Bonifiche e analisi di rischio: la definizione di sito è al centro di un interpello ambientale che il comune di Jesi ha rivolto al ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica.
In particolare, il caso posto in esame dall'amministrazione comunale riguarda una procedura di bonifica avente ad oggetto l’area di un punto vendita carburanti dismesso; in particolare, è stato chiesto se la definizione debba applicarsi:
- all’area o porzione di territorio che ha subito la contaminazione;
-
all’area o porzione di territorio intesa nelle diverse matrici ambientali.
Il Comune ha chiesto, inoltre, chiarimenti in merito al posizionamento dei punti di conformità (POC) nel caso in esame.
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Di seguito il testo dell'interpello del Comune di Jesi e del successivo parere del Mase.
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Interpello ambientale del Comune di Jesi 19 gennaio 2023, n. 7455
Oggetto: Interpello ex art. 3 septies del D.Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii. - Richiesta parere in merito alla corretta interpretazione definizione di “sito” ai fini della elaborazione dell’analisi di rischio e della definizione degli obiettivi di bonifica.
In riferimento a quanto in oggetto vorremmo sottoporre alla Vostra attenzione una questione che è emersa nel corso di un procedura di bonifica di cui il nostro Comune ha la responsabilità del procedimento.
La caratterizzazione dell’area di un ex punto vendita carburanti (ora dismesso) ha evidenziato una contaminazione estesa anche al di fuori del confine di proprietà per la matrice suolo- sottosuolo, coinvolgendo un’area di proprietà privata che attualmente ha destinazione residenziale e non risulta essere mai stata interessata dalle attività del punto vendita carburanti.
La contaminazione fuori dell’area di pertinenza dell’ex PV sembrerebbe essere riconducibile al carico centralizzato dello stesso, posto proprio a ridosso della recinzione a confine con l’area privata suddetta.
A tal proposito, si richiamano le seguenti definizioni:
- “sito” di cui alla lett. a) del comma 1 dell’art. 240 del D. Lgs. n. 152/2006 che recita: “l’area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, materiali di riporto, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti;”.
- “punto vendita carburanti” di cui alla lett. b) del comma 2 dell’art. 2 del D.M. 31/2015 che recita: “la porzione di territorio di limitata estensione, non superiore a 5000 m2, interessata dal sedime o dalle pertinenze di un impianto di distribuzione carburanti, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti, anche destinate alla commercializzazione di altri prodotti e agli interventi di ordinaria e minuta manutenzione e riparazione dei veicoli a motore, assentiti nel rispetto delle disposizioni vigenti.”.
In particolare, per il caso di specie, si chiede come interpretare la definizione di sito, anche in riferimento alla suddetta definizione di punto vendita carburanti, e se quindi la stessa sia da intendersi come:
- l’area o porzione di territorio che ha subito la contaminazione, prescindendo dai confini catastali, dalla presenza di eventuali ulteriori proprietari privati incolpevoli e dalla presenza o meno sulle aree di strutture edilizie e impiantistiche legate all’attività che ha determinato la contaminazione;
oppure come
- l’area o porzione di territorio intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo e sottosuolo) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti, secondo l’interpretazione pedissequa della suddetta lett. a) comma 1 dell’art. 240, che parrebbe far riferimento ad una localizzazione puntuale delle strutture edilizie e impiantistiche legate all’attività e di conseguenza anche al gestore dell’attività che ha causato la contaminazione.
Si ritiene che tale chiarimento in merito all’interpretazione da dare alla definizione di sito sia necessario anche per definire il proseguo dell’iter procedurale e capire se sull’area esterna di proprietà di terzi privati sia corretto applicare l’Adr al fine di determinare le CSR e verificare quindi che il sito (a questo punto esteso oltre il perimetro di proprietà) sia o meno contaminato o vadano invece applicate le CSC.
A riguardo, si fa presente che i tecnici incaricati dalla Ditta hanno elaborato un’analisi di rischio sull’intera area dove è stata riscontrata la contaminazione (quindi sia sul sito di proprietà che sull’area privata).
Nel primo dei suddetti casi (elaborazione AdR e individuazione CSR), una volta definita la contaminazione dell’area, i target di bonifica dei terreni, sia per l’area di proprietà che per l’area esterna al confine, saranno proprio le CSR.
