(Confisca e reati ambientali: stato dell'arte e novità)
Come noto, la confisca, nata come misura di sicurezza patrimoniale di natura preventiva, ha subìto una costante evoluzione, normativa e interpretativa, che la rende un istituto decisamente poliedrico. Già nel 1961, la Corte costituzionale affermava: «l'istituto della confisca può presentarsi con varia natura giuridica. Il suo contenuto consiste sempre nella privazione di beni economici, ma può essere disposta per diversi motivi e indirizzata a varie finalità, si da assumere natura e funzione di pena o di misura di sicurezza ovvero di misura giuridica civile o amministrativa. Ciò che spetta di considerare non è un'astratta e generica figura di confisca, ma in concreto la confisca così come risulta da una determinata legge» (Corte costituzionale 25 maggio 1961, n. 29).
Questa poliedricità non è venuta meno nel corso degli anni, anzi è stata caratterizzata da ulteriori sfaccettature: «appare assai arduo, oggi, catalogare l'istituto della confisca nel rigido schema della misura di sicurezza, essendo agevole per esempio riconoscere, in quella di valore, i tratti distintivi di una vera e propria sanzione e, in quella "speciale", una natura ambigua, sospesa tra funzione special preventiva e vero e proprio intento punitivo. Con il termine "confisca", in sostanza, al di là del mero aspetto nominalistico, si identificano misure ablative di natura diversa, a seconda del contesto normativo in cui lo stesso termine viene utilizzato» (Corte di Cassazione, sezioni unite, 2 luglio 2008, n. 26654).
Queste evoluzioni e le conseguenti funzioni, preventive o sanzionatorie, dell’istituto della confisca hanno interessato molti settori del diritto penale, compreso quello ambientale, che prevede questo istituto nelle seguenti disposizioni (vedere la tabella 1):
- 29-quattuordecies, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006: «chiunque esercita una delle attività di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda senza essere in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale, o dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata è punito (…). Se l'esercizio non autorizzato riguarda una discarica, alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva, se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi»;
- 256, comma 3, D.Lgs. 152/2006: «fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quaterdecies, comma 1, chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito (…). Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi»;
- 256-bis, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006: «i mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti oggetto del reato di cui al comma 1 del presente articolo (che sanziona penalmente la combustione illecita di rifiuti, n.d.r.), inceneriti in aree o in impianti non autorizzati, sono confiscati ai sensi dell'articolo 259, comma 2, salvo che il mezzo appartenga a persona estranea alle condotte di cui al citato comma 1 del presente articolo e che non si configuri concorso di persona nella commissione del reato. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell'area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell'autore o del concorrente nel reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi»;
- 259, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006: «alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 (chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell'articolo 26 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, n.d.r.) o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto»;
- 452-quaterdecies, codice penale «Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti»: «È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca».
Tabella 1
Le disposizioni
D.Lgs. n. 152/2006 |
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Codice penale | Art. 452-quaterdecies |
Anche nel diritto penale ambientale - e a prescindere dalla funzione che, di volta in volta, il legislatore intende attribuire all’istituto in commento – si distingue tra ipotesi di confisca obbligatoria e confisca facoltativa:
- la prima viene disposta senza alcuna discrezionalità da parte del giudice e ha ad oggetto il prezzo del reato[1]Somme di denaro o beni promessi o consegnati a un soggetto per la realizzazione del reato. o specifiche tipologie di beni indicate dal legislatore, dotate di intrinseca pericolosità anche rispetto alla spinta a ulteriormente delinquere;
- la seconda, invece, è applicata discrezionalmente dal giudice e riguarda le cose che servirono o furono destinate alla commissione del reato, nonché il prodotto[2]Beni materiali che derivano dal reato. o profitto[3]Guadagno o vantaggio economico conseguente alla commissione del reato. dello stesso.
Tra le previsioni di confisca obbligatoria del diritto penale ambientale, una delle più recenti è quella disciplinata dall’art. 452-undecies, codice penale (vedere il box 1).
Art. 452-undecies, codice penale
«Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 452-bis, 452-quater, 452-sexies, 452-septies e 452-octies del presente codice, è sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commettere il reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando, a seguito di condanna per uno dei delitti previsti dal presente titolo, sia stata disposta la confisca di beni ed essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca[4]Come si evince dalla lettura della norma, il comma 2 dell’articolo in commento estende la confisca per equivalente alla condanna «per uno dei delitti previsti dal presente titolo», con formula più ampia di quella prevista al primo comma, che esclude le fattispecie colpose (vedere l’art. 452-quinquies, codice penale).. I beni confiscati ai sensi dei commi precedenti o i loro eventuali proventi sono messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e vincolati all’uso per la bonifica dei luoghi. L’istituto della confisca non trova applicazione nell’ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi».
