Bonifiche senza previa valutazione: al via il nuovo regolamento

Il decreto del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica 26 gennaio 2023, n. 45 attua la previsione di cui all’art. 242-ter, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006, definendo, al contempo, i criteri e le procedure per effettuare comunque l’analisi, laddove prevista. Individuate cinque tipologie di attività. Ulteriori approfondimenti sui prossimi numeri di Ambiente&Sicurezza

Bonifiche senza previa valutazione: al via il nuovo regolamento.

In particolare, sulla Gazzetta Ufficiale del 26 aprile 2023, n. 97, è stato pubblicato il decreto del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica 26 gennaio 2023, n. 45, «Regolamento disciplinante le categorie di interventi che non necessitano della valutazione di cui all'articolo 242-ter, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché i criteri e le procedure per la predetta valutazione e le modalità di controllo». Con questo provvedimento il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha attuato la previsione di cui all’art. 242-ter, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006, quanto alla previsione delle tipologie di opere, da realizzarsi all’interno di siti oggetto di bonifica, Sin e non, senza necessità della previa valutazione da parte dell’autorità competente (rispettivamente Mase nel caso dei Sin, Regioni in tutti gli altri casi) con definizione, altresì, dei criteri e delle procedure per effettuare la valutazione medesima, laddove prevista.

 

Le esenzioni

Al riguardo, un primo distinguo risulta introdotto dall’art. 1, comma 2, a tenore del quale gli interventi e le opere, compresi gli impianti e le attrezzature, necessari all'attuazione del progetto di bonifica e di messa in sicurezza operativa o permanente, nonché i pozzi di emungimento per le finalità di cui alla parte quarta, titolo V, D.Lgs. n. 152/2006 (ovvero bonifica delle acque sotterranee) riconducibili all’atto di assenso (autorizzazione) ai sensi dell'art. 252, comma 6, D.Lgs. medesimo, non sono soggetti alle disposizioni del nuovo regolamento.

 

La classificazione

L’art. 2 del decreto reca la classificazione degli interventi e delle opere, proponendo la seguente casistica di interventi/opere, quali:

  1. gli interventi e le opere che per loro natura possono essere realizzati liberamente senza alcun titolo abilitativo, disciplinati dall'art, 4 del decreto;
  2. gli interventi e le opere che possono essere realizzati mediante relazione tecnica asseverata, disciplinati dal successivo art. 5;
  3. gli interventi e le opere che possono essere realizzati, in presenza di attività di messa in sicurezza operativa del sito, mediante comunicazione, disciplinati dall'art. 6;
  4. gli interventi e opere che possono essere realizzati mediante relazione tecnica asseverata, previa acquisizione del quadro ambientale secondo le modalità di cui all'art. 7, e che rispettano i requisiti tecnico-costruttivi e ambientali di cui all'allegato al nuovo regolamento;
  5. infine, gli interventi e le opere soggetti a valutazione delle interferenze, disciplinati dalle disposizioni del Capo III, artt. 8 e seguenti.
Bonifiche senza previa valutazione
Prima categoria

La prima categoria è quella delle attività libere (art. 4), sottratte alla previa valutazione da parte dell’autorità competente, quali:

a) gli interventi e le opere che non interferiscono con le matrici ambientali come, a titolo esemplificativo, «quelli che non comportano scavi, perforazioni, movimentazioni e asportazioni di suoli, e non comportano ulteriore occupazione permanente di suolo»;

b) gli interventi di urgenza, diversi da quelli previsti dalle lettere a) e c);

c) gli interventi di dismissione ovvero di demolizione anche in presenza di scavi.

Si tratta di una categoria evidentemente molto ampia, che spazia da qualsiasi attività di monitoraggio e manutenzione che non si svolga sotto il piano di campagna, alle demolizioni o dismissioni di impianti (anche in presenza di scavi), fino a qualsiasi intervento motivato da ragioni di urgenza. Si consideri, riguardo quest’ultimo aspetto, la notevole ampiezza della definizione di “urgenza” ricavabile dalla definizione all’uopo contenuta all’art. 3, comma 1, lettera h), D.M. in oggetto, allorché debbono intendersi per interventi di urgenza gli «interventi necessari per ovviare a eventi imprevedibili la cui mancata esecuzione determinerebbe situazioni di grave pregiudizio alla salute pubblica e/o all'ambiente». La definizione, sganciata da un espresso richiamo a un concetto di sicurezza dei lavoratori che operano in situ, risulta centrata sul concetto ampio del “grave pregiudizio”, sia ambientale che per la salute pubblica. Per questo motivo il legislatore ha, allora, verosimilmente introdotto il comma 3 del menzionato art. 2 dove, cercando di sanare il vulnus lasciato parzialmente aperto richiede che «in fase di esecuzione degli interventi di cui al comma 1 – devono essere – (…) adottate tutte le cautele per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell'area nel rispetto del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81». È prevedibile una dialettica documentale che potrà rilevarsi talvolta serrata ed esposta a valutazioni differenti a seconda dell’angolo visuale, con possibili conseguenti difficoltà operative.

