uno scarico possono essere:
il suolo: l’art. 103, D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce il divieto generale di scarico sul suolo e negli strati superficiali del sottosuolo, a eccezione di alcune tipologie di scarichi considerati a ridotto impatto ambientale o la cui effettuazione in recapiti appare impossibile o eccessivamente onerosa in base ai criteri di cui al punto 2 dell’allegato 5 alla parte III, D.Lgs. n. 152/2006, stabiliti in base al rapporto tra la distanza dal corpo idrico superficiale più vicino oltre la quale è permesso lo scarico sul suolo e il volume dello scarico stesso. Questo rapporto permette di ottenere le portate massime per cui è consentito lo scarico al suolo, mentre gli scarichi aventi portata maggiore devono essere convogliati in corpo idrico superficiale, in fognatura o destinate al riutilizzo;
le acque superficiali: gli scarichi di acque reflue industriali e urbane debbano rispettare i valori limite di emissione fissati ai sensi dell’art. 101, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 152/2006 (individuati dall’allegato 5 e dalla normativa regionale). Gli scarichi di acque reflue urbane devono, inoltre, essere sottoposti, prima del versamento, a un trattamento secondario o equivalente secondo le indicazioni dell’allegato 5. Disposizioni specifiche sono, inoltre, previste dall’art. 106 per lo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili. Da ricordare poi che, ai sensi dell’art. 124, comma 9, D.Lgs. n. 152/2006 «per gli scarichi in un corso d’acqua nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure in un corpo idrico non significativo, l’autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee»;
le reti fognarie: gli scarichi in rete fognaria sono disciplinati dall’art. 107, D.Lgs. n. 152/2006. Le relative disposizioni devono essere integrate con quanto previsto dalla sezione terza della parte III in tema di servizio idrico integrato. Gli scarichi in rete fognaria devono rispettare le norme tecniche, i regolamenti e i valori-limite approvati dagli enti di governo dell’Ambito territoriale ottimale (Ato). La potestà regolamentare dell’ente di governo è, tuttavia, limitata, poiché non possono, comunque, essere derogati:
i parametri di cui alla tabella 3/A (tutti) e
alcuni parametri di cui alla tabella 3, cioè quelli di cui alla nota 2 della tabella 5.
L’Aia è il provvedimento amministrativo che autorizza l’esercizio di una installazione Ippc. La disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia) è contenuta nella parte II, titolo III-bis, D.Lgs. n. 152/2006 (art. 29-bis e seguenti).
AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE/Prima istanza di Aia (art. 29-ter)
Di che cosa si tratta
Ai sensi dell’art. 29-ter, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, la domanda per una nuova installazione soggetta Aia deve contenere le seguenti informazioni:
a) descrizione dell’installazione e delle sue attività, specificandone tipo e portata;
b) descrizione delle materie prime e ausiliarie, delle sostanze e dell’energia usate o prodotte dall’installazione;
c) descrizione delle fonti di emissione dell’installazione;
d) descrizione dello stato del sito di ubicazione dell’installazione;
e) descrizione del tipo e dell’entità delle prevedibili emissioni dell’installazione in ogni comparto ambientale nonché un’identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull’ambiente;
f) descrizione della tecnologia e delle altre tecniche di cui si prevede l’uso per prevenire le emissioni dall’installazione oppure, qualora ciò non fosse possibile, per ridurle;
g) descrizione delle misure di prevenzione, di preparazione per il riutilizzo, di riciclaggio e di recupero dei rifiuti prodotti dall’installazione;
h) descrizione delle misure previste per controllare le emissioni nell’ambiente nonché le attività di autocontrollo e di controllo programmato che richiedono l’intervento dell’ente responsabile degli accertamenti;
i) descrizione delle principali alternative alla tecnologia, alle tecniche e alle misure proposte, prese in esame dal gestore in forma sommaria;
l) descrizione delle altre misure previste per ottemperare ai principi di cui all’art. 6, comma 16, D.Lgs. n. 152/2006;
m) se l’attività comporta l’utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose e, tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterrane nel sito dell’installazione, una relazione di riferimento elaborata dal gestore prima della messa in esercizio dell’installazione o prima del primo aggiornamento dell’autorizzazione rilasciata, per la quale l’istanza costituisce richiesta di validazione. L’autorità competente esamina la relazione disponendo nell’autorizzazione o nell’atto di aggiornamento, ove ritenuto necessario ai fini della sua validazione, ulteriori e specifici approfondimenti.
AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE/Relazione di riferimento
Di che cosa si tratta
Si tratta di un documento tecnico che il gestore è tenuto a predisporre prima della messa in servizio della nuova installazione o prima dell’aggiornamento dell’autorizzazione rilasciata (in seguito a modifiche sostanziali o riesame). La relazione contiene informazioni sullo stato di qualità di suolo, sottosuolo e acque sotterranee, con riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti. Lo scopo è “fotografare” lo stato delle matrici, per effettuare un raffronto in termini quantitativi con lo stato futuro, al momento della cessazione definitiva delle attività, e valutare l’eventuale necessità di intervento di risanamento.
AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE/Procedura per il rilascio dell’Aia (art. 29-quater)
Di che cosa si tratta
Il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia) prende avvio con la presentazione della domanda, cui segue una fase di pubblicazione e consultazione, l’eventuale integrazione documentale, l’articolazione dell’istruttoria in conferenze di servizi e la determinazione finale.
AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE/Condizioni per l’Aia (art. 29-sexies)
Di che cosa si tratta
L’autorizzazione integrata ambientale deve includere tutte le misure necessarie a soddisfare i requisiti di cui agli artt. 6, comma 16, 29-sexies e 29-septies, D.Lgs. n. 152/2006, al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso.
AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE/Riesame con valenza di rinnovo (art. 29-octies)
Di che cosa si tratta
L’istituto del riesame costituisce il procedimento con cui l’autorità competente, in determinate e tassative condizioni, riesamina le prescrizioni contenute nell’Aia di un determinato impianto.
AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE/Riesame senza valenza di rinnovo (art. 29-octies, comma 4)
Di che cosa si tratta
L’istituto del riesame costituisce il procedimento con cui l’autorità competente, in determinate e tassative condizioni, riesamina le prescrizioni contenute nell’Aia di un determinato impianto.
AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE/Modifiche sostanziali dell’Aia [art. 5, comma 1, lettera l-bis) e art. 29-nonies, commi 1 e 2]
Di che cosa si tratta
In termini generali, la modifica sostanziale va intesa come la variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento dell’impianto, dell’opera o dell’infrastruttura o del progetto che, secondo l’autorità competente, produca effetti negativi e significativi sull’ambiente o sulla salute umana.
AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE/Modifiche non sostanziali dell’Aia (art. 29-nonies, comma 1)
Di che cosa si tratta
Al contrario delle modifiche sostanziali, non è prevista una puntuale definizione di modifica non sostanziale, che deve, dunque, essere desunta in negativo (per esclusione) rispetto a quella di modifica sostanziale. Si tratta, pertanto, di modifiche che possono comportare un impatto ambientale tanto negativo (ma non significativo), quanto positivo. Le linee guida regionali o ministeriali, ove emanate, costituiscono utile spunto per il gestore nella definizione della tipologia di modifica.
L’Aia può essere volturata nel periodo di validità a un soggetto diverso dal gestore a cui era stata rilasciata in origine. Questo può avvenire per una serie di ragioni o opportunità che vanno valutate caso per caso (ad esempio vicende societarie, conferimento del ramo d’azienda eccetera).
AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE/Obblighi informativi in caso di incidenti (art. 29-undecies)
Di che cosa si tratta
La normativa ambientale prevede in capo al gestore di impianti Aia rilevanti oneri informativi nei confronti delle autorità, nonché una specifica disciplina circa gli autocontrolli. Tra i principali oneri di comunicazione si annoverano (salvo diverse prescrizioni autorizzative) l’obbligo di informare l’autorità competente e l’ente di controllo in caso di incidenti o eventi imprevisti che incidano in modo significativo sull’ambiente, adottando le misure per limitare le conseguenze ambientali e prevenirne di ulteriori.
In caso di mancata osservanza delle prescrizioni autorizzative, ovvero di esercizio di un impianto in assenza di Aia o con Aia sospesa o revocata, sono previste conseguenze sanzionatorie di natura penale o amministrativa.
Può accadere che, nel corso di validità dell’autorizzazione, l’installazione subisca modifiche. La nozione di modifica è prevista in termini generali all’art. 5, comma 1, lettera l), D.Lgs. n. 152/2006 che la definisce come «la variazione di un piano, programma, impianto o progetto approvato, compresi, nel caso degli impianti e dei progetti, le variazioni delle loro caratteristiche o del loro funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che possano produrre effetti sull’ambiente».
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: IMPIANTI DI RICERCA E SPERIMENTAZIONE (ART. 211, D.LGS. N. 152/2006)
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: IMPIANTI DI RICERCA E SPERIMENTAZIONE (ART. 211, D.LGS. N. 152/2006)/Adempimenti generali
Di che cosa si tratta
Gli impianti di ricerca e sperimentazione presentano una particolarità in tema di autorizzazione unica rispetto alla disciplina ordinaria, in quanto i termini per ottenere l’autorizzazione per impianti di smaltimento e recupero rifiuti, anche pericolosi, sono ridotti della metà.
Affinché un impianto sia considerato di ricerca e sperimentazione, devono essere rispettate le seguenti condizioni:
a) le attività di gestione degli impianti non devono comportare un utile economico;
b) gli impianti devono avere una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno, salvo deroghe giustificate dall’esigenza di effettuare prove di impianti caratterizzati da innovazioni, che devono però essere limitate alla durata di queste prove.
Non sono assoggettati all’autorizzazione prevista per gli impianti mobili:
gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l’acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano;
gli impianti mobili che effettuano la sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee.
Gli impianti mobili di recupero rifiuti sono caratterizzati da procedure autorizzatorie più snelle di quelle ordinarie. Il codice dell’ambiente (D.Lgs. n. 152/2006) non fornisce una definizione di impianto mobile. Ciò nonostante, possono, comunque, essere individuati due elementi utili per la delimitazione del concetto di “mobilità”:
la contrapposizione con gli impianti non mobili e quindi fissi;
la previsione del necessario svolgimento di «singole campagne di attività sul territorio nazionale», per cui la mobilità deve essere intesa sia come differente collocazione geografica che come discontinuità nell’utilizzo.
