Pubblicata la direttiva 2024/3019 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2024. Entrata in vigore dal ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, a parte specifiche disposizioni che si applicheranno a decorrere dal 1° agosto 2027

Acque reflue urbane: la nuova direttiva quadro (direttiva 2024/3019 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2024) è stata pubblicata sulla G.U.U.E. L del 12 dicembre 2024.

Scopo del provvedimento è stabilire norme:

  •  sulla raccolta, sul trattamento e sullo scarico delle acque reflue urbane, allo scopo di proteggere l’ambiente e la salute umana, in conformità all’approccio "One Health"

- riducendo progressivamente le emissioni di gas a effetto serra a livelli sostenibili;

- migliorando i bilanci energetici delle attività di raccolta e trattamento di tali acque;

- contribuendo alla transizione verso un’economia circolare

  • sull’accesso ai servizi igienico-sanitari per tutti;
  • sulla trasparenza del settore delle acque reflue urbane;
  • sulla sorveglianza periodica di parametri rilevanti per la salute pubblica nelle acque reflue urbane;
  • sull’attuazione del principio «chi inquina paga».

Tra i temi affrontati dalla direttiva:

  • reti fognarie e calcolo del carico di un agglomerato;
  • sistemi individuali;
  • trattamento secondario/terziario/quaternario;
  • responsabilità estesa del produttore e requisiti minimi per le organizzazioni per l’adempimento;
  • cooperazione transnazionale;
  • scarichi di acque reflue non domestiche;
  • riutilizzo dell’acqua e scarichi di acque reflue urbane;
  • acque reflue non domestiche biodegradabili;
  • sorveglianza delle acque reflue urbane;
  • valutazione e gestione del rischio;
  • accesso ai servizi igienico-sanitari;
  • fanghi e recupero di risorse;
  • informazioni relative al controllo dell’attuazione;
  • programma nazionale di attuazione.

La direttiva entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, ad eccezione degli articoli 12 e 13 e degli allegati II e IV che si applicheranno a decorrere dal 1° agosto 2027.

Ulteriori commenti prossimamente su Ambiente&Sicurezza on-line e cartacea.

Di seguito il testo della direttiva 2024/3019; gli allegati sono disponibili in pdf alla fine della pagina.

Acque reflue urbane: la nuova direttiva quadro

Direttiva (UE) 2024/3019 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2024, concernente il trattamento delle acque reflue urbane

(G.U.U.E. L del 12 dicembre 2024)

 

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 192, paragrafo 1,

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo[1]GU C 146 del 27.4.2023, pag. 35,

visto il parere del Comitato delle regioni[2]GU C, C/2023/250, 26.10.2023, ELI: http://data.europa.eu/eli/C/2023/250/oj.,

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria[3]Posizione del Parlamento europeo del 10 aprile 2024 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 5 novembre 2024.,

considerando quanto segue:

(1) La direttiva 91/271/CEE[4]Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU L 135 del 30.5.1991, pag. 40). del Consiglio ha subito varie e sostanziali modifiche[5]Cfr. parte A dell’allegato VII.. Poiché si rendono necessarie nuove modifiche, a fini di chiarezza è opportuno procedere alla sua rifusione.
(2) L’acqua è un bene primario che appartiene a tutti ed è per tutti. In quanto risorsa naturale che è essenziale, insostituibile e indispensabile alla vita, deve essere considerata e integrata nelle sue tre dimensioni: sociale, economica e ambientale.
(3) La direttiva 91/271/CEE stabilisce il quadro giuridico per la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane e per lo scarico delle acque reflue biodegradabili originate da taluni settori industriali. Le acque reflue urbane possono essere costituite da diverse miscele di acque reflue domestiche, deflusso urbano e acque reflue non domestiche di altra origine. Le acque reflue provenienti da istituzioni quali uffici, scuole, cucine per la preparazione di alimenti, che derivano prevalentemente dal metabolismo umano sono considerate acque reflue domestiche. L’obiettivo della direttiva 91/271/CEE è proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi di acque reflue urbane non sufficientemente trattate. Essa ha contribuito al conseguimento degli obiettivi stabiliti nel quadro della direttiva n. 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[6]Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1). e di altro diritto pertinente dell’Unione. La presente direttiva dovrebbe continuare a perseguire lo stesso obiettivo e al contempo contribuire alla protezione della salute pubblica secondo l’approccio «One Health», che mira a bilanciare e ottimizzare in modo sostenibile la salute di persone, animali ed ecosistemi, ad esempio nei casi in cui le acque reflue urbane sono scaricate in acque di balneazione o corpi idrici utilizzati per la captazione di acqua potabile oppure fungono da indicatore per parametri rilevanti per la salute pubblica. Dovrebbe inoltre garantire l’accesso ai servizi igienico-sanitari e alle informazioni chiave relative alla governance delle attività di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane. La presente direttiva dovrebbe altresì mirare ad aumentare le sinergie con l’adattamento ai cambiamenti climatici e le azioni volte a ripristinare gli ecosistemi urbani, in particolare attraverso una pianificazione integrata della gestione delle acque reflue urbane, facendo nel contempo un uso ottimale della digitalizzazione. La presente direttiva dovrebbe infine contribuire alla progressiva riduzione delle emissioni di gas a effetto serra derivanti dalle attività di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane, in particolare riducendo ulteriormente le emissioni di azoto, ma anche promuovendo l’efficienza energetica e la produzione di energia rinnovabile, e concorrere in tal modo al raggiungimento dell’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 sancito dal regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del ConsiglioR[7]egolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 2021, che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento (UE) 2018/1999 («Normativa europea sul clima») (GU L 243 del 9.7.2021, pag. 1).. In linea con l’articolo 193 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), gli Stati membri possono andare oltre i requisiti minimi stabiliti nella presente direttiva. Gli Stati membri potrebbero prendere in considerazione, ad esempio, l’applicazione di termini o soglie più rigorosi rispetto a quelli contenuti nella presente direttiva, raggiungendo più rapidamente la neutralità energetica o climatica o imponendo requisiti aggiuntivi o ampliando lo spettro per l’applicazione dei loro sistemi nazionali di responsabilità estesa del produttore.
(4) Nel 2019 la Commissione ha effettuato una valutazione della direttiva 91/271/CEE nell’ambito del programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione («valutazione»). Da tale valutazione è emersa la necessità di aggiornare alcune disposizioni di tale direttiva. Sono state individuate tre importanti fonti di inquinamento, non pienamente affrontate in tale direttiva, derivanti dalle acque reflue urbane che potrebbero essere evitate, segnatamente gli scolmi causati da piogge molto intense e gli scarichi inquinati di deflusso urbano, i sistemi individuali potenzialmente malfunzionanti, ossia i sistemi di trattamento delle acque reflue domestiche che non confluiscono nelle reti fognarie, e i piccoli agglomerati che a oggi sono solo parzialmente disciplinati dalla direttiva 91/271/CEE. Tali tre fonti di inquinamento esercitano una pressione significativa sui corpi idrici superficiali nell’Unione. La relazione di valutazione ha inoltre evidenziato la necessità di migliorare la trasparenza e la governance delle attività legate alle acque reflue urbane, sfruttare il potenziale del settore del trattamento di tali acque in termini di sviluppo delle energie rinnovabili, compiendo progressi concreti verso la neutralità energetica per contribuire a quella climatica, e armonizzare la sorveglianza dei parametri sanitari nelle acque reflue, quali il virus della COVID-19 e le sue varianti, come mezzo per sostenere l’azione nel campo della salute pubblica.
(5) Secondo il rapporto dell’l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) sulle acque europee del 2018, i piccoli agglomerati esercitano una pressione significativa sull’11 % dei corpi idrici superficiali nell’Unione. Per contrastare meglio l’inquinamento che ne deriva ed evitare gli scarichi nell’ambiente di acque reflue urbane non trattate, è opportuno che la presente direttiva si applichi a tutti gli agglomerati con 1 000 abitanti equivalenti (a.e.) o più.
(6) Onde garantire un trattamento efficace prima dello scarico nell’ambiente, è opportuno che tutte le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con 1 000 a.e. o più siano raccolte in reti fognarie, a meno che gli Stati membri non giustifichino la necessità di una deroga per l’uso di sistemi individuali ai sensi della presente direttiva. Nel delimitare i loro agglomerati, gli Stati membri dovrebbero tenere conto della soglia indicativa di riferimento di 10-25 a.e. per ettaro al di sopra della quale la popolazione, eventualmente combinata con attività economiche, situata in una zona specifica è considerata sufficientemente concentrata. Laddove esistano già reti fognarie, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché tutte le fonti di acque reflue domestiche vi siano collegate.
(7) Saranno necessari investimenti significativi per attuare i nuovi requisiti introdotti dalla presente direttiva. È pertanto necessario tenere conto della situazione specifica di ciascuno Stato membro e, se del caso, adeguare i termini per l’attuazione di taluni requisiti rigorosi. Ad esempio, gli Stati membri che presentano numerosi piccoli agglomerati interessati dai nuovi requisiti della presente direttiva, in termini di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane per gli agglomerati con un numero di a.e. compreso fra 1 000 e 2 000, dovrebbero essere autorizzati a prorogare i termini per adempiere a tali nuovi requisiti nel quadro del loro primo programma nazionale di attuazione. Ciò dovrebbe valere anche per gli Stati membri che presentano un elevato numero di impianti, per esempio oltre il 50 %, che deve essere adeguato al trattamento terziario in linea con i nuovi requisiti della presente direttiva. Gli agglomerati con meno di 2 000 a.e. in cui sono già presenti reti fognarie che scaricano le acque reflue urbane in impianti di trattamento situati in un altro agglomerato non dovrebbero essere conteggiati nel calcolo delle percentuali ai fini delle deroghe a tali termini. Inoltre, i tre Stati membri che hanno aderito più di recente all’Unione, ossia la Bulgaria, la Croazia e la Romania, hanno dovuto effettuare investimenti recenti per attuare i requisiti della direttiva 91/271/CEE. Tali Stati membri sono inoltre caratterizzati da un elevato numero di zone rurali, che presentano un forte deflusso di popolazione oltre a un invecchiamento della popolazione rurale. È pertanto necessario tenere conto della situazione specifica di tali Stati membri e autorizzarli a prorogare i termini per adempiere a tali nuovi requisiti nel quadro del rispettivo primo programma nazionale di attuazione.
(8) Il ritrovamento di siti di valore archeologico nel corso di lavori infrastrutturali, come la costruzione di reti fognarie o di impianti di trattamento delle acque reflue urbane, comporta spesso il ritardo di tali lavori a causa della necessità di effettuare studi archeologici sul sito conformemente al diritto nazionale. In tali casi specifici è pertanto opportuno adattare i termini di attuazione. Più specificamente, qualora gli Stati membri stabiliscano che, a causa della necessità di preservare il patrimonio culturale, la costruzione delle infrastrutture necessarie è particolarmente difficile, essi dovrebbero essere autorizzati ad adattare i termini di attuazione in zone specifiche e ad aggiornare di conseguenza il loro programma nazionale di attuazione. Le proroghe dei termini dovrebbero essere fissate per ciascuna zona e dovrebbero essere mantenute il più possibile brevi, non oltre gli 8 anni. Il patrimonio culturale dovrebbe essere inteso ai sensi dell’articolo 1 della convenzione UNESCO del 1972 sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale.
(9) Se è possibile dimostrare che la realizzazione di una rete fognaria per le acque reflue urbane o il collegamento a una rete fognaria non comporterebbe alcun beneficio per l’ambiente o la salute umana, non sarebbero tecnicamente fattibili o comporterebbero costi eccessivi, e solo in tali casi, è opportuno che gli Stati membri siano autorizzati a usare sistemi individuali per la raccolta, lo stoccaggio e/o il trattamento ditali acque, purché assicurino lo stesso livello di protezione dell’ambiente e della salute umana del trattamento secondario e terziario. I sistemi individuali possono comprendere diversi tipi di sistemi di raccolta, stoccaggio o trattamento, quali soluzioni basate sulla natura, sistemi di trattamento di piccole dimensioni, o serbatoi provvisori abbinati allo svuotamento periodico negli impianti di trattamento. Gli Stati membri dovrebbero inoltre scambiare le migliori prassi sull’uso e sul funzionamento dei sistemi individuali.
(10) Gli Stati membri dovrebbero istituire registri nazionali, regionali o locali che identifichino i sistemi individuali e gli stoccaggi provvisori in uso sul loro territorio e adottare tutte le misure necessarie per garantirne l’adeguata progettazione, la corretta manutenzione e il controllo periodico della conformità in base a un approccio basato sul rischio. In particolare, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i sistemi individuali usati per la raccolta, lo stoccaggio o il trattamento delle acque reflue urbane siano impermeabili e a tenuta stagna e che siano sottoposti a monitoraggio e ispezione a intervalli fissi e regolari. Tenendo conto dei costi sproporzionati per adeguare la progettazione di tali sistemi ai nuovi requisiti di progettazione, questi ultimi non dovrebbero applicarsi ai sistemi realizzati prima dell’entrata in vigore della presente direttiva. Qualora siano utilizzati sistemi individuali per raccogliere o trattare più del 2 % del carico di acque reflue urbane a livello nazionale proveniente da agglomerati con 2 000 a.e. o più, gli Stati membri dovrebbero fornire alla Commissione giustificazioni riguardanti i motivi per l’uso di sistemi individuali anziché di reti fognarie, dimostrando la conformità di tali sistemi alle norme stabilite dalla presente direttiva e descrivendo le misure adottate per ridurre l’uso di tali sistemi.
(11) A causa delle precipitazioni quali pioggia, neve o acqua di fusione, gli scolmi causati da piogge molto intense e il deflusso urbano rappresentano una considerevole fonte residua di inquinamento scaricato nell’ambiente. Si prevede che tali sversamenti e tale deflusso aumenteranno per via degli effetti combinati dell’urbanizzazione e della progressiva evoluzione del regime di precipitazioni connessa ai cambiamenti climatici. Le infrastrutture di gestione delle acque reflue urbane sono pertanto particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici. È opportuno che le soluzioni per ridurre tale fonte di inquinamento siano definite a livello locale, tenendo conto delle specifiche condizioni locali, e si fondino su una gestione idrica quantitativa e qualitativa integrata nelle zone urbane. Gli Stati membri dovrebbero dunque provvedere affinché siano elaborati a livello locale piani integrati di gestione delle acque reflue urbane per tutti gli agglomerati con 100 000 a.e. o più, in quanto detti agglomerati sono responsabili di una quota significativa dell’inquinamento emesso. È inoltre opportuno predisporre piani integrati di gestione delle acque reflue urbane per gli agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 10 000 e 100 000 nei quali gli scolmi causati da piogge molto intense o il deflusso urbano mettono a repentaglio l’ambiente o la salute pubblica. In tali piani dovrebbero essere stabilite misure volte a limitare l’inquinamento da scolmi causati da piogge molto intense a non più del 2 % del carico annuo di acque reflue urbane raccolte, calcolato in condizioni di tempo asciutto sulla base degli inquinanti di cui alle tabelle 1 e 2 dell’allegato I.
(12) Tali piani dovrebbero includere misure volte a ridurre l’inquinamento da scolmi causati da piogge molto intense nonché ad affrontare l’inquinamento potenzialmente significativo derivante dal deflusso urbano raccolto separatamente, ad esempio l’inquinamento derivante dalle prime piogge dopo un lungo periodo secco in zone densamente popolate. Tali piani dovrebbero inoltre includere misure per prevenire l’inquinamento alla fonte e prediligere soluzioni basate sulla natura rispetto a quelle che richiederebbero la realizzazione di infrastrutture «grigie». Tali misure potrebbero comprendere misure preventive temporanee tese a evitare l’ingresso di acque piovane non inquinate nelle reti fognarie o lo stoccaggio temporaneo, compresa la ritenzione naturale dell’acqua, e un trattamento appropriato del deflusso o degli sversamenti molto carichi derivanti dalle prime piogge abbondanti. Gli Stati membri sono incoraggiati ad aumentare gli spazi verdi e blu nelle aree urbane e a tenere conto della piattaforma per l’inverdimento urbano, che fornisce indicazioni e conoscenze a sostegno delle città. Al fine di garantire una copertura adeguata dei piani integrati di gestione delle acque reflue urbane e una soluzione globale ai problemi causati dalle piogge intense, è opportuno istituire tali piani per le aree di drenaggio degli agglomerati interessati.
(13) Affinché i piani integrati di gestione delle acque reflue urbane siano efficaci sotto il profilo dei costi, è importante che siano basati sulle migliori prassi già applicate in aree urbane. Pertanto, le misure da prendere in considerazione dovrebbero scaturire da un’analisi approfondita delle condizioni locali e privilegiare un approccio preventivo volto a limitare la raccolta di acque piovane non inquinate e ottimizzare l’uso delle infrastrutture esistenti per generare risparmi energetici e contribuire alla riduzione delle emissioni. Data la preferenza per gli sviluppi e gli investimenti «verdi» e «blu», è opportuno prevedere nuove infrastrutture «grigie» solo se assolutamente necessarie. ‘
(14) Al fine di proteggere l’ambiente, in particolare quello costiero e marino, inclusa la protezione della superficie, del terreno e dell’acqua potabile, e la salute pubblica dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi di acque reflue urbane non sufficientemente trattate, è opportuno che tutte le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con 1 000 a.e. o più siano sottoposte a trattamento secondario. A causa dell’estensione dell’ambito di applicazione della presente direttiva ad agglomerati più piccoli, gli Stati membri dovrebbero disporre di tempo sufficiente per istituire le infrastrutture necessarie ad adempiere agli obblighi di cui alla presente direttiva. Analogamente, è opportuno concedere agli Stati membri un periodo di tempo sufficiente al fine di adeguare le loro infrastrutture di trattamento per gli agglomerati che scaricano le loro acque reflue urbane nelle zone costiere o in «aree meno sensibili» in cui un trattamento secondario non era previsto dalla direttiva 91/271/CEE.
(15) Per gli scarichi nelle regioni d’alta montagna, ossia le regioni al di sopra dei 1 500 m di altitudine), e i piccoli agglomerati con meno di 2 000 a.e. nelle zone con clima freddo con una temperatura media trimestrale inferiore a 6 oC ai punti di ingresso, in cui è difficile applicare un trattamento biologico efficace date le basse temperature, dovrebbe essere autorizzato un trattamento meno spinto rispetto al trattamento secondario, a condizione che studi dettagliati dimostrino che tali scarichi non hanno ripercussioni negative sull’ambiente o sulla salute umana. Analogamente, dovrebbero poter beneficiare di tale deroga anche gli scarichi in acque marine profonde provenienti da agglomerati più piccoli al di sotto di 150 000 a.e. situati in regioni ultraperiferiche meno popolate, con meno di 275 000 abitanti e caratterizzate da una topografia difficile, come pendii ripidi, e che scaricano le loro acque reflue urbane in acque marine profonde nell’oceano aperto, così da favorire un elevato livello di diluizione di tali scarichi di acque reflue urbane nei corpi idrici recettori. Tuttavia, al fine di garantire la parità di trattamento di tutti gli Stati membri e un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana su tutto il territorio dell’Unione, tale deroga dovrebbe essere limitata a 20 anni, ossia il tempo necessario per adeguare progressivamente gli impianti rimanenti di trattamento delle acque reflue urbane al trattamento secondario nelle zone in cui tale trattamento potrebbe essere più difficile da applicare. Tali deroghe dovrebbero essere concesse a condizione che studi dettagliati dimostrino che tali scarichi non hanno ripercussioni negative sull’ambiente o sulla salute umana e non incidono sulla conformità dei corpi idrici recettori ad altro diritto dell’Unione in materia, quali le direttive 2000/60/CE, 2006/7/CE[8]Direttiva 2006/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 2006, relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione e che abroga la direttiva 76/160/CEE (GU L 64 del 4.3.2006, pag. 37). 2008/56/CE[9]Direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino) (GU L 164 del 25.6.2008, pag. 19).del Parlamento europeo e del Consiglio.
(16) La valutazione ha mostrato che grazie all’attuazione della direttiva 91/271/CEE sono state realizzate notevoli riduzioni delle emissioni di azoto e fosforo. Tuttavia, secondo la valutazione, gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane continuano a costituire un importante canale attraverso cui questi inquinanti arrivano nell’ambiente, dove sono causa diretta di eutrofizzazione dei corpi idrici e dei mari nell’Unione. Parte di tale inquinamento è evitabile, in quanto il progresso tecnico e le migliori prassi in atto dimostrano che i valori limite di emissione stabiliti dalla direttiva 91/271/CEE per azoto e fosforo sono obsoleti e dovrebbero essere resi più stringenti, specialmente per gli impianti di trattamento di maggiori dimensioni. È opportuno imporre sistematicamente il trattamento terziario a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano un carico di 150 000 a.e. o più, in quanto detti impianti rappresentano un’importante fonte residua di scarichi di azoto e fosforo.
(17) Il trattamento terziario dovrebbe essere obbligatorio anche per gli agglomerati con 10 000 a.e. o più che scaricano in aree soggette a eutrofizzazione o esposte a tale rischio. Per garantire che gli sforzi tesi a limitare l’eutrofizzazione siano coordinati a livello dei bacini interessati nell’intero bacino idrografico e assicurare una designazione coerente delle aree sensibili in tutta l’Unione, è opportuno che la presente direttiva elenchi le aree in cui l’eutrofizzazione è considerata un problema in base ai dati attualmente disponibili. Inoltre, al fine di garantire la coerenza del diritto pertinente dell’Unione, è opportuno che gli Stati membri individuino le aree soggette a eutrofizzazione o esposte a tale rischio nel loro territorio e stabiliscano se tali aree sono sensibili all’azoto o al fosforo, o a entrambi, in particolare sulla base dei dati raccolti a norma della direttiva 91/676/CEE del Consiglio[10]Direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 375 del 31.12.1991, pag. 1)., della direttiva 2000/60/CE e della direttiva 2008/56/CE. Valori limite più stringenti, un’individuazione più coerente e inclusiva delle aree sensibili all’eutrofizzazione e l’obbligo di garantire il trattamento terziario per tutti i grandi impianti contribuiranno congiuntamente a limitare l’eutrofizzazione. Poiché ciò richiederà investimenti supplementari a livello nazionale, è opportuno dare agli Stati membri tempo sufficiente per realizzare le infrastrutture necessarie.
(18) Le recenti conoscenze scientifiche alla base di varie strategie della Commissione di cui alle quattro comunicazioni della Commissione, ossia quelle del 16 gennaio 2018 dal titolo «Strategia europea per la plastica nell’economia circolare», dell’11 marzo 2019 dal titolo «Approccio strategico dell’Unione europea riguardo all’impatto ambientale dei farmaci», del 14 ottobre 2020 dal titolo «Strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili – Verso un ambiente privo di sostanze tossiche» e del 12 maggio 2021 dal titolo «Un percorso verso un pianeta più sano per tutti – Piano d’azione dell’UE: “Verso l’inquinamento zero per l’aria, l’acqua e il suolo”», sottolineano la necessità di agire per affrontare il problema dei microinquinanti, ormai generalmente rilevati in tutte le acque dell’Unione. Alcuni di essi rappresentano un pericolo per la salute pubblica e l’ambiente anche a basse concentrazioni di microgrammi per litro o a concentrazioni inferiori. Sebbene il trattamento primario, secondario e terziario rimuova già alcuni microinquinanti, è opportuno introdurre un ulteriore trattamento, ossia il trattamento quaternario, per assicurare la rimozione dalle acque reflue urbane di un’ampia gamma di microinquinanti residui. Il trattamento quaternario dovrebbe concentrarsi innanzitutto sui microinquinanti organici, che rappresentano una parte significativa dell’inquinamento e per i quali sono già state concepite tecnologie di rimozione. Il trattamento quaternario dovrebbe essere imposto seguendo il principio precauzionale combinato a un approccio basato sul rischio. Tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano un carico di 150 000 a.e. o più dovrebbero pertanto prevedere il trattamento quaternario, dal momento che sono all’origine di una parte significativa degli scarichi di microinquinanti nell’ambiente e che la rimozione dei microinquinanti a opera di impianti su tale scala è efficace in termini di costi. Per gli impianti di trattamento di 150 000 a.e. o più, gli Stati membri dovrebbero garantire che gli investimenti necessari siano prioritari, in modo che gli impianti con i maggiori rischi per l’ambiente e la salute umana siano attrezzati senza ritardi. Nel caso degli agglomerati con 10 000 a.e. o più, gli Stati membri dovrebbero essere tenuti ad applicare il trattamento quaternario nelle aree identificate come sensibili all’inquinamento da microinquinanti secondo criteri chiari, che è opportuno precisare. Tali aree dovrebbero includere i luoghi in cui lo scarico di acque reflue urbane trattate nei corpi idrici determina bassi livelli di diluizione o in cui i corpi idrici recettori sono usati per la produzione di acqua potabile, per la produzione di molluschi o come acque di balneazione. Gli Stati membri dovrebbero poter non applicare il trattamento quaternario in tali aree qualora una valutazione del rischio dimostri che non sussistono potenziali pericoli per l’ambiente o la salute umana derivanti dai microinquinanti. Per tutti gli altri tipi di corpi idrici in agglomerati con 10 000 a.e. o più, gli Stati membri dovrebbero valutare i rischi che lo scarico di microinquinanti nelle acque reflue urbane comporta per l’ambiente o per la salute pubblica sulla base di una valutazione del rischio standardizzata e applicare il trattamento quaternario solo se necessario in base ai risultati della valutazione del rischio. Qualora vi siano più impianti di trattamento delle acque reflue urbane in un agglomerato con oltre 10 000 a.e. identificato come sensibile all’inquinamento da microinquinanti, solo gli impianti che scaricano nell’area a rischio dovrebbero essere tenuti ad applicare il trattamento quaternario. Al fine di dare agli Stati membri abbastanza tempo per pianificare e realizzare le infrastrutture necessarie, l’obbligo di trattamento quaternario dovrebbe applicarsi in modo progressivo fino al 2045, con obiettivi intermedi chiari.
(19) Per garantire la conformità continuativa degli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane ai requisiti di trattamento secondario, terziario e quaternario, è opportuno prelevare campioni conformemente alle prescrizioni della presente direttiva, i quali dovrebbero essere conformi ai valori parametrici ivi stabiliti. Al fine di tenere conto delle possibili variazioni tecniche dei campioni, è opportuno fissare un numero massimo di campioni non conformi a detti valori parametrici consentiti.
(20) Il trattamento quaternario necessario per rimuovere i microinquinanti dalle acque reflue urbane comporterà costi aggiuntivi, connessi ad esempio al monitoraggio e al costo di nuove attrezzature da installare in taluni impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Per coprire i costi aggiuntivi, conformemente al principio «chi inquina paga» sancito all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, è essenziale che i produttori che immettono sul mercato dell’Unione prodotti contenenti sostanze che, a fine vita, sono rinvenute sotto forma di microinquinanti nelle acque reflue urbane si assumano la responsabilità del trattamento supplementare necessario per rimuovere tali sostanze generate nel contesto della propria attività professionale. Il mezzo più idoneo per conseguire tale obiettivo è un regime di responsabilità estesa del produttore, che limiterebbe le ricadute finanziarie sui contribuenti e sulle tariffe idriche e incentiverebbe lo sviluppo di prodotti più ecologici. In tale contesto, la responsabilità estesa del produttore si dovrebbe applicare indipendentemente dal fatto che i prodotti siano immessi sul mercato o che i loro singoli componenti siano stati fabbricati in uno Stato membro o in un paese terzo, o che i produttori abbiano una sede legale nell’Unione o che il prodotto sia immesso sul mercato tramite una piattaforma digitale. I residui di prodotti farmaceutici e cosmetici rappresentano attualmente la fonte principale dei microinquinanti presenti nelle acque reflue urbane che richiedono un trattamento quaternario. La responsabilità estesa del produttore dovrebbe pertanto applicarsi a questi due gruppi di prodotti. Sulla base dei risultati del monitoraggio delle acque reflue urbane e dei dati scientifici più recenti, la Commissione dovrebbe valutare periodicamente se altri prodotti debbano essere inclusi nel sistema di responsabilità estesa del produttore.
(21) Sulla base dei dati disponibili, il potenziale aumento dei costi dei prodotti oppure la potenziale riduzione dei margini di profitto delle industrie che immettono sul mercato dell’Unione prodotti a causa dell’applicazione della responsabilità estesa del produttore sarebbe marginale a livello dell’Unione e non comprometterebbe la disponibilità e l’accessibilità, anche economica, di tali prodotti sul mercato dell’Unione. Gli Stati membri dovrebbero tuttavia tenere conto dei possibili effetti dell’applicazione dei requisiti relativi alla responsabilità estesa del produttore sulla disponibilità e sull’accessibilità, anche economica, dei prodotti a livello nazionale, in particolare dei medicinali, immessi sul mercato dell’Unione, nonché dei possibili effetti dell’applicazione di tali requisiti sulla parità di condizioni. Gli Stati membri possono intervenire per garantire la disponibilità di fondi sufficienti, anche finanziando parte dei costi per il trattamento quaternario. Dato che gli Stati membri potrebbero scegliere approcci di attuazione diversi, è opportuno tenere in considerazione il funzionamento del mercato interno e la Commissione dovrebbe valutare gli impatti potenziali al riguardo in ogni futura valutazione della presente direttiva.
(22) Dovrebbero tuttavia essere possibili esenzioni dagli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore. Ciò dovrebbe avvenire quando la quantità totale di sostanze contenute nei prodotti che un produttore immette sul mercato dell’Unione ammonta a piccole quantità, ossia inferiori a 1 tonnellata all’anno, poiché in tal caso l’onere amministrativo supplementare in capo al produttore sarebbe sproporzionato rispetto ai vantaggi per l’ambiente. Dovrebbero altresì essere possibili esenzioni per una parte dei prodotti se il produttore è in grado di dimostrare che alla fine della vita del prodotto non sono generati microinquinanti o se questi può provare che i residui del prodotto sono rapidamente biodegradabili nelle acque reflue e nell’ambiente o che non raggiungono gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. È opportuno che la Commissione stabilisca criteri dettagliati di identificazione dei prodotti immessi sul mercato dell’Unione che a fine vita non rilasciano microinquinanti nelle acque reflue urbane, tenendo conto della pericolosità e della biodegradabilità di tali prodotti. Nell’elaborare tali criteri, la Commissione dovrebbe tenere conto dei criteri già stabiliti nel regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio[11]Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006 (GU L 353 del 31.12.2008, pag. 1)., ma anche dei dati scientifici o di altre informazioni tecniche disponibili, comprese le norme internazionali pertinenti. Tali criteri dovrebbero essere stabiliti prima dell’entrata in vigore degli obblighi di responsabilità estesa del produttore previsti dalla presente direttiva.
(23) Onde evitare possibili distorsioni del mercato interno, è opportuno che la presente direttiva stabilisca i requisiti minimi di attuazione del sistema di responsabilità estesa del produttore e che l’organizzazione pratica del regime sia decisa a livello nazionale. Al fine di agevolare la sostituzione di sostanze e prodotti che generano residui di microinquinanti nelle acque reflue urbane, il contributo del produttore dovrebbe essere proporzionato alla quantità di sostanze contenuto nei prodotti immessi sul mercato e alla pericolosità di tali sostanze e dei relativi residui. Tale contributo dovrebbe coprire, ma non superare, i costi di investimento e operativi delle attività di monitoraggio dei microinquinanti, i costi di compilazione, comunicazione e verifica imparziale delle statistiche sulle quantità e sulla pericolosità dei prodotti immessi sul mercato degli Stati membri e i costi di applicazione del trattamento quaternario alle acque reflue urbane in modo efficiente. Tali contributi dovrebbero coprire anche i costi operativi del trattamento quaternario già stabilito alla data di entrata in vigore della direttiva quando ciò sia necessario per adempiere agli obblighi dei sistemi di responsabilità estesa del produttore. Dovrebbero inoltre coprire parte dei costi di investimento di tali trattamenti quaternari già stabiliti, tenendo conto dell’ammortamento degli investimenti e delle scadenze degli obblighi di finanziamento stabiliti dalla presente direttiva. Dal momento che le acque reflue urbane sono trattate collettivamente, è appropriato imporre ai produttori di aderire a un’organizzazione centralizzata che possa attuare per loro conto gli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore.
(24) La valutazione ravvisa la possibilità di ridurre notevolmente il consumo energetico del settore del trattamento delle acque reflue urbane e generare energia rinnovabile, ad esempio sfruttando meglio le superfici disponibili negli impianti di trattamento delle acque reflue urbane per la generazione di energia solare o producendo biogas a partire dai fanghi, nonché mediante il calore o l’energia cinetica o altre fonti di energia rinnovabile. La valutazione puntualizza inoltre che, senza obblighi giuridici chiari, tale settore non può che compiere progressi parziali. In tale contesto gli Stati membri dovrebbero essere tenuti a provvedere affinché l’energia totale annua consumata da tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati nel loro territorio che trattano un carico di 10 000 a.e. o più non superi la quantità di energia da fonti rinnovabili, come definita all’articolo 2, punto 1), della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio[12]Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 82)., generata da tali impianti. Al fine di tener conto delle specificità di ciascun impianto di trattamento delle acque reflue urbane, ottimizzare gli investimenti necessari e garantire la flessibilità richiesta per conseguire l’obiettivo della neutralità energetica, garantendo nel contempo il pieno sfruttamento del potenziale di produzione di energia rinnovabile e di risparmio energetico, detto obiettivo dovrebbe essere conseguito a livello nazionale e non per ciascun impianto di trattamento. Si dovrebbe tener conto di tutta l’energia rinnovabile prodotta dai gestori o dai proprietari di impianti di trattamento delle acque reflue urbane, in loco o altrove, quale l’energia idraulica, solare, termica, eolica oppure il biogas. Tale obiettivo dovrebbe essere conseguito progressivamente, con traguardi intermedi, entro il 31 dicembre 2045. Dovrebbe essere possibile acquistare una quantità limitata di energia non fossile, non connessa direttamente alle attività di trattamento delle acque reflue urbane, a partire da fonti esterne nel 2040 e nel 2045, ricorrendo a una deroga legata a condizioni. L’energia rinnovabile generata da parte o per conto dei proprietari o dei gestori dell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane non dovrebbe comprendere l’acquisto di energia rinnovabile. Il raggiungimento di tale obiettivo della neutralità energetica contribuirà in particolare a ridurre le emissioni evitabili di gas a effetto serra del settore del trattamento delle acque reflue urbane, sostenendo nel contempo il perseguimento degli obiettivi di neutralità climatica entro il 2050 e degli obiettivi nazionali e dell’Unione ad essi connessi, come quelli fissati nel regolamento (UE) 2018/842 del Parlamento europeo e del Consiglio[13]Regolamento (UE) 2018/842 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 come contributo all’azione per il clima per onorare gli impegni assunti a norma dell’accordo di Parigi e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 26).. Le iniziative volte a conseguire la neutralità energetica non dovrebbero tuttavia comportare un aumento delle emissioni di metano o di protossido d’azoto. In linea con la direttiva (UE) 2018/2001, gli Stati membri dovrebbero agevolare le procedure di rilascio delle autorizzazioni per i progetti di energia rinnovabile necessari a conseguire la neutralità energetica del settore del trattamento delle acque reflue urbane. Incoraggiare la produzione di biogas o energia solare nell’Unione e potenziare le misure di efficienza energetica in linea con il principio «l’efficienza energetica al primo posto» definito nel regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio[14]Regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima che modifica i regolamenti (CE) n. 663/2009 e (CE) n. 715/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 94/22/CE, 98/70/CE, 2009/31/CE, 2009/73/CE, 2010/31/UE, 2012/27/UE e 2013/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive del Consiglio 2009/119/CE e (UE) 2015/652 e che abroga il regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 1)., nonché utilizzare al meglio la digitalizzazione, il che prevede di tenere nella massima considerazione le misure di questo tipo efficienti in termini di costi al momento di definire la politica energetica e prendere le decisioni d’investimento del caso, aiuterà anche a ridurre la dipendenza energetica dell’Unione, uno degli obiettivi espressi nella comunicazione della Commissione del 18 maggio 2022 dal titolo «Piano REPowerEU». È altresì in linea con la direttiva (UE) 2018/844 del Parlamento europeo e del Consiglio[15]Direttiva (UE) 2018/844 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 75). e con la direttiva (UE) 2018/2001, nella quale i siti di trattamento delle acque reflue urbane sono identificati come «zone di riferimento per le energie rinnovabili», ovverosia luoghi designati come particolarmente adatti per l’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile. Per raggiungere l’obiettivo della neutralità energetica attraverso misure ottimali per ciascun impianto di trattamento delle acque reflue urbane e per ciascuna rete fognaria, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché ogni quattro anni siano effettuati audit energetici, quali definiti nella direttiva (UE) 2023/179 del Parlamento europeo e del Consiglio[16]Direttiva (UE) 2023/1791 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 settembre 2023, relativa all’efficienza energetica e che modifica il regolamento (UE) 2023/955 (GU L 231 del 20.9.2023, pag. 1).. Gli audit dovrebbero tra le altre cose individuare anche le possibilità di riduzione del consumo energetico, di recupero e di uso efficaci sotto il profilo dei costi del calore di scarto, in loco o tramite un sistema di teleriscaldamento/teleraffrescamento, o di un uso o una produzione di energia rinnovabile efficaci sotto il profilo dei costi secondo i criteri di cui all’allegato VI della direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio[17]Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 1)..
(25) Poiché le riduzioni delle emissioni di metano hanno un impatto maggiore sull’attenuazione dei cambiamenti climatici rispetto, in proporzione, alle riduzioni delle emissioni di biossido di carbonio, e poiché il settore del trattamento delle acque reflue urbane è identificato come uno dei principali settori responsabili delle emissioni di metano, tale settore dovrebbe monitorare e mirare a ridurre le emissioni di metano, come indicato nell’impegno mondiale sul metano, un’iniziativa avviata alla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Glasgow (COP 26), analogamente alla riduzione delle emissioni di metano di cui al regolamento (UE) 2024/1787 del Parlamento europeo e del Consiglio[18]Regolamento (UE) 2024/1787 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2024, sulla riduzione delle emissioni di metano nel settore dell’energia e che modifica il regolamento (UE) 2019/942 (GU L 2024/1787del 15.7.2024, ELI: http://data.europa.eu/eli/reg/2024/1787/oj)., al fine di garantire il contributo del settore del trattamento delle acque reflue urbane al conseguimento dell’obiettivo della neutralità climatica al più tardi entro il 2050, come stabilito nel regolamento (UE) 2021/1119.
(26) Poiché la natura transfrontaliera dell’inquinamento idrico rende necessaria la cooperazione tra Stati membri o paesi terzi limitrofi nell’intento di contrastarlo e individuare misure mirate alle fonti stesse dell’inquinamento, gli Stati membri dovrebbero essere tenuti a informarsi vicendevolmente o a informare i paesi terzi interessati qualora l’inquinamento idrico significativo causato dagli scarichi di acque reflue urbane in uno Stato membro o in un paese terzo incida o possa verosimilmente incidere sulla qualità delle acque di un altro Stato membro o paese terzo. Tale informazione dovrebbe essere comunicata immediatamente in caso di inquinamento accidentale che incida in modo significativo sui corpi idrici a valle e le risposte dovrebbero essere comunicate tempestivamente. Laddove gli Stati membri abbiano concluso, tra loro o con paesi terzi, accordi precedenti relativi a questioni ambientali in materia di acque, potrebbe essere tenuta in considerazione la cooperazione nel quadro di tali accordi. La Commissione dovrebbe essere informata di tale inquinamento e, se necessario, partecipare alle riunioni su richiesta degli Stati membri. È importante anche affrontare il problema dell’inquinamento transfrontaliero da paesi terzi che condividono corpi idrici con gli Stati membri. Allo scopo di gestire l’inquinamento proveniente da paesi terzi o in ingresso in tali paesi, è possibile cooperare e coordinarsi con questi ultimi nel quadro della convenzione della commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) sulla protezione e l’utilizzazione dei corsi d’acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali[19]GU L 186 del 5.8.1995, pag. 44. o di altre convenzioni regionali pertinenti, quali le convenzioni regionali sui mari o sui fiumi.
