Bonifiche aree agricole e Trs: quali sono i rapporti tra le due discipline? Il tema è al centro di un interpello ambientale che il Comune di Tortona ha rivolto al Mase.
La richiesta dell'amministrazione comunale è dettata dal fatto che «proprio per la rilevata destinazione agricola di gran parte del proprio territorio, sono state condotte nel tempo talune pratiche di livellamento con materiale terroso proveniente da luoghi diversi da quello di utilizzo. Ne consegue che, nel caso in cui accertamenti eseguiti su riporti effettuati in un arco temporale compreso tra il 2006 (entrata in vigore del vigente TUA) e il marzo 2019 (entrata in vigore del Regolamento ex art. 241 TUA») - ovvero il D.M. 1° marzo 2019, n. 46 sulle bonifiche delle aree agricole - «possano condurre alla verifica di caratteristiche qualitative difformi dalla colonna A (convenzionalmente utilizzata per assentirne l'uso in zona agricola), ciò assoggetterebbe tali riporti alla disciplina dei rifiuti, con conseguente obbligo di rimozione e smaltimento di terre che, ove analizzate secondo i parametri del D.M. 46/2019, potrebbero invece rimanere in sito perché legalmente considerate idonee agli usi agricoli».
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Di seguito i testi dell'interpello e del parere del Mase.
Interpello ambientale del Comune di Tortona 12 dicembre 2023, n. 202913
Oggetto: Interpello in materia Ambientale ai sensi dell'art. 3 septies del D. Lgs. 152/2006 e s.m.i. in merito all'ambito di applicabilità del DM 1 marzo 2019
La scrivente amministrazione municipale, che per il disposto di cui all'art. 4 L.R. Piemonte 42/2000, è investita delle funzioni di governo dei procedimenti di bonifica di siti contaminati rinvenuti nel proprio territorio, si rivolge a Codesto Onorevole Ministero per riceverne criteri di indirizzo su come operare il più corretto rapporto fra la disciplina delle terre e rocce da scavo e il sopravvenuto DM 1 marzo 2019 n. 46 di approvazione del "Regolamento relativo agli interventi di bonifica, di ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d’emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all’aIIevamento, ai sensi dell’art. 241 del D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152".
La ragione deII'interpeIIo risiede nel fatto che il territorio municipale è in larga misura deputato all’esercizio della attività agricola, il che comporta che per opere di recupero/bonifica dei terreni - quali ad esempio, e per quanto qui di interesse in primo luogo, i livellamenti devono essere utilizzate terre e rocce da scavo anche provenienti da scavi operati in luoghi diversi da quello di utilizzo.
La relativa disciplina di settore, dapprima contenuta nell'art. 186 D.L.vo 152/06 e da ultimo nel DPR 13 giugno 2017, n. 120 ha costantemente imposto che l’impiego di terre e rocce da scavo in luoghi diversi da quello di Ioro estrazione sia consentito alla condizione che detti materiali abbiano caratteristiche qualitative conformi a quelle richieste dalla destinazione d'uso impressa dallo strumento urbanistico al luogo di utilizzo.
Fino al D.M. 46/2019 gli unici parametri di riferimento per la attestazione della idoneità delle terre e rocce da scavo all'impiego nel luogo di destinazione sono stati quelli di cui alla tabella 1 all’allegato 5 al titolo V della parte quarta TUA.
In applicazione del principio di precauzione, pertanto, l'utilizzo a fini di bonifica agricola di terre e rocce da scavo non estratti in sito è stato ammesso solo per materiali con caratteristiche qualitative conformi alla colonna A.
A far tempo dalla entrata in vigore del citato D.M. 46/2019 si utilizzano invece i diversi parametri e i diversi criteri di cui al decreto medesimo.
Questo, fra l’altro, definisce un orizzonte verticale di indagine differenziato in funzione della natura delle essenze oggetto di coltivazione o della funzione alimentare animale delle aree interessate.
In particolare, per quanto di rilievo, si annota che la massima profondità di indagine per la verifica della idoneità ad uso agricolo è di cm 80 dalla superficie del piano di campagna.
L’impostazione delle indagini che a mente dell’art. 3 comma 1 D.M. 46/2019 devono essere avviate in caso di contaminazione dei suoli agricoli è dunque concettualmente e qualitativamente diversa dalle corrispondenti che, in applicazione del titolo V della parte quarta TUA, devono invece essere condotte per siti urbani o urbanizzati cui attengono le varie funzioni di cui alle classificazioni della richiamata tabella 1 del relativo allegato 5.