Per l’utilizzo degli impianti mobili è necessario:
ottenere l’autorizzazione unicaex 208, D.Lgs. n. 152/2006, rilasciata in via definitiva dalla Regione ove l’interessato ha la sede legale e valida per un solo impianto;
almeno 20 giorni prima di ogni singola campagna di trattamento dei rifiuti, inviare una comunicazione alla Regione nel cui territorio si svolgerà l’attività.
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: ORDINARIA EX ART. 208/Adempimenti generali
Di che cosa si tratta
Per essere lecita, ogni attività di gestione di rifiuti deve essere autorizzata dall’autorità competente. L’autorizzazione unica è – insieme all’Aia e alle autorizzazioni semplificate ex artt. 214-216, D.Lgs. n. 152/2006 – uno dei titoli autorizzativi che la normativa contempla per la realizzazione e l’esercizio di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi. Si tratta di un’“autorizzazione a ombrello”, poiché sostituisce eventuali altri atti autorizzatori, costituisce variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità. La disciplina di riferimento è contenuta nell’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006, rubricato «autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti». Questa disciplina trova applicazione in via residuale, qualora l’impianto non rientri tra quelli Ippc o tra quelli assoggettabili ad autorizzazione semplificata. Resta ferma la disciplina procedimentale unificata (in particolare, Paur) laddove l’opera debba essere sottoposta a valutazione di impatto ambientale (Via).
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: ORDINARIA EX ART. 208/Condizioni e prescrizioni
Di che cosa si tratta
Quanto ai contenuti, l’autorizzazione ordinaria consente di ottenere, all’esito di un’attività istruttoria, un provvedimento autorizzativo aderente all’attività svolta, soprattutto in termini prescrittivi. Esso contiene tutte le prescrizioni che il gestore deve rispettare per svolgere l’attività di recupero o di smaltimento, nonché per garantire l’attuazione dei principi di cui all’art. 178, D.Lgs. n. 152/2006, ovvero i «principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga».
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: ORDINARIA EX ART. 208/Procedimento (comma 3)
Di che cosa si tratta
Il procedimento volto all’ottenimento dell’autorizzazione unica è descritto ai commi 3-10 dell’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006 e schematicamente rappresentato nel grafico seguente.
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: ORDINARIA EX ART. 208/Rinnovo (comma 12)
Di che cosa si tratta
Il comma 12 dell’art. 208 prevede che l’autorizzazione ordinaria ha validità di 10 anni ed è rinnovabile, previa presentazione di apposita domanda da parte del gestore, almeno 180 giorni prima della scadenza.
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: ORDINARIA EX ART. 208/Modifiche delle prescrizioni autorizzative (Bat)
Di che cosa si tratta
Il comma 12 dell’art. 208, dopo aver disciplinato il rinnovo, prevede la possibilità, per l’autorità competente, di modificare le prescrizioni autorizzative anche prima della scadenza del titolo, ma dopo almeno cinque anni dal rilascio. Ciò, in presenza di criticità ambientali, tenuto conto dell’evoluzione delle migliori tecnologie disponibili, e rispettando le garanzie procedimentali a tutela del gestore.
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: ORDINARIA EX ART. 208/Modifiche sostanziali agli impianti
Di che cosa si tratta
Durante il corso di validità dell’autorizzazione, è possibile che il gestore debba effettuare modifiche impiantistiche. Esse sono qualificate come sostanziali quando comportano modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all’autorizzazione rilasciata.
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: ORDINARIA EX ART. 208/Assoggettabilità a Via
Di che cosa si tratta
Se il progetto dell’impianto che si intende realizzare rientra tra quelli che devono essere sottoposti a valutazione d’impatto ambientale (via) di competenza regionale, può essere attivata istanza di Paur.
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: ORDINARIA EX ART. 208/Nuovi impianti (comma 1)
Di che cosa si tratta
Il comma 1 dell’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006 prevede, a carico dei soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti (anche pericolosi), l’onere di presentare un’apposita istanza all’autorità territorialmente competente.
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: SEMPLIFICATA EX ARTT. 214 E 216, D.LGS. N. 152/2006
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: SEMPLIFICATA EX ARTT. 214 E 216, D.LGS. N. 152/2006/Comunicazione di inizio attività (art. 216)
Di che cosa si tratta
Al di fuori del regime Aua, il trattamento di rifiuti in regime semplificato può essere intrapreso decorsi 90 giorni dall’avvenuta comunicazione di inizio attività alla Provincia territorialmente competente, sempreché quest’ultima non evidenzi eventuali non conformità o mancanze.
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: SEMPLIFICATA EX ARTT. 214 E 216, D.LGS. N. 152/2006
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: SEMPLIFICATA EX ARTT. 214 E 216, D.LGS. N. 152/2006/Sanzioni
Di che cosa si tratta
Se l’attività di gestione rifiuti sottoposta a regime semplificato viene esercitata in assenza della prescritta comunicazione, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti, possono derivare conseguenze sanzionatorie di natura penale o amministrativa.
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: SEMPLIFICATA EX ARTT. 214 E 216, D.LGS. N. 152/2006
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: SEMPLIFICATA EX ARTT. 214 E 216, D.LGS. N. 152/2006/Condizioni (art. 214)
Di che cosa si tratta
Le procedure semplificate per la gestione dei rifiuti devono garantire un elevato livello di protezione ambientale, nonché controlli efficaci per assicurare che la gestione avvenga senza pericoli per la salute o per l’ambiente.