(27) Al fine di proteggere l’ambiente e la salute umana, è opportuno che gli Stati membri provvedano affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare alle prescrizioni della presente direttiva siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali. Poiché le infrastrutture per le acque reflue urbane sono state riconosciute come soggetti critici ai sensi della direttiva (UE) 2022/2557 del Parlamento europeo e del Consiglio[20]Direttiva (UE) 2022/2557 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2022, del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla resilienza dei soggetti critici e che abroga la direttiva 2008/114/CE del Consiglio (GU L 333 del 27.12.2022, pag. 164)., gli Stati membri dovrebbero altresì garantire che, nel corso della loro progettazione, costruzione e gestione, gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e le reti fognarie siano valutati per quanto riguarda la loro vulnerabilità a eventi estremi che si verificano a causa dei cambiamenti climatici.
(28) Gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane ricevono anche acque reflue non domestiche, comprese quelle industriali, che possono contenere una serie di inquinanti non espressamente disciplinati dalla direttiva 91/271/CEE, quali metalli pesanti, microplastiche, microinquinanti e altre sostanze chimiche, tra cui le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS). Tali acque reflue non domestiche possono provenire, per esempio, da industrie, stabilimenti commerciali, ospedali o altre strutture mediche. Nella maggior parte dei casi la comprensione di questo tipo di inquinamento e le conoscenze al riguardo sono carenti, il che può non solo portare a compromettere il funzionamento del processo di trattamento e contribuire all’inquinamento dei corpi idrici recettori, ma anche impedire il recupero dei fanghi e il riutilizzo delle acque reflue trattate. È pertanto opportuno che gli Stati membri monitorino e riferiscano periodicamente sull’inquinamento non domestico addotto agli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e scaricato nei corpi idrici. Per prevenire alla fonte l’inquinamento causato dagli scarichi di acque reflue non domestiche, gli scarichi provenienti da industrie o imprese collegate alla rete fognaria dovrebbero essere subordinati a regolamentazioni o autorizzazioni specifiche preventive, o entrambe, da parte dell’autorità competente o dell’organismo abilitato. Per garantire che le reti fognarie e gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane siano tecnicamente idonei a ricevere e trattare l’inquinamento in ingresso, è opportuno che i gestori degli impianti che ricevono acque reflue non domestiche siano consultati e informati prima del rilascio di tali autorizzazioni o dell’adozione di tali regolamentazioni preventive e possano consultare, su richiesta, le autorizzazioni rilasciate per adeguare i propri processi di trattamento. Se nelle acque in ingresso è rilevato inquinamento non domestico, gli Stati membri dovrebbero adottare le misure opportune per ridurlo alla fonte, potenziando il monitoraggio degli inquinanti nelle reti fognarie così che possano essere individuate le fonti di inquinamento e, se necessario, riesaminando le autorizzazioni rilasciate ai pertinenti impianti di trattamento delle acque reflue urbane collegati alle reti fognarie.
(29) Le risorse idriche dell’Unione sono sempre più sotto pressione, con conseguenti carenze idriche temporanee o permanenti in alcune zone dell’Unione. La capacità dell’Unione di rispondere alle crescenti pressioni sulle risorse idriche potrebbe essere migliorata attraverso un più ampio riutilizzo delle acque reflue urbane trattate, che limiti la captazione di acque dolci dai corpi idrici superficiali e sotterranei. È pertanto opportuno incoraggiare e praticare ove possibile il riutilizzo delle acque reflue urbane trattate, in particolare nelle zone soggette a stress idrico, e per tutti gli scopi appropriati, garantendo nel contempo un flusso ecologico minimo dei corpi idrici recettori e tenendo conto della necessità di garantire il conseguimento degli obiettivi di buono stato ecologico e chimico dei corpi riceventi, come definiti nella direttiva 2000/60/CE. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero svolgere un monitoraggio dell’impatto che il riutilizzo delle acque reflue urbane trattate esercita sul flusso ecologico minimo dei corpi idrici recettori, nella loro valutazione dell’impatto effettuata a norma della direttiva 2000/60/CE. Il potenziale di riutilizzo delle acque reflue trattate dovrebbe essere valutato tenendo conto dei piani di gestione dei bacini idrografici istituiti a norma della direttiva 2000/60/CE e delle decisioni degli Stati membri a norma dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2020/741 del Parlamento europeo e del Consiglio[21]Regolamento (UE) 2020/741 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 2020, recante prescrizioni minime per il riutilizzo dell’acqua (GU L 177 del 5.6.2020, pag. 32)., nonché della necessità di garantire il conseguimento degli obiettivi di buono stato ecologico e chimico dei corpi riceventi, come definiti nella direttiva 2000/60/CE. Il rafforzamento delle prescrizioni relative al trattamento delle acque reflue urbane e le azioni volte a monitorare, tracciare e ridurre più efficacemente l’inquinamento alla fonte miglioreranno la qualità delle acque reflue urbane trattate, favorendone così il riutilizzo. Se le acque riutilizzate sono destinate all’irrigazione agricola, il riutilizzo dovrebbe avvenire in conformità del regolamento (UE) 2020/741. Se del caso, al fine di garantire il riutilizzo sicuro delle acque reflue urbane trattate, gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione il trattamento quaternario per le acque reflue urbane che sono o saranno riutilizzate. Le misure volte a promuovere il riutilizzo delle acque reflue urbane trattate e tale riutilizzo effettivo dovrebbero essere prese in considerazione nelle strategie sulla resilienza idrica a livello degli Stati membri, quando tali strategie sono disponibili.
(30) I nutrienti contenuti nelle acque reflue urbane possono essere utili nei casi in cui le acque reflue urbane trattate siano riutilizzate in agricoltura conformemente al regolamento (UE) 2020/741. In tali casi, gli Stati membri dovrebbero poter beneficiare, a determinate condizioni volte ad assicurare il massimo livello di protezione dell’ambiente e della salute umana, di una deroga all’obbligo di applicare il trattamento terziario conformemente alla presente direttiva solo per la parte delle acque reflue urbane trattate che è riutilizzata in agricoltura.
(31) Per garantire la corretta attuazione della presente direttiva, in particolare il rispetto dei valori limite di emissione, è importante monitorare gli scarichi nell’ambiente di acque reflue urbane trattate. Il monitoraggio dovrebbe essere effettuato istituendo a livello nazionale un sistema obbligatorio di regolamentazioni o autorizzazioni specifiche preventive, o entrambe, per lo scarico nell’ambiente di acque reflue urbane trattate. Inoltre, onde prevenire gli scarichi involontari nell’ambiente di supporti per biomasse dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che impiegano supporti per biomasse, è essenziale includere nelle autorizzazioni allo scarico o nelle regolamentazioni, o in entrambe, obblighi specifici di monitoraggio e prevenzione permanenti di tali scarichi. Tali supporti per biomasse sono generalmente in plastica e potrebbero includere, tra l’altro, biovettori, biogranuli e granuli di polistirene.
(32) Ove necessario, gli Stati membri dovrebbero adattare le loro infrastrutture di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane in funzione della dimensione della propria popolazione del carico associato di acque reflue domestiche così da rimanere conformi alle prescrizioni della presente direttiva. Il possibile impatto degli scarichi sui corpi idrici derivante dalla costruzione e dall’adattamento di tali infrastrutture non dovrebbe essere considerato una violazione dei loro obblighi ai sensi della direttiva 2000/60/CE, purché siano soddisfatte le condizioni stabilite dalla presente direttiva.
(33) A fini di assicurare la protezione dell’ambiente, è opportuno che gli scarichi diretti nell’ambiente di acque reflue non domestiche biodegradabili originate da taluni settori industriali siano soggetti a obblighi adeguati. Tali obblighi dovrebbero assicurare che gli scarichi diretti da determinati settori industriali siano sottoposti a trattamento secondario, terziario e quaternario, a seconda delle esigenze di protezione dell’ambiente e della salute umana, e che, in ultima analisi, siano rispettati i parametri stabiliti per le acque reflue trattate o sia garantito lo stesso livello di protezione dell’ambiente.
(34) A norma dell’articolo 168, paragrafo 1, TFUE, l’azione dell’Unione completa le politiche nazionali e si indirizza al miglioramento della sanità pubblica e alla prevenzione delle malattie. Per garantire l’uso ottimale dei dati rilevanti per la salute pubblica ottenuti dalle acque reflue urbane, è opportuno predisporre e attuare una sorveglianza di tali acque a scopo preventivo o di allerta precoce, ad esempio il rilevamento di virus specifici come segnale dell’insorgere di un’epidemia o pandemia. È opportuno che gli Stati membri instaurino un dialogo e un coordinamento tra le autorità competenti per la salute pubblica e quelle competenti per il trattamento delle acque reflue urbane. Nel contesto di tale coordinamento, è opportuno stabilire una chiara ripartizione dei ruoli, delle responsabilità e dei costi tra tali autorità competenti. Gli Stati membri dovrebbero elaborare un elenco di parametri rilevanti per la salute pubblica da monitorare nelle acque reflue urbane, nonché la frequenza e il luogo di campionamento, tenendo conto, tra l’altro, delle raccomandazioni del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), dell’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), e prendere in considerazione i parametri sanitari seguenti da includere in tale elenco: SARS-CoV-2 e sue varianti, virus della poliomielite, virus influenzale, agenti patogeni emergenti e qualsiasi altro parametro di sanità pubblica che possa essere considerato pertinente. Considerate le informazioni raccolte durante la pandemia di COVID-19 e l’esperienza maturata attuando la raccomandazione (UE) 2021/472 della Commissione[22]Raccomandazione (UE) 2021/472 della Commissione, del 17 marzo 2021, relativa a un approccio comune per istituire una sorveglianza sistematica del SARS-CoV-2 e delle sue varianti nelle acque reflue nell’UE (GU L 98 del 19.3.2021, pag. 3)., è opportuno che gli Stati membri siano tenuti a monitorare i pertinenti parametri sanitari nelle acque reflue urbane in caso di emergenza sanitaria. Per garantire l’uso di metodi armonizzati, è opportuno che per il monitoraggio del SARS-CoV-2 e delle sue varianti gli Stati membri applichino per quanto possibile i metodi di campionamento e di analisi stabiliti nella raccomandazione (UE) 2021/472.
(35) L’Unione riconosce l’importanza di affrontare il problema della resistenza agli antimicrobici, in particolare nella comunicazione della Commissione del 29 giugno 2017 da titolo «Piano d’azione europeo “One Health” contro la resistenza antimicrobica», e ha adottato il piano d’azione europeo «One Health». Secondo l’OMS le acque reflue sono una delle principali fonti di agenti antimicrobici e dei relativi metaboliti, nonché di batteri resistenti agli antimicrobici e dei loro geni. Per accrescere le conoscenze circa le cause principali di resistenza agli antimicrobici, è opportuno introdurre un obbligo di monitoraggio della resistenza agli antimicrobici nelle acque reflue urbane al fine di approfondire ulteriormente le nozioni scientifiche e potenzialmente attuare interventi adeguati in futuro.
(36) La presente direttiva riconosce l’approccio «One Health» definito dall’OMS, un approccio integrato e unificante che mira a bilanciare e ottimizzare in modo sostenibile la salute di persone, animali ed ecosistemi. L’approccio «One Health» riconosce che la salute degli esseri umani e quella degli animali domestici e selvatici, delle piante e dell’ambiente in generale, compresi gli ecosistemi, sono strettamente interconnesse e interdipendenti.
(37) Allo scopo di proteggere l’ambiente e la salute umana è opportuno che gli Stati membri identifichino e valutino i rischi associati alla gestione delle acque reflue urbane. La valutazione del rischio potrebbe includere un ampio screening chimico comprendente le miscele chimiche o metodi basati sugli effetti biologici, o entrambi, al fine di individuare le sostanze che destano preoccupazione, tra l’altro, per la vita acquatica e per la qualità dell’acqua potabile o delle acque di balneazione. Sulla base di tale identificazione essi dovrebbero, ove necessario per ottemperare alle prescrizioni della normativa dell’Unione in materia di acque, adottare misure di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane più rigorose di quelle necessarie per conformarsi ai requisiti minimi della presente direttiva. In linea con l’articolo 191, paragrafo 2, TFUE e in aggiunta alle misure previste o adottate a norma dell’articolo 11, paragrafo 3, della direttiva 2000/60/CE, gli Stati membri dovrebbero promuovere in via prioritaria il controllo degli inquinanti alla fonte per prevenire l’inquinamento dei corpi idrici recettori. In particolare, gli Stati membri dovrebbero adottare misure preventive per limitare il rischio che le microplastiche rilasciate intenzionalmente e non intenzionalmente raggiungano le acque reflue urbane e i fanghi.
(38) A seconda della situazione le misure più rigorose possono comprendere, tra le altre cose, la realizzazione di reti fognarie, l’elaborazione di piani integrati di gestione delle acque reflue urbane o l’applicazione del trattamento secondario, terziario o quaternario alle acque reflue urbane anche per gli agglomerati o gli impianti di trattamento che non raggiungono le soglie di a.e. al di sopra delle quali scattano gli obblighi standard. Le misure possono altresì comprendere un trattamento più avanzato di quello necessario per conformarsi ai requisiti minimi o della disinfezione delle acque reflue urbane necessaria per ottemperare alla direttiva 2006/7/CE.
(39) Il traguardo 6.2 dell’obiettivo di sviluppo sostenibile n. 6 sull’acqua pulita e i servizi igienico-sanitari obbliga gli Stati membri a ottenere, entro il 2030, l’accesso a servizi igienico-sanitari adeguati ed equi per tutti e porre fine alla defecazione all’aperto, prestando particolare attenzione ai bisogni di donne e ragazze e delle persone in situazioni di vulnerabilità. Le strutture igienico-sanitarie dovrebbero consentire la gestione e lo smaltimento sicuri di urine e feci umane, nonché del sangue mestruale, come pure la sostituzione dei prodotti mestruali. Inoltre, il principio 20 del pilastro europeo dei diritti sociali sancisce che ogni persona ha il diritto di accedere a servizi essenziali di qualità, compresi l’acqua e i servizi igienico-sanitari. In tale contesto, conformemente alle raccomandazioni contenute negli orientamenti dell’OMS sui servizi igienico-sanitari e sulla salute[23]Orientamenti dell’OMS sui servizi igienico-sanitari e sulla salute, 2018. e al protocollo su acqua e salute della convenzione sulla protezione e l’utilizzazione dei corsi d’acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali, firmata a Londra il 17 giugno 1999, è opportuno che gli Stati membri si occupino della questione dell’accesso ai servizi igienico-sanitari a livello nazionale. Dovrebbero farlo mediante azioni che garantiscano l’accesso ai servizi igienico-sanitari per tutte le persone, ad esempio realizzando strutture igienico-sanitarie negli spazi pubblici, incoraggiando a mettere a disposizione gratuitamente strutture igienico-sanitarie adeguate nelle pubbliche amministrazioni e negli edifici pubblici o rendendole economicamente accessibili a tutti e tutte, compresi tutti i tipi di strutture e servizi, quali servizi igienici con acqua corrente e a secco. Dovrebbero essere gestite in modo sicuro, il che significa che dovrebbero essere universalmente accessibili, ove opportuno, in ogni momento anche a chi ha esigenze particolari come i bambini, gli anziani, le persone con disabilità e i senzatetto, ubicate in modo da garantire la massima sicurezza degli utenti e sicure da usare sotto il profilo igienico e tecnico. Il loro numero dovrebbe inoltre essere sufficiente a garantire che siano soddisfatte le esigenze delle persone e che i tempi di attesa non siano irragionevoli. Il numero sufficiente di strutture igienico-sanitarie negli spazi pubblici dovrebbe essere stabilito a un livello adeguato, tenendo conto del principio di sussidiarietà.
(40) La comunicazione della Commissione del 7 ottobre 2020 dal titolo «Un’Unione dell’uguaglianza: quadro strategico dell’UE per l’uguaglianza, l’inclusione e la partecipazione dei Rom» ha preso atto della situazione specifica delle culture minoritarie quali Rom e Travellers, stanziali o meno, in particolare della mancanza di accesso ai servizi igienico-sanitari, esortando ad aumentare la parità di accesso effettiva ai servizi essenziali. In generale è opportuno che gli Stati membri prestino particolare attenzione ai gruppi vulnerabili o ai gruppi che sono emarginati a causa di fattori connessi alla situazione socioeconomica, all’etnia, alla sessualità, al genere, alla disabilità, alla mancanza di fissa dimora, allo status giuridico, alla convinzione religiosa o ad altri motivi, adottando le misure necessarie a garantirne l’accesso ai servizi igienico-sanitari. È importante che l’identificazione di tali gruppi sia coerente con l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio[24]Direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 435 del 23.12.2020, pag. 1).. Le misure volte a migliorare l’accesso dei gruppi vulnerabili ed emarginati ai servizi igienico-sanitari possono consistere tra le altre cose nel mettere a disposizione, a titolo gratuito o a prezzi modici, strutture igienico-sanitarie negli spazi pubblici e privati, come pure negli edifici della pubblica amministrazione, migliorare o mantenere i collegamenti a sistemi adeguati di raccolta delle acque reflue urbane e informare sulle strutture igienico-sanitarie più vicine.
(41) Secondo gli orientamenti dell’UE in materia di diritti umani riguardanti l’acqua potabile sicura e i servizi igienico-sanitari, è necessario prestare particolare attenzione alle esigenze di donne e ragazze, che quando accedono a strutture igienico-sanitarie fuori casa sono particolarmente esposte e a rischio di attacchi, violenza sessuale e di genere, molestie e altre minacce alla loro sicurezza. Ciò è in linea con le conclusioni del Consiglio sulla diplomazia dell’acqua, adottate il 19 novembre 2018, che ribadiscono l’importanza di integrare la prospettiva di genere nella diplomazia dell’acqua. È pertanto opportuno che gli Stati membri riservino un’attenzione particolare alle donne e alle ragazze in quanto gruppo vulnerabile e adottino le misure necessarie per migliorare o mantenere il loro accesso sicuro ai servizi igienico-sanitari.
(42) La valutazione ha concluso che la gestione dei fanghi potrebbe essere migliorata per allinearla maggiormente ai principi dell’economia circolare e della gerarchia dei rifiuti, come definita all’articolo 4 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[25]Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU L 312 del 22.11.2008, pag. 3).. Le azioni finalizzate a monitorare meglio e ridurre alla fonte l’inquinamento da scarichi non domestici contribuiranno a migliorare la qualità dei fanghi prodotti e garantirne l’uso sicuro in agricoltura. Per assicurare che i nutrienti, tra cui il fosforo in quanto sostanza critica, siano recuperati dai fanghi in modo corretto e sicuro, è opportuno stabilire un tasso minimo mista di riutilizzo e riciclaggio a livello dell’Unione. Gli Stati membri dovrebbero poter scegliere se riutilizzare o riciclare, o entrambi, le acque reflue urbane o i fanghi, o entrambi, per recuperare il fosforo. Il tasso minimo combinato di riutilizzo e riciclaggio dovrebbe tenere conto del contenuto di fosforo presente nei fanghi, che può variare da una zona all’altra. Dovrebbe inoltre tenere conto del livello di saturazione di ciascun mercato nazionale, ad esempio della disponibilità di altre fonti di fosforo da fonti organiche, ad esempio l’allevamento di bestiame, nonché delle possibilità di assorbimento in agricoltura. Gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati a monitorare i microinquinanti presenti nei fanghi, in particolare quando esiste un rischio di accumulo di microinquinanti nei fanghi e quando questi sono riutilizzati in agricoltura, al fine di migliorare le conoscenze sulla loro presenza e proteggere l’ambiente e la salute umana. Il recupero corretto e sicuro dei nutrienti e il loro riutilizzo in agricoltura dovrebbero essere incoraggiati con l’obiettivo di sostenere la resilienza e la sostenibilità del settore agricolo e contribuire all’autonomia strategica dell’industria dei concimi dell’Unione. In tale contesto, gli Stati membri, tenendo conto delle opzioni di valorizzazione nazionali e locali, dovrebbero adottare misure volte a incoraggiare la produzione e l’acquisto di nutrienti recuperati dalle acque reflue urbane e dai fanghi. Nel riutilizzo dei fanghi in agricoltura è necessario prestare particolare attenzione alle microplastiche. Quando i fanghi sono riutilizzati in agricoltura si dovrebbe pertanto procedere al monitoraggio sistematico delle microplastiche. Queste informazioni sono indispensabili per la gestione sicura dei fanghi in agricoltura e per qualsiasi eventuale revisione della pertinente politica dell’Unione.
(43) Servono controlli adeguati per verificare la conformità alle nuove prescrizioni della presente direttiva riguardanti i microinquinanti, l’inquinamento non domestico, la neutralità energetica, gli scolmi causati da piogge molto intense e il deflusso urbano. I controlli dovrebbero essere effettuati, ove tecnicamente fattibile e opportuno, anche con l’ausilio di strumenti digitali. In particolare, per la gestione operativa delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane l’uso di strumenti digitali dovrebbe essere preso in considerazione in modo sistematico. Per verificare la conformità del trattamento quaternario in termini di riduzione dei microinquinanti negli scarichi di acque reflue urbane è sufficiente controllare una serie limitata di microinquinanti rappresentativi. La frequenza dei controlli dovrebbe basarsi sulle migliori prassi odierne attualmente in uso in Svizzera. Nell’interesse dell’efficacia di costo, gli obblighi dovrebbero essere adattati in funzione delle dimensioni dell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane e dell’agglomerato. Ai fini di tali controlli, la presente direttiva prevede l’effettuazione di campionamenti. Ogniqualvolta è effettuato il campionamento, è prelevato un campione sia ali punti di ingresso che ai punti di scarico dell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane. I controlli forniranno inoltre dati per il quadro generale di monitoraggio ambientale istituito nell’ambito dell’8o programma di azione per l’ambiente[26]Decisione (UE) 2022/591 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 aprile 2022, relativa a un programma generale di azione dell’Unione per l’ambiente fino al 2030 (GU L 114 del 12.4.2022, pag. 22)., contribuendo nello specifico al quadro di monitoraggio e prospettive sull’inquinamento zero alla sua base, definito nella comunicazione della Commissione del 12 maggio 2021 dal titolo «Verso l’inquinamento zero per l’aria, l’acqua e il suolo».
(44) Le microplastiche e i microinquinanti pertinenti dovrebbero essere monitorati, se del caso, negli scarichi di scolmi causati da piogge molto intense e negli scarichi di deflusso urbano provenienti da reti separate con un programma di campionamento rappresentativo che consenta una stima della concentrazione ai fini della modellizzazione della qualità delle acque. Le emissioni di gas a effetto serra dovrebbero essere monitorate, se del caso, per mezzo di analisi, calcoli o modellizzazioni.
(45) Per garantire la protezione dell’ambiente e l’adozione di misure adeguate nell’ambito di qualsiasi valutazione del rischio da effettuare per l’attuazione della presente direttiva e di altre normative dell’Unione, gli Stati membri dovrebbero monitorare un’ampia gamma di inquinanti ai punti di ingresso e ai punti di scarico degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Per evitare oneri inutili, dovrebbero essere monitorati solo gli inquinanti che si prevede possano essere presenti nelle acque reflue urbane, tenendo conto dell’ampia varietà di inquinanti che potrebbero raggiungere gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, anche provenienti da fonti di acque reflue non domestiche. Gli Stati membri dovrebbero poter ridurre la frequenza del monitoraggio, se nell’ambito di campagne di campionamento consecutive non sono individuati inquinanti. Più specificamente, dati recenti indicano la presenza di PFAS nelle acque reflue urbane, talvolta in concentrazioni elevate. I dati scientifici più recenti mostrano che le sostanze PFAS costituiscono un rischio per l’ambiente e la salute pubblica a causa della loro persistenza. È pertanto essenziale comprendere meglio in che modo le PFAS arrivano nell’ambiente e monitorarle ai punti di ingresso e ai punti di scarico degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Tale monitoraggio dovrebbe iniziare in primo luogo quando gli scarichi raggiungono i bacini idrografici utilizzati per la captazione di acqua potabile, a causa dei rischi elevati di esposizione alle PFAS e dell’impatto di tali sostanze sulla salute.
(46) Al fine di ridurre gli oneri amministrativi e sfruttare meglio le possibilità offerte dalla digitalizzazione, è opportuno migliorare e semplificare la comunicazione riguardo all’attuazione della presente direttiva eliminando l’obbligo in capo agli Stati membri di riferire alla Commissione ogni due anni e quello in capo alla Commissione di pubblicare relazioni biennali. Tali obblighi dovrebbero essere sostituiti dall’obbligo per gli Stati membri di migliorare, con il sostegno dell’AEA, le serie nazionali esistenti di dati standardizzati istituite a norma della direttiva 91/271/CEE e di aggiornarle periodicamente. La Commissione utilizzerà tali serie di dati migliorate per verificare il rispetto della presente direttiva. È opportuno che il modello di comunicazione sia elaborato dall’AEA in collaborazione con gli Stati membri. La Commissione e l’AEA dovrebbero avere accesso alle banche dati nazionali. Per garantire la completezza delle informazioni riguardo all’applicazione della presente direttiva, le serie di dati dovrebbero includere informazioni sulla conformità degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane ai requisiti di trattamento (conformità/non conformità, carichi e concentrazioni degli inquinanti scaricati), sul livello di conseguimento degli obiettivi di neutralità energetica, sulle emissioni di gas a effetto serra degli impianti di trattamento che trattano un carico di 10 000 a.e. e oltre sulle misure adottate dagli Stati membri in relazione agli scolmi causati da piogge molto intense e al deflusso urbano, all’accesso ai servizi igienico-sanitari e al trattamento nei sistemi individuali. Dovrebbe inoltre essere garantita piena coerenza con il regolamento (CE) n. 166/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio[27]Regolamento (CE) n. 166/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 gennaio 2006, relativo all’istituzione di un registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti e che modifica le direttive 91/689/CEE e 96/61/CE del Consiglio (GU L 33 del 4.2.2006, pag. 1). al fine di ottimizzare l’uso dei dati e favorire la trasparenza assoluta. Le informazioni raccolte attraverso tale serie di dati dovrebbero favorire il confronto e lo scambio di migliori prassi a livello dell’Unione per quanto riguarda le prestazioni degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. L’onere amministrativo della fornitura di informazioni e dati al pubblico dovrebbe in ogni momento essere tale da rispettare il principio di proporzionalità.
(47) L’attuazione della direttiva 91/271/CEE è finanziata mediante tariffe idriche e bilanci pubblici, compresi i finanziamenti dell’Unione. In futuro, la responsabilità estesa del produttore dovrebbe essere tale da garantire che i costi del trattamento quaternario siano sostenuti almeno in parte dalle industrie interessate, con l’integrazione di altri tipi di finanziamento. In passato, l’attuazione della direttiva 91/271/CEE è stata sostenuta in modo sostanziale anche dalla politica di coesione dell’Unione e dai programmi nell’ambito di Orizzonte 2020 e LIFE. Per garantire un’attuazione tempestiva e corretta della presente direttiva, è essenziale che gli Stati membri istituiscano un programma nazionale di attuazione che comprenda una programmazione a lungo termine degli investimenti necessari e una strategia di finanziamento. Tali programmi nazionali di attuazione dovrebbero essere comunicati alla Commissione. Al fine di limitare gli oneri amministrativi, è opportuno che tale obbligo non si applichi agli Stati membri in cui oltre il 95 % degli agglomerati è conforme agli obblighi principali di trattare e raccogliere le acque reflue. Per continuare ad attuare la presente direttiva, la Commissione dovrebbe pertanto prendere in considerazione i programmi nazionali di attuazione comunicati dagli Stati membri per la preparazione del prossimo quadro finanziario pluriennale e di quelli susseguenti e gli Stati membri dovrebbero istituire senza indugio il necessario sistema di responsabilità estesa del produttore.
(48) Quello della raccolta e del trattamento delle acque reflue urbane è un settore specifico che opera come mercato vincolato, nel quale le imprese pubbliche e le piccole imprese sono collegati alla rete fognaria senza poter scegliere il proprio gestore. È dunque importante assicurare l’accesso del pubblico agli indicatori fondamentali di prestazione dei gestori, quali il livello di trattamento conseguito, i costi del trattamento, l’energia consumata e generata, le relative emissioni di gas a effetto serra e l’impronta di carbonio. Per sensibilizzare il pubblico circa le implicazioni del trattamento delle acque reflue urbane, è opportuno fornire in modo facilmente accessibile, ad esempio in fattura, le informazioni chiave sui costi annuali di raccolta e trattamento per famiglia, quantomeno negli agglomerati con oltre 10 000 a.e. e preferibilmente in quello con oltre 1 000 a.e.; altre informazioni dettagliate dovrebbero essere accessibili online in modo facilmente fruibile, sul sito web del gestore o dell’autorità competente.
(49) La direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[28]Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26). garantisce il diritto di accesso all’informazione ambientale negli Stati membri in linea con la convenzione della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite del 1998 sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale («convenzione di Aarhus»)[29]GU L 124 del 17.5.2005, pag. 4.. La convenzione di Aarhus prevede obblighi di ampia portata intesi sia a rendere disponibili le informazioni ambientali su richiesta sia a diffonderle attivamente. È importante che le disposizioni della presente direttiva relative all’accesso alle informazioni e agli accordi di condivisione dei dati integrino la direttiva 2003/4/CE stabilendo l’obbligo di rendere pubblicamente disponibili online, in modo facilmente fruibile, informazioni sulla raccolta e sul trattamento delle acque reflue urbane, senza creare un regime giuridico distinto.
(50) Onde assicurare l’efficacia della presente direttiva e il conseguimento del suo obiettivo di proteggere la salute pubblica nell’ambito della politica ambientale dell’Unione, occorre fare in modo che le persone fisiche o giuridiche o, se del caso, le relative organizzazioni debitamente costituite possano avvalersi della presente direttiva in sede di procedimenti giudiziari e che gli organi giurisdizionali nazionali possano considerarla un elemento del diritto dell’Unione al fine, tra l’altro, di riesaminare le decisioni di un’autorità nazionale, ove opportuno. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia dell’Unione europea, in virtù del principio di leale cooperazione sancito all’articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea (TUE), spetta agli organi giurisdizionali degli Stati membri assicurare la tutela giurisdizionale dei diritti di una persona nell’ambito del diritto dell’Unione. L’articolo 19, paragrafo 1, TUE prevede altresì che gli Stati membri stabiliscano i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione. Ciò dovrebbe avvenire in conformità delle norme nazionali, senza privare di effetto la disposizione sull’indennizzo. Inoltre, in conformità della convenzione di Aarhus, è opportuno che il pubblico interessato abbia accesso alla giustizia per poter contribuire alla salvaguardia del diritto di ognuno a vivere in un ambiente adeguato per la salute e il benessere delle persone.
(51) Per adeguare la presente direttiva al progresso scientifico e tecnico, è opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all’articolo 290 TFUE al fine di modificare determinate parti degli allegati in relazione all’adeguamento del monitoraggio ai metodi di monitoraggio più avanzati, anche allo scopo di un uso ottimale degli strumenti digitali e tenendo conto dei pertinenti metodi utilizzati in altro diritto pertinente dell’Unione, e in relazione alla valutazione dei risultati per i requisiti relativi al trattamento terziario e quaternario e i requisiti per le regolamentazioni e le autorizzazioni specifiche preventive per lo scarico di acque reflue non domestiche nelle reti fognarie e negli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nonché al fine di integrare la presente direttiva specificando il tasso minimo combinato di riutilizzo e riciclaggio del fosforo proveniente dai fanghi e dalle acque reflue urbane, tenendo conto delle tecnologie e delle risorse disponibili così come della fattibilità economica per il recupero di fosforo e aggiornando le informazioni comunicate al pubblico online e alle famiglie. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, nel rispetto dei principi stabiliti nell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016[30]GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1.. In particolare, al fine di garantire la parità di partecipazione alla preparazione degli atti delegati, il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri, e i loro esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione di tali atti delegati.
(52) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva, è opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione per l’adozione di norme sulla progettazione dei sistemi individuali, per la definizione del formato della comunicazione e del livello di dettaglio delle informazioni in relazione ai sistemi individuali, per stabilire il formato e il metodo della valutazione del rischio da utilizzare nel contesto del trattamento quaternario, per l’adozione di metodi di monitoraggio e valutazione degli indicatori per il trattamento quaternario e degli obiettivi concernenti la neutralità energetica, per la definizione di condizioni e criteri comuni di applicazione delle esenzioni dalla responsabilità estesa del produttore per taluni prodotti, per l’elaborazione di metodologie finalizzate a sostenere lo sviluppo di piani integrati di gestione delle acque reflue urbane, per la messa a punto di indicatori alternativi concernenti l’obiettivo indicativo basato sul carico di riduzione dell’inquinamento, fondati ad esempio sul volume, sul numero di eventi di scolmi causati da piogge molto intense, sul volume del deflusso urbano scaricato, o altri indicatori alternativi pertinenti, e per stabilire una frequenza minima di campionamento e metodologie per la misurazione della resistenza agli antimicrobici, le emissioni di gas a effetto serra dirette e indirette e le microplastiche nelle acque reflue urbane e nei fanghi, per stabilire un elenco minimo di inquinanti pertinenti che potrebbero essere rilevati nelle acque reflue urbane, compresa una metodologia per individuare gli inquinanti pertinenti che potrebbero essere rilevati nelle acque reflue urbane e criteri per rivedere l’esclusione di alcuni inquinanti da monitorare, per l’istituzione di una metodologia armonizzata volta a misurare il «totale delle sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS)» e la «somma delle sostanze per-e polifluoroalchiliche (PFAS)» nelle acque reflue urbane, come pure per l’adozione del formato e delle modalità di presentazione delle informazioni che devono essere fornite dagli Stati membri e raccolte dall’AEA sull’attuazione della presente direttiva. È altresì opportuno che tali competenze siano esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio[31]Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13)..
(53) È opportuno che gli Stati membri stabiliscano norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottino tutte le misure necessarie per assicurarne l’applicazione. Le sanzioni dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive e, a seconda dei casi, dovrebbero tenere conto della situazione finanziaria della persona fisica o giuridica ritenuta responsabile.
(54) La Commissione è tenuta a effettuare, a norma dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio», una valutazione della presente direttiva entro un determinato periodo di tempo a decorrere dalla data stabilita per il suo recepimento. Tale valutazione dovrebbe essere basata sull’esperienza maturata e sui dati raccolti durante la fase di attuazione della direttiva, sulle eventuali raccomandazioni dell’OMS disponibili, nonché su pertinenti dati scientifici, analitici ed epidemiologici. La valutazione dovrebbe prestare particolare attenzione all’analisi dell’adeguatezza dei parametri di salute pubblica utilizzati nella sorveglianza delle acque reflue urbane, all’analisi dei valori aggiunti di un monitoraggio obbligatorio dei parametri di sanità pubblica, all’analisi dell’eventuale necessità di adeguare l’elenco dei prodotti cui si devono applicare i sistemi di responsabilità estesa del produttore, comprese le condizioni per le esenzioni, all’analisi dei possibili impatti sul funzionamento del mercato interno delle aliquote di contributo potenzialmente diverse per i produttori fissate dagli Stati membri, all’analisi della fattibilità e dell’adeguatezza dello sviluppo di un sistema di responsabilità estesa del produttore per i prodotti che generano PFAS e microplastiche, all’analisi del valore aggiunto e dell’adeguatezza di richiedere piani nazionali obbligatori di riutilizzo dell’acqua che includano obiettivi e misure nazionali, alla valutazione dell’obiettivo della neutralità energetica al fine di analizzare la fattibilità tecnica ed economica e i benefici ambientali e climatici di raggiungere un maggior livello di autonomia energetica del settore, alla valutazione delle possibilità di misurare le emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra prodotte dal settore delle acque reflue urbane, alla valutazione della possibilità di conseguire la neutralità climatica del settore del trattamento delle acque reflue urbane, e del tempo necessario per conseguirla, nonché alla fattibilità e all’appropriatezza di fissare tassi minimi di riutilizzo e riciclaggio a livello dell’Unione per l’azoto proveniente dai fanghi o dalle acque reflue urbane, o da entrambi.
(55) La direttiva 91/271/CEE prevede scadenze specifiche per Mayotte in virtù della sua inclusione nel 2014 come regione ultraperiferica ai sensi dell’articolo 349 TFUE. In relazione a Mayotte è pertanto opportuno differire l’applicazione degli obblighi di realizzare reti fognarie e applicare il trattamento secondario alle acque reflue urbane provenienti da agglomerati con 2 000 a.e. o più.
(56) È opportuno considerare la situazione specifica di Mayotte e delle altre regioni ultraperiferiche dell’Unione, elencate all’articolo 349 TFUE, che prevede misure specifiche a sostegno di tali regioni. Per quanto riguarda il trattamento delle acque reflue urbane di questi territori, occorre prestare particolare attenzione alla difficile topografia e all’insularità di tali territori.
(57) Per garantire la continuità della protezione dell’ambiente, è importante che gli Stati membri mantengano almeno il livello attuale di trattamento terziario fino a quando diventeranno applicabili i nuovi obblighi di riduzione del fosforo e dell’azoto. Fino ad allora è pertanto opportuno che continui ad applicarsi l’articolo 5 della direttiva 91/271/CEE.
(58) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire la protezione dell’ambiente e della salute pubblica, fare progressi nel raggiungimento della neutralità climatica delle attività di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane, il miglioramento dell’accesso ai servizi igienico-sanitari e la sorveglianza periodica di parametri rilevanti per la salute pubblica, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’azione, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito all’articolo 5 TUE. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(59) È opportuno che l’obbligo di recepimento della presente direttiva nel diritto interno sia limitato alle disposizioni che costituiscono una modifica sostanziale rispetto alla direttiva 91/271/CEE. L’obbligo di recepire le disposizioni che restano immutate discende da tale direttiva.
(60) È opportuno che la presente direttiva faccia salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno delle direttive di cui alla parte B dell’allegato VII,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