La procedura definita dall'art. 3 del D.M. 46/2019 si applica anche "all'atto di individuazione di contaminazioni storiche" (art. 3 comma1, secondo periodo).
In deroga al principio tempus regit actum l’art. 7 primo comma ha stabilito che “/ procedimenti di bonifica e messa in sicurezza di aree agricole già avviate ai sensi della disciplina di cui alla parte quarta, titolo V, del D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152 e non conclusi alla data di entrata in vigore del presente regolamento restano disciplinati dalle relativedisposizioni”.
In fase di prima applicazione (e cio”e entro il termine dei “180 giorni dalla data di entrata in vigore”) è stato tuttavia consentito al proponente di “avviare le procedure di cui al presente regolamento nel contesto dei “procedimenti non conclusi”, affermando in tal modo, e in deroga a quanto espresso nella prima parte dell'art. 7 comma 1, l'applicabilità del principio tempus regit actum ai procedimenti in corso che, pertanto, sono destinati a concludersi con un provvedimento definitorio di verifiche condotte in applicazione delle regole e dei criteri sopravvenuti.
A margine di quanto sopra si registra che l’art. 2 (Definizioni) del D.M. 46/2019 non specifica cosa debba intendersi per “contaminazioni storiche” delle quali non è definizione neppure nell'art. 240 TUA.
La scrivente Amministrazione ha necessità di essere indirizzata nella comprensione della corretta applicazione di tale formula perché, proprio per la rilevata destinazione agricola di gran parte del proprio territorio, sono state condotte nel tempo talune pratiche di livellamento con materiale terroso proveniente da luoghi diversi da quello di utilizzo. Ne consegue che, nel caso in cui accertamenti eseguiti su riporti effettuati in un arco temporale compreso fra il 2006 (entrata in vigore del vigente TUA) e il marzo 2019 (entrata in vigore del Regolamento ex art. 241 TUA) possano condurre alla verifica di caratteristiche qualitative difformi dalla colonna A (convenzionalmente utilizzata per assentirne l’uso in zona agricola), ciò assoggetterebbe tali riporti alla disciplina dei rifiuti; con conseguente obbligo di rimozione e smaltimento di terre che, ove analizzate secondo i parametri del D.M. 46/2019, potrebbero invece rimanere in sito perché legalmente considerate idonee agli usi agricoli.
Alla luce di tali considerazioni si propone a Codesto Onorevole Ministero, l’esame della possibilità, laddove si tratti di attività antecedenti l'entrata in vigore del D.M. 46/2019, di poter ascrivere il materiale di riporto alla categoria delle matrici naturali secondo la definizione di cui all'art. 240 comma 1, lett. a TUA, in tal modo venendo in essere il presupposto degli interventi di bonifica da svolgersi secondo le regole del D.M. 46/2019, e ciò attesa la necessità di restituire agli usi legittimi un'area che per vocazione naturale e prescrizione regolamentare di strumento urbanistico è vincolata all’uso agricolo.
Soluzione auspicabile sia in una prospettiva di corretta applicazione dei principi cui è improntato l'ordinamento di settore ambientale (la qualifica di rifiuto dipenderebbe solo dal mancato rispetto dei livelli di contaminazione di cui alla colonna A, tabella 1, dell'allegato 5 alla parte V del titolo quarto TUA, non certo dalla impossibilità di uso agricolo ove i relativi parametri fossero conformi a quelli dello allegato 2 al D.M. 46/2019), sia in quella di una corretta gestione delle risorse economiche.
A quest'ultimo riguardo si annota che un eventuale intervento ai sensi dell'art. 250 comporterebbe, a carico della finanza pubblica, rilevanti oneri per Io smaltimento in discarica (l'art. 192 impone la rimozione dei rifiuti e tali dovrebbero essere considerati, sia ai sensi deIl’abrogato art. 186 V comma TUA che dell'art. 14.3 DPR 120/2017 e, anteriormente, dell'art. 5.8 DM 161/2012 le terre e rocce di scavo di cui sia accertata la non conformità al livello qualitativo prescritto, di norma la tabella A), ben difficilmente recuperabili con la vendita del bene ritenuto a titolo di garanzia reale, il cui valore resterebbe pur sempre quello di area agricola.
Infine, richiamando il cenno più sopra fatto all'art. 7 e alla possibilità di applicazione del principio tempus regit actum a richiesta del proponente, si evidenzia che in tal modo Io stesso Legislatore ha espressamente ammesso che situazioni di contaminazioni soggette alle regole del titolo V della parte quarta fossero invece risolte sulla base della regola sopravvenuta e ciò sembra comprovare che non sussista, nei principi dell’ordinamento ambientale, una preclusione alla applicazione di norme sopravvenute allorchè il nuovo regime normativo consenta di riqualificare come compatibile con la tutela dell’ambiente e della salubrità un comportamento che, secondo la disciplina previgente, era considerato come potenzialmente pregiudizievole.
