Combustibile derivante da rifiuto: un interpello ambientale

La Regione Lazio si è rivolta al Mase per avere chiarimenti relativamente classificazione del combustibile derivante da rifiuto/combustibile solido secondario decadente dalle attività intermedie di trattamento dei rifiuti urbani non differenziati e destinato a recupero energetico

Combustibile derivante da rifiuto: un interpello ambientale è stato rivolto dalla Regione Lazio al ministero dell'Ambiente.

In particolare, l'amministrazione regionale ha chiesto se «il Combustibile Derivante da Rifiuto (EER 19 12 10) ovvero il CSS-rifiuto, ... decadente dalle attività di trattamento intermedie (TM/TMB/TBM) dei rifiuti urbani non differenziati (EER 20 03 01) ovvero solo di alcune di tali attività di trattamento intermedie (ad esempio esclusivamente laddove venga effettuato anche il trattamento biologico e dunque escludendo i TM), possa classificarsi come rifiuto speciale e non urbano, in quanto sostanzialmente diverso dal RSU in ingresso agli impianti di trattamento intermedio, potendo dunque essere considerato ai fini del suo trattamento successivo (ad esempio in impianti di termovalorizzazione) come rifiuto speciale e non urbano».

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Di seguito i testi dell'interpello e del parere del Mase.

Combustibile derivante da rifiuto

Interpello ambientale della Regione Lazio 3 luglio 2024, n. 12330

Oggetto: Istanza di interpello ex art. 3-septies D.Lgs. n.152/2006 in merito alla corretta classificazione del combustibile derivante da rifiuto/combustibile solido secondario (CSS, codice EER 19 12 10) decadente dalle attività intermedie di trattamento (TM/TMB/TBM) dei rifiuti urbani non differenziati (EER 20 03 01) e destinato a recupero energetico.

Visto l’art. 3-septies D.Lgs. n.152/2006 e ss.mm.ii. che ha introdotto la facoltà da parte dei Soggetti e/o Enti legittimati ad inviare a Codesto Ministero istanze di chiarimento di ordine generale sulla applicazione della normativa statale in materia ambientale, con la presente la scrivente Direzione regionale e il sottoscritto dott. Vito Consoli, in qualità di Legale Rappresentante delegato dell’Ente (si allega apposita delega del Presidente della Regione Lazio prot. n. 847367 del 01/07/2024), intende porre all’attenzione di codesto Ministero un interpello relativo alla corretta classificazione dei rifiuti decadenti dalle operazioni di trattamento intermedie (TM, TMB o TBM) dei rifiuti urbani non differenziati EER 200301, identificabili e classificabili ad esito con il codice EER 19 12 10 che individua i rifiuti combustibili (CDR: Combustibile derivato da rifiuti) / CSS rifiuto.

In particolare, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale e di precedenti interpelli pubblicati da Codesto Ministero, la scrivente Amministrazione regionale ritiene dirimente chiarire se i principi e le conclusioni a cui si è giunti per la corretta qualificazione dei rifiuti di cui al EER 19 12 12 decadenti dalle attività di trattamento intermedio di rifiuti ab origine urbani siano, per analogia, applicabili anche al CSS codice EER 191210 prodotto da rifiuti urbani non differenziati di cui al EER 20 03 01, ovvero se il CSS debba essere gestito alla stregua dei rifiuti urbani oppure dei rifiuti speciali.

Al fine di inquadrare più nel dettaglio la situazione de qua e per una maggiore chiarezza nella stesura del quesito, si ritiene necessario premettere quanto segue.