E’ chiaro che questa impostazione, che prevede il rispetto delle CSR anche nelle aree al di fuori del sito di competenza del gestore dell’attività che ha causato la contaminazione, comporta come conseguenza una limitazione all’utilizzo dell’adiacente area del privato incolpevole, in relazione a futuri possibili interventi edili, (movimento terra, etc...) con necessità di eventuale rielaborazione dell’analisi di rischio e conseguente potenziale necessità di modifica degli obiettivi di bonifica per sopraggiunte esigenze, ma con costi che difficilmente saranno sopportati dal responsabile della contaminazione.
In tal senso, sembrerebbe che tale soluzione non sia conciliabile con il principio di “chi inquina paga”, ritenendo quindi più corretta l’applicazione al di fuori del sito riconducibile al sedime del PV delle CSC quale obiettivo di bonifica per la matrice terreno.
Infine, per completezza di informazioni, si coglie l'occasione per chiedere chiarimenti in merito al relativo posizionamento dei POC, nella casistica sopra esposta.
L'Allegato 1 alla Parte Quarta Titolo V del D.Lgs. n. 152/2066 e ss.mm.ii. prevede che il POC "... deve essere di norma fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica".
Nel caso in cui nella matrice suolo-sottosuolo vengano superate le CSC e venga riscontrata nel sito la presenza di acque sotterranee, all'interno dell'analisi di rischio si valuta l'attivazione del percorso di lisciviazione e trasporto in falda. Per confutare qualsiasi dubbio quindi sarebbe utile capire dove andrebbe posizionato il/i POC, nel caso in cui si debba prevedere l'analisi di rischio anche nelle porzioni esterne all'area in cui si debba prevedere l'analisi di rischio anche nelle porzioni esterne all'area in cui viene svolta l'attività.
A rigor di logica non sembrerebbe essere accettabile posizionare un POC entro i confini catastali del solo sito (inteso come confine dell'area dove viene svolta l'attività), se la contaminazione del terreno sia uscita dal sito e quindi se anche il terreno della particella catastale limitrofa mostri superamenti delle CSC, a meno che non si imponga il rispetto delle CSC nel terreno per la porzione "esterna".
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Parere del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica 19 aprile 2023, n. 63080
Oggetto: interpello ex art. 3-septies del d.lgs. 152/2006 – «richiesta parere in merito alla corretta interpretazione definizione di “sito” ai fini della elaborazione dell’analisi di rischio e della definizione degli obiettivi di bonifica». nota acquisita al protocollo del ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica al n. 6455 del 19.1.2023.
Con nota acquisita al prot. n. 7455 del 19.1.2023 - di pari oggetto - il Comune di Jesi, Area Urbanistica, Edilizia, Ambiente e Sviluppo Economico ha posto un interpello ai sensi dell’art. 3- septies del d.lgs. n. 152/2006 al fine di ottenere un chiarimento interpretativo in merito alla definizione di “sito” ai fini della normativa sulla bonifica dei siti contaminati. In particolare, con specifico riferimento ad una procedura di bonifica avente ad oggetto l’area di un punto vendita carburanti dismesso, è stato chiesto se la definizione di “sito” sia da intendersi come
«- l’area o porzione di territorio che ha subito la contaminazione, prescindendo dai confini catastali, dalla presenza di eventuali ulteriori proprietari privati incolpevoli e dalla presenza o meno sulle aree di strutture edilizie e impiantistiche legate all’attività che ha determinato la contaminazione;
oppure come
- l’area o porzione di territorio intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo e sottosuolo) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti, secondo l’interpretazione
pedissequa della suddetta lett. a) comma 1 dell’art. 240, che parrebbe far riferimento ad una localizzazione puntuale delle strutture edilizie e impiantistiche legate».
Il Comune ha chiesto, inoltre, chiarimenti in merito al posizionamento dei POC nella casistica sopra esposta. Alla luce dell’allegato 1 alla Parte Quarta, Titolo Quinto del d.lgs. n. 152/2006, che prevede che il POC «deve essere di norma fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica», l’Ente ha chiesto «dove andrebbe posizionato il/i POC, nel caso in cui si debba prevedere l'analisi di rischio anche nelle porzioni esterne all'area in cui viene svolta l'attività».
Analisi normativa e risposta al quesito
Il d.m. n. 31/2015 (recante “Regolamento recante criteri semplificati per la caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica dei punti vendita carburanti, ai sensi dell'articolo 252, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” – di seguito anche solo “Decreto”) all’art. 1 così delimita il proprio ambito applicativo: «il decreto individua criteri semplificati per la caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica dei suoli e delle acque sotterranee per le aree di sedime o di pertinenza dei punti vendita carburanti (di seguito denominati PV)».