Tale è infatti proprio il tema qui considerato, giacchè l'imposizione dei limiti di cui alla colonna A costituiva esercizio del principio di precauzione attesa la perdurante inattuazione del disposto di cui all'art. 241.
Alla Iuce della considerazione da ultimo operata si evidenzia come ove i riporti avessero idoneità all’uso agricolo secondo i criteri di cui DM 46/2019, la Ioro rimozione e conferimento in discarica, secondo le regole del disposto combìnato di cui all'art. 186.5 TUA e, dopo la sua abrogazione, di cui all'art. 5.8 DM 161/2012 e oggi, all'art. 14.3 DPR 120/2017, parrebbe potersi configurare quale applicazione di un astratto principio di legalità (e cioè la sanzione amministrativa per violazione dell’obbligo di conformità alle caratteristiche qualitative dichiarate ai fini dell’uso secondo la destinazione urbanistica del luogo di impiego), in violazione dei principi che orientano alla riduzione della produzione dei rifiuti e con sostanziale improprio utilizzo degli impianti di discarica e, non ultimo, degli indirizzi che tendono ad una valutazione del rapporto ricadute/benefici in campo ambientale.
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Parere del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica 5 luglio 2024, n. 124599
Oggetto: interpello ambientale ex art. 3 septies del D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i. in merito all'applicabilità del D.M. 1° marzo 2019 — Nota del Comune di Tortona prot. n. 38807 del 12 dicembre 2023, acquisita in pari data con prot. n. 202913.
Con nota del 12 dicembre 2023, acquisita in pari data con prot. n. 202913 del 12 dicembre 2023, codesto Comune ha formulato alcuni quesiti, ai sensi dell'art. 3-septies, D.Lgs. n. 152/2006, con riferimento all'applicazione del D.M. 1° marzo 2019.
In particolare, con la nota in oggetto, il Comune si è rivolto a questo Ministero, -per riceverne criteri di indirizzo su come operare il più corretto rapporto tra la disciplina delle terre e rocce da scavo e il sopravvenuto D.M. 1 marzo 2019, n. 46 di approvazione del "Regolamento relativo agli interventi di bonifica, di ripristino ambientale e di messa in sicurezza d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento, ai sensi dell 'art. 241 del d.lvo 3 aprile 2006, n. 152".
Il Comune chiede alla scrivente Amministrazione indirizzi in merito alla definizione di "contaminazioni storiche" (art. 2 del D.M. n. 46/2019), "perché, proprio per la rilevata destinazione agricola di gran parte del proprio territorio, sono state condotte nel tempo talune pratiche di livellamento con materiale terroso proveniente da luoghi diversi da quello di utilizzo. Ne consegue che, nel caso in cui accertamenti eseguiti su riporti effettuati in un arco temporale compreso tra il 2006 (entrata in vigore del vigente TUA) e il marzo 2019 (entrata in vigore del Regolamento ex art. 241 TUA) possano condurre alla verifica di caratteristiche qualitative difformi dalla colonna A (convenzionalmente utilizzata per assentirne l'uso in zona agricola), ciò assoggetterebbe tali riporti alla disciplina dei rifiuti, con conseguente obbligo di rimozione e smaltimento di terre che, ove analizzate secondo i parametri del D.M. 46/2019, potrebbero invece rimanere in sito perché legalmente considerate idonee agli usi agricoli".
Ciò premesso, il Comune propone a questo Ministero "l'esame della possibilità, laddove si tratti di attività antecedenti l'entrata in vigore del D.M. 46/2019, di poter ascrivere il materiale di riporto alla categoria delle matrici naturali secondo la definizione di cui all'art. 240, comma 1, lett. a TUA, in tal modo venendo in essere il presupposto degli interventi di bonifica da svolgersi secondo le regole del D.M. 46/2019, e ciò attesa la necessità di restituire agli usi legittimi un'area che per vocazione naturale e prescrizione regolamentare di strumento urbanistico è vincolata all'uso agricolo. Soluzione auspicabile sia in una prospettiva di corretta applicazione dei principi cui è improntato l'ordinamento di settore ambientale (la qualifica di rifiuto dipenderebbe solo dal mancato rispetto dei livelli di contaminazione di cui alla colonna A, tabella 1, dell'allegato 5 alla parte V del titolo quarto TUA non certo dalla impossibilità di uso agricolo ove i relativi parametri ,fossero conformi a quelli dello allegato 2 al D.M. 46/2019) sia in quella di una corretta gestione delle risorse economiche".