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: SEMPLIFICATA EX ARTT. 214 E 216, D.LGS. N. 152/2006
AUTORIZZAZIONE RIFIUTI: SEMPLIFICATA EX ARTT. 214 E 216, D.LGS. N. 152/2006/Adempimenti generali
Di che cosa si tratta
Gli artt. 214-216, D.Lgs. n. 152/2006 disciplinano l’ammissione alle procedure autorizzatorie in regime semplificato, con riguardo alle attività di smaltimento e recupero di rifiuti. Dal 2013, questa tipologia autorizzatoria è confluita nel campo di operatività dell’Aua, ferma la facoltà per il gestore di non entrare nel procedimento unico nel caso in cui l’attività svolta sia soggetta alla sola comunicazione di cui agli artt. 214-216 e ferma restando la presentazione della comunicazione tramite Suap (vedere l’art. 3, comma 3, D.P.R. n. 59/2013).
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)/Adempimenti generali
Di che cosa si tratta
L’autorizzazione unica ambientale (Aua) è stata introdotta dal D.P.R. n. 59/2013 con l’obiettivo di semplificare gli adempimenti autorizzativi per le imprese. Si tratta di un provvedimento “contenitore” all’interno del quale confluiscono più autorizzazioni che in precedenza dovevano essere richieste singolarmente.
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)/Prima istanza di Aua (art. 3)
Di che cosa si tratta
L’Aua (autorizzazione unica ambientale) è un provvedimento “contenitore” all’interno del quale confluiscono provvedimenti autorizzativi che in precedenza dovevano essere richiesti singolarmente. In particolare, vi sono nove categorie di autorizzazioni sostituite dall’Aua ed è fatta salva la possibilità per le autorità competenti di estendere l’ambito applicativo ad altri provvedimenti autorizzativi.
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)/Rinnovo (art. 5) e revisione (art. 5, comma 5) dell’Aua
Di che cosa si tratta
L’Aua ha durata pari a 15 anni a decorrere dal rilascio e può essere rinnovata presentando apposita istanza contenente la documentazione aggiornata, almeno sei mesi prima della scadenza. La tempestiva presentazione dell’istanza di rinnovo consente di continuare a operare sino all’ottenimento del provvedimento, salvo deroghe previste dalla disciplina di settore.
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)/Modifiche sostanziali dell’Aua (art. 6, commi 2 e 3)
Di che cosa si tratta
È sostanziale ogni modifica considerata tale «ai sensi delle normative di settore che disciplinano gli atti di comunicazione, notifica e autorizzazione in materia ambientale compresi nell’autorizzazione unica ambientale in quanto possa produrre effetti negativi e significativi sull’ambiente» [art. 2, lettera g), D.P.R. n. 59/2013].
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)/Modifiche non sostanziali dell’Aua (art. 6, comma 4)
Di che cosa si tratta
Le modifiche non sostanziali sono quelle che non producono effetti negativi e significativi sull’ambiente e si ricavano per sottrazione rispetto a quelle sostanziali, definite dall’art. 2, lettera g), D.P.R. n. 59/2013.
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)/Modifiche all’Aua (art. 6)
Di che cosa si tratta
Durante il corso di validità dell’Aua, è possibile che il gestore debba effettuare alcune modifiche impiantistiche, intendendosi come tali «ogni variazione al progetto, già autorizzato, realizzato o in fase di realizzazione o dell’impianto, che possa produrre effetti sull’ambiente» [art. 2, lettera f), D.P.R. n. 59/2013].
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)/Monitoraggio dell’Aua (art. 9)
Di che cosa si tratta
Al fine di assicurare la piena operatività dell’Aua, l’art. 9, D.P.R. n. 59/2013 prevede che siano predisposte dal ministero dell’Ambiente e altri soggetti forme di monitoraggio annuali volte a verificare lo stato di attuazione dell’istituto. In particolare, devono essere monitorati:
il numero delle domande presentate al Suap;
i tempi necessari per l’istruttoria, nonché per l’invio telematico della documentazione agli enti e per il rilascio dell’Aua;
il rispetto dei tempi previsti per lo svolgimento della conferenza di servizi.
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)
AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE (D.P.R. N. 59/2013)/Sanzioni
Di che cosa si tratta
In caso di mancata osservanza delle prescrizioni autorizzative, ovvero di esercizio di un impianto in assenza di idoneo titolo autorizzativo, possono derivare conseguenze sanzionatorie di natura penale o amministrativa.
AUTORIZZAZIONE UNICA EX ART. 12, D.LGS. N. 387/2003
AUTORIZZAZIONE UNICA EX ART. 12, D.LGS. N. 387/2003/Adempimenti generali
Di che cosa si tratta
L’Autorizzazione unica (Au) costituisce il provvedimento necessario per la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili (cosiddetti impianti Fer).
AUTORIZZAZIONE UNICA EX ART. 12, D.LGS. N. 387/2003
AUTORIZZAZIONE UNICA EX ART. 12, D.LGS. N. 387/2003/Aree idonee
Di che cosa si tratta
Sono previste delle deroghe all’assoggettamento all’autorizzazione unica per gli impianti a fonti rinnovabili che ricadono nelle cosiddette aree idonee. Infatti, nelle aree idonee, per:
la costruzione e l’esercizio di nuovi impianti fotovoltaici e delle opere connesse e
il potenziamento, il rifacimento e l’integrale ricostruzione degli impianti esistenti e delle opere connesse che non comportano variazione dell’area interessata,
i titoli autorizzativi necessari sono così individuati:
Per gli impianti suddetti, pertanto, l’Au sarà necessaria per impianti fotovoltaici che superino la soglia di 12 MW (e non di 50 kW come previsto per gli impianti situati al di fuori delle aree idonee).