Ai sensi dell’art. 5, comma 1, lettera b), il Decreto si applica anche alla dismissione di punti vendita di carburanti.
All’art. 2, comma 2, lettera b), il Decreto definisce il “punto vendita carburanti” come «la porzione di territorio di limitata estensione, non superiore a 5000 m2, interessata dal sedime o dalle pertinenze di un impianto di distribuzione carburanti, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti, anche destinate alla commercializzazione di altri prodotti e agli interventi di ordinaria e minuta manutenzione e riparazione dei veicoli a motore, assentiti nel rispetto delle disposizioni vigenti».
L’ambito oggettivo di applicazione del d.m. n. 31/2015 è pertanto circoscritto alle porzioni di territorio – intese nelle matrici ambientali suolo, sottosuolo e acque sotterranee - che abbiano determinate caratteristiche dimensionali (estensione non superiore a 5000 m2) e produttive (interessate dal sedime o dalle pertinenze di un impianto di distribuzione carburanti). La presenza di strutture edilizie e impiantistiche è considerata dalla norma come meramente “eventuale”.
Deve, quindi, ritenersi che la procedura disciplinata dal d.m. n. 31/2015 sia applicabile solo alle aree di sedime o di pertinenza dei punti vendita carburanti (come definiti dal Decreto).
Le disposizioni del d.m. n. 31/2015 non si applicano invece alle aree esterne a quelle sopra individuate, fatta salva l’ipotesi in cui esse siano espressamente richiamate dal Decreto (cfr., ad esempio, l’art. 2, comma 1, lettera c) e dall’allegato 2, Sezione 1 “Definizione della sorgente di contaminazione”).
Le aree che non ricadono nell’ambito applicativo del d.m. n. 31/2015 sono, in ogni caso, soggette alla normativa posta dal d.lgs. n. 152/2006 (art. 242 e ss.) o alle ulteriori disposizioni eventualmente applicabili.
La delimitazione dell’ambito oggettivo di applicazione del Decreto come sopra esposta si pone in linea con la ratio della normativa, che va individuata nell’esigenza di dettare una disciplina specifica in ragione della particolare natura degli inquinanti riconducibili all’attività di distribuzione carburanti e della compatibilità dei punti vendita carburanti con qualsiasi destinazione urbanistica.
Tra le due ipotesi di definizione di “sito” riportate dal Comune di Jesi nel proprio interpello, pare quindi più vicina alla definizione normativa quella riportata sub lettera a), con le seguenti precisazioni.
Considerata l’assenza nel d.m. n. 31/2015 di specifiche previsioni in merito, deve escludersi che i “confini catastali” siano dirimenti ai fini dell’individuazione dell’ambito applicativo del Decreto, ciò non esclude peraltro l’incidenza dei profili catastali ai fini della delimitazione dell’area ricadente – in applicazione delle norme citate - nell’ambito applicativo del Decreto.
Come premesso, la presenza di strutture edilizie e impiantistiche è considerata dal d.m. n. 31/2015 come meramente “eventuale”.
Relativamente alla presenza di eventuali proprietari non responsabili della contaminazione, si precisa che la normativa posta dal d.m. n. 31/2015 non innova, né deroga o modifica il regime di responsabilità previsto dal d.lgs. n. 152/2006, come chiarito nella relazione illustrativa allo schema di decreto e condiviso dal Consiglio di Stato nel citato parere n. 3054/2014. Anche per tali aree trova quindi applicazione il principio “chi inquina paga” e le disposizioni del d.lgs. n. 152/2006 (comunque richiamate dall’art. 5, comma 1, del d.m. n. 31/2015) che ne costituiscono attuazione.
Il Comune evidenzia la rilevanza del quesito posto anche «per definire il proseguo dell’iter procedurale e capire se sull’area esterna di proprietà di terzi privati sia corretto applicare l’Adr al fine di determinare le CSR e verificare quindi che il sito (a questo punto esteso oltre il perimetro di proprietà) sia o meno contaminato o vadano invece applicate le CSC». Considerando la soluzione che prevede il rispetto della CSR non conciliabile con il principio di “chi inquina paga”, il Comune ritiene più corretta l’applicazione al di fuori del sito riconducibile al sedime del PV delle CSC quale obiettivo di bonifica per la matrice terreno.