Oggetto

La presente direttiva stabilisce norme sulla raccolta, sul trattamento e sullo scarico delle acque reflue urbane, allo scopo di proteggere l’ambiente e la salute umana, in conformità all’approccio One Health, riducendo progressivamente le emissioni di gas a effetto serra a livelli sostenibili, migliorando i bilanci energetici delle attività di raccolta e trattamento di tali acque e contribuendo alla transizione verso un’economia circolare. Essa stabilisce inoltre norme sull’accesso ai servizi igienico-sanitari per tutti, sulla trasparenza del settore delle acque reflue urbane, sulla sorveglianza periodica di parametri rilevanti per la salute pubblica nelle acque reflue urbane e sull’attuazione del principio «chi inquina paga».

Articolo 2

Definizioni

Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti:

1) «acque reflue urbane»: le acque seguenti:

a) acque reflue domestiche;
b) miscuglio di acque reflue domestiche e non domestiche;
c) miscuglio di acque reflue domestiche e deflusso urbano;
d) miscuglio di acque reflue domestiche, non domestiche e deflusso urbano;

2) «acque reflue domestiche»: acque reflue provenienti da insediamenti, servizi e istituzioni di tipo residenziale derivanti prevalentemente dal metabolismo umano o da attività domestiche, o da entrambi;
3) «acque reflue non domestiche»: acque reflue, diverse dalle acque reflue domestiche e dal deflusso urbano, scaricate da edifici adibiti ad attività commerciali o industriali o economiche;
4) «agglomerato»: area in cui la popolazione espressa in abitanti equivalenti, combinata o meno con le attività economiche, è sufficientemente concentrata da rendere possibile la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso uno o più impianti di trattamento di acque reflue urbane o verso uno o più punti di scarico finali;
5) «deflusso urbano»: precipitazione in agglomerati, raccolta in reti fognarie miste o separate;
6) «scolmo causato da piogge molto intense»: scarico in corpi idrici recettori di acque reflue urbane non trattate provenienti da reti fognarie miste a causa di precipitazione o avaria del sistema;
7) «rete fognaria»: sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane;
8) «rete fognaria mista»: singola rete fognaria che raccoglie e convoglia le acque reflue urbane, compreso il deflusso urbano;
9) «rete fognaria separata»: rete fognaria che raccoglie e convoglia separatamente uno dei tipi di acque di scarico seguenti:

a) acque reflue domestiche;
b) acque reflue non domestiche;
c) un miscuglio di acque reflue domestiche e non domestiche;
d) deflusso urbano;

10) «1 abitante equivalente» o «(1 a.e.)» il carico organico biodegradabile al giorno, avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) di 60 g di ossigeno al giorno;
11) «trattamento primario»: trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo fisico o chimico, o entrambi, che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi, ovvero mediante altri processi a seguito dei quali il BOD5 delle acque reflue in ingresso sia ridotto almeno del 20 % prima dello scarico e i solidi sospesi totali delle acque reflue in ingresso siano ridotti almeno del 50 %;
12) «trattamento secondario»: trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione secondaria o un altro processo che riduce la materia organica biodegradabile proveniente dalle acque reflue urbane;
13) «trattamento terziario»: trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo che riduce l’azoto o il fosforo, o entrambi, ivi presenti;
14) «trattamento quaternario»: trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo che riduce un ampio spettro di microinquinanti ivi presenti;
15) «fango»: residuo organico e inorganico derivante dal trattamento delle acque reflue urbane da un impianto di trattamento delle acque reflue urbane, esclusi sabbia, grasso, altri detriti e altri scarti di grigliatura e residui della fase di pretrattamento;
16) «eutrofizzazione»: l’arricchimento delle acque in nutrienti, in particolar modo composti dell’azoto o del fosforo, o di entrambi, che provoca una proliferazione di alghe e di forme superiori di vita vegetale, producendo una indesiderata perturbazione dell’equilibrio degli organismi presenti nell’acqua e della qualità delle acque interessate;
17) «microinquinante»: sostanza definita all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio[32]Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1)., compresi i relativi prodotti di decomposizione, solitamente presente nell’ambiente acquatico, nelle acque reflue urbane o nei fanghi, che può essere considerata pericolosa per l’ambiente o la salute umana in base ai criteri pertinenti di cui all’allegato I, parti 3 e 4, del regolamento (CE) n. 1272/2008, anche a basse concentrazioni;
18) «rapporto di diluizione»: rapporto tra la media sugli ultimi cinque anni della portata annua dei corpi idrici recettori presso il punto di scarico e la media sugli ultimi cinque anni del volume annuo di scarico delle acque reflue urbane nelle acque superficiali;
19) «produttore»: fabbricante, importatore o distributore che immette prodotti sul mercato di uno Stato membro a titolo professionale, anche per mezzo di contratti a distanza come definiti all’articolo 2, punto 7), della direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio[33]Direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 64).;
20) «organizzazione per l’adempimento della responsabilità del produttore»: organizzazione riconosciuta a livello nazionale istituita per consentire ai produttori di adempiere agli obblighi loro imposti agli articoli 9 e 10;
21) «servizi igienico-sanitari»: strutture e servizi per la gestione e lo smaltimento sicuro, igienico, protetto e socialmente e culturalmente accettabile di urine e feci umane e per la sostituzione e lo smaltimento di prodotti mestruali, in maniera rispettosa della vita privata e della dignità;
22) «resistenza agli antimicrobici»: capacità dei microrganismi di sopravvivere o crescere in presenza di una concentrazione di agente antimicrobico generalmente sufficiente a inibire o uccidere microrganismi della stessa specie;
23) «One Health»: One Health definito all’articolo 3, punto 7), del regolamento (UE) 2022/2371 del Parlamento europeo e del Consiglio[34]Regolamento (UE) 2022/2371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 novembre 2022, relativo alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 1082/2013/UE (GU L 314, del 6.12.2022, pag. 26).;
24) «pubblico interessato»: pubblico che subisce o può verosimilmente subire gli effetti dell’adozione di una decisione per l’attuazione degli obblighi stabiliti all’articolo 6, 7 o 8 della presente direttiva, o che ha un interesse rispetto a tale adozione di decisioni; ai fini della presente definizione, le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente o della salute umana e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di interesse;
25) «supporto per biomasse»: qualsiasi supporto, di solito in plastica, usato per lo sviluppo dei batteri necessari per il trattamento delle acque reflue urbane;
26) «immissione sul mercato»: prima messa a disposizione di un prodotto sul mercato di uno Stato membro;
27) «carico»: la quantità di materia organica biodegradabile misurata come BOD5 nelle acque reflue urbane, espressa in a.e., o di qualsiasi inquinante o nutriente, espresso in unità di massa per tempo;
28) «sistema individuale»: una struttura igienico-sanitaria che raccoglie, stocca, tratta o smaltisce le acque reflue domestiche, provenienti da edifici o parti di edifici non collegati a una rete fognaria.

Articolo 3

Reti fognarie e calcolo del carico di un agglomerato

1.   Gli Stati membri provvedono affinché tutti gli agglomerati con 2 000 a.e. o più rispettino le prescrizioni seguenti:

a) sono provvisti di reti fognarie;
b) tutte le loro fonti di acque reflue domestiche sono collegate alla rete fognaria.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché gli agglomerati con un numero di a.e. di 1 000 o più ma inferiore a 2 000 rispettino le prescrizioni del paragrafo 1 entro il 31 dicembre 2035.

Gli Stati membri possono derogare al termine di cui al primo comma per un periodo massimo di:

a) 8 anni qualora al 1° gennaio 2025:

i) meno del 50 % degli agglomerati di cui al primo comma è provvisto di reti fognarie; o
ii) meno del 50 % del carico di acque reflue urbane degli agglomerati di cui al primo comma è raccolto in reti fognarie;

b) 10 anni qualora al 1o gennaio 2025:

i) meno del 25 % degli agglomerati di cui al primo comma sia provvisto di reti fognarie; o
ii) meno del 25 % del carico di acque reflue urbane degli agglomerati di cui al primo comma sia raccolto in reti fognarie.
Bulgaria, Croazia e Romania possono derogare al termine di cui al primo comma per un periodo massimo di:

a) 12 anni qualora al 1o gennaio 2025:

i) meno del 50 % degli agglomerati di cui al primo comma sia provvisto di reti fognarie; o
ii) meno del 50 % del carico di acque reflue urbane degli agglomerati di cui al primo comma sia raccolto in reti fognarie;

b) 14 anni qualora al 1o gennaio 2025:

i) meno del 25 % degli agglomerati di cui al primo comma sia provvisto di reti fognarie; o
ii) meno del 25 % del carico di acque reflue urbane degli agglomerati di cui al primo comma sia raccolto in reti fognarie.

Laddove deroghino al termine di cui al primo comma, gli Stati membri provvedono affinché il loro primo programma nazionale di attuazione di cui all’articolo 23 comprenda:

a) il numero di agglomerati con un numero di a.e. di 1 000 o più ma inferiore a 2 000 privi di reti fognarie complete al 1o gennaio 2025; e
b) un piano che specifichi gli investimenti necessari per raggiungere la piena conformità per tali agglomerati entro le scadenze prorogate; e
c) le motivazioni tecniche o economiche che giustifichino la proroga delle scadenze di cui al primo comma.

Le proroghe delle scadenze di cui al primo comma si applicano solo se sono soddisfatte le condizioni di cui al secondo o terzo comma e al quarto comma. Nel caso in cui le condizioni non siano soddisfatte, la Commissione informa gli Stati membri a tal proposito entro il 31 luglio 2028.

3.   Il carico di un agglomerato espresso in a.e. va calcolato sulla base del carico medio settimanale massimo generato in tale agglomerato nel corso dell’anno escludendo situazioni meteorologiche inconsuete, quali quelle dovute a piogge abbondanti.

4.   Le reti fognarie soddisfano i requisiti pertinenti dell’allegato I, parte A.

Articolo 4

Sistemi individuali

1.   Gli Stati membri possono derogare all’articolo 3, solo se la realizzazione di una rete fognaria o il collegamento a essa non sono giustificati perché non presenterebbero vantaggi dal punto di vista ambientale o della salute umana, non sarebbero tecnicamente fattibili o comporterebbero costi eccessivi. Se derogano all’articolo 3, gli Stati membri provvedono affinché negli agglomerati con 1 000 a.e. o più, o in parte di essi, siano usati sistemi individuali per la raccolta, lo stoccaggio e, se del caso, il trattamento delle acque reflue urbane.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché la progettazione, la gestione e la manutenzione dei sistemi individuali di cui al paragrafo 1 siano tali da realizzare un livello di protezione e dell’ambiente e della salute umana pari al trattamento secondario e terziario di cui agli articoli 6 e 7.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché i sistemi individuali che sono usati in agglomerati di 1 000 a.e. o più siano registrati in un registro. Gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti o qualsiasi altro organismo autorizzato a livello nazionale, regionale o locale effettuino ispezioni periodiche, o attività periodiche di verifica o controllo di tali sistemi con altri mezzi, sulla base di un approccio basato sul rischio.

4.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti di esecuzione al fine di specificare i requisiti minimi per:

a) la progettazione, la gestione e la manutenzione dei sistemi individuali di cui ai paragrafi 1 e 2; e
b) le ispezioni periodiche di cui al paragrafo 3, compresa la fissazione di una frequenza minima per tali ispezioni in funzione del tipo di sistema individuale e sulla base di un approccio basato sul rischio.

Tali atti di esecuzione sono adottati entro il 2 gennaio 2028 secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2.

I requisiti relativi alla progettazione di cui al paragrafo 2 e al presente paragrafo non si applicano ai sistemi individuali di cui al paragrafo 1 che sono stati istituiti prima del 1° gennaio 2025.

5.   Gli Stati membri che usano sistemi individuali per raccogliere e/o trattare oltre il 2 % del carico di acque reflue urbane a livello nazionale provenienti da agglomerati con 2 000 a.e. o più forniscono alla Commissione una motivazione dell’uso di tali sistemi. La motivazione:

a) dimostra che sussistono le condizioni per l’uso dei sistemi individuali stabilite al paragrafo 1;
b) descrive le misure adottate conformemente ai paragrafi 2 e 3;
c) dimostra il rispetto dei requisiti minimi di cui al paragrafo 4 se la Commissione ha esercitato le competenze di esecuzione a norma del medesimo paragrafo;
d) dimostra che l’uso dei sistemi individuali non impedisce agli Stati membri di rispettare gli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4 della direttiva 2000/60/CE.

6.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti di esecuzione che stabiliscano il formato di presentazione delle informazioni di cui al paragrafo 5. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2.

Articolo 5

Piani integrati di gestione delle acque reflue urbane

1.   Entro il 31 dicembre 2033 gli Stati membri provvedono affinché per le aree di drenaggio degli agglomerati con 100 000 a.e. o più sia elaborato un piano integrato di gestione delle acque reflue urbane.

2.   Entro sei mesi dopo il primo aggiornamento del piano di gestione dei bacini idrografici prodotto a norma dell’articolo 13, paragrafo 7, della direttiva 2000/60/CE dopo il 1o gennaio 2025 ma non oltre il 22 giugno 2028, gli Stati membri redigono un elenco degli agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 10 000 e 100 000 ai quali, considerati i dati storici, la modellizzazione e le proiezioni climatiche allo stato dell’arte, comprese le variazioni stagionali, nonché le pressioni antropogeniche e la valutazione degli impatti effettuata nel quadro del piano di gestione dei bacini idrografici, si applica una o più delle condizioni seguenti:

a) gli scolmi causati da piogge molto intense rappresentano un rischio per l’ambiente o la salute umana;
b) gli scolmi causati da piogge molto intense rappresentano oltre il 2 % del carico annuo di acque reflue urbane raccolte dei parametri di cui tabella 1 e, se del caso, tabella 2, calcolato sulla portata in condizioni di tempo asciutto;
c) gli scolmi causati da piogge molto intense impediscono di soddisfare uno dei requisiti seguenti:

i) requisiti fissati a norma dell’articolo 5 della direttiva (UE) 2020/2184;
ii) requisiti stabiliti all’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 2006/7/CE;
iii) requisiti stabiliti all’articolo 3 della direttiva 2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[35]Direttiva 2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive del Consiglio 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE e 86/280/CEE, nonché modifica della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 348 del 24.12.2008, pag. 84).;
iv) obiettivi ambientali sanciti all’articolo 4 della direttiva 2000/60/CE;
v) requisiti stabiliti all’articolo 1 della direttiva 2008/56/CE;
vi) requisiti stabiliti all’articolo 3 della direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[36]Direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento (GU L 372 del 27.12.2006, pag. 19).;

d) sono stati individuati punti pertinenti in reti fognarie separate in cui si prevede che il deflusso urbano sia inquinato in modo tale che il suo scarico nei corpi idrici recettori possa essere considerato un rischio per l’ambiente o la salute umana o impedisca il rispetto di uno dei requisiti o obiettivi ambientali di cui alla lettera c).
Gli Stati membri riesaminano l’elenco di cui al primo comma ogni sei anni dopo la sua redazione e all’occorrenza lo aggiornano.