Come è noto, secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza CGUE, sez. VIII, causa C 315-20, 11.11.2021 – Regione Veneto c. P.E. s.r.l.) la completa trasformazione dei rifiuti da urbani a speciali non avviene in presenza di un qualunque trattamento, bensì soltanto nel caso in cui vengano sostanzialmente alterate le proprietà iniziali dei rifiuti. La motivazione della Corte fa leva sul considerando 33 della direttiva 2008/98/CE secondo il quale «ai fini dell’applicazione del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti, i rifiuti urbani non differenziati di cui all’articolo 3, paragrafo 5 dello stesso rimangono rifiuti urbani non differenziati anche quando sono stati oggetto di un’operazione di trattamento dei rifiuti che non ne abbia sostanzialmente alterato le proprietà». Osserva, inoltre, la Corte che i considerando, sebbene privi di natura vincolante e per quanto non possano essere fatti valere né per derogare alle disposizioni stesse dell’atto in questione, né per interpretare tali disposizioni in senso contrario al loro tenore letterale, sono idonei a precisare le disposizioni dell’atto medesimo, permettendo in tal senso di chiarire la volontà del legislatore. È dunque alla luce del considerando 33 che la Corte analizza l’articolo 3, paragrafo 5 e l’articolo 11, paragrafo 1, lettera i) del Regolamento n. 1013/2006, per affermare, in conclusione che, «l’articolo 3, paragrafo 5, e l’articolo 11, paragrafo 1, lettera i), del regolamento n. 1013/2006, interpretati alla luce del considerando 33 della direttiva 2008/98, implicano che rifiuti urbani non differenziati che siano stati classificati alla voce 191212 del CER a seguito di un trattamento meccanico ai fini del loro recupero energetico, trattamento che non ha tuttavia sostanzialmente alterato le proprietà iniziali di tali rifiuti, devono essere considerati come rientranti tra i rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, previsti da tali disposizioni, nonostante il fatto che queste ultime menzionino il codice 20 03 01 del CER».

Il principio, dunque, che emerge dalla suddetta sentenza è che il regime giuridico applicabile (nel caso di specie alla spedizione di rifiuti) dipende dalla natura sostanziale di questi ultimi e non dalla loro classificazione formale in conformità al codice EER.

A conclusioni analoghe è giunto Codesto ministero in una recente risposta ad un interpello sulla corretta classificazione dei rifiuti sottoposti a trattamento meccanico (di cui al prot. 0138986 del 13-12-2021) nel quale si è giunti ad affermare che la qualifica giuridica di rifiuto urbano è da intendersi limitatamente all’applicazione dei principi di autosufficienza e prossimità, e non rileva ai fini della corretta attribuzione del codice EER, cui occorre sempre fare riferimento per gli atti autorizzativi necessari al trasporto e allo smaltimento, nonché per l’applicazione delle opportune tariffe. Di conseguenza, attribuire al rifiuto prodotto il codice EER 19 12 12 sarebbe corretto, ma il rifiuto resterebbe urbano quanto al divieto di circolazione. A sostegno di quanto chiarito, si richiamavano anche le Linee guida sulla classificazione dei rifiuti del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), approvate con Decreto Direttoriale n. 47/2021, nella parte in cui precisano che «una condizione essenziale affinché i rifiuti derivanti dal trattamento siano classificabili con codici dell’elenco europeo differenti rispetto a quello del rifiuto d’origine è che il processo abbia portato alla formazione di un rifiuto differente dal punto di vista chimico-fisico (tra cui, composizione, natura, potere calorifico, caratteristiche merceologiche, ecc.)». Tuttavia, è stato inoltre specificato da codesto Ministero che «per una corretta interpretazione delle linee guida, occorre tener presente che anche operazioni di mero trattamento meccanico possono apportare modifiche al rifiuto, se non da un punto di vista chimico, quantomeno da quello fisico».

Sulla stessa linea anche la Direttiva (UE) 2018/851 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti (recepita in Italia con il D.lgs. 116 del 03/09/2020 che ha modificato il D.Lgs. 152/2006) che nel 10° considerando indica che ...Occorre intendere i rifiuti urbani come corrispondenti ai tipi di rifiuti figuranti nel capitolo 15 01 e nel capitolo 20, a eccezione dei codici 20 02 02, 20 03 04 e 20 03 06, dell’elenco dei rifiuti stabilito dalla decisione 2014/955/UE della Commissione (1) nella versione in vigore il 4 luglio 2018. I rifiuti che rientrano in altri capitoli di tale elenco non dovrebbero essere ritenuti rifiuti urbani, tranne nei casi in cui i rifiuti urbani siano sottoposti a trattamento e siano contrassegnati con i codici di cui al capitolo 19 dell’elenco. Gli Stati membri possono usare le categorie pertinenti dell’elenco dei rifiuti a fini statistici. La definizione di «rifiuti urbani» nella presente direttiva è introdotta al fine di definire l’ambito di applicazione degli obiettivi di preparazione per il riutilizzo e riciclaggio nonché le relative norme di calcolo. Essa è neutra rispetto allo stato giuridico, pubblico o privato, del gestore dei rifiuti e comprende pertanto i rifiuti domestici e quelli provenienti da altre fonti che sono gestiti da o per conto dei comuni oppure direttamente da operatori privati.