A tal proposito, si fa rilevare che le norme del Titolo Quinto della Parte Quarta del d.lgs. n. 152/2006 prevedono dei valori di attenzione (Concentrazioni Soglia di Contaminazione - CSC) il cui superamento non determina l'automatica qualificazione giuridica di contaminazione del sito, ma obbliga unicamente alla caratterizzazione e all'analisi di rischio sito specifica. Solo quest’ultima consente di determinare le Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR), il cui superamento comporta lo stato di sito contaminato, con conseguente obbligo di bonifica.
In ogni caso, i criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio, allo stato definiti all’allegato 1 della Parte Quarta, Titolo Quinto del d.lgs. n. 152/2006, consentono all’amministrazione competente di definire le Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR) modulando i valori in base alle caratteristiche sito-specifiche del sito. In tale ambito, la determinazione dei valori potrà essere calata in vari “scenari”, tra i quali potrà essere valorizzato quello più cautelativo.
A titolo esemplificativo, si richiama la modulistica adottata dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica in attuazione dell’art. 252, comma 9-quater, del d.lgs. n. 152/2006 per l’approvazione dell’analisi di rischio nei siti di bonifica di interesse nazionale (decreto del Direttore Generale della ex Direzione Generale per il Risanamento Ambientale prot. n. 269 del 22.12.2021 consultabile al link https://bonifichesiticontaminati.mite.gov.it/spazio-per-il-proponente/moduli-per-istanze/).
Si evidenzia che l’attivazione di interventi di bonifica con obiettivi di riduzione della contaminazione a livelli uguali o inferiori ai valori di CSC rientra nelle facoltà del proponente, sia qualora attivi la procedura “ordinaria” di cui all’art. 242 del d.lgs. n. 152/2006 (la facoltà è espressamente prevista dall’allegato 3 alla Parte Quarta, Titolo Quinto del d.lgs. n. 152/2006: «La bonifica di un sito inquinato è finalizzata ad eliminare l'inquinamento delle matrici ambientali o a ricondurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti in suolo, sottosuolo, acque sotterranee e superficiali, entro i valori soglia di contaminazione (CSC) stabiliti per la destinazione d'uso prevista o ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) definiti in base ad una metodologia di Analisi di Rischio condotta per il sito specifico sulla base dei criteri indicati nell'Allegato I»), sia qualora – ricorrendone le condizioni – decida di avvalersi della procedura semplificata di cui all’art. 242-bis del d.lgs. n. 152/2006.
Con riferimento al secondo quesito posto dal Comune, relativo al posizionamento del POC nel caso in cui si debba prevedere l'analisi di rischio anche nelle porzioni esterne, si precisa quanto segue.
Considerato che la procedura disciplinata dal d.m. n. 31/2015 deve ritenersi applicabile solo alle aree di sedime o di pertinenza dei punti vendita carburanti (come definiti dal Decreto), l’attivazione della procedura di cui al d.m. n. 31/2015 può condurre al calcolo del rischio e degli obiettivi di bonifica sito-specifici solo per le aree interne al sito così individuato, ferme restando le disposizioni del d.m. n. 31/2015 che contemplano le aree esterne (si veda, in particolare, la sezione 2.1. dell’allegato 1 al Decreto, laddove precisa che «Il monitoraggio dell'acqua di falda dovrà essere condotto sia in corrispondenza del punto di conformità individuato, e nel caso in cui risulti necessario anche in altri punti di prelievo reale ubicati all'esterno della sorgente di contaminazione lungo la direzione di deflusso della falda ed accessibili agli Enti di Controllo. Presso tali punti di prelievo sarà effettuato il riscontro della conformità delle acque sotterranee sia in fase di bonifica e di collaudo, sia in ulteriori campagne di monitoraggio stabilite dall'Ente di Controllo»).
Qualora sulle aree esterne alle aree di sedime o di pertinenza dei punti vendita carburanti siano attivate le procedure ai sensi della Parte Quarta, Titolo Quinto del d.lgs. n. 152/2006 troverà applicazione l’allegato 1 alla Parte Quarta, Titolo Quinto del suddetto Decreto, che prevede che “di norma” il punto di conformità sia fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica, che in tal caso andrà individuato nell’area “esterna” oggetto di intervento.
Si precisa che le considerazioni svolte sono limitate alle competenze della scrivente Direzione Generale.