AUTORIZZAZIONE UNICA EX ART. 12, D.LGS. N. 387/2003
AUTORIZZAZIONE UNICA EX ART. 12, D.LGS. N. 387/2003/Ambito di applicazione
Di che cosa si tratta
L’autorizzazione unica è necessaria per la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, ma anche per una serie di interventi accessori, quali:
interventi di modifica, potenziamento, rifacimento e riattivazione degli impianti;
opere connesse e infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi;
interventi di demolizione di manufatti o di ripristino ambientale per la riqualificazione delle aree di insediamento degli impianti.
AUTORIZZAZIONE UNICA EX ART. 12, D.LGS. N. 387/2003
AUTORIZZAZIONE UNICA EX ART. 12, D.LGS. N. 387/2003/Sanzioni
Di che cosa si tratta
In caso di costruzione ed esercizio di opere e impianti assoggettati all’autorizzazione unica in assenza della stessa, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 150.000, cui sono tenuti in solido il proprietario dell’impianto, l’esecutore delle opere e il direttore dei lavori. L’entità della sanzione è determinata, con riferimento alla parte dell’impianto non autorizzata:
nella misura da euro 40 a euro 240 per ogni chilowatt termico di potenza nominale, in caso di impianti termici di produzione di energia;
nella misura da euro 60 a euro 360 per ogni chilowatt elettrico di potenza nominale, in caso di impianti non termici di produzione di energia.
In caso di progetto sottoposto a Via di competenza regionale, il proponente deve avviare un procedimento unico volto a ottenere un unico provvedimento – appunto il provvedimento autorizzatorio unico regionale (Paur) – che sostituisce e coordina la Via e le ulteriori autorizzazioni/nulla osta necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’impianto.
PROCEDIMENTI UNIFICATI/Provvedimento unico in materia ambientale (Pua)
Di che cosa si tratta
In caso di progetto sottoposto a Via di competenza statale, il proponente può – quale alternativa all’attivazione dell’ordinario procedimento di Via statale e alla separata richiesta di eventuali ulteriori autorizzazioni – optare (non è, dunque, obbligato a farlo) per un procedimento unico volto ad ottenere il relativo provvedimento unico in materia ambientale (Pua), che sostituisce e coordina la Via e le ulteriori autorizzazioni/nulla osta necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’impianto di seguito riportate:
autorizzazione integrata ambientale(Aia);
autorizzazione allo scarico nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ex 104, D.Lgs. n. 152/2006;
autorizzazione all’immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte ex 109, D.Lgs. n. 152/2006;
autorizzazione paesaggisticaex 146, D.Lgs. n. 42/2004;
autorizzazione culturaleex 21, D.Lgs. n. 42/2004;
autorizzazione riguardante il vincolo idrogeologico di cui al R.D. n. 3267/1923 e al D.P.R. n. 616/1977;
nulla osta di fattibilitàex 17, comma 2, D.Lgs. n. 105/2015;
autorizzazione antisismicaex 94, D.P.R. n. 380/2001.
PROCEDIMENTI UNIFICATI/Fasi del procedimento di rilascio del Pua
Di che cosa si tratta
È il procedimento funzionale al rilascio da parte dell’autorità competente del provvedimento unico in materia ambientale (Pua), contenente sia la Via di competenza statale che tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per la realizzazione e l’esercizio del progetto, qualora ricomprese nell’elenco di cui all’art. 27, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006.
PROCEDIMENTI UNIFICATI/Fasi del procedimento di rilascio del Paur
Di che cosa si tratta
È il procedimento funzionale al rilascio da parte dell’autorità competente del provvedimento autorizzatorio unico regionale (Paur), contenente sia la Via di competenza regionale sia tutte le autorizzazioni/nulla osta necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’impianto.
PROCEDIMENTI UNIFICATI/Eventuale fase preliminare al procedimento di Paur
Di che cosa si tratta
È una fase facoltativa, appunto preliminare al procedimento di Paur, avente lo scopo di garantire l’avvio di un formale preventivo contraddittorio con gli enti circa i contenuti del progetto e dello studio di impatto ambientale (Sia) – così da aumentarne la qualità tecnica e progettuale – nonché in merito alle condizioni per il rilascio dei successivi titoli abilitativi necessari alla realizzazione ed all’esercizio del progetto, in modo tale da accelerare il rilascio del Paur.
È un procedimento autorizzatorio accelerato che può essere attivato nell’ambito delle aree di interesse strategico nazionale per la realizzazione di piani o programmi che prevedano investimenti pubblici o privati pari a un importo non inferiore a 400.000.000 euro, relativi ai settori ritenuti di rilevanza strategica, caratterizzati da più elementi progettuali corrispondenti a diverse tipologie soggette a Via, screening Via o a Vas, rientranti in parte nella competenza statale e in parte nella competenza regionale. In questo caso, l’autorità competente è la Regione e tutte le autorizzazioni sono rilasciate, se il proponente ne fa richiesta nell’istanza, nell’ambito di questo procedimento unico. Sono, inoltre, soggetti a Pauar le opere, gli impianti e le infrastrutture necessari al superamento delle procedure di infrazione dell’Unione europea sulla depurazione o comunque connessi alla gestione della risorsa idrica, ricompresi nell’allegato III alla parte seconda del D.Lgs. n. 152/2006.