Cosa dice la Cassazione
La norma in commento è stata oggetto di interessante elaborazione giurisprudenziale, che ne ha chiarito la natura e l’estensione. Ci si riferisce, in particolar modo, alla sentenza della III sezione penale della Corte di Cassazione 11 febbraio 2020, n. 15965, chiamata a pronunciarsi nell’ambito di un procedimento cautelare in cui la difesa ha lamentato che l'impossibilità di estendere l'ipotesi di esclusione della confisca, prevista dal comma 4, alle fattispecie contravvenzionali disciplinate dal codice dell'ambiente (D.Lgs. n. 152/2006, che all’art. 260-ter prevede la confiscabilità di alcuni beni in relazione, tra gli altri, al reato di cui all’art. 256, comma 1), fosse in contrasto con il principio di uguaglianza formale e sostanziale, di cui all’articolo 3 della Costituzione. In particolare, è stato evidenziato nel ricorso presentato dall’imputato come la mancata estensione fosse irragionevole sia in quanto le fattispecie contravvenzionali sono, per loro natura, meno gravi delle ipotesi delittuose, sia in ragione della funzione, unica e unitaria, di natura sanzionatoria della confisca.
Nel suo percorso argomentativo la Corte di Cassazione ha chiarito la natura e la finalità della confisca prevista dall’art. 452-undecies, codice penale, definendola risarcitoria e ripristinatoria, e, quindi, attribuendo alla stessa una funzione diversa da altre ipotesi di confisca, di natura sanzionatoria/repressiva: «la lamentata diversità di trattamento risulta in realtà pienamente legittima in considerazione dalla diversa funzione riconducibile alla confisca di cui all'art. 452-undecies c.p., rispetto a quella discendente dalla violazione delle disposizioni contravvenzionali. La confisca ex art. 452-undecies c.p. presenta, infatti, profili peculiari, in quanto caratterizzata non tanto da una funzione punitivo-sanzionatoria, bensì da una funzione risarcitoria-ripristinatoria, laddove, invece, la confisca D.Lgs. n. 152 del 2006, ex art. 260-ter integra una misura sanzionatoria, con funzione eminentemente repressiva». Infatti, prosegue la Corte «se l'applicazione della confisca svolge di consueto una funzione deterrente, che disincentiva dal porre in essere azioni delittuose di rilevante gravità, l'effetto positivo rappresentato dall'eliminazione della confisca risulta pienamente giustificabile in un'ottica di effettività della tutela penale e di ottimizzazione delle risorse pubbliche, nella misura in cui, a seguito della realizzazione del fatto di reato, incentiva il suo autore a procedere alla bonifica o al risanamento dello stato dei luoghi per godere del beneficio. Deve, inoltre, rilevarsi che l'omessa previsione, nell'ambito delle fattispecie contravvenzionali, di un'ipotesi di disapplicazione della confisca analoga a quella prevista dall'art. 452-undecies c.p., è controbilanciata dalla previsione di un particolare meccanismo di estinzione del reato», ovvero quello di cui agli artt. 318-bis e seguenti del D.Lgs. n. 152/2006.
Successivamente, con la sentenza 30691/2021, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito ancora che la deroga di cui al comma 4 ha natura tassativa e non è, conseguentemente, applicabile in relazione ad altri delitti: «la previsione dell'ultimo comma dell'art. 452-undecies, cod. pen., secondo cui “l'istituto della confisca non trova applicazione nelle ipotesi in cui l'imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi”, è correlata a quanto specificamente previsto nel comma 1 dello stesso articolo con riferimento ai delitti ivi menzionati e ne costituisce una deroga. Ne consegue che la lettera del legislatore è chiara nell'indicare tassativamente le condotte delittuose che rientrano nell'ambito dispositivo di tale norma e, tra queste, non viene contemplato il reato di cui all'art. 452-quaterdecies, cod. pen.». Nel suo percorso logico e motivazionale, la suprema Corte ha altresì affermato che: «la confisca prevista dall'art. 452-quaterdecies c.p., u.c. » (vedere il box 2) «non solo non contiene una previsione analoga a quella di cui all'art. 452-undecies c.p., ma, anzi, contempla, al comma 3, l'imposizione dell'obbligo per il condannato di effettuare il ripristino dello stato dell'ambiente, obbligo ulteriore e più ampio della semplice bonifica o messa in sicurezza del sito. La lamentata diversità di trattamento risulta, dunque, ragionevolmente giustificata dalla diversità strutturale del reato di cui all'art. 452-quaterdecies c.p. rispetto alle altre ipotesi delittuose menzionate nell'art. 452-undecies c.p. e dalla diversa funzione riconducibile alla confisca di cui all'art. 452-quaterdecies c.p., rispetto a quella di cui art. 452-undecies c.p.».
Art. 452-quaterdecies, codice penale
«Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter, con la limitazione di cui all’articolo 33 Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell’ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente. È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca».