Nel recepimento della suddetta Direttiva (UE) 2018/851 effettuato con il D.Lgs. 116/2020 relativamente al codice EER 191210 che individua il CSS prodotto anche da rifiuti urbani, tuttavia non è stato ritenuto necessario modificare né specificare da parte di Codesto Ministero l’art. 183 lettera cc) del D.Lgs. 152/2006 che definisce il “combustibile solido secondario” (CSS) come il “combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate dalle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e ss.mm.ii.; fatta salva l’applicazione dell’art. 184-ter, il combustibile solido secondario è classificato come rifiuto speciale”.

Quanto alla giurisprudenza, erano già intervenuti sul tema il TAR Toscana (sentenza n. 917/2011) e il Consiglio di Stato (sentenza n. 5566/2012) che avevano qualificato la F.O.S. (Frazione Organica Stabilizzata) derivante da compostaggio (trattamento diverso da quello meccanico) come rifiuto speciale. È bene annotare che, secondo la richiamata sentenza del Consiglio di Stato, la F.O.S. «è il risultato (ovvero il prodotto) di un processo di trattamento biochimico (compostaggio) dei rifiuti solidi urbani, che ne modifica la natura sostanziale (il processo industriale si svolge attraverso alcune fasi che prevedono l’utilizzo di batteri aerobi termofili, l’irrigazione con acqua e la ventilazione forzata; ha durata di circa tre mesi; è oggetto di specifica autorizzazione ambientale) [...]”.La descrizione del processo produttivo che genera la F.O.S. toglie di per sé pregio alla tesi che le suddette operazioni non cambino la natura del rifiuto. Deve, quindi, concludersi nel senso che la F.O.S. in quanto risultato di un processo produttivo specifico perde il connotato di origine di rifiuto urbano proprio della materia prima lavorata e va considerata alla stregua di rifiuto speciale [...]. Il criterio dell’origine [...] non è significativo dell’appartenenza alla categoria dei rifiuti urbani, nel caso in cui il rifiuto, pur essendo all’origine rifiuto urbano, ha subito un processo di trasformazione a livello industriale che lo ha rigenerato».

A completezza del quadro giurisprudenziale, si richiama anche la sentenza n. 4915/2011 del Tar Lazio riguardante la classificazione dei rifiuti prodotti negli impianti di trattamento campani (cosiddetti STIR) secondo la quale «i rifiuti CER 19.12.12 provenienti dagli STIR campani non potevano essere qualificati come “speciali” ma bensì come “urbani” o “frazione di urbani”. Ciò in forza del fatto che l’art. 2, comma 21-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 aveva abrogato la lettera n) del terzo comma dell’articolo 184 del Codice dell’Ambiente, il quale classificava come “speciali” i “rifiuti derivanti dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani».

Più di recente (sentenza n.1533/2023), anche il TAR Veneto ha stabilito che i rifiuti urbani anche ingombranti (EER 20 03 07) sottoposti a trattamento meccanico (triturazione) non possono, automaticamente, qualificarsi come rifiuti speciali, né risulta a tal fine decisiva l’attribuzione del nuovo codice EER 19 12 12 se a tale formale individuazione non corrisponde una sostanziale eterogeneità del residuo esitato dal trattamento. In particolare, la perdita delle caratteristiche originarie di RSU deve essere dimostrata da chi la invoca, fornendo una prova in concreto di un aliquid novi in termini di:

-  composizione del rifiuto da conferire, discutendosi del trattamento effettuato sul medesimo ingombrante non pericoloso in ingresso all’impianto di trattamento;

-  sue caratteristiche fisiche;

-  sue caratteristiche chimiche, dimostrando se e quali proprietà abbia conservato o
perduto il rifiuto esitato dal trattamento;

-  suo, eventuale, diverso potere calorifico.