Ci si riferisce al procedimento unico in materia ambientale (Pua) e al procedimento autorizzatorio unico regionale (Paur), due schemi procedimentali previsto dal D.Lgs. n. 152/2006 al fine di riunire, nell’ambito di un singolo procedimento amministrativo, le diverse autorizzazioni ambientali (e non solo) necessarie per la realizzazione e il successivo esercizio di un’opera, nei casi in cui tra esse figuri anche la valutazione di impatto ambientale (Via). Si tratta, dunque, di due procedimenti che presentano strutture e tempistiche di istruttoria e valutazione diverse rispetto a quelle proprie dei procedimenti che vanno a sostituire, senza, tuttavia, mutare la sostanza delle verifiche e degli standard tecnici di riferimento. In sostanza:
per quanto concerne il procedimento, sia il Pua che il Paur hanno una struttura sostanzialmente simile al procedimento di Via, pur presentando alcune particolarità derivanti dal maggior numero di soggetti coinvolti e dalla conseguente maggiore complessità delle valutazioni da svolgere;
quanto alle tempistiche, anche se il relativo procedimento ha una durata tendenzialmente maggiore dell’autonomia Via, i tempi sia del Pua che del Paur vengono nel complesso contenuti se parametrati alla somma della durata dei singoli procedimenti sostituiti;
con riferimento, infine, a prescrizioni, durata, modifiche, rinnovi o riesami, controlli e disciplina sanzionatoria, continua a trovare applicazione la normativa di settore, e relativa competenza sostanziale, specificamente prevista per ogni atto sostituito.
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE/Adempimenti generali
Di che cosa si tratta
La valutazione di impatto ambientale (Via) è un procedimento amministrativo finalizzato a garantire che l’autorizzazione di progetti, sia pubblici che privati, con potenziali rilevanti impatti ambientali – ovvero tali da produrre effetti significativi, diretti e indiretti su una serie di fattori indicati alla lettera c) dell’art. 5, D.Lgs. n. 152/2006, tra i quali la popolazione e la salute umana, la biodiversità, il suolo, l’acqua, il clima e il paesaggio – sia concessa solo previa determinazione e valutazione specifica di questi impatti, nonché definizione di modalità di contenimento.
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE/Verifiche preliminari al procedimento di Via
Di che cosa si tratta
Al fine di migliorare l’efficienza del procedimento di Via, il D.Lgs. n. 152/2006 prevede una serie di procedimenti di assesment preliminare, ovvero autonomi procedimenti funzionali a definire se è necessario sottoporre il progetto a questa valutazione e quali dovrebbero essere gli eventuali contenuti del procedimento di Via e della relativa documentazione.
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE/Procedimento di pre-screening
Di che cosa si tratta
Attraverso il procedimento di pre-screening, il soggetto che intende realizzare modifiche, estensioni o adeguamenti tecnici al fine di migliorare il rendimento e le prestazioni ambientali dei progetti elencati negli allegati II, II-bis, III e IV alla parte II del D.Lgs. n. 152/2006 (ossia i progetti sottoposti a Via o a screening Via, ad eccezione di quelle modifiche o estensioni dei progetti elencati negli allegati II e III che comportano il superamento dei valori limite ivi stabiliti), qualora ritenga che queste iniziative non comportino impatti ambientali significativi e negativi, ha la facoltà di chiedere all’autorità competente una valutazione preliminare circa l’eventuale procedura da avviare. L’obiettivo, dunque, è quello di ottimizzare le fasi successive, consentendo al proponente di organizzare e predisporre la documentazione necessaria.
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE/Procedimento di screening
Di che cosa si tratta
Il procedimento di screening va effettuato per i progetti indicati agli allegati II-bis e IV della parte II, D.Lgs. n. 152/2006, salvo diverse e ulteriori indicazioni contenute nelle discipline regionali, ed è volto a determinare se un progetto debba o meno essere assoggettato a Via. Seppur strettamente legato a quest’ultimo procedimento, lo screening deve essere considerato come un procedimento preliminare e autonomo. Il procedimento si conclude con il provvedimento di valutazione di assoggettabilità, pubblicato nel sito dell’autorità competente, che determina la necessità o meno dell’esecuzione del procedimento di Via e le relative eventuali condizioni. Documento fondamentale è lo studio preliminare ambientale, contenente le informazioni sulle caratteristiche del progetto ed i suoi probabili effetti sull’ambiente, redatto in conformità alle indicazioni contenute nell’allegato IV-bis alla parte II, D.Lgs. n. 152/2006.