Il Comune, inoltre, nel richiamare l'art. 7 del D.M. n. 46/2019, secondo cui la disciplina definita dall'art. 3 dello stesso D.M. si applica anche "all'atto di individuazione di contaminazioni storiche" evidenzia che in tal modo "lo stesso legislatore ha espressamente ammesso che situazioni di contaminazioni soggette alle regole del titolo V della parte quarta fossero invece risolte sulla base della regola sopravvenuta e ciò sembra comprovare che non sussista, nei principi dell 'ordinamento ambientale, una preclusione alla applicazione di norme sopravvenute allorché il nuovo regime normativo consenta di riqualificare come compatibile con la tutela dell'ambiente e della salubrità un comportamento che, secondo la disciplina previgente, era considerato come potenzialmente pregiudizievole".
Nelle conclusioni della nota indicata in oggetto, il Comune afferma che nel caso in cui "i riporti avessero idoneità all'uso agricolo secondo i criteri di cui al D.M 46/2019, la loro rimozione e conferimento in discarica, secondo le regole del combinato disposto di cui all'art. 186.5 TUA e, dopo la sua abrogazione, di cui all'art. 5.8 D.M. 161/2012 e oggi, all'art. 14.3 D.P.R. 120/2017, potrebbe potersi configurare quale applicazione di un astratto principio di legalità... in violazione dei principi che orientano alla riduzione della produzione dei rifiuti e con sostanziale improprio utilizzo degli impianti di discarica e, non ultimo, degli indirizzi che tendono ad una valutazione del rapporto ricadute/benefici in campo ambientale".
Analisi normativa
- D.Lgs. n. 152/2006, Parte Quarta, Titolo Quinto:
- art. 239: - art. 241; - art. 242;
- Allegato 2;
- Allegato 3;
- Allegato 5.
2. D.M. n. 46/2019, recante "Regolamento relativo agli interventi di bonifica, di ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevainento - Attuazione articolo 241, Dlgs 152/2006", pubblicato sulla G.U. Serie Generale, n. 132 del 7 giugno 2019.
3. D.P.R. n. 120/2017 "Regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scava, aì sensi dell'articolo 8 del decreto — legge 12 settembre 2014, li. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 ''.
4. Art. 3, D.L. n. 2/2012 in tema di matrici materiali di riporto.
Riscontro al quesito
Occorre rilevare preliminarmente, in riscontro a quanto richiesto dal Comune, che in base all'art. 7, comma 1, del D.M. 1° marzo 2019, n. 46, tale Regolamento trova applicazione ai procedimenti:
- avviati successivamente all'entrata in vigore del D.M. n. 46/2019 (22 giugno 2019);
- già avviati ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006 e non conclusi alla data di entrata in vigore del D.M. n. 46/2019, per i quali il proponente abbia dato avvio al procedimento ai sensi dello stesso D.M. entro 120 giorni dal 22 giugno 2019.
Il D.M. n. 46/2019 si applica anche all'atto di individuazione di "contaminazioni storiche" (art. 3, comma 1), relative cioè a condotte risalenti nel tempo, intervenute anche prima dell'entrata in vigore del D.lgs. n. 152/2006, in ragione della natura permanente della contaminazione (Cons. Stato, sez. IV 8 ottobre 2018 n. 5761).
Inoltre, il medesimo D.M. n. 46 del 2019 trova applicazione alle aree destinate alle produzioni agroalimentari (art. 2, comma 1, lett. a), mentre nei casi in cui l'area con destinazione agricola sia utilizzata per altri usi consentiti dagli strumenti urbanistici, ai fini dell'individuazione delle CSC, occorre fare riferimento all'uso effettivo del sito (Cons. Stato, sez. IV, 24 gennaio 2022, n. 439). Al riguardo, si evidenzia che l'Allegato 3 dello stesso D.M. prescrive, in tali casi, di definire, con l'analisi di rischio, il modello concettuale del sito in relazione agli usi previsti dal D.Lgs. n. 152/2006, Parte IV, Titolo V, Allegato 5, Tabella 1, Colonna A e B.
Nella ipotesi in cui l'area non sia effettivamente utilizzata per produzioni agroalimentari - e in assenza di un uso industriale o commerciale attuale - trovano applicazione al sito con destinazione potenzialmente agricola i limiti per i siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale: l'arte 1V, Titolo V, Allegato 5, Tabella 1, Colonna A, D.Lgs. n. 152/2006 (Cons. Stato, sez. IV, 17 dicembre 2020, n. 8114).