Da un punto di vista abilitativo, considerato che trattasi di attività libere, il legislatore ha, comunque, richiesto – nel solo caso degli interventi per motivi di urgenza – agli interessati una comunicazione da inviare a Provincia e Arpa entro il termine di 10 giorni dalla conclusione degli interventi, con contestuale descrizione dei motivi di urgenza alla stregua della definizione rammentata, nonché con indicazione delle matrici ambientali coinvolte e gli interventi eseguiti.

 

Seconda categoria

La seconda categoria è quella degli «Interventi e opere che possono essere realizzati mediante relazione tecnica asseverata» (art. 5) ai sensi dell’art. 19, legge n. 241/1990. In casi siffatti potranno essere realizzati mediante relazione tecnica asseverata: a) gli interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche e all'adeguamento degli immobili per le esigenze dei disabili, in quanto volti alla tutela ed alla promozione del valore costituzionale della persona umana; b) gli interventi su opere e infrastrutture esistenti, anche in presenza di scavi, a condizione che non comportino ulteriore occupazione di suolo e sottosuolo, compresi gli interventi di miglioramento e/o adeguamento sismico degli edifici esistenti; c) fatto salvo quanto previsto dalla lettera b), gli allacci e gli interventi di manutenzione delle reti anche con occupazione di nuovo suolo per l'esercizio di pubblici servizi quali, a titolo esemplificativo, le reti fognaria, idrica, elettrica, telefonica e rete dati, illuminazione pubblica e gas metano, a condizione che tali opere comportino una limitata movimentazione di terreno comunque non superiore a 40 m3, la profondità dello scavo di progetto non sia superiore a 2 metri dal piano di campagna e non sia interessata la porzione satura dell'acquifero; d) le recinzioni e i pergolati con fondazioni superficiali a condizione che la profondità dello scavo di progetto non sia superiore a 1 metro dal piano di campagna e non sia interessata la porzione satura dell'acquifero; e) gli interventi di pulizia e manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua per la prevenzione del rischio idrogeologico; f) gli interventi e le opere che non interferiscono con le acque sotterranee, a condizione che:

  • sia stato accertato, nel rispetto delle procedure previste dalla parte quarta, titolo V, del D.Lgs. n. 152/2006, il non superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (Csc) dei suoli, ovvero il non superamento delle concentrazioni soglia di rischio (Csr) dei suoli approvate ai sensi dell'art. 242, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006;
  • l'intervento da realizzare, per le sue caratteristiche, non modifichi il modello concettuale definitivo approvato.

 

Per quanto concerne l’aspetto tecnico della “asseverazione” la normativa si limita a richiedere che «la tipologia di interventi e opere (…) e il rispetto delle relative condizioni, ove previste, sono asseverati da un tecnico abilitato mediante relazione» senza aggiungere alcunché in merito alla tipologia di abilitazione richiesta (né al contenuto minimo della relazione). Il comma 3 del menzionato art. 5 si limita, peraltro, a richiedere che detta relazione venga trasmessa all'“Autorità procedente” [definita ex art. 2, comma 1, lettera b): «amministrazione deputata per legge al rilascio dell'autorizzazione per la realizzazione degli interventi e delle opere, ovvero titolare del procedimento per la formazione del titolo abilitativo») nonché alla Provincia, all'Arpa e all'Asl territorialmente competenti, informando anche il ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica e le Regioni interessate.

Anche per questa categoria è richiesto, qualora dovessero sorgere dubbi in tal senso, che in fase di esecuzione debbano essere adottate tutte le cautele per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell'area nel rispetto del D.Lgs. n. 81/2008.

 

Terza categoria

La terza categoria di opere è quella degli «Interventi e opere in presenza di attività di messa in sicurezza operativa del sito» (art. 6). Si tratta, in particolare degli interventi o opere di Miso di cui all’art. 242, comma 9, terzo periodo (manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche non pregiudizievoli delle attività di bonifica), e art. 242-ter, comma 4, lettera b), D.lgs. n. 152/2006, per le quali il proponente dovrà darne comunicazione, almeno 15 giorni prima dell'avvio dei lavori, all'Arpa territorialmente competente, dandone notizia anche al ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Il meccanismo è quello del silenzio-assenso in base al quale, qualora l’Arpa non obietti entro 15 giorni dalla comunicazione che gli interventi e le opere pregiudichino le attività di messa in sicurezza operativa del sito (con conseguente divieto di avvio dei lavori ovvero avvio con prescrizioni), gli interventi e le opere si intenderanno assentiti.