3.   Entro il 31 dicembre 2039 gli Stati membri provvedono affinché per le aree di drenaggio degli agglomerati di cui al paragrafo 2 sia elaborato un piano integrato di gestione delle acque reflue urbane.

4.   I piani integrati di gestione delle acque reflue urbane sono messi a disposizione della Commissione su richiesta.

5.   I piani integrati di gestione delle acque reflue urbane includono almeno gli elementi di cui all’allegato V e danno priorità, ove possibile, a soluzioni per le infrastrutture verdi e blu.

6.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti di esecuzione al fine di specificare:

a) metodologie per l’individuazione delle misure di cui all’allegato V, punto 3;
b) metodologie per la determinazione di indicatori alternativi per verificare il conseguimento dell’obiettivo indicativo di riduzione dell’inquinamento di cui all’allegato V, punto 2, lettera a);
c) il formato dei piani integrati di gestione delle acque reflue urbane da mettere a disposizione della Commissione su richiesta, conformemente al paragrafo 4.

Tali atti di esecuzione sono adottati entro il 2 gennaio 2028 secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2.

7.   Gli Stati membri provvedono affinché i piani integrati di gestione delle acque reflue urbane siano riesaminati almeno ogni sei anni dopo la loro elaborazione e all’occorrenza aggiornati. A seguito di un aggiornamento dell’elenco di cui al paragrafo 2, gli Stati membri provvedono affinché siano istituiti piani integrati di gestione per gli agglomerati entro sei anni dalla loro inclusione nell’elenco.

Articolo 6

Trattamento secondario

1.   Gli Stati membri provvedono affinché gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano acque reflue di agglomerati di 2 000 a.e. o più soddisfino, prima dello scarico nei corpi idrici recettori, i requisiti pertinenti per il trattamento secondario di cui all’allegato I, parte B e tabella 1, in conformità dei metodi di monitoraggio e valutazione dei risultati stabiliti nell’allegato I, parte C. Fatta salva la possibilità di utilizzare metodi alternativi di cui all’allegato I, parte C, punto 1, il numero massimo consentito di campioni non conformi ai valori parametrici di cui all’allegato I, parte B e tabella 1, figura nell’allegato I, parte C e tabella 4.

Per gli agglomerati con un numero di a.e. di 2 000 o più ma inferiore a 10 000 che scaricano in acque costiere quali definite dalla direttiva 2000/60/CE e che applicano un trattamento appropriato conformemente all’articolo 7 della direttiva 91/271/CEE al 1o gennaio 2025, l’obbligo di cui al primo comma non si applica fino al 31 dicembre 2037.

2.   Per gli agglomerati che scaricano acque reflue urbane in aree meno sensibili di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 91/271/CEE al 1° gennaio 2025, gli obblighi di cui al paragrafo 1, primo comma, si applicano a partire dal 31 dicembre 2037.

3.   Entro il 31 dicembre 2035, gli Stati membri provvedono affinché gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano acque reflue urbane di agglomerati con un numero di a.e. di 1 000 o più ma inferiore a 2 000 soddisfino, prima dello scarico nei corpi idrici recettori, i requisiti pertinenti per il trattamento secondario di cui all’allegato I, parte B e tabella 1, in conformità dei metodi di monitoraggio e valutazione dei risultati stabiliti nell’allegato I, parte C. Fatta salva la possibilità di utilizzare metodi alternativi di cui all’allegato I, parte C, punto 1, il numero massimo consentito di campioni non conformi ai valori parametrici di cui all’allegato I, parte B, tabella 1, figura nell’allegato I, parte C, tabella 4.

Gli Stati membri possono derogare al termine di cui al primo comma per un periodo massimo di:

a) 8 anni qualora al 1° gennaio 2025:

i) in meno del 50 % degli agglomerati di cui al primo comma gli scarichi delle acque reflue urbane siano sottoposti a trattamento secondario sul loro territorio, in conformità dell’allegato I, parte B e tabella 1; o
ii) meno del 50 % del carico di acque reflue urbane degli agglomerati di cui al primo comma sia sottoposto a trattamento secondario sul loro territorio, in conformità dell’allegato I, parte B e tabella 1;

b) 10 anni qualora al 1° gennaio 2025:

i) in meno del 25 % degli agglomerati di cui al primo comma gli scarichi delle acque reflue urbane siano sottoposti a trattamento secondario sul loro territorio, in conformità dell’allegato I, parte B e tabella 1; o
ii) meno del 25 % del carico di acque reflue urbane degli agglomerati di cui al primo comma sia sottoposto a trattamento secondario sul loro territorio, in conformità dell’allegato I, parte B e tabella 1.

Bulgaria, Croazia e Romania possono derogare al termine di cui al primo comma per un periodo massimo di:

a) 12 anni qualora al 1° gennaio 2025:

i) in meno del 50 % degli agglomerati di cui al primo comma gli scarichi delle acque reflue urbane siano sottoposti a trattamento secondario sul loro territorio, in conformità dell’allegato I, parte B e tabella 1; o
ii) meno del 50 % del carico di acque reflue urbane degli agglomerati di cui al primo comma sia sottoposto a trattamento secondario sul loro territorio, in conformità dell’allegato I, parte B e tabella 1;

b) 14 anni qualora al 1o gennaio 2025:

i) in meno del 25 % degli agglomerati di cui al primo comma gli scarichi siano sottoposti a trattamento secondario sul loro territorio, in conformità dell’allegato I, parte B e tabella 1; o
ii) meno del 25 % del carico di acque reflue urbane degli agglomerati di cui al primo comma sia sottoposto a trattamento secondario sul loro territorio, in conformità dell’allegato I, parte B e tabella 1.

Qualora gli Stati membri deroghino ai termini di cui al primo comma, gli Stati membri provvedono affinché il loro primo programma nazionale di attuazione di cui all’articolo 23 comprenda:

a) il numero di agglomerati con un numero di a.e. di 1 000 o più ma inferiore a 2 000 privi di trattamento secondario al 1o gennaio 2025; e
b) un piano che specifichi gli investimenti necessari per raggiungere la piena conformità per tali agglomerati entro i termini prorogati; e
c) le motivazioni tecniche o economiche che giustifichino le proroghe dei termini di cui al primo comma.

Le proroghe dei termini di cui al primo comma si applicano solo se sono soddisfatte le condizioni di cui al secondo o terzo comma e al quarto comma. Nel caso in cui tali condizioni non siano soddisfatte, la Commissione informa gli Stati membri a tal proposito entro il 31 luglio 2028.

4.   Gli scarichi di acque reflue urbane possono essere sottoposti a un trattamento meno spinto di quello previsto ai paragrafi 1 e 3 fino al 31 dicembre 2045, se sono scaricati in:

a) acque situate in regioni d’alta montagna, ossia superiore a un’altitudine di 1 500 m, dove, a causa delle basse temperature, è difficile effettuare un trattamento biologico efficace;
b) acque marine profonde, ove tali scarichi di acque reflue urbane provengano da agglomerati con meno di 150 000 a.e. situati in regioni ultraperiferiche meno popolate ai sensi dell’articolo 349 TFUE, dove la topografia e la geografia del territorio rendono difficile l’applicazione di un trattamento biologico efficace; o
c) acque provenienti da piccoli agglomerati con un numero di a.e. compreso di 1 000 o più ma inferiore a 2 000, situate in regioni con clima freddo in cui è difficile applicare un trattamento biologico efficace date le basse temperature se la temperatura media trimestrale dell’acqua ai punti di ingresso è inferiore a 6° C.

Il primo comma è applicato a condizione che gli Stati membri interessati forniscano alla Commissione studi dettagliati che dimostrino che tali scarichi non avranno ripercussioni negative sull’ambiente e sulla salute umana e non incideranno sulla conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità e alle relative disposizioni di altro diritto dell’Unione pertinente.

5.   Il carico espresso in a.e. va calcolato sulla base del carico medio settimanale massimo in ingresso all’impianto di trattamento delle acque reflue urbane nel corso dell’anno escludendo situazioni meteorologiche inconsuete, quali quelle dovute a piogge abbondanti.

Articolo 7

Trattamento terziario

1.   Gli Stati membri provvedono affinché gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano acque reflue urbane con un carico di 150 000 a.e. o più e che non applicano il trattamento terziario al 1o gennaio 2025 soddisfino, prima dello scarico nei corpi idrici recettori, i requisiti pertinenti per il trattamento terziario in conformità dell’allegato I, parte B e tabella 2, entro il:

a) 31 dicembre 2033 per gli scarichi provenienti dal 30 % degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane:
b) 31 dicembre 2036 per gli scarichi provenienti dal 70 % di tali impianti di trattamento delle acque reflue urbane.

Entro il 31 dicembre 2039 gli Stati membri provvedono affinché tutti gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano acque reflue urbane con un carico di 150 000 a.e. o più soddisfino, prima dello scarico nei corpi idrici recettori, i requisiti pertinenti per il trattamento terziario in conformità dell’allegato I, parte B e tabella 2.

2.   Entro il 31 dicembre 2027 gli Stati membri redigono e pubblicano un elenco delle aree del loro territorio sensibili all’eutrofizzazione. Con tale elenco indicano anche se le aree siano sensibili al fosforo o all’azoto, o a entrambi. Lo aggiornano ogni sei anni a decorrere dal 31 dicembre 2033.

L’elenco di cui al primo comma include le aree identificate nell’allegato II.

L’obbligo sancito al primo comma non si applica agli Stati membri che attuano sull’intero territorio il trattamento terziario in conformità al paragrafo 5.

3.   Fatto salvo il paragrafo 1, gli Stati membri provvedono affinché gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano acque reflue urbane in provenienti da agglomerati con 10 000 a.e o più soddisfino, prima dello scarico in un’area inclusa nell’elenco di cui al paragrafo 2, i requisiti pertinenti per il trattamento terziario di cui all’allegato I, parte B e tabella 2, entro il:

a) 31 dicembre 2033 per il 20 % di tali agglomerati;
b) 31 dicembre 2036 per il 40 % di tali agglomerati;
c) 31 dicembre 2039 per il 60 % di tali agglomerati;
d) 31 dicembre 2045 per l’integrità di tali agglomerati.

4.   Gli Stati membri possono derogare al termine di cui al paragrafo 3, lettera d), per un periodo massimo di otto anni a condizione che:

a) almeno il 50 % degli agglomerati interessati non applichi il trattamento terziario conformemente ai requisiti di cui alla direttiva 91/271/CEE oppure non sia conforme ai requisiti di cui all’allegato I, parte B e tabella 2, di tale direttiva al 1o gennaio 2025; e
b) il primo programma nazionale di attuazione presentato a norma dell’articolo 23, paragrafo 2, comprenda:

i) il numero di agglomerati di cui al paragrafo 3, privi di trattamento terziario conformemente ai requisiti di cui alla direttiva 91/271/CEE oppure non conformi ai requisiti di cui all’allegato I, parte B e tabella 2, di tale direttiva in data 1o gennaio 2025; e
ii) un piano che specifichi gli investimenti necessari per raggiungere la piena conformità per tali agglomerati entro il termine prorogato; e
iii) le motivazioni tecniche o economiche che giustifichino la proroga del termine di cui al paragrafo 3, lettera d).

Le proroghe dei termini di cui al presente paragrafo hanno effetto solo se sono soddisfatte le condizioni di cui al primo comma. Nel caso in cui tali condizioni non siano soddisfatte, la Commissione informa gli Stati membri a tal proposito entro il 31 luglio 2028. Tuttavia, gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano un carico di 150 000 a.e. o più rispettano comunque i termini di cui al paragrafo 1.

5.   Gli scarichi delle acque reflue urbane di cui ai paragrafi 1 e 3 soddisfano i requisiti pertinenti dell’allegato I, parte B e tabella 2, in conformità dei metodi di monitoraggio e valutazione dei risultati stabiliti nell’allegato I, parte C. La media annuale dei campioni per ciascun parametro di cui all’allegato I, tabella 2, è conforme ai rispettivi valori parametrici indicati nella medesima tabella.

6.   Per gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in costruzione, in fase di profonda rinnovazione del loro trattamento terziario o commissionati dopo il 31 dicembre 2020 e prima del 1o gennaio 2025, i requisiti del parametro relativo all’azoto di cui al presente articolo si applicano al più tardi cinque anni dai termini di cui ai paragrafi 1 e 3.

7.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati secondo la procedura di cui all’articolo 27 per modificare l’allegato I, parte C, al fine di adattare i metodi di monitoraggio e valutazione dei risultati per quanto riguarda il trattamento terziario al progresso scientifico e tecnico.

8.   In deroga ai paragrafi 3 e 5, gli Stati membri hanno la facoltà di decidere che un singolo impianto di trattamento delle acque reflue urbane situato in un’area inclusa nell’elenco di cui al paragrafo 2 non deve essere soggetto alle prescrizioni dei paragrafi 3 e 5 se può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in quella determinata area è pari a:

a) almeno 75 % per il fosforo totale e almeno 75 % per l’azoto totale dal 1o gennaio 2025;
b) 82,5 % per il fosforo totale e 80 % per l’azoto totale entro il 31 dicembre 2039;
c) 87,5 % per il fosforo totale e 82,5 % per l’azoto totale entro il 31 dicembre 2045.

9.   Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano un carico di 10 000 a.e. o più, immessi nel bacino idrografico di un’area sensibile all’eutrofizzazione inclusa nell’elenco di cui al paragrafo 2, sono soggetti anche ai paragrafi 3, 5 e 8.

10.   Gli Stati membri provvedono affinché gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati in un’area inclusa nell’elenco di cui al paragrafo 2 dopo l’aggiornamento periodico a norma del medesimo paragrafo ottemperino alle prescrizioni dei paragrafi 3 e 5 entro sette anni dall’inclusione nell’elenco.

11.   Se il numero di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che devono essere ristrutturati per conseguire gli obiettivi di cui ai paragrafi 1 e 3 a livello nazionale non è un numero intero, il numero di impianti di trattamento delle acque reflue urbane è arrotondato al numero intero più vicino. In caso di equidistanza tra due numeri interi, il numero è arrotondato per difetto.

Articolo 8

Trattamento quaternario

1.   Gli Stati membri provvedono affinché gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano acque reflue urbane con un carico di 150 000 a.e. o più soddisfino, prima dello scarico nei corpi idrici recettori, i requisiti pertinenti per il trattamento quaternario di cui all’allegato I, parte B e tabella 3, in conformità dei metodi di monitoraggio e valutazione dei risultati stabiliti nell’allegato I, parte C, entro il:

a) 31 dicembre 2033 per gli scarichi provenienti dal 20 % di tali impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
b) 31 dicembre 2039 per gli scarichi provenienti dal 60 % di tali impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
c) 31 dicembre 2045 per tutti gli scarichi provenienti da tali impianti di trattamento delle acque reflue urbane.

Il numero massimo consentito di campioni non conformi ai valori parametrici di cui all’allegato I, tabella 3, figura nell’allegato I, parte C, e tabella 4.

2.   Entro il 31 dicembre 2030 gli Stati membri stilano un elenco delle aree del loro territorio nazionale nelle quali la concentrazione o l’accumulo di microinquinanti derivanti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane rappresenta un rischio per l’ambiente o per la salute umana. Gli Stati membri riesaminano tale elenco nel 2033, e successivamente ogni sei anni e all’occorrenza lo aggiornano.

L’elenco di cui al primo comma include le aree seguenti:

a) bacini idrografici per i punti di captazione di acque destinate al consumo umano, la cui caratterizzazione è conforme all’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), della direttiva (UE) 2020/2184, a meno che la valutazione del rischio a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera b), di tale direttiva indichi che lo scarico di microinquinanti provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane non costituisce un possibile rischio diche potrebbe causare il deterioramento della qualità dell’acqua, nella misura in cui ciò possa rappresentare un rischio per la salute umana;
b) acque di balneazione che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/7/CE, a meno che il profilo delle acque di balneazione di cui all’articolo 6 e all’allegato III di tale direttiva indichi che lo scarico di microinquinanti dalle acque reflue urbane non influisce sulle acque di balneazione, né danneggia la salute dei bagnanti;
c) aree in cui si svolgono attività di acquacoltura, come definita all’articolo 4, punto 25), del regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio[37]Regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 1954/2003 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga i regolamenti (CE) n. 2371/2002 e (CE) n. 639/2004 del Consiglio, nonché la decisione 2004/585/CE del Consiglio (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 22)., a meno che le autorità nazionali competenti abbiano accertato che lo scarico di microinquinanti dalle acque reflue urbane non può compromettere la sicurezza dei prodotti alimentari finali.
L’elenco di cui al primo comma comprende anche le aree seguenti in base a una valutazione dei rischi per l’ambiente o per la salute umana associati allo scarico di microinquinanti nelle acque reflue urbane:

a) laghi, come definiti all’articolo 2, punto 5), della direttiva 2000/60/CE;
b) fiumi, come definiti all’articolo 2, punto 4), della direttiva 2000/60/CE, o altri corsi d’acqua con rapporto di diluizione inferiore a 10;
c) aree in cui occorre un trattamento supplementare per ottemperare alle prescrizioni delle direttive 2000/60/CE, 2006/118/CE e 2008/105/CE;
d) zone speciali di conservazione quali definite all’articolo 1, lettera l), della direttiva 92/43/CEE del Consiglio[38]Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7). e zone di protezione speciale classificate a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, quarto comma, della direttiva n. 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[39]Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7)., che fanno parte della rete ecologica Natura 2000;
e) acque costiere, come definite all’articolo 2, punto 7), della direttiva 2000/60/CE;
f) acque di transizione, come definite all’articolo 2, punto 6), della direttiva 2000/60/CE;
g) acque marine, come definite all’articolo 3, punto 1), della direttiva 2008/56/CE.
La valutazione del rischio di cui al terzo comma è trasmessa alla Commissione su richiesta.

3.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti di esecuzione che stabiliscano il formato della valutazione del rischio di cui al paragrafo 2, terzo comma, e il metodo da utilizzare per effettuarla. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2.

4.   Fatto salvo il paragrafo 1, gli Stati membri provvedono affinché gli scarichi di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con 10 000 a.e. o più soddisfino, prima dello scarico in un’area inclusa nell’elenco di cui al paragrafo 2, i requisiti pertinenti per il trattamento quaternario di cui all’allegato I, parte B e tabella 3, in conformità dei metodi di monitoraggio e valutazione dei risultati stabiliti nell’allegato I, parte C, entro il:

a) 31 dicembre 2033 per il 10 % di tali agglomerati;
b) 31 dicembre 2036 per il 30 % di tali agglomerati;
c) 31 dicembre 2039 per il 60 % di tali agglomerati;
d) 31 dicembre 2045 per il 100 % di tali agglomerati.

Il numero massimo consentito di campioni non conformi ai valori parametrici di cui all’allegato I, tabella 3, figura nell’allegato I, parte C, e tabella 4.

Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati secondo la procedura di cui all’articolo 27 per modificare l’allegato I, parte C, al fine di adattare i metodi di monitoraggio e valutazione dei risultati in relazione a trattamento quaternario al progresso scientifico e tecnico.

5.   Gli Stati membri provvedono affinché gli scarichi di acque reflue urbane provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati in un’area inclusa nell’elenco di cui al paragrafo 2, dopo l’aggiornamento periodico di tale elenco a norma del medesimo paragrafo ottemperino alle prescrizioni di cui al paragrafo 4 e all’allegato I, parte B e tabella 3, entro sette anni dall’inclusione nell’elenco, ma non più tardi dei termini fissati al paragrafo 4.

6.   La Commissione può adottare atti di esecuzione per stabilire i metodi di monitoraggio e campionamento che gli Stati membri devono usare per determinare la presenza nelle acque reflue urbane degli indicatori di cui all’allegato I, tabella 3, e le relative quantità. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2.

7.   Se il numero di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che deve essere ristrutturato per conseguire gli obiettivi di cui al paragrafo 1, primo comma, lettere a) e b), a livello nazionale non è un numero intero, il numero di impianti di trattamento delle acque reflue urbane è arrotondato al numero intero più vicino. In caso di equidistanza tra due numeri interi, il numero deve essere arrotondato per difetto.

8.   Fatte salve le altre disposizioni del presente articolo, al fine di garantire che il riutilizzo delle acque reflue urbane trattate sia sicuro per l’ambiente e per la salute umana, gli Stati membri provvedono affinché, se del caso, le acque reflue urbane riutilizzate o di cui è previsto il riutilizzo siano trattate conformemente ai requisiti per il trattamento quaternario di cui all’allegato I, parte B e tabella 3. Gli Stati membri provvedono affinché si tenga conto dell’esito delle valutazioni del rischio effettuate a norma del regolamento (UE) 2020/741 qualora le acque reflue urbane trattate siano riutilizzate a fini agricoli.

Articolo 9

Responsabilità estesa del produttore

1.   Gli Stati membri adottano misure tese a garantire che entro il 31 dicembre 2028 i produttori che immettono sul mercato i prodotti elencati nell’allegato III si assumano la responsabilità estesa del produttore.

Tali misure assicurano che i produttori in questione si facciano carico di quanto segue:

a) almeno l’80 % dei costi totali di conformità agli obblighi imposti dall’articolo 8, compresi i costi di investimento e operativi del trattamento quaternario delle acque reflue urbane per rimuovere i microinquinanti derivanti dai prodotti che essi immettono sul mercato e dai relativi residui e i costi del monitoraggio dei microinquinanti di cui all’articolo 21, paragrafo 1, lettera a);
b) costi di compilazione e verifica dei dati sui prodotti immessi sul mercato; e
c) altri costi necessari per esercitare la responsabilità estesa del produttore.

2.   Gli Stati membri esentano dalla responsabilità estesa del produttore a norma del paragrafo 1 i produttori in grado di dimostrare che:

a) la quantità di sostanze contenute nei prodotti che immettono sul mercato dell’Unione è inferiore a 1 tonnellata l’anno;
b) le sostanze contenute nei prodotti che immettono sul mercato sono rapidamente biodegradabili nelle acque reflue o non rilasciano microinquinanti nelle acque reflue a fine vita.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché i produttori di cui al paragrafo 1 esercitino collettivamente la responsabilità estesa del produttore tramite un’organizzazione che soddisfa i requisiti minimi di cui all’articolo 10.