Tutto quanto poc’anzi richiamato, tuttavia, si riferisce alla corretta gestione e classificazione dei rifiuti di cui al codice EER 19 12 12 (Altri rifiuti -compresi materiali misti- prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11) e non specificamente al CSS, di cui al diverso codice EER 19 12 10.
Sulla natura e sull’attuale disciplina del CDR/CSS
La consacrazione del CDR a combustibile alternativo si raggiunge con il D.Lgs. 22/1997 (decreto Ronchi), con il quale ne viene normata sia la produzione che l’utilizzo in regime semplificato attraverso il DM 5 febbraio 1998, oltre che alla specifica sulla provenienza esclusiva da rifiuti urbani, ex art. 6 lett. p) del Decreto Ronchi. Per effetto della Legge n.179/2002, il CDR viene, poi, formalmente inserito tra i rifiuti speciali quale combustibile derivato da rifiuti, senza più il riferimento esclusivo ai rifiuti urbani. Infine, la Decisione 2001/118/CE che ha aggiornato l’Elenco Europeo dei Rifiuti, ha inserito espressamente quello dei "rifiuti combustibili" - EER 19.12.10 - non riferito ai soli rifiuti urbani.
La svolta a livello nazionale in tema di produzione e utilizzo di combustibili derivanti da rifiuto si concretizza con l’emanazione del D.Lgs. n 205/2010 e, in particolare, con l’art. 39 comma 3 che ha abrogato l’art. 229 del D.Lgs. n. 152/2006 che trattava “il combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata – CDR e CDR-q". Al loro posto è stato definito (art. 183 lettera cc del D.Lgs. 152/2006) il “combustibile solido secondario” (CSS) come il “combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate dalle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e ss.mm.ii.; fatta salva l’applicazione dell’art. 184-ter, il combustibile solido secondario è classificato come rifiuto speciale”. È da rilevare che con l’abrogazione dell’art. 229 cit. viene a cadere anche l’obbligo che prevedeva per la produzione di CDR e CDR-q l’impiego, oltre che di rifiuti urbani indifferenziati, di una percentuale massima del 50% in peso di rifiuti speciali non pericolosi, così come disposto dal DM 5 febbraio 1998.
Inoltre, in base a quanto riportato dall’art. 39, comma 8 del D.Lgs. n. 205/2010 “Rimangono in vigore fino alla scadenza naturale, tutte le autorizzazioni in essere all’esercizio degli impianti di trattamento rifiuti che prevedono la produzione o l’utilizzo di Cdr e Cdr-Q, così come definiti dal Dlgs 152/2006 articolo 183 lettere r) e s) precedentemente alle modifiche apportate dal presente decreto legislativo, ivi incluse le comunicazioni per il recupero semplificato di Cdr di cui al DM 5 febbraio 1998 art.3, All.1, Suballegato 1, ....”.

Da quanto suddetto, ne deriverebbe che i CDR, per effetto delle modifiche apportate dal D.Lgs. n.205/2010, siano divenuti tutti CSS senza distinzioni sostanziali sulla qualità del materiale riciclato. Sarebbe, quindi, venuto meno anche l’obbligo che il CDR possa essere prodotto solo in regime di procedura semplificata ex artt. 31 e 33 del Decreto Ronchi, in quanto il Legislatore aveva dettato specifiche norme tecniche soltanto per tale tipo di procedura ai sensi del DM 5 febbraio 1998, onde assicurare la compatibilità ambientale.

Si rileva inoltre che a differenza del rifiuto codice EER 191212, al fine di poter qualificare il rifiuto come CSS con il codice EER 191210, il rifiuto deve rispettare determinate caratteristiche stabilite da norme UNI specifiche (attualmente UNI EN ISO 21640:2021) oltre che riportate nel regolamento di cui al D.M. 14/02/2013, n.22 dove vengono individuati i parametri e diviso il CSS in 5 classi (esclusivamente parte di queste classi qualificano il CSS come CSS-combustibile, non più rifiuto ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., mentre per le altre classi, 4° e 5° in particolare, il CSS resta rifiuto classificato con codice EER 191210).

Il CSS rappresenta dunque un combustibile autorizzato e utilizzato in numerosi impianti su tutto il territorio nazionale; in particolare per quanto riguarda il CSS rifiuto, codice EER 191210 in impianti di termovalorizzazione dei rifiuti.