Premesso quanto sopra in ordine all'ambito di applicazione del Regolamento, si evidenzia che il presente riscontro al quesito posto dal Comune non può incidere in alcun modo su eventuali decisioni del giudice penale intervenute su casi specifici, riconducibili al quesito, potendo l'interpello in materia ambientale riscontrare esclusivamente istanze di "ordine generale" sull'applicazione della normativa.
La presente risposta non può, inoltre, essere richiamata per derogare - nella sostanza - alla normativa in materia di rifiuti.
A tal proposito vale richiamare l'art. 239, comma 2, D.Lgs. n. 152 del 2006, ai sensi del quale "2. Ferma restando la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) all'abbandono dei rifiuti disciplinati dalla parte quarta del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo".
Sull'autonomia tra i due ambiti normativi il Consiglio di Stato (Sez. IV, 1° giugno 2021, n. 4200) ha chiarito che "Le ordinanze emanate ai sensi dell'art. 242 cit. presuppongono una situazione di fatto specifica. poiché sono previste dal titolo V della parte IV del dlv 152\06, che ai sensi della norma introduttiva, ovvero dell'art. 239 d.lgs. 152/2006 disciplina "gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei .siti contaminati" e per espressa previsione del successivo comma 2 lettera a) dello stesso articolo non si applica "all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto", fattispecie in cui si interviene invece con le ordinanze comunali di cui all'art. 192 del decreto medesimo".
In ragione del quadro normativa e giurisprudenziale sopra richiamato, con riferimento al quesito posto, si ritiene che il DM n. 46 del 2019 sia applicabile - per espressa previsione normativa - anche all'atto di individuazione di "contaminazioni storiche" a condizione che sia accertato il superamento dei valori di attenzione, fermo restando, ove ne ricorrano i presupposti in fatto ed in diritto, quanto previsto dall'alt. 192, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006, che esula dal campo di applicazione della normativa sulla bonifica dei siti contaminati (Titolo V, Parte IV).
Quanto sopra trova conferma negli allegati alla Parte Quarta, Titolo Quinto del d.lgs. n. I 52/2006, nelle parti in cui prevedono le procedure di caratterizzazione dei rifiuti, anche interrati, e individuano tra le misure di messa in sicurezza d'emergenza anche la rimozione dei rifiuti qualora costituenti fonti di contaminazione (cfr. allegati 2 e 3).
Esulano, conseguentemente, dalla presente risposta anche le modalità esecutive di eventuali ordinanze sindacali di rimozione dei rifiuti adottate ai sensi del citato art. 192 del d.lgs. n. 152/2006.
Chiariti i limiti applicativi del Regolamento sulle aree agricole in rapporto alla normativa sui rifiuti, l'ipotesi di terre e rocce da scavo (v. l'art. 186, D.lgs. n. 152/2006, il D.M. n. 161/2012 e il vigente DPR n. 120/2017) utilizzate, secondo quanto prospettato dal Comune, in aree deputate all'esercizio dell'attività agricola, in violazione della normativa di settore, non rientra nella disciplina dei materiali di riporto, definiti dall'art. 3, comma 1, d.l. n. 2/2012, come una "miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito, e utilizzate per la realizzazione di riempimenti, di rilevati e di reinterri".
Premesso che, in ragione della finalità dell'interpello in materia ambientale e comunque della formulazione del quesito, non è possibile verificare la sussistenza delle condizioni di legge, in ogni caso nella fattispecie in esame difetta il criterio della c.d. storicità.
La giurisprudenza (TAR Lombardia, 29 agosto 2016, n. 1161) ha chiarito, a tal proposito, che il D.L. n. 69/2013 (cd. "Fare") che esclude - a determinate condizioni - i materiali da riporto dalla disciplina in materia di rifiuti - si applica solo ai materiali allocati prima del 16 dicembre 1982.
A causa dei numerosi dubbi che il D.L. 69/2013 ha lasciato agli interpreti, il Ministero dell'Ambiente ha, infatti, chiarito - attraverso la nota 13338/2014 - che le nuove regole si applicano solo ai riporti allocati antecedentemente all'entrata in vigore del Dpr 915/1982, primo provvedimento nazionale di disciplina organica dei rifiuti.
Sicché, le pratiche di livellamento con materiale terroso poste in essere nell'arco temporale compreso tra il 2006 (entrata in vigore del vigente TUA) e il marzo 2019 entrata in vigore del Regolamento ex art. 241 TUA) non sono riconducibili alla normativa sui riporti.