Gli Stati membri provvedono affinché:

a) tali produttori siano tenuti a trasmettere una volta l’anno alle organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore quanto segue:

i) quantità annue delle sostanze contenute nei prodotti elencati nell’allegato III immessi sul mercato nel contesto della propria attività professionale;
ii) informazioni sulla pericolosità delle sostanze contenute nei prodotti di cui al punto i) nelle acque reflue urbane e sulla loro biodegradabilità a fine vita;
iii) se del caso, elenco dei prodotti esentati conformemente al paragrafo 2;

b) tali produttori siano tenuti a versare un contributo finanziario alle organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore per coprire i costi derivanti dalla propria responsabilità estesa del produttore;
c) il contributo di cui alla lettera b) sia determinato per ciascun produttore in base alle quantità e alla pericolosità nelle acque reflue urbane delle sostanze contenute nei prodotti immessi sul mercato;
d) le organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore siano sottoposte annualmente ad audit indipendenti della gestione finanziaria, anche per quanto riguarda la loro capacità di sostenere i costi di cui al paragrafo 1, la qualità e l’adeguatezza delle informazioni raccolte a norma della lettera a) e l’adeguatezza dei contributi riscossi a norma della lettera b);
e) siano adottate le misure necessarie per informare i consumatori riguardo alle misure di prevenzione dei rifiuti, ai sistemi di ritiro e di raccolta e all’impatto che modalità inadeguate di smaltimento dei prodotti elencati nell’allegato III, nonché il loro uso scorretto o eccessivo, hanno sulla raccolta, sul trattamento e sullo scarico delle acque reflue urbane.

4.   Gli Stati membri provvedono affinché:

a) siano chiaramente definiti i ruoli e le responsabilità di tutti i soggetti coinvolti, tra cui i produttori di cui al paragrafo 1, le organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore, i gestori pubblici o privati di impianti di trattamento delle acque reflue urbane e le autorità locali competenti;
b) siano stabiliti obiettivi di gestione delle acque reflue urbane per rispettare gli obblighi e i termini fissati all’articolo 8, paragrafi 1, 4 e 5, e qualsiasi altro obiettivo quantitativo o qualitativo ritenuto rilevante per l’adempimento della responsabilità estesa del produttore;
c) sia predisposto un sistema di comunicazione per raccogliere dati sui prodotti di cui al paragrafo 1 immessi sul mercato dai produttori e sul trattamento quaternario delle acque reflue urbane, nonché altri dati pertinenti ai fini del presente paragrafo, lettera b);
d) le autorità competenti comunichino e scambino periodicamente i dati necessari con altre autorità competenti pertinenti al fine di soddisfare i requisiti di cui al presente articolo e all’articolo 10.

5.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti di esecuzione al fine di stabilire criteri dettagliati per l’applicazione uniforme a specifiche categorie di prodotti e alla loro biodegradabilità o pericolosità della condizione stabilita al paragrafo 2, lettera b). Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2, al più tardi il 31 dicembre 2027.

Articolo 10

Requisiti minimi per le organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore

1.   Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che ogni organizzazione per l’adempimento della responsabilità del produttore istituita a norma dell’articolo 9, paragrafo 3:

a) abbia una copertura geografica chiaramente definita che sia coerente con le prescrizioni dell’articolo 8;
b) disponga dei mezzi finanziari e organizzativi necessari per adempiere agli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa dei produttori che vi aderiscono, comprese garanzie finanziarie volte ad assicurare, in tutte le circostanze, la continuità del trattamento quaternario delle acque reflue urbane in conformità dell’articolo 8;
c) metta a disposizione del pubblico le informazioni seguenti:

i) proprietà e membri;
ii) contributi finanziari versati dai produttori in linea con i requisiti di cui all’articolo 9, paragrafo 3, secondo comma, lettera c);
iii) attività svolte ogni anno, comprese informazioni chiare su come sono impiegati i suoi mezzi finanziari.

Gli Stati membri provvedono affinché tali misure comprendano una procedura nazionale di riconoscimento che certifichi la conformità delle organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore ai requisiti di cui al presente paragrafo prima della loro istituzione e della loro entrata in funzione effettive.

La comunicazione di informazioni al pubblico a norma del presente articolo non pregiudica il mantenimento della riservatezza delle informazioni commerciali in conformità del pertinente diritto dell’Unione e nazionale.

2.   Gli Stati membri definiscono un quadro adeguato di controllo e garanzia dell’attuazione onde assicurare che le organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore ottemperino ai loro obblighi in maniera trasparente, che i loro mezzi finanziari siano impiegati correttamente e che tutti i soggetti investiti di responsabilità estesa del produttore trasmettano dati attendibili alle autorità competenti e, su richiesta, alle organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore.

3.   Se sul territorio di uno Stato membro coesistono più organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore, lo Stato membro nomina almeno un organismo indipendente da interessi privati o incarica un’autorità pubblica di sorvegliare l’attuazione dell’articolo 9.

4.   Ogni Stato membro provvede affinché i produttori con sede nel territorio di un altro Stato membro o in un paese terzo che immettono prodotti sul mercato di tale Stato membro:

a) designino una persona fisica o giuridica stabilita nel suo territorio quale rappresentante autorizzato per l’adempimento degli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa nel suo territorio; o
b) adottino misure equivalenti alla lettera a).

5.   Al fine di garantire che il sistema di responsabilità estesa del produttore sia attuato nel miglior modo possibile, in particolare sotto il profilo dei costi-benefici, gli Stati membri organizzano dialoghi periodici sulla sua attuazione. Ciò può includere un sostegno all’individuazione delle misure che le autorità competenti devono adottare, tra l’altro, al fine di:

a) ridurre alla fonte la pressione dei microinquinanti e
b) determinare le tecnologie più appropriate per il trattamento quaternario.

Gli Stati membri provvedono affinché tali dialoghi coinvolgano i portatori di interessi pertinenti e, se del caso, le associazioni che partecipano all’attuazione della responsabilità estesa del produttore, ivi compresi produttori e distributori, organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore, gestori pubblici o privati di impianti di trattamento delle acque reflue urbane, autorità locali e organizzazioni della società civile.

6.   Entro il 1° gennaio 2025 la Commissione provvede all’organizzazione dello scambio di informazioni, esperienze e migliori prassi tra gli Stati membri sull’attuazione dell’articolo 9 e del presente articolo, e in particolare per quanto riguarda:

a) le misure volte a verificare l’istituzione, il riconoscimento e il funzionamento delle organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore;
b) le misure di controllo del rispetto, da parte dei produttori, degli obblighi definiti nella presente direttiva;
c) l’effettiva attuazione:

i) della copertura dei costi di cui all’articolo 9, paragrafo 1, e
ii) dei controlli dei metodi di calcolo dei contributi dei produttori da parte dell’organizzazione per l’adempimento della responsabilità del produttore di cui all’articolo 9, paragrafo 3, lettera c);

d) le esenzioni previste a norma dell’articolo 9, paragrafo 2;
e) qualsiasi altra questione relativa all’effettiva attuazione dell’articolo 9 e del presente articolo.
f) i possibili impatti dell’applicazione dei requisiti di cui all’articolo 9 sulla disponibilità e sull’accessibilità, anche economica, dei medicinali immessi sul mercato dell’Unione.

La Commissione pubblica i risultati dello scambio di informazioni, esperienze e migliori prassi su questi e altri aspetti pertinenti e, se del caso, formula raccomandazioni o orientamenti, o entrambi, agli Stati membri.

7.   Sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri, la Commissione redige e aggiorna periodicamente un elenco delle richieste di esenzione da parte dei produttori ricevute dagli Stati membri a norma dell’articolo 9, paragrafo 2. Tale elenco è messo a disposizione, su richiesta, delle autorità competenti degli Stati membri.

 

Articolo 11

Neutralità energetica

1.   Gli Stati membri provvedono affinché ogni quattro anni siano svolti audit energetici, quali definiti all’articolo 2, punto 32), della direttiva (UE) 2023/1791, degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e delle reti fognarie in funzione. Gli audit individuano tra l’altro le possibilità di misure efficaci sotto il profilo dei costi per ridurre l’uso di energia e intensificare l’utilizzo e la produzione di energia rinnovabile, con particolare attenzione all’individuazione e allo sfruttamento del potenziale di produzione di biogas o di recupero e uso del calore di scarto, in loco o tramite un sistema di teleriscaldamento/teleraffrescamento, riducendo al contempo le emissioni di gas a effetto serra. I primi audit energetici sono effettuati:

a) entro il 31 dicembre 2028 per gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano un carico di 100 000 a.e. o più e le reti fognarie ad essi collegate;
b) entro il 31 dicembre 2032 per gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano un carico di a.e. di 10 000 o più ma inferiore a 100 000 e le reti fognarie ad essi collegate.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché, a livello nazionale, l’energia totale annua da fonti rinnovabili quale definita all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001, generata in loco o altrove da parte o per conto dei proprietari o dei gestori degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano un carico di 10 000 a.e. o più, indipendentemente dal fatto che tale energia sia utilizzata in loco o altrove dai proprietari o gestori di tali impianti, sia equivalente almeno:

a) al 20 % del consumo totale annuo di energia di tali impianti entro il 31 dicembre 2030;
b) al 40 % del consumo totale annuo di energia di tali impianti entro il 31 dicembre 2035;
c) al 70 % del consumo totale annuo di energia di tali impianti entro il 31 dicembre 2040;
d) al 100 % del consumo totale annuo di energia di tali impianti entro il 31 dicembre 2045.

L’energia rinnovabile generata da parte o per conto dei proprietari o dei gestori dell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane non può comprendere l’acquisto di energia rinnovabile.

3.   In deroga al paragrafo 2, se uno Stato membro non raggiunge l’obiettivo di cui al paragrafo 2, lettera d), pur avendo attuato tutte le misure di efficienza energetica e tutte le misure necessarie per migliorare la produzione di energia rinnovabile, in particolare quelle individuate negli audit energetici di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono autorizzare in via eccezionale l’acquisto di energia da fonti non fossili. Tali acquisti sono limitati a un massimo del 35 % di energia da combustibili non fossili in relazione all’obiettivo di cui al paragrafo 2, lettera d).

4.   In deroga al paragrafo 2, se uno Stato membro non raggiunge l’obiettivo di cui al paragrafo 2, lettera c), pur avendo attuato tutte le misure di efficienza energetica e tutte le misure volte a migliorare la produzione di energia rinnovabile, in particolare quelle individuate negli audit energetici di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono autorizzare in via eccezionale l’acquisto di energia da fonti non fossili. Tali acquisti sono limitati a un massimo di 5 punti percentuali dell’obiettivo di cui al paragrafo 2, lettera c). Tale deroga è concessa solo agli Stati membri che possono dimostrare entro il 31 dicembre 2040 che il 35 % di energia esterna da combustibili non fossili di cui al paragrafo 3, dovrà essere acquistato per conseguire l’obiettivo di cui al paragrafo 2, lettera d), tenendo conto di tutte le misure di efficienza energetica e di tutte le misure necessarie per migliorare la produzione di energia rinnovabile, in particolare quelle individuate negli audit energetici di cui al paragrafo 1.

5.   La Commissione può adottare un atto di esecuzione che stabilisca i metodi per valutare se gli obiettivi di cui al paragrafo 2 sono stati raggiunti. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2.

Articolo 12

Cooperazione transnazionale

1.   Fatti salvi i pertinenti accordi o le pertinenti intese internazionali vigenti relativi a questioni ambientali in materia di acque, lo Stato membro nella cui giurisdizione rientrino acque soggette alle conseguenze negative provocate dagli scarichi di acque reflue urbane provenienti da un altro Stato membro o da un paese terzo notifica le circostanze del caso allo Stato membro o al paese terzo responsabile e alla Commissione.

Tale notifica è immediata in caso di inquinamento che potrebbe incidere in modo significativo sui corpi idrici a valle. In caso di scarico che incida sulla salute o sull’ambiente in un altro Stato membro, lo Stato membro nel cui territorio si è verificato lo scarico provvede affinché l’autorità competente dell’altro Stato membro e la Commissione siano informate immediatamente.

2.   Gli Stati membri si rispondono in modo tempestivo, in funzione del tipo, dell’importanza e delle possibili conseguenze dell’incidente, dopo la notifica da parte di un altro Stato membro a norma del paragrafo 1.

Gli Stati membri interessati cooperano per individuare gli scarichi in questione e le misure da adottare alla fonte per proteggere i corpi idrici recettori al fine di assicurare la conformità alla presente direttiva.

3.   Gli Stati membri interessati informano la Commissione dell’eventuale cooperazione di cui al paragrafo 1. La Commissione vi prende parte su richiesta degli Stati membri interessati.

Articolo 13

Condizioni climatiche locali

Gli Stati membri provvedono affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli 6, 7 e 8 siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali. Fatte salve le misure adottate a norma dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2022/2557, le variazioni stagionali di carico e la vulnerabilità ai cambiamenti climatici sono valutate e prese in considerazione nella progettazione, nella costruzione e nel funzionamento degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e delle reti fognarie.

Articolo 14

Scarichi di acque reflue non domestiche

1.   Gli Stati membri provvedono affinché gli scarichi di acque reflue non domestiche in reti fognarie e impianti di trattamento delle acque reflue urbane siano subordinati a regolamentazioni o autorizzazioni specifiche, o a entrambi, preventive da parte dell’autorità competente o dell’organismo abilitato.

In caso di autorizzazioni specifiche per gli scarichi in reti fognarie e impianti di trattamento delle acque reflue urbane, gli Stati membri provvedono affinché l’autorità competente:

a) consulti e informi i gestori delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane nei quali sono scaricate le acque reflue non domestiche prima di rilasciare tali autorizzazioni specifiche;
b) su richiesta, permetta ai gestori delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che ricevono scarichi di acque reflue non domestiche di consultare tali autorizzazioni specifiche per i loro bacini idrografici preferibilmente prima della loro concessione.

In caso di regolamentazioni preventive per gli scarichi in reti fognarie e impianti di trattamento delle acque reflue urbane, gli Stati membri provvedono affinché i gestori delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in cui sono scaricate le acque reflue non domestiche siano consultati prima dell’adozione di tali regolamentazioni preventive.

2.   Le regolamentazioni e autorizzazioni specifiche preventive di cui al paragrafo 1 garantiscono che:

a) siano rispettate le prescrizioni in materia di qualità dell’acqua stabilite in altro diritto dell’Unione, comprese le direttive 2000/60/CE e 2008/105/CE, e, se del caso, che siano monitorate la qualità e la quantità dei pertinenti scarichi di acque reflue non domestiche; in particolare, che il carico inquinante presente negli scarichi dell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane non porti ad alterare lo stato del corpo idrico ricettore né impedisce il raggiungimento di tale stato, nel rispetto degli obiettivi previsti dall’articolo 4 della direttiva 2000/60/CE;
b) le sostanze inquinanti scaricate non ostacolino il funzionamento dell’impianto di gestione delle acque reflue urbane, non danneggino le reti fognarie, gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane o le apparecchiature associate, e non limitino l’eventuale capacità di recuperare risorse, compreso il riutilizzo delle acque trattate e il recupero dei nutrienti o di altri materiali dalle acque reflue urbane o dai fanghi;
c) le sostanze inquinanti scaricate non danneggino la salute del personale impiegato nelle reti fognarie e negli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
d) l’impianto di trattamento delle acque reflue urbane sia progettato e attrezzato per ridurre le sostanze inquinanti scaricate;
e) se l’impianto di trattamento delle acque reflue urbane tratta gli scarichi di un’installazione che detiene un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio[40]Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali e derivanti dall’allevamento di bestiame (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17)., il carico inquinante degli scarichi di tale impianto non supera il carico inquinante che questi avrebbero se fossero rilasciati direttamente dall’installazione e rispettassero i valori limite di emissione applicabili conformemente alla presente direttiva.

Gli Stati membri provvedono affinché, per lo scarico di acque reflue non domestiche nelle reti fognarie e negli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che scaricano nei bacini idrografici per i punti di captazione di acque destinate al consumo umano, non siano concesse autorizzazioni specifiche, o nessuna regolamentazione preventiva consenta tale scarico di acque reflue non domestiche senza tenere conto della valutazione e della gestione dei rischi dei bacini idrografici per i punti di captazione di acque destinate al consumo umano di cui all’articolo 8 della direttiva (UE) 2020/2184 e delle misure di gestione del rischio sulla base di tale articolo.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti o gli organismi abilitati adottino le misure opportune, compreso il riesame e, se del caso, la revoca delle regolamentazioni e autorizzazioni specifiche preventive di cui al paragrafo 1, per individuare, prevenire e ridurre nella misura del possibile le fonti di inquinamento nelle acque reflue non domestiche di cui al paragrafo 1 del presente articolo qualora si verifichi una delle situazioni seguenti:

a) nel contesto del monitoraggio di cui all’articolo 21, paragrafo 3, sono stati individuati inquinanti ai punti di ingresso e ai punti di scarico dell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane;
b) i fanghi risultanti dal trattamento delle acque reflue urbane sono destinati a essere utilizzati conformemente alla direttiva 86/278/CEE del Consiglio[41]Direttiva 86/278/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1986, concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura (GU L 181 del 4.7.1986, pag. 6).;
c) le acque reflue urbane trattate sono destinate a essere riutilizzate conformemente al regolamento (UE) 2020/741 o a essere riutilizzate a fini diversi da quelli agricoli;
d) i corpi idrici recettori sono utilizzate per la captazione di acque destinate al consumo umano, come definite all’articolo 2, punto 1), della direttiva (UE) 2020/2184;
e) l’inquinamento delle acque reflue non domestiche scaricate nella rete fognaria o nell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane mette a repentaglio il funzionamento della rete o dell’impianto.
4.   Le regolamentazioni e autorizzazioni specifiche preventive di cui al paragrafo 1 rispettano le prescrizioni di cui al paragrafo 2. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati secondo la procedura di cui all’articolo 27 per modificare le prescrizioni di cui al paragrafo 2, al fine di adeguarle al progresso tecnico e scientifico nel campo della protezione dell’ambiente.

5.   Le autorizzazioni specifiche di cui al paragrafo 1 sono riesaminate e se necessario adeguate almeno ogni dieci anni.

Le regolamentazioni preventive di cui al paragrafo 1 sono riesaminate a intervalli regolari e se necessario adeguate.

In caso di cambiamenti significativi delle caratteristiche delle acque reflue non domestiche, dell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane o del corpo idrico ricettore, le autorizzazioni specifiche sono riesaminate e adattate a tali cambiamenti.

Articolo 15

Riutilizzo dell’acqua e scarichi di acque reflue urbane

1.   Gli Stati membri promuovono sistematicamente il riutilizzo delle acque reflue trattate da tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, se opportuno, specialmente nelle zone soggette a stress idrico e per tutti gli scopi appropriati. Il potenziale di riutilizzo delle acque reflue trattate è valutato in modo tale da tenere conto dei piani di gestione dei bacini idrografici istituiti a norma della direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE («piani di gestione dei bacini idrografici») e delle decisioni degli Stati membri a norma dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2020/741. Gli Stati membri provvedono affinché, quando le acque reflue urbane trattate sono riutilizzate o quando ne è previsto il riutilizzo, ciò non comprometta il flusso ecologico nei corpi idrici recettori e non vi siano effetti negativi per l’ambiente o la salute umana. Le acque reflue trattate riutilizzate per l’irrigazione agricola sono conformi ai requisiti del regolamento (UE) 2020/741. Qualora a livello degli Stati membri siano disponibili strategie sulla resilienza idrica, nell’ambito di tali strategie è considerata la possibilità di misure volte a promuovere il riutilizzo delle acque reflue trattate e il riutilizzo.

Se le acque reflue urbane trattate sono riutilizzate per l’irrigazione agricola, gli Stati membri possono derogare ai requisiti per il trattamento terziario di cui all’allegato I, parte B, e tabella 2, per la frazione di acque reflue urbane trattate destinata esclusivamente al riutilizzo nell’irrigazione agricola, se è possibile dimostrare quanto segue:

a) il contenuto di nutrienti nella frazione riutilizzata non supera la domanda di nutrienti delle colture interessate;
b) non vi sono rischi per l’ambiente, in particolare in relazione all’eutrofizzazione delle acque dello stesso bacino idrografico;
c) non vi sono rischi per la salute umana, in particolare in relazione agli organismi patogeni;
d) l’impianto di trattamento delle acque reflue urbane dispone di una capacità sufficiente per trattare o immagazzinare le acque reflue urbane al fine di evitare scarichi di acque reflue urbane nei corpi idrici recettori che non soddisfano i requisiti di cui all’allegato I, parte B e tabella 2, secondo i metodi di controllo e di valutazione dei risultati di cui all’allegato I, parte C.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché almeno tutti gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano un carico di 1 000 a.e. o più siano subordinati a regolamentazioni o autorizzazioni specifiche preventive, o entrambe. Tali regolamentazioni e autorizzazioni specifiche garantiscono il rispetto dei requisiti di cui all’allegato I, parte B.

3.   Le regolamentazioni e autorizzazioni specifiche preventive di cui al paragrafo 2 sono riesaminate almeno ogni dieci anni e se necessario adeguate. Onde garantire che i requisiti di cui all’allegato I, parte B, continuino a essere rispettati, le disposizioni delle autorizzazioni specifiche sono aggiornate in caso di cambiamenti significativi delle caratteristiche delle acque reflue urbane in ingresso o degli scarichi dell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane ovvero del corpo idrico ricettore.

4.   Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per adattare le loro infrastrutture di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane per far fronte all’aumento dei carichi di acque reflue domestiche, compresa la costruzione di nuove infrastrutture, ove necessario.

Nell’adottare misure di cui al primo comma, si ritiene che gli Stati membri adempiano gli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4 della direttiva 2000/60/CE se sono soddisfatte tutte le condizioni seguenti:

a) la costruzione o l’ampliamento di un impianto di trattamento delle acque reflue urbane per trattare carichi maggiori o carichi altrimenti non trattati di acque reflue domestiche è subordinato ad autorizzazione preventiva conformemente alla presente direttiva;
b) i benefici dell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane di cui alla lettera a) non possono, per motivi di fattibilità tecnica o di costi sproporzionati, essere conseguiti con altri mezzi, compreso l’esame dei punti di scarico alternativi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, che contribuirebbero a conseguire gli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4 della direttiva 2000/60/CE;
c) sono adottate, e sono indicate nelle autorizzazioni specifiche di cui all’articolo 14 della presente direttiva e al presente articolo della presente direttiva, tutte le misure di mitigazione tecnicamente fattibili per ridurre al minimo gli impatti negativi dell’impianto di trattamento delle acque reflue urbane sui corpi idrici interessati; tali misure comprendono, ove necessario, requisiti di trattamento più rigorosi di quelli applicati prima dell’aumento del carico di acque reflue domestiche, al fine di soddisfare i requisiti delle direttive di cui all’allegato I, parte B, punto 6 della presente direttiva;
d) sono attuate tutte le misure di mitigazione tecnicamente fattibili per ridurre al minimo l’impatto negativo di altre attività che provocano pressioni analoghe sugli stessi corpi idrici.