 

Quarta categoria

Segue la categoria degli «Interventi e opere che possono essere realizzati mediante relazione tecnica asseverata, previa acquisizione del quadro ambientale» prevista dall’art. 7 del decreto, realizzabili sempre mediante relazione tecnica asseverata, redatta da un tecnico abilitato, ai sensi dell'art. 19, legge n. 241/1990, qualora vengano rispettati i requisiti tecnico-costruttivi e ambientali di cui all'allegato al decreto in oggetto e previa acquisizione del quadro ambientale secondo quanto previsto dal medesimo art. 7, comma 2. Il menzionato allegato distingue tra «requisiti tecnico costruttivi» e «requisiti ambientali», nel primo caso indicando:

1) gli interventi/opere che necessitano di uno scavo di progetto di profondità non superiore a 1,5 m dal piano di campagna, salvo eccezioni espressamente indicate, e purché gli scavi non interessino la porzione satura dell'acquifero;

2) gli interventi/opere con area di intervento non superiore al 15% della parte del lotto (intero sito) non occupata da strutture e infrastrutture edilizie permanenti e comunque non superiori a 2500 m², anche in questo caso salvo eccezioni (opere lineari ex art. 242-ter, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006; impianti fotovoltaici sino a 10 MW nonché alle opere connesse; unità sperimentali per la produzione di idrogeno in aree industriali dismesse).

Per quanto riguarda i “Requisiti ambientali” è richiesto, altresì, che le indagini necessarie a verificare i requisiti ambientali, eseguite prima della realizzazione degli interventi/opere, siano sufficientemente rappresentative dell'estensione dell'area di intervento, con indicazione in apposita tabella dei requisiti ambientali il cui rispetto, unitamente al rispetto dei requisiti tecnico-costruttivi, consentirà di qualificare gli interventi/opere come non soggetti a valutazione delle interferenze ex art. 2, comma 1, lettera d), D.M. in oggetto.

Da un punto di vista di sicurezza è richiesto, per questa categoria di interventi/opere, che in caso di presenza di sostanze volatili nei terreni in concentrazione superiore alla concentrazione soglia di contaminazione in relazione alla destinazione d'uso (Csc), dovranno essere previste, in fase progettuale/esecutiva, le necessarie misure di mitigazione volte a tutelare i lavoratori e fruitori dell'area, ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008.

Di indubbio interesse è, infine, la previsione secondo la quale i requisiti ambientali non potranno ritenersi rispettati nel caso in cui le indagini condotte rilevino, a qualsiasi profondità, la presenza di rifiuti (ipotesi, purtroppo, più frequente di ciò che ci si potrebbe aspettare).

 

Quinta categoria

L’ultima categoria di opere è quella, ex art. 8, degli «Interventi soggetti a valutazione delle interferenze», da valutare, secondo i criteri di cui all’art. 10 del decreto, ai sensi dell’art. 242-ter, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, e art. 25, comma 1, lettera b), D.P.R. n. 120/2017 (attività di scavo da effettuare senza creare pregiudizio agli interventi e alle opere di prevenzione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino necessarie ai sensi del Titolo V, della Parte IV, e della Parte VI, D.lgs. n. 152/2006). Al riguardo la competenza ad esprimersi su questa valutazione risulta allocata in capo al ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, nell'ambito dei procedimenti di approvazione e autorizzazione degli interventi e, ove prevista, nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale. Previste differenti modalità di acquisizione degli elementi conoscitivi delle matrici ambientali del sito e dell'area di intervento, a seconda che si tratti di tipologie di interventi e opere previste dall'art. 242-ter, comma 1 [da acquisire secondo le modalità di cui al sopra menzionato art. 7, comma 2, lettere a) e b), D.M. in oggetto], ovvero di interventi e opere da realizzare nei siti già caratterizzati (attraverso i risultati dell'analisi di rischio sito specifica, approvati ai sensi dell'art. 252, comma 4, D.Lgs. citato). Al di fuori dei casi delle menzionate ipotesi il proponente dovrà presentare un’istanza, corredata della necessaria documentazione tecnica, al ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, con procedimento da concludersi entro il termine di 60 giorni.

Un futuro regolamento, da adottarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore della nuova disciplina, dovrà indicare i modelli delle istanze per l'avvio dei procedimenti in questione e i contenuti minimi della documentazione tecnica da allegare (art. 9). Provincia e ARPA eserciteranno i controlli del caso.

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