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE/Procedimento di consultazione preventiva
Di che cosa si tratta
Attraverso il procedimento di consultazione preventiva viene data la possibilità al proponente di consultare l’autorità competente, preventivamente all’eventuale deposito di una istanza di valutazione ambientale, ma esclusivamente al fine di definire la portata e il livello di dettaglio delle informazioni necessarie per la redazione dello studio di impatto ambientale (Sia), così da ottimizzare lo sviluppo del procedimento valutativo successivo. Questa procedura può applicarsi anche ai progetti di cui all’art. 8 comma 2-bis, D.Lgs. n. 152/2006, ovvero i progetti compresi nel piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), quelli finanziati a valere sul fondo complementare, quelli attuativi del piano integrato per l’energia e il clima individuati nell’allegato I-bis alla parte II del D.Lgs. n. 152/2006 e quelli comunque connessi alla gestione della risorsa idrica ricompresi nell’allegato II alla parte II del D.Lgs. n. 152/2006.
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE/Procedimento di scoping
Di che cosa si tratta
Il procedimento di scoping è funzionale a garantire un preventivo confronto sullo studio di impatto ambientale (Sia), volto a definire la portata delle informazioni, il relativo livello di dettaglio e le metodologie da adottare per la predisposizione dello stesso.
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE/Studio di impatto ambientale (Sia)
Di che cosa si tratta
Lo studio di impatto ambientale (Sia) è il documento fondamentale nel procedimento di Via. Secondo la definizione fornita dall’art. 5, comma 1, lettera i), si tratta del «documento che integra i progetti ai fini del procedimento di Via, redatto in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 22 e alle indicazioni contenute nell’allegato VII alla Parte seconda del presente decreto». I contenuti dello stesso possono essere oggetto anche di preventivo confronto tra privati e autorità con le procedure diassesment preliminare.
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE/Contenuti del provvedimento di Via
Di che cosa si tratta
Il provvedimento di Via contiene innanzitutto le motivazioni e le considerazioni su cui si fonda la decisione dell’autorità competente, incluse le informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico, la sintesi dei risultati delle consultazioni e delle informazioni raccolte; su questi aspetti è sempre stata riconosciuta un’ampia discrezionalità amministrativa e istituzionale.
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE/Validità temporale del provvedimento di Via
Di che cosa si tratta
Il provvedimento di Via fissa la propria efficacia temporale, la quale:
deve tenere conto dei tempi previsti per la realizzazione del progetto, dei procedimenti autorizzatori necessari e dell’eventuale proposta formulata dal proponente in sede di istanza di Via;
La cosiddetta Via postuma è la valutazione ambientale di impianti o stabilimenti già realizzati e autorizzati senza la loro previa sottoposizione a Via, screening Via, Pau o Paur, oppure ancora in caso di annullamento in sede giurisdizionale o in autotutela dei provvedimenti conclusivi di questi procedimenti. Si tratta, dunque, di una procedura che mira alla definizione di impatti già esistenti e all’eventuale identificazione di misure per mitigarli o ridurli, nell’ottica di garantire la prosecuzione dell’attività. Come chiarito dal ministero dell’Ambiente nella nota n. 43387/2022, di risposta a un interpello ambientale, la Via postuma si qualifica come “patologica” se il progetto è stato realizzato senza la previa valutazione ambientale, nonostante le disposizioni allora vigenti ne imponessero lo svolgimento, con conseguente violazione della normativa al tempo applicabile; al contrario, si definisce “fisiologica”, se il progetto è stato realizzato quando non vi era alcuna normativa che stabiliva il previo svolgimento di questa valutazione per cui – non sussistendo alcuna violazione normativa – la realizzazione del progetto deve ritenersi legittima.
Si tratta di una procedura volta a verificare che la compatibilità ambientale dell’opera in fase operativa corrisponda a quanto stimato e valutato nel procedimento di Via o screening. L’autorità competente è chiamata, infatti, a verificare – eventualmente anche avvalendosi di altri enti come Ispra, Snpa e Iss – che il proponente ottemperi alle condizioni ambientali contenute nel provvedimento conclusivo di Via o screening, così da identificare tempestivamente gli impatti ambientali significativi e negativi imprevisti e di adottare le opportune misure correttive.
Dalla mancata osservanza della disciplina Via possono derivare conseguenze sanzionatorie di natura penale o amministrativa, oltre che la possibilità per l’autorità competente di intervenire in ordine agli aspetti autorizzativi del progetto. A questo riguardo, è opportuno distinguere tra l’ipotesi in cui nessuna valutazione sia stata effettuata – sebbene prescritta – prima della realizzazione del progetto, e quella in cui questa valutazione sia stata condotta, ma i relativi contenuti non siano stati rispettati (ad esempio, siano stati accertati inadempimenti o violazioni delle condizioni ambientali, oppure siano state condotte delle modifiche progettuali che rendono il progetto difforme da quello sottoposto a Via o a screening).
VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO/Adempimenti generali
Di che cosa si tratta
La valutazione di impatto sanitario (Vis) è, secondo la definizione di cui all’art. 5, comma 1, lettera b-bis), D.Lgs. n. 152/2006, l’elaborato predisposto dal proponente sulla base delle linee guida del ministro della Salute (adottate con D.M. 27 marzo 2019), al fine di stimare gli impatti complessivi, diretti e indiretti, che la realizzazione e l’esercizio del progetto può procurare sulla salute della popolazione. Si tratta, quindi, di un percorso scientifico – incentrato sui profili sanitari e svolto nell’ambito della Via – di identificazione degli impatti, analisi, stima e monitoraggio.
VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO/Fase di screening
Di che cosa si tratta
È la prima fase in cui si articola il procedimento di Vis. Questa fase ha lo scopo di valutare l’effettiva necessità di effettuazione della Vis e, dunque, di proseguire con le fasi successive, soprattutto in caso di modifiche a impianti esistenti non originariamente sottoposti a questa valutazione. Le basi di valutazione sono:
«l’identificazione e prima caratterizzazione della popolazione potenzialmente esposta, inclusa una descrizione della sua distribuzione nello spazio»;
«il profilo di salute della popolazione identificata di tipo generale per i grandi gruppi di patologie»;
«la valutazione quali-quantitativa della sovrapposizione dei nuovi impatti dovuti alle attività dell’impianto con quelli già presenti sul territorio».
È la seconda fase in cui si articola il procedimento di Vis. Valutata (nella fase di screening) l’eventuale necessità di effettuare la Vis, questa fase ha l’obiettivo di identificare i potenziali impatti sulla salute e gli indicatori di salute che saranno oggetto di valutazione e quantificazione nella successiva fase di assessment.
VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO/Fase di assessment e appraisal
Di che cosa si tratta
È la terza fase in cui si articola il procedimento di Vis. L’assessment ha lo scopo di quantificare i potenziali impatti sulla salute sia in termini di magnitudo che di verosimiglianza, integrando i dati di carattere ambientale con gli scenari di esposizione selezionati in funzione delle conoscenze acquisite durante la fase di screening e scoping; mentre in sede di appraisal si svolge un confronto tra i dati ottenuti nelle fasi precedenti e le esigenze – nonché le eventuali preoccupazioni – degli stakeholder, per individuare le azioni di mitigazione più efficaci ai fini della riduzione e gestione del potenziale rischio sul territorio. L’esito di queste valutazioni, che devono necessariamente essere condotte in stretta collaborazione con le autorità territoriali e valorizzare l’integrazione con la componente ambientale, dovrebbe – nell’intento delle linee guida – portare all’individuazione della soluzione progettuale che minimizzi «gli aspetti negativi mantenendo, e possibilmente massimizzando, le ricadute positive per il territorio e la popolazione».
VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO/Fase di monitoring
Di che cosa si tratta
È la quarta fase in cui si articola il procedimento di Vis ed è finalizzata – stante il carattere previsionale delle valutazioni svolte – a definire i contenuti e i criteri di monitoraggio al fine di:
assicurare il controllo degli effetti significativi sull’ambiente derivanti dalla realizzazione e dal funzionamento dell’opera, per i quali è stata stabilita una potenziale relazione con effetti sanitari;
segnalare tempestivamente eventuali effetti non previsti o previsti con caratteristiche diverse.
Le linee guida prevedono inoltre la predisposizione di un aggiornamento nel tempo degli indicatori descrittivi per quanto riguarda gli aspetti epidemiologici nonché il monitoraggio dei determinanti ulteriori.
VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO/Fase di reporting
Di che cosa si tratta
È l’ultima fase in cui si articola il procedimento di Vis e consiste nella stesura del rapporto di Vis, che contiene la sintesi di tutti gli elementi conoscitivi fondamentali acquisiti nel percorso valutativo.
La valutazione ambientale strategica (Vas) è un procedimento amministrativo che ha ad oggetto piani e programmi che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale e ha lo scopo di assicurare che l’attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un’equa distribuzione dei vantaggi connessi all’attività economica. È, dunque, un procedimento destinato a fungere da guida per le amministrazioni chiamate a compiere scelte discrezionali nei procedimenti volti all’approvazione degli stessi, orientando le scelte ad un elevato livello di protezione ambientale.
VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA/Procedimento di Vas
Di che cosa si tratta
È il procedimento funzionale al rilascio da parte dell’autorità competente del provvedimento di valutazione ambientale strategica (Vas) e si articola in:
verifica di assoggettabilità limitatamente ai piani e ai programmi di cui all’art. 6, commi 3 e 3-bis;
elaborazione del rapporto ambientale;
svolgimento di una fase di consultazioni;
valutazione del rapporto ambientale e degli esiti delle consultazioni (da svolgersi anteriormente all’approvazione del piano o del programma o all’avvio della relativa procedura legislativa, essendo preordinata a garantire che gli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione);
Il rapporto ambientale è il documento fondamentale del procedimento di Vas e costituisce parte integrante del piano o del programma accompagnandone l’intero processo di elaborazione ed approvazione. Nel rapporto ambientale devono, infatti, essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che l’attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull’ambiente e sul patrimonio culturale, nonché le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano o del programma. La redazione del rapporto ambientale spetta all’autorità procedente (che presenta l’istanza di Vas) seguendo le indicazioni riportate all’allegato VI alla parte seconda del D.Lgs. n. 152/2006, ove sono riportate le informazioni da fornire a questo scopo, nei limiti in cui possono essere ragionevolmente richieste tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, nonché dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma.
VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA/Verifica di assoggettabilità a Vas
Di che cosa si tratta
Nel caso di piani e programmi di cui all’art. 6, commi 3 e 3-bis – ovvero che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2 che siano già stati sottoposti a Vas – la verifica di assoggettabilità è funzionale a stabilire se gli stessi debbano essere sottoposti a Vas, valutando gli impatti significativi sull’ambiente che possono derivare dall’attuazione del piano o programma, facendo riferimento ai criteri dell’allegato I alla parte seconda, D.Lgs. n. 152/2006.
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