Se la mancata prevenzione del deterioramento o il mancato conseguimento degli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4 della direttiva 2000/60/CE in un corpo idrico superficiale è il risultato di una previa autorizzazione di cui alla lettera a), tale autorizzazione specifica sono specificate e le condizioni di cui al secondo comma sono illustrate nei piani di gestione dei bacini idrografici.

Articolo 16

Acque reflue non domestiche biodegradabili

1.   Per lo scarico di acque reflue non domestiche biodegradabili gli Stati membri fissano prescrizioni adeguate al tipo di industria interessata e che assicurino almeno lo stesso livello di protezione dell’ambiente dei requisiti di cui all’allegato I, parte B.

2.   Le prescrizioni di cui al paragrafo 1 si applicano in presenza delle condizioni seguenti:

a) le acque reflue provengono da impianti che trattano un carico di 4 000 a.e. o più, appartengono ai settori industriali di cui all’allegato IV e non svolgono alcuna attività figurante nell’allegato I della direttiva 2010/75/UE; e
b) le acque reflue non sono addotte a un impianto di trattamento delle acque reflue urbane prima di essere scaricate nei corpi idrici recettori («scarico diretto»).

Articolo 17

Sorveglianza delle acque reflue urbane

1.   Gli Stati membri istituiscono un sistema nazionale di cooperazione e coordinamento tra le autorità competenti per la salute pubblica e quelle competenti per il trattamento delle acque reflue urbane, allo scopo di:

a) individuare parametri rilevanti per la salute pubblica da monitorare almeno all’ingresso degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, tenendo conto delle raccomandazioni disponibili, tra l’altro, del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), dell’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), tra i quali:

i) virus SARS-CoV-2 e sue varianti;
ii) virus della poliomielite;
iii) virus dell’influenza;
iv) agenti patogeni emergenti;
v) qualsiasi altro parametro rilevante per la salute pubblica ritenuto d’interesse ai fini del monitoraggio dalle autorità competenti;

b) determinare la chiara ripartizione dei ruoli, delle responsabilità e dei costi tra gli operatori e le pertinenti autorità competenti, anche per quanto riguarda il campionamento e l’analisi;
c) determinare il luogo e la frequenza di campionamento e analisi delle acque reflue urbane per ciascun parametro rilevante per la salute pubblica individuato conformemente alla lettera a), tenendo conto dei dati sanitari disponibili, delle esigenze in termini di dati sulla salute pubblica e, se del caso, della situazione epidemiologica locale;
d) organizzare modalità di comunicazione adeguata e tempestiva dei risultati del monitoraggio alle autorità competenti per la salute pubblica e, se del caso, alle autorità competenti per l’acqua potabile al fine di agevolare l’attuazione dell’articolo 8 della direttiva (UE) 2020/2184 nonché alle piattaforme dell’Unione, ove disponibili, conformemente al diritto applicabile in materia di protezione dei dati personali.

2.   Se l’autorità competente per la salute pubblica in uno Stato membro dichiara un’emergenza di sanità pubblica, sono monitorati i parametri rilevanti per la salute pubblica nelle acque reflue urbane originate da una distribuzione rappresentativa della popolazione nazionale, nella misura in cui nelle acque reflue urbane si trovino i parametri rilevanti per la salute. Tale monitoraggio prosegue fino a che l’autorità competente dichiara la fine dell’emergenza di sanità pubblica, o per un periodo più lungo se ritenuto utile per altri fini da tale autorità competente.

Per determinare se esiste un’emergenza di sanità pubblica, l’autorità competente prende in considerazione le decisioni della Commissione adottate a norma dell’articolo 23, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2022/2371, le valutazioni dell’ECDC, e le decisioni dell’OMS adottate conformemente al regolamento sanitario internazionale.

3.   Per gli agglomerati con 100 000 a.e. o più, gli Stati membri provvedono entro l’ultimo giorno del secondo anno dalla data di adozione dell’atto di esecuzione di cui al secondo comma affinché la resistenza agli antimicrobici sia oggetto di monitoraggio nelle acque reflue urbane.

Entro il 2 luglio 2026 la Commissione adotta atti di esecuzione al fine di istituire una frequenza minima di campionamento e una metodologia armonizzata per misurare la resistenza agli antimicrobici nelle acque reflue urbane, tenendo conto almeno di tutti i dati disponibili delle autorità nazionali di sanità pubblica e delle autorità nazionali responsabili del monitoraggio della resistenza antimicrobica. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2.

4.   I risultati del monitoraggio di cui al presente articolo sono comunicati conformemente all’articolo 22, paragrafo 1, lettera h).

Articolo 18

Valutazione e gestione del rischio

1.   Entro il 31 dicembre 2027 gli Stati membri identificano e valutano i rischi per l’ambiente e per la salute umana associate agli scarichi di acque reflue urbane, tenendo conto delle fluttuazioni stagionali e degli eventi estremi, e almeno i rischi connessi a quanto segue:

a) qualità dei corpi idrici utilizzati per la captazione di acque destinate al consumo umano, come definite all’articolo 2, punto 1), della direttiva (UE) 2020/2184;
b) qualità delle acque di balneazione che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/7/CE;
c) qualità dei corpi idrici in cui si svolgono attività di acquacoltura, come definita all’articolo 4, punto 25), del regolamento (UE) n. 1380/2013;
d) stato del corpo idrico sotterraneo ricettore quale definito all’articolo 2, punto 19), della direttiva 2000/60/CE e tutti gli altri obiettivi ambientali di cui all’articolo 4 della stessa direttiva per i corpi idrici sotterranei recettori;
e) stato dell’ambiente marino quale definito all’articolo 3, punto 5), della direttiva 2008/56/CE;
f) stato del corpo idrico superficiale ricettore quale definito all’articolo 2, punto 17), della direttiva 2000/60/CE e tutti gli altri obiettivi ambientali di cui all’articolo 4 della stessa direttiva per i corpi idrici superficiali recettori.
2.   Laddove siano stati identificati dei rischi conformemente al paragrafo 1, gli Stati membri adottano le opportune misure per farvi fronte, comprese se del caso le misure seguenti:

a) adozione di misure supplementari tese a prevenire e ridurre alla fonte l’inquinamento causato dalle acque reflue urbane, ove necessario per salvaguardare la qualità del corpo idrico ricettore a integrazione delle misure di cui all’articolo 14, paragrafo 3;
b) realizzazione di reti fognarie conformemente all’articolo 3 per gli agglomerati con meno di 1 000 a.e.;
c) applicazione del trattamento secondario conformemente all’articolo 6 agli scarichi di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con meno di 1 000 a.e.;
d) applicazione del trattamento terziario conformemente all’articolo 7 agli scarichi di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con meno di 10 000 a.e.;
e) applicazione del trattamento quaternario conformemente all’articolo 8 agli scarichi di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con meno di 10 000 a.e., in particolare quando le acque reflue urbane sono scaricate in corpi idrici utilizzati per la captazione di acque destinate al consumo umano, acque di balneazione o corpi idrici in cui si svolgono attività di acquacoltura e quando le acque reflue urbane trattate sono riutilizzate a fini agricoli;
f) elaborazione di piani integrati di gestione delle acque reflue urbane conformemente all’articolo 5 per gli agglomerati con meno di 10 000 a.e. e adozione delle misure di cui all’allegato V;
g) applicazione al trattamento delle acque reflue urbane raccolte di requisiti più rigorosi di quelli indicati nell’allegato I, parte B.

3.   L’identificazione dei rischi svolta conformemente al paragrafo 1 è riesaminata ogni sei anni in linea con la tempistica del riesame dei piani di gestione dei bacini idrografici elaborati ai sensi della direttiva 2000/60/CE e a partire dal 31 dicembre 2033. Una sintesi dei rischi identificati, accompagnata da una descrizione delle misure adottate conformemente al paragrafo 2, è inclusa nei corrispondenti piani di gestione dei bacini idrografici e nei programmi nazionali di attuazione di cui all’articolo 23 e comunicata alla Commissione su richiesta. Tale sintesi è resa disponibile al pubblico.

Articolo 19

Accesso ai servizi igienico-sanitari

Fatti salvi i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, e tenendo conto nel contempo delle prospettive e circostanze locali e regionali in materia di servizi igienico-sanitari, gli Stati membri adottano ogni misura necessaria a garantire l’accesso ai servizi igienico-sanitari per tutte le persone, in particolare per i gruppi vulnerabili ed emarginati.

A tale scopo, entro il 12 gennaio 2029 gli Stati membri:

a) individuano le persone prive di accesso o con un accesso limitato alle strutture igienico-sanitarie, prestando particolare attenzione ai gruppi vulnerabili ed emarginati, e indicano i motivi di tale mancanza di accesso;
b) valutano le opzioni per migliorare l’accesso di tali persone alle strutture igienico-sanitarie;
c) per gli agglomerati con 10 000 a.e. o più, incoraggiano la realizzazione negli spazi pubblici di un numero sufficiente di strutture igienico-sanitarie accessibili gratuitamente e in sicurezza, soprattutto per le donne, e garantiscono la fornitura di un’opportuna informazione del pubblico in merito a tali strutture;
d) per tutti gli agglomerati con 5 000 a.e. o più, incoraggiano le autorità competenti a mettere a disposizione un numero sufficiente di strutture igienico-sanitarie gratuite negli edifici pubblici, in particolare negli edifici amministrativi;
e) incoraggiano la messa a disposizione di strutture igienico-sanitarie per tutti, a titolo gratuito o a prezzi modici, nei ristoranti, nei negozi e in spazi privati analoghi accessibili al pubblico.

Articolo 20

Fanghi e recupero di risorse

1.   Gli Stati membri incoraggiano il recupero delle risorse di valore e adottano le misure necessarie a garantire che la gestione dei fanghi rispetti la gerarchia dei rifiuti di cui all’articolo 4 della direttiva 2008/98/CE. Tale gestione dei fanghi:

a) massimizza la prevenzione;
b) prepara al riutilizzo, al riciclaggio e ad altri tipi di recupero delle risorse, in particolare del fosforo e dell’azoto, tenendo conto delle opzioni di valorizzazione nazionali o locali; e
c) riduce al minimo l’impatto negativo sull’ambiente e sulla salute umana.

2.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati secondo la procedura di cui all’articolo 27 per integrare la presente direttiva specificando un tasso minimo combinato di riutilizzo e riciclaggio del fosforo presente nei fanghi e nelle acque reflue urbane non riutilizzate ai sensi della deroga di cui all’articolo 15, paragrafo 1, tenendo conto delle tecnologie disponibili, delle risorse e della fattibilità economica del suo recupero, nonché del contenuto di fosforo nei fanghi e del livello di saturazione del mercato nazionale con fosforo organico proveniente da altre fonti, garantendo nel contempo la gestione sicura dei fanghi e l’assenza di impatti negativi sull’ambiente e sulla salute umana. La Commissione adotta tali atti delegati entro il 2 gennaio 2028.

Articolo 21

Controlli

1.   Gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti o gli organismi abilitati controllino:

a) gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, al fine di verificarne la conformità ai requisiti dell’allegato I, parte B, secondo i metodi di monitoraggio e valutazione dei risultati stabiliti nell’allegato I, parte C; tali controlli riguardano anche i carichi e le concentrazioni dei parametri che figurano nell’allegato I, parte B;
b) la quantità, la composizione e la destinazione dei fanghi, tenendo conto dei requisiti della direttiva 86/278/CEE per i fanghi destinati all’uso agricolo;
c) le quantità annuali e mensili delle acque reflue urbane riutilizzate per l’irrigazione agricola soggette alla deroga di cui all’articolo 15, paragrafo 1; il contenuto di nutrienti della frazione di acque reflue urbane riutilizzate per l’irrigazione agricola e il periodo durante il quale tale frazione è riutilizzata rispetto al fabbisogno mensile di acqua e nutrienti delle colture interessate da tale riutilizzo delle acque reflue urbane;
d) i gas a effetto serra, compresi almeno CO2, N2O e CH4 emessi dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano un carico di 10 000 a.e. o più, mediante analisi, calcoli e modellizzazioni, se opportuno;
e) l’energia utilizzata e generata dai proprietari di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano un carico di 10 000 a.e. o più, o dai gestori di tali impianti, indipendentemente dal fatto che sia utilizzata o generata in loco o altrove, in linea con i requisiti di cui all’articolo 11, paragrafo 2, nonché l’energia acquistata nell’ambito delle deroghe di cui all’articolo 11, paragrafi 3 e 4.

2.   Per tutti gli agglomerati di cui all’articolo 5, paragrafi 1 e 3, gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti, gli organismi abilitati o i gestori delle reti fognarie svolgano un monitoraggio rappresentativo, nei punti pertinenti, degli scolmi causati da piogge molto intense nei corpi idrici e degli scarichi di deflusso urbano da reti fognarie separate, al fine di stimare la concentrazione e il carico dei parametri che figurano nell’allegato I, tabella 1, e ove opportuno nella tabella 2, nonché il contenuto di microplastiche e di inquinanti di rilievo. Gli Stati membri possono utilizzare i risultati di tali controlli a fini della modellizzazione, se lo ritengono opportuno.

3.   Per tutti gli agglomerati con oltre 10 000 a.e. o più gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti o gli organismi abilitati monitorino, ai punti di ingresso e ai punti di scarico degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, la concentrazione e il carico in tali acque degli elementi seguenti:

a) gli inquinanti la cui presenza nelle acque reflue urbane è probabile, elencati:

i) negli allegati VIII e X della direttiva 2000/60/CE, nell’allegato I della direttiva 2008/105/CE, nell’allegato I della direttiva 2006/118/CE e nell’allegato II, parte B, della direttiva 2006/118/CE;
ii) nell’allegato della decisione n. 2455/2001/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[42]Decisione n. 2455/2001/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2001, relativa all’istituzione di un elenco di sostanze prioritarie in materia di acque e che modifica la direttiva 2000/60/CE (GU L 331 del 15.12.2001, pag. 1).;
iii) nell’allegato II del regolamento (CE) n. 166/2006;
iv) negli allegati I e II della direttiva 86/278/CEE;

b) i parametri che figurano nell’allegato III, parte B, della direttiva (UE) 2020/2184, se le acque reflue urbane sono scaricate in un bacino idrografico di cui all’articolo 8 di detta direttiva; conformente ai quali le sostanze per- e polifluoroalchiliche (per- and polyfluoroalkyl substances — PFAS) gli Stati membri possono scegliere di utilizzare uno o entrambi i parametri «totale PFAS» e «somma PFAS» quando è disponibile una metodologia conformemente all’atto di esecuzione di cui al paragrafo 5;
c) i parametri che figurano nell’allegato I della direttiva 2006/7/CE, in caso di scarichi diretti provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in acque di balneazione durante la stagione balneare, che potrebbero impedire il rispetto della direttiva 2006/7/CE;
d) la presenza di microplastiche;

Gli inquinanti e i parametri di cui alle lettere a) e b) possono essere esclusi dal monitoraggio di cui al presente paragrafo nella misura in cui possa essere dimostrato, anche sulla base dei risultati del monitoraggio, che sono assenti dalle acque reflue urbane.

Per tutti gli agglomerati con 10 000 a.e. e oltre, gli Stati membri garantiscono che le autorità competenti o gli organismi abilitati monitorino la presenza di microplastiche nei fanghi, se pertinente e in particolare se sono riutilizzati in agricoltura.

Il monitoraggio di cui al paragrafo 3 è eseguito con le frequenze indicate di seguito:

a) almeno due campioni l’anno, prelevati al massimo a sei mesi di distanza, per gli agglomerati con 150 000 a.e. o più;
b) almeno un campione ogni due anni per gli agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 10 000 e 150 000.

Tali frequenze di monitoraggio possono essere dimezzate negli anni successivi nel caso in cui i risultati del monitoraggio per gli inquinanti di cui al presente paragrafo siano inferiori agli standard di qualità ambientale applicabili di cui alla direttiva 2008/105/CE nel corso di tre campionamenti consecutivi. Le frequenze di monitoraggio dovrebbero essere riesaminate almeno ogni anno.

4.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti di esecuzione al fine di stabilire metodologie per misurare, stimare e modellizzare le emissioni di gas a effetto serra dirette e indirette provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane e le microplastiche nelle acque reflue urbane e nei fanghi. Tali atti di esecuzione sono adottati entro il 2 luglio 2027 secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2.

5.   La Commissione adotta atti di esecuzione al fine di stabilire una metodologia per misurare il «totale PFAS» e la «somma PFAS» nelle acque reflue urbane. Tali atti di esecuzione sono adottati entro il 2 gennaio 2027 secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2.

6.   Sulla base della relazione degli Stati membri, la Commissione può adottare atti di esecuzione al fine di specificare un elenco minimo dei pertinenti inquinanti la cui presenza nelle acque reflue urbane è probabile e sviluppando una metodologia per individuarli, tenendo conto delle condizioni locali e della valutazione del rischio svolta a norma del pertinente diritto dell’Unione, nonché dei criteri per il riesame dell’esclusione di alcuni inquinanti di cui al paragrafo 3, secondo comma, del presente articolo, e della frequenza di tale riesame. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2.

Articolo 22

Informazioni relative al controllo dell’attuazione

1.   Gli Stati membri, assistiti dall’Agenzia europea dell’ambiente (AEA):

a) istituiscono entro il 31 dicembre 2028, e aggiornano successivamente con cadenza annuale, una serie di dati contenente le informazioni raccolte a norma dell’articolo 21, comprese le informazioni relative ai parametri di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), e i risultati delle prove per il criterio di conformità/non conformità di cui all’allegato I, parte C;
b) istituiscono entro il 31 dicembre 2028, e aggiornano successivamente con cadenza annuale, una serie di dati indicante la percentuale di acque reflue urbane raccolte e trattate a norma dell’articolo 3;
c) istituiscono entro il 31 dicembre 2028, e aggiornano successivamente con cadenza annuale, una serie di dati contenente informazioni sull’attuazione dell’articolo 4, paragrafo 5, e sulla percentuale del carico di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 2 000 a.e. trattate in sistemi individuali;
d) istituiscono entro il 31 dicembre 2028, e aggiornano successivamente con cadenza annuale, una serie di dati contenente informazioni sul numero di campioni raccolti e sul numero di campioni prelevati a norma dell’allegato I, parte C, che non sono risultati conformi;
e) istituiscono, entro il 12 gennaio 2029, e aggiornano successivamente ogni sei anni, una serie di dati contenente informazioni sulle misure adottate per migliorare l’accesso ai servizi igienico-sanitari a norma dell’articolo 19, lettere a), b) e c), comprese informazioni sulla quota della loro popolazione che ha accesso ai servizi igienico-sanitari negli agglomerati con 10 000 a.e. o più;
f) istituiscono entro il 31 dicembre 2030, e aggiornano successivamente con cadenza annuale, una serie di dati contenente informazioni sulle emissioni di gas a effetto serra, ripartite tra i diversi gas, sull’energia totale consumata e sull’energia rinnovabile generata da ciascun impianto di trattamento delle acque reflue urbane che tratta un carico di 10 000 a.e. o più, nonché il calcolo della percentuale di conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 11, paragrafo 2, della percentuale di energia acquistata da fonti non fossili e, se disponibile, accompagnata da una ripartizione dei diversi tipi di fonti energetiche non fossili utilizzate, laddove si faccia ricorso alla deroga di cui all’articolo 11, paragrafo 3;
g) istituiscono entro il 31 dicembre 2030, e aggiornano successivamente con cadenza annuale, una serie di dati contenente informazioni sulle misure adottate a norma dell’allegato V, punto 3;
h) istituiscono entro il 31 dicembre 2030, e aggiornano successivamente con cadenza annuale, una serie di dati contenente i risultati del monitoraggio di cui all’articolo 17, paragrafi 1 e 3;
i) istituiscono entro il 31 dicembre 2030, e aggiornano a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, una serie di dati contenente l’elenco delle aree identificate come sensibili all’eutrofizzazione;
j) istituiscono entro il 31 dicembre 2030, e aggiornano a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, una serie di dati contenente l’elenco delle aree identificate come aree nelle quali la concentrazione o l’accumulo di microinquinanti rappresenta un rischio per la salute umana o l’ambiente;
k) qualora utilizzino supporti per biomasse, entro dicembre 2030, istituiscono una serie di dati contenente il tipo di supporti per biomasse utilizzato e una breve descrizione delle misure adottate dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che utilizzano supporti per biomasse al fine di evitare fuoriuscite nell’ambiente e aggiornano tale serie di dati successivamente ogni cinque anni;
l) istituiscono entro il 31 dicembre 2030, e aggiornano successivamente ogni anno, una serie di dati contenente i risultati del monitoraggio di cui all’articolo 21, paragrafo 1, lettera c), insieme a un confronto della domanda mensile di acqua e nutrienti delle colture interessate dalla frazione riutilizzata di acque reflue urbane trattate di cui all’articolo 15, paragrafo 1.

2.   Gli Stati membri assicurano che la Commissione e l’AEA abbiano accesso alle serie di dati di cui al paragrafo 1.

3.   Ai fini della comunicazione delle informazioni a norma del presente articolo, sono prese in considerazione le informazioni comunicate dagli Stati membri conformemente all’articolo 5 del regolamento (CE) n. 166/2006 per gli inquinanti connessi alle acque reflue urbane.

Per quanto riguarda le informazioni di cui al paragrafo 1del presente articolo, l’AEA consente l’accesso del pubblico ai dati pertinenti attraverso il registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti istituito a norma del regolamento (CE) n. 166/2006.

4.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti di esecuzione che precisino il formato delle informazioni da fornire a norma del paragrafo 1. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2, entro il 31 dicembre 2028 per le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere e), f), g), h), j), k) e l).

La Commissione può adottare atti di esecuzione per specificare il formato delle informazioni da fornire conformemente al paragrafo 1, lettere a), b), c), d) e i). Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2.

Articolo 23

Programma nazionale di attuazione

1.   Entro il 1° gennaio 2028 gli Stati membri elaborano un programma nazionale di attuazione della presente direttiva.

Il programma include:

a) una valutazione del livello di attuazione degli articoli da 3 a 8;
b) l’individuazione e la pianificazione degli investimenti necessari per attuare la presente direttiva per ciascun agglomerato, compresa una stima finanziaria indicativa e quando disponibile una stima del contributo finanziario delle organizzazioni per l’adempimento della responsabilità del produttore stabilito in conformità dell’articolo 10, e la definizione della priorità di tali investimenti in relazione alle dimensioni dell’agglomerato e al livello di impatto ambientale degli scarichi di acque reflue urbane non trattate e ai relativi rischi per l’ambiente o la salute umana;
c) una stima degli investimenti necessari al rinnovo, alla ristrutturazione o alla sostituzione delle infrastrutture esistenti per le acque reflue urbane, comprese le reti fognarie, in funzione dei tassi di ammortamento, e delle condizioni tecniche e operative, al fine di prevenire eventuali fuoriuscite, infiltrazioni e connessioni improprie alle reti fognarie, e utilizzando, se del caso, strumenti digitali;
d) l’individuazione o almeno l’indicazione delle potenziali fonti di finanziamento pubblico, qualora sia necessario per integrare i diritti di utenza;
e) tutte le informazioni richieste a norma dell’articolo 6, paragrafo 3, e dell’articolo 7, paragrafo 4, se del caso.