Volendo, tuttavia, considerare l’applicazione analogica di quanto poc’anzi descritto per i rifiuti di cui al EER 19 12 12 (da gestire come rifiuti urbani) al CSS codice EER 191210 derivante dal trattamento intermedio in impianti TM/TMB/TBM dei rifiuti urbani indifferenziati (EER 20 03 01), determinerebbe l’applicabilità delle norme nazionali sulla gestione dei rifiuti urbani come, ad esempio, i principi di autosufficienza e prossimità per il loro smaltimento (artt. 182 e 182-bis del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. con anche la necessità di accordi per il trasporto in regioni diverse dalla provenienza) e, nel caso di CSS-rifiuto avviati a recupero energetico, l’applicazione del c.d. “indice R1” applicabile ad impianti di termovalorizzazione che ricevono rifiuti urbani. A conclusioni diverse potrebbe invece giungersi qualora il CSS codice EER 191210, anche alla luce delle pronunce giurisprudenziali qui richiamate, si consideri un output impiantistico “sostanzialmente diverso” dal rifiuto urbano in ingresso di cui al EER 20 03 01, in quanto dotato di un potere calorifico nettamente superiore al RSU indifferenziato pre-trattato ed avendo, rispetto a quest’ultimo, caratteristiche diverse, acquisite in seguito al processo industriale volto proprio alla selezione e all’incremento del potere calorifico (ad esempio per i rifiuti che sono sottoposti oltre che a trattamento meccanico anche a essiccazione e/o bioessiccazione), rispettando i requisiti indicati nelle norme UNI di riferimento ai fini della classificazione come CSS.

Tutto quanto premesso, si chiede a codesto spettabile Ministero di voler rispondere al seguente quesito:

Se, in analogia a quanto disposto per la F.O.S, il Combustibile Derivante da Rifiuto (EER 19 12 10) ovvero il CSS-rifiuto, così come precedentemente descritto e decadente dalle attività di trattamento intermedie (TM/TMB/TBM) dei rifiuti urbani non differenziati (EER 20 03 01) ovvero solo di alcune di tali attività di trattamento intermedie (ad esempio esclusivamente laddove venga effettuato anche il trattamento biologico e dunque escludendo i TM), possa classificarsi come rifiuto speciale e non urbano, in quanto sostanzialmente diverso dal RSU in ingresso agli impianti di trattamento intermedio, potendo dunque essere considerato ai fini del suo trattamento successivo (ad esempio in impianti di termovalorizzazione) come rifiuto speciale e non urbano.

***

Parere del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica 22 novembre 2024, n. 214093

Oggetto: Interpello ai sensi dell’articolo 3-septies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 – Chiarimenti relativamente classificazione del combustibile derivante da rifiuto/combustibile solido secondario (CSS, codice EER 19 12 10) decadente dalle attività intermedie di trattamento dei rifiuti urbani non differenziati (EER 20 03 01) e destinato a recupero energetico

 

QUESITO

Con istanza di interpello ex art. 3-septies del D.Lgs. n.152/2006 la Regione Lazio chiede chiarimenti relativamente alla classificazione del combustibile derivante da rifiuto/combustibile solido secondario (CSS, codice EER 19 12 10) e, in particolare, se “il Combustibile Derivante da Rifiuto (EER 19 12 10) ovvero il CSS-rifiuto, ... decadente dalle attività di trattamento intermedie (TM/TMB/TBM) dei rifiuti urbani non differenziati (EER 20 03 01) ovvero solo di alcune di tali attività di trattamento intermedie (ad esempio esclusivamente laddove venga effettuato anche il trattamento biologico e dunque escludendo i TM), possa classificarsi come rifiuto speciale e non urbano, in quanto sostanzialmente diverso dal RSU in ingresso agli impianti di trattamento intermedio, potendo dunque essere considerato ai fini del suo trattamento successivo (ad esempio in impianti di termovalorizzazione) come rifiuto speciale e non urbano.”

RIFERIMENTI NORMATIVI

Con riferimento ai quesiti proposti, si riporta il quadro normativo applicabile riassunto come segue:

-  D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale”;
-  Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive;
-  D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 recante “Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive”;
-  DM 14 febbraio 2013 n. 22 recante “Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.”

CONSIDERAZIONI DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA SICUREZZA ENERGETICA

Al fine di fornire i richiesti chiarimenti relativamente alla classificazione del combustibile derivante da rifiuto/combustibile solido secondario (CSS, codice EER 19 12 10) decadente dalle attività intermedie di trattamento dei rifiuti urbani non differenziati (EER 20 03 01) e destinato a recupero energetico, in considerazione del quadro normativo sopraesposto e alla luce dell’istruttoria tecnica condotta e, in particolare, del parere di ISPRA richiesto con nota prot. n. 0131054 del 15/07/2024 e fornito con nota prot. n. 0166475 del 13/9/2024 è emerso quanto segue.

Ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera cc), del D.Lgs. n.152/2006, come modificato dal D.Lgs. n. 205/2010, di recepimento della direttiva quadro sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE), il combustibile solido secondario (CSS) è definito come: “il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l'applicazione dell'articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale”.

Con il DM 14 febbraio 2013 n. 22 è stata introdotta la cessazione della qualifica di rifiuto, cd. End of Waste, ai sensi dell’articolo 184-ter del D.Lgs. n. 152/2006, per alcune particolari categorie di CSS, il cosiddetto CSS Combustibile (CSS C). Il CSS C è definito come “il sottolotto di Combustibile Solido Secondario (CSS) per il quale risulta emessa una dichiarazione di conformità” ai requisiti previsti dal succitato decreto ministeriale. Il decreto identifica i rifiuti non ammessi alla produzione di CSS C, impone che il CSS C rispetti le disposizioni nazionali e comunitarie relative all’immissione sul mercato (iscrizione al registro REACH) e prevede specifici requisiti in capo al produttore e all’utilizzatore. La norma UNI EN 15359:2011 “Combustibili Solidi Secondari – Classificazione e specifiche” è una delle norme che disciplina, a livello europeo e nazionale, il CSS dal punto di vista tecnico e, in particolare, stabilisce un sistema di classificazione e uno schema per la definizione delle proprietà dei CSS. La citata norma UNI è stata sostituita dal 1 luglio 2021 dalla norma UNI EN ISO 21640:2021 che definisce una classificazione in linea con quella già prevista dalla UNI EN 15359, non modificando né la composizione del set di parametri di classificazione, né il numero di classi previste. La classificazione del CSS è basata su tre parametri: Potere Calorifico Inferiore (P.C.I.), contenuto di cloro e contenuto di mercurio. Per ciascun parametro sono individuate, nella tabella 1 dell’allegato 1 al citato DM, cinque classi di valori (da 1 a 5 in ordine di qualità decrescente) e ad ogni CSS deve essere attribuita una classe individuata con una terna di numeri ognuno relativo a un singolo parametro. Nel rispetto del DM n. 22/2013, è classificabile CSS-C esclusivamente il CSS con P.C.I. e contenuto di cloro rientranti nelle classi 1, 2, 3 e relative combinazioni, e con contenuto di mercurio rientrante nelle classi 1 e 2.

Premesso che la classificazione e attribuzione del codice EER è un onere che spetta al produttore dei rifiuti, si osserva invece che la classificazione di CSS rifiuto con l’attribuzione del relativo codice EER 19 12 10 non dipende solo dal fatto che i rifiuti prodotti siano il risultato del trattamento meccanico di altri rifiuti e che siano combustibili, ma dipende dalla conformità alla specifica norma tecnica citata, ossia la UNI EN ISO 21640:2021 che ha sostituito la UNI EN 15359. In sostanza, possono essere definiti CSS rifiuto con attribuzione del codice EER 19 12 10 solo i rifiuti che subiscono un trattamento meccanico il cui risultato è conforme a quanto stabilito dalla suddetta norma UNI e le cui operazioni di classificazione sono svolte all’interno di un sistema di gestione della qualità in conformità a quanto prescritto alla norma UNI EN 15358 “Combustibili solidi secondari - Sistemi di gestione per la qualità - Requisiti particolari per la loro applicazione alla produzione di combustibili solidi secondari”. Inoltre il produttore del CSS deve indicare i valori di ulteriori parametri (in genere la concentrazione di metalli pesanti), i cui limiti non sono fissati nell’ambito della norma tecnica menzionata bensì sono stabiliti sulla base di accordi commerciali con l’acquirente del materiale che può indicare ulteriori parametri non obbligatori, al fine di effettuare la cosiddetta “specificazione”.

Per quanto sopra evidenziato, il rifiuto decadente dalle attività di trattamento dei rifiuti urbani non differenziati potrà essere classificato come CSS rifiuto con attribuzione del codice EER 19 12 10, quindi essere classificato come rifiuto speciale e inviato ad inceneritori classificati come impianti di recupero, solo se rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione previste dalla norma, non potendosi
in astratto classificarlo tale solo perché, come si legge nell’istanza di interpello, ritenuto “sostanzialmente diverso dal RSU in ingresso agli impianti di trattamento intermedio”.

Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3- septies del D.Lgs. n.152/2006, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.

[fonte foto: https://tinyurl.com/37mdwwcs]

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