La riforma del D.Lgs. n. 150/2022
Tornando a temi di carattere generali, si precisa, come già più volte detto[5]Sul punto si veda M. Gebbia e V. Corino La confisca: quali legami con il diritto ambientale?, che l’applicazione della confisca è limitata «alla sentenza di condanna o alla decisione emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p.» (tra le tante, Corte di Cassazione, sez. III, 27 aprile 2016, n. 43547)
Proprio in tema di patteggiamento e confisca si registra un’importate novità in seguito all’entrata in vigore della cosiddetta “riforma Cartabia” (D.Lgs. n. 150/2022[6]«Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari» (S.O. n. 38 alla Gazzetta Ufficiale del 17 ottobre 2022, n.243).), che ha modificato – tra gli altri – anche il comma 1 dell’art. 444 codice di procedura penale, come segue: «l'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una pena sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria. L'imputato e il pubblico ministero possono altresì chiedere al giudice di non applicare le pene accessorie o di applicarle per una durata determinata, salvo quanto previsto dal comma 3-bis, e di non ordinare la confisca facoltativa o di ordinarla con riferimento a specifici beni o a un importo determinato».
È stata, quindi, significativamente estesa la latitudine dell’accordo tra l’imputato e la pubblica accusa in sede di definizione dei termini del patteggiamento (sia nelle ipotesi di patteggiamento “tradizionale” che in quelle di patteggiamento “allargato”; vedere il box 3) ricomprendendo anche la confiscabilità dei beni (fatta eccezione per le ipotesi di confisca obbligatoria, la cui finalità ablativa preclude ogni logica pattizia); in particolare, è stato previsto che le parti possano chiedere al giudice di non disporre la confisca facoltativa ovvero di disporla limitatamente a specifici beni o a un importo determinato.
Il patteggiamento: come può essere
Il patteggiamento “tradizionale” permette all’imputato e al pubblico ministero di accordarsi su una pena sostitutiva o pecuniaria, ovvero su di una pena detentiva inferiore a due anni.
Il patteggiamento “allargato” permette alle parti di accordarsi su una pena detentiva superiore, ovvero compresa da due anni e un giorno sino a cinque anni.
Prima della riforma, infatti, l’orientamento prevalente sottraeva le pene accessorie e la confisca dall’accordo tra le parti, essendo queste misure rimesse al vaglio esclusivo del giudice[7]Si veda, tra le altre, Cassazione penale, sez. II, n. 1934/2015: «nel procedimento di applicazione di pena su richiesta, le parti non possono vincolare il giudice con un accordo avente ad oggetto anche le pene accessorie, le misure di sicurezza o la confisca, essendo dette misure fuori dalla loro disponibilità; ne consegue che, nel caso in cui il consenso si riferisca anche ad esse, il giudice non è obbligato a recepire o non recepire l’intero accordo, rimanendo vincolato soltanto ai punti concordati riguardanti elementi nella disponibilità delle parti». che talvolta, anzi spesso, tendeva ad applicare la misura di sicurezza di natura patrimoniale senza esporre le ragioni che giustificano le finalità perseguite dalla misura disposta: «in tema di patteggiamento, l'applicabilità della confisca, per effetto della L. 12 giugno 2003, n. 134, è stata estesa a tutte le ipotesi previste dall'art. 240 c.p., e non più solo a quelle previste dal comma 2 di tale articolo. A norma dell'art. 240 c.p., comma 1, sono suscettibili di confisca facoltativa solo le cose che abbiano una speciale qualità (i cd. mezzi di esecuzione del reato ossia le cose servite o destinate a commettere il reato e quelle che costituiscono il prodotto o il profitto del reato). Deve trattarsi di cose che siano direttamente riferibili al fatto di reato, potendo essere oggetto di confisca solo quelle che siano eziologicamente collegate, in maniera diretta ed essenziale, con il reato commesso, fermo restando che il giudice deve dare conto, nella confisca facoltativa, dell'uso del potere discrezionale che va esercitato in vista di considerazioni di prevenzione speciale fondate sull'esigenza di prevenire la commissione di altri reati, sottraendo alla disponibilità del colpevole cose connesse al reato che potrebbero costituire stimolo alla perpetrazione di nuovi reati» (così Cassazione penale, sez. III, 19 marzo 2021, n. 18165).
Ebbene, le modifiche sopra indicate apportate dal D.Lgs. n. 150/2022 all’istituto del patteggiamento hanno riflessi pratici non irrilevanti anche nella materia dei reati ambientali: si pensi, ad esempio, alle ipotesi di patteggiamento presentata in fase di indagini preliminari nella quale risulta pendente un sequestro preventivo o impeditivo. La previgente disciplina costituiva, di fatto, un ostacolo, quasi psicologico, alla definizione del procedimento con patteggiamento in indagini, sussistendo il rischio concreto, in caso di accoglimento dell’istanza, di conversione del sequestro impeditivo in confisca.