Gli Stati membri possono continuare a utilizzare i finanziamenti dell’Unione disponibili per l’attuazione della presente direttiva, al fine di garantire che tutti i cittadini beneficino in egual misura della raccolta e del trattamento efficienti delle acque reflue urbane. Gli Stati membri possono parimenti scambiare le migliori prassi su come migliorare l’assorbimento dei fondi dell’Unione.

Qualora uno Stato membro stabilisca, durante l’esecuzione del suo programma nazionale di attuazione, che a causa della necessità di salvaguardare il patrimonio culturale non è possibile rispettare i termini di cui all’articolo 3, paragrafo 2, o i termini di cui all’articolo 6, paragrafo 3, o entrambi, in settori specifici, tale Stato membro aggiorna il suo programma nazionale di attuazione. Tale aggiornamento contiene un elenco degli agglomerati con le aree interessate, una giustificazione dettagliata che dimostri che la realizzazione delle infrastrutture necessarie è particolarmente difficile a causa della necessità di salvaguardare il patrimonio culturale, nonché un calendario adeguato per il completamento delle infrastrutture necessarie in tali aree. Le proroghe dei termini di cui all’articolo 3, paragrafo 2, o all’articolo 6, paragrafo 3, sono stabilite per area specifica e sono mantenute il più possibile brevi e non superano gli otto anni. Il programma nazionale di attuazione aggiornato è presentato alla Commissione entro il 31 dicembre dell’anno di tale aggiornamento.

2.   Entro il 1o gennaio 2028 gli Stati membri presentano alla Commissione i rispettivi programmi nazionali di attuazione, a meno che dimostrino, sulla base dei risultati del monitoraggio di cui all’articolo 21, di essere conformi agli articoli da 3 a 8.

3.   Gli Stati membri aggiornano i rispettivi programmi nazionali di attuazione almeno ogni sei anni. Essi li presentano alla Commissione entro il 31 dicembre dell’anno dell’aggiornamento, a meno che possano dimostrare di essere conformi agli articoli da 3 a 8.

4.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti di esecuzione al fine di stabilire i metodi e i formati di presentazione dei programmi nazionali di attuazione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2.

Articolo 24

Informazioni per il pubblico

1.   Gli Stati membri provvedono affinché siano rese pubblicamente disponibili online, in modo facilmente fruibile e personalizzato, informazioni adeguate, facilmente accessibili e aggiornate sulla raccolta e sul trattamento delle acque reflue urbane per ogni agglomerato con oltre 1 000 a.e. o per ogni area amministrativa pertinente. Le informazioni comprendono almeno i dati elencati nell’allegato VI.

Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono fornite anche con altri mezzi su richiesta motivata.

2.   Laddove i costi siano recuperati completamente o parzialmente tramite un sistema di tariffe idriche, gli Stati membri provvedono inoltre affinché tutte le famiglie in agglomerati con oltre 10 000 a.e., e preferibilmente con oltre 1 000 a.e., collegate a reti fognarie ricevano periodicamente, con cadenza almeno annuale, e nella forma più appropriata e facilmente accessibile, ad esempio in fattura, se disponibile, o attraverso mezzi digitali quali applicazioni intelligenti o siti web, le informazioni seguenti senza doverle richiedere:

a) informazioni sulla conformità della raccolta e del trattamento delle acque reflue urbane agli articoli 3, 4, 6, 7 e 8, compreso un raffronto tra i rilasci effettivi di inquinanti nei corpi idrici recettori e i valori limite di cui all’allegato I, parte B e tabelle 1, 2 e 3; tali informazioni sono presentate in modo da consentire un agevole confronto, ad esempio sotto forma di percentuale di conformità;
b) il volume o la stima del volume in metri cubi delle acque reflue urbane raccolte e trattate, per anno o per periodo di fatturazione, per la famiglia o l’entità collegata, unitamente alle tendenze e ai prezzi di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane per la famiglia (costo per litro e per metro cubo);
c) il raffronto tra il volume annuo di acque reflue urbane raccolte e trattate per la famiglia per anno e il volume medio per famiglia nell’agglomerato interessato;
d) il link ai contenuti online di cui al paragrafo 1.

Laddove non siano disponibili informazioni relative all’utilizzo individuale, le informazioni di cui alle lettere da a) a d) sono fornite a livello di agglomerato in modo facilmente fruibile tramite un sito web o un’applicazione intelligente.

3.   La Commissione può adottare atti delegati secondo conformemente all’articolo 27 per modificare il paragrafo 2 del presente articolo e l’allegato VI aggiornando le informazioni che devono essere fornite al pubblico online e alle famiglie collegate alle reti fognarie al fine di adeguare tali obblighi al progresso tecnico e alla disponibilità di dati in questo settore.

4.   La Commissione può adottare atti di esecuzione che precisino il formato e i metodi di presentazione delle informazioni da fornire a norma dei paragrafi 1 e 2. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 28, paragrafo 2.

Articolo 25

Accesso alla giustizia

1.   Gli Stati membri provvedono, nel quadro del pertinente ordinamento giuridico nazionale, affinché esponenti del pubblico interessato abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale, o a un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti all’articolo 6, 7 o 8 qualora sia rispettata almeno una delle condizioni seguenti:

a) vantano un interesse sufficiente;
b) fanno valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto.
La procedura di ricorso è giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa e prevede meccanismi di riparazione adeguati ed efficaci, compresi, se del caso, provvedimenti ingiuntivi.

2.   La legittimazione nella procedura di ricorso non è subordinata al ruolo che i singoli interessati hanno svolto durante una fase partecipativa delle procedure decisionali ai sensi della presente direttiva.

3.   Gli Stati membri stabiliscono in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni di cui al paragrafo 1.

4.   Gli Stati membri provvedono affinché siano messe a disposizione del pubblico informazioni pratiche sull’accesso alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale di cui al presente articolo.

Articolo 26

Indennizzo

1.   Gli Stati membri provvedono affinché, in caso di danno alla salute umana intervenuto a seguito di una violazione delle misure nazionali adottate ai sensi della presente direttiva, le persone interessate abbiano il diritto di chiedere e ottenere un indennizzo per tale danno dalle persone fisiche o giuridiche conformemente alle norme nazionali.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché, in quanto parte del pubblico interessato, le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente o della salute umana, e che soddisfano i requisiti previsti dal diritto nazionale, siano autorizzate a rappresentare le persone interessate. Gli Stati membri provvedono affinché la denuncia di una violazione che ha comportato un danno non possa essere perseguita due volte, ovvero da parte sia delle persone interessate sia delle organizzazioni non governative di cui al presente paragrafo.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché le norme e le procedure nazionali relative alle richieste di indennizzo siano concepite e applicate in modo da non rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto al risarcimento dei danni causati da una violazione ai sensi del paragrafo 1.

4.   Gli Stati membri possono stabilire termini di prescrizione per intentare le azioni finalizzate a ottenere l’indennizzo di cui al paragrafo 1. Tali termini non iniziano a decorrere prima della cessazione della violazione e prima che la persona che chiede l’indennizzo sia a conoscenza, o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza, di aver subito un danno a seguito di una violazione ai sensi del paragrafo 1.

5.   Gli Stati membri provvedono affinché siano messe a disposizione del pubblico informazioni sul proprio diritto di chiedere un indennizzo per il danno.

Articolo 27

Esercizio della delega

1.   Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.

2.   Il potere di adottare atti delegati di cui all’articolo 7, paragrafo 7, all’articolo 8, paragrafo 4, all’articolo 14, paragrafo 4, all’articolo 20, paragrafo 2, e all’articolo 24, paragrafo 3, è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 1o gennaio 2025. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.

3.   La delega di potere di cui all’articolo 7, paragrafo 7, all’articolo 8, paragrafo 4, all’articolo 14, paragrafo 4, all’articolo 20, paragrafo 2, e all’articolo 24, paragrafo 3, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.

4.   Prima dell’adozione dell’atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016.

5.   Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.

6.   L’atto delegato adottato ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 7, dell’articolo 8, paragrafo 4, dell’articolo 14, paragrafo 4, dell’articolo 20, paragrafo 2, o dell’articolo 24, paragrafo 3, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.

Articolo 28

Procedura di comitato

1.   La Commissione è assistita dal comitato per l’adeguamento al progresso scientifico e tecnico e l’attuazione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, istituito dalla direttiva 91/271/CEE. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.

2.   Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.

Articolo 29

Sanzioni

1.   Fatti salvi gli obblighi degli Stati membri ai sensi della direttiva (UE) 2024/1203 del Parlamento europeo e del Consiglio[43]Direttiva 2024/1203 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 aprile 2024, sulla tutela penale dell’ambiente e che sostituisce le direttive 2008/99/CE e 2009/123/CE (GU L, 2024/1203, 30.4.2024, ELI: http://data.europa.eu/eli/dir/2024/1203/oj)., gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché le sanzioni stabilite a norma del presente articolo tengano debitamente conto degli elementi seguenti, a seconda dei casi:

a) la natura, la gravità e la portata della violazione;
b) se del caso, il carattere doloso o colposo della violazione;
c) la popolazione o l’ambiente interessati dalla violazione, tenendo presente l’impatto della violazione sull’obiettivo di conseguire un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente;
d) il fatto che la violazione sia stata commessa una sola volta o ripetutamente;
e) la situazione finanziaria della persona fisica o giuridica ritenuta responsabile.

3.   Gli Stati membri notificano alla Commissione, senza ritardo, le norme e misure di cui al paragrafo 1 e le eventuali modifiche successive.

Articolo 30

Valutazione

1.   Entro il 31 dicembre 2033 ed entro il 31 dicembre 2040 la Commissione effettua una valutazione della presente direttiva basata in particolare sugli elementi seguenti:

a) l’esperienza acquisita con l’attuazione della presente direttiva;
b) le serie di dati di cui all’articolo 22, paragrafo 1;
c) i pertinenti dati scientifici, analitici ed epidemiologici, compresi i risultati di progetti di ricerca finanziati dall’Unione;
d) le raccomandazioni dell’OMS, ove disponibili.

Tale valutazione contiene almeno un’analisi degli elementi seguenti:

a) l’appropriatezza dei parametri per la salute pubblica di cui all’articolo 17, paragrafo 1, che devono essere monitorati dagli Stati membri;
b) il valore aggiunto del monitoraggio obbligatorio di parametri specifici per la salute pubblica;
c) l’eventuale necessità di adeguare l’elenco dei prodotti oggetto di responsabilità estesa del produttore alla luce dell’evoluzione della gamma di prodotti immessi sul mercato, dell’avanzamento delle conoscenze sulla presenza di microinquinanti nelle acque reflue urbane, sui relativi effetti sull’ambiente e sulla salute pubblica, dei dati ottenuti grazie ai nuovi obblighi di monitoraggio dei microinquinanti ai punti di ingresso e ai punti di scarico degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nonché un’analisi della necessità di rivedere le condizioni per l’esenzione dalla responsabilità estesa del produttore di cui all’articolo 9, paragrafo 2, lettera a);
d) il valore aggiunto e l’adeguatezza di richiedere piani nazionali obbligatori di riutilizzo dell’acqua che includano obiettivi e misure nazionali tenendo conto dell’evoluzione delle politiche e della normativa dell’Unione in materia di gestione idrica;
e) l’obiettivo della neutralità energetica al fine di analizzare la fattibilità tecnica ed economica e i vantaggi in materia di ambiente e clima per conseguire un maggiore livello di autonomia energetica del settore;
f) le possibilità di misurare le emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra prodotte dal settore delle acque reflue urbane, comprese le emissioni di gas a effetto serra diverse da quelle di cui all’articolo 21, paragrafo 1, lettera d), e di stabilire requisiti per le misurazioni effettive in relazione al monitoraggio, tenendo conto delle metodologie più recenti di misurazione delle emissioni di gas a effetto serra del settore delle acque reflue urbane stabilite dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico;
g) i possibili impatti sul funzionamento del mercato interno delle aliquote di contributo potenzialmente diverse per i produttori fissate dagli Stati membri e di cui all’articolo 9, paragrafo 1;
h) la fattibilità e l’adeguatezza dello sviluppo di un sistema di responsabilità estesa del produttore per i prodotti che generano PFAS e microplastiche nelle acque reflue urbane, sulla base in particolare dei dati di monitoraggio di cui all’articolo 21 su PFAS, e microplastiche ai punti di ingresso e ai punti di scarico degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
i) la possibilità del settore del trattamento delle acque reflue urbane di conseguire la neutralità climatica e il tempo necessario per conseguirla;
j) la fattibilità e l’appropriatezza di fissare tassi minimi di riutilizzo e riciclaggio a livello dell’Unione per l’azoto proveniente dai fanghi o dalle acque reflue urbane, o da entrambi.
La Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni una relazione sui principali risultati della valutazione di cui al primo comma, accompagnata, qualora la Commissione lo ritenga opportuno, da pertinenti proposte legislative.

2.   Gli Stati membri trasmettono alla Commissione le informazioni necessarie per la preparazione della relazione di cui al paragrafo 1, secondo comma.

Articolo 31

Riesame

Ogni cinque anni la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione della presente direttiva. Sulla base di tale relazione, la Commissione può inviare allerte precoci agli Stati membri che non rispettano o rischiano di non rispettare gli obiettivi e i termini di cui agli articoli 3, 5, 6, 7, 8 e 11.

Articolo 32

Abrogazione e disposizioni transitorie

1.   La direttiva 91/271/CEE, come modificata dagli atti di cui all’allegato VII, parte A, della presente direttiva, è abrogata a decorrere dal 1o agosto 2027, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno delle direttive di cui all’allegato VII, parte B, della presente direttiva.

2.   In relazione a Mayotte, l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, della presente direttiva, si applicano a decorrere dal 31 dicembre 2030 e l’articolo 3, paragrafo 2, e l’articolo 6, paragrafo 3, della presente direttiva, si applicano a decorrere dal 31 dicembre 2040.

L’articolo 3, paragrafo 1 bis, primo trattino, e l’articolo 4, paragrafo 1 bis, primo trattino, della direttiva 91/271/CEE continuano ad applicarsi fino al 30 dicembre 2030.

3.   Per gli scarichi di acque reflue urbane trattati da impianti di trattamento di acque reflue urbane che trattano carichi di 150 000 a.e. o più, l’articolo 5 della direttiva 91/271/CEE del Consiglio continua ad applicarsi:

a) fino al 31 dicembre 2033 per impianti di trattamento di acque reflue urbane che non sono tenuti a ottemperare alle prescrizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, della presente direttiva entro il 1o gennaio 2025;
b) fino al 31 dicembre 2036 per impianti di trattamento di acque reflue urbane che non sono tenuti a ottemperare alle prescrizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, della presente direttiva entro il 31 dicembre 2033;
c) fino al 31 dicembre 2039 per impianti di trattamento di acque reflue urbane che non sono tenuti a ottemperare alle prescrizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, della presente direttiva entro il 31 dicembre 2036.

Fatto salvo il primo comma, per gli scarichi di acque reflue urbane provenienti da agglomerati di 10 000 a.e. o più l’articolo 5 della direttiva 91/271/CEE continua ad applicarsi:

a) fino al 31 dicembre 2033 per gli agglomerati che non sono tenuti a ottemperare alle prescrizioni dell’articolo 7, paragrafo 3, della presente direttiva, entro il 1o gennaio 2025;
b) fino al 31 dicembre 2036 per gli agglomerati che non sono tenuti a ottemperare alle prescrizioni dell’articolo 7, paragrafo 3, della presente direttiva, entro il 31 dicembre 2033;
c) fino al 31 dicembre 2039 per gli agglomerati che non sono tenuti a ottemperare alle prescrizioni dell’articolo 7, paragrafo 3, della presente direttiva, entro il 31 dicembre 2036;
d) fino al 31 dicembre 2045 per gli agglomerati che non sono tenuti a ottemperare alle prescrizioni dell’articolo 7, paragrafo 3, della presente direttiva, entro il 31 dicembre 2039;
e) fino al 31 dicembre 2053 per gli agglomerati ai quali si applica la deroga di cui all’articolo 7, paragrafo 4, della presente direttiva.

4.   L’articolo 7 della direttiva 91/271/CEE continua ad applicarsi fino al 30 dicembre 2037 ad agglomerati di tra 2 000 a.e. e 10 000 a.e. che scaricano in acque costiere e applicano un trattamento adeguato conformemente all’articolo 7 di tale direttiva al 1o gennaio 2025.

5.   L’articolo 6 della direttiva 91/271/CEE continua ad applicarsi fino al 30 dicembre 2037 ad agglomerati di tra che scaricano in zone meno sensibili e applicano un trattamento meno rigoroso conformemente all’articolo 6 di tale direttiva al 1o gennaio 2025.

6.   L’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 91/271/CEE si applica agli Stati membri fino al 31 dicembre 2028.

7.   L’articolo 17 della direttiva 91/271/CEE e la decisione di esecuzione della Commissione 2014/431/UE[44]Decisione di esecuzione 2014/431/UE della Commissione, del 26 giugno 2014, concernente i moduli per la comunicazione delle informazioni relative ai programmi nazionali di applicazione della direttiva 91/271/CEE del Consiglio (GU L 197 del 4.7.2014, pag. 77). si applicano agli Stati membri fino al 1o gennaio 2028.

8.   I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato VIII.

Articolo 33

Recepimento

1.   Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 2 a 11 e da 14 a 26 e agli allegati I, III, V e VI entro il 31 luglio 2027. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì l’indicazione che, nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in vigore, i riferimenti alla direttiva abrogata dalla presente direttiva si intendono fatti a quest’ultima. Le modalità del riferimento e la formulazione dell’indicazione sono stabilite dagli Stati membri.

2.   Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 34

Entrata in vigore e applicazione

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Gli articoli 12 e 13 e gli allegati II e IV si applicano a decorrere dal 1° agosto 2027.

[fonte foto: https://tinyurl.com/uz5tmn3k]

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Allegati

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Note   [ + ]

1. GU C 146 del 27.4.2023, pag. 35
2. GU C, C/2023/250, 26.10.2023, ELI: http://data.europa.eu/eli/C/2023/250/oj.
3. Posizione del Parlamento europeo del 10 aprile 2024 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 5 novembre 2024.
4. Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU L 135 del 30.5.1991, pag. 40).
5. Cfr. parte A dell’allegato VII.
6. Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1).
7. egolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 2021, che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento (UE) 2018/1999 («Normativa europea sul clima») (GU L 243 del 9.7.2021, pag. 1).
8. Direttiva 2006/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 2006, relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione e che abroga la direttiva 76/160/CEE (GU L 64 del 4.3.2006, pag. 37).
9. Direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino) (GU L 164 del 25.6.2008, pag. 19).
10. Direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 375 del 31.12.1991, pag. 1).
11. Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006 (GU L 353 del 31.12.2008, pag. 1).
12. Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 82).
13. Regolamento (UE) 2018/842 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 come contributo all’azione per il clima per onorare gli impegni assunti a norma dell’accordo di Parigi e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 26).
14. Regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima che modifica i regolamenti (CE) n. 663/2009 e (CE) n. 715/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 94/22/CE, 98/70/CE, 2009/31/CE, 2009/73/CE, 2010/31/UE, 2012/27/UE e 2013/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive del Consiglio 2009/119/CE e (UE) 2015/652 e che abroga il regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 1).
15. Direttiva (UE) 2018/844 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 75).
16. Direttiva (UE) 2023/1791 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 settembre 2023, relativa all’efficienza energetica e che modifica il regolamento (UE) 2023/955 (GU L 231 del 20.9.2023, pag. 1).
17. Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 1).
18. Regolamento (UE) 2024/1787 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2024, sulla riduzione delle emissioni di metano nel settore dell’energia e che modifica il regolamento (UE) 2019/942 (GU L 2024/1787del 15.7.2024, ELI: http://data.europa.eu/eli/reg/2024/1787/oj).
19. GU L 186 del 5.8.1995, pag. 44.
20. Direttiva (UE) 2022/2557 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2022, del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla resilienza dei soggetti critici e che abroga la direttiva 2008/114/CE del Consiglio (GU L 333 del 27.12.2022, pag. 164).
21. Regolamento (UE) 2020/741 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 2020, recante prescrizioni minime per il riutilizzo dell’acqua (GU L 177 del 5.6.2020, pag. 32).
22. Raccomandazione (UE) 2021/472 della Commissione, del 17 marzo 2021, relativa a un approccio comune per istituire una sorveglianza sistematica del SARS-CoV-2 e delle sue varianti nelle acque reflue nell’UE (GU L 98 del 19.3.2021, pag. 3).
23. Orientamenti dell’OMS sui servizi igienico-sanitari e sulla salute, 2018.
24. Direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 435 del 23.12.2020, pag. 1).
25. Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU L 312 del 22.11.2008, pag. 3).
26. Decisione (UE) 2022/591 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 aprile 2022, relativa a un programma generale di azione dell’Unione per l’ambiente fino al 2030 (GU L 114 del 12.4.2022, pag. 22).
27. Regolamento (CE) n. 166/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 gennaio 2006, relativo all’istituzione di un registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti e che modifica le direttive 91/689/CEE e 96/61/CE del Consiglio (GU L 33 del 4.2.2006, pag. 1).
28. Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26).
29. GU L 124 del 17.5.2005, pag. 4.
30. GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1.
31. Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
32. Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1).
33. Direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 64).
34. Regolamento (UE) 2022/2371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 novembre 2022, relativo alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 1082/2013/UE (GU L 314, del 6.12.2022, pag. 26).
35. Direttiva 2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive del Consiglio 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE e 86/280/CEE, nonché modifica della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 348 del 24.12.2008, pag. 84).
36. Direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento (GU L 372 del 27.12.2006, pag. 19).
37. Regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 1954/2003 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga i regolamenti (CE) n. 2371/2002 e (CE) n. 639/2004 del Consiglio, nonché la decisione 2004/585/CE del Consiglio (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 22).
38. Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7).
39. Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7).
40. Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali e derivanti dall’allevamento di bestiame (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17).
41. Direttiva 86/278/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1986, concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura (GU L 181 del 4.7.1986, pag. 6).
42. Decisione n. 2455/2001/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2001, relativa all’istituzione di un elenco di sostanze prioritarie in materia di acque e che modifica la direttiva 2000/60/CE (GU L 331 del 15.12.2001, pag. 1).
43. Direttiva 2024/1203 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 aprile 2024, sulla tutela penale dell’ambiente e che sostituisce le direttive 2008/99/CE e 2009/123/CE (GU L, 2024/1203, 30.4.2024, ELI: http://data.europa.eu/eli/dir/2024/1203/oj).
44. Decisione di esecuzione 2014/431/UE della Commissione, del 26 giugno 2014, concernente i moduli per la comunicazione delle informazioni relative ai programmi nazionali di applicazione della direttiva 91/271/CEE del Consiglio (GU L 197 del 4.7.2014, pag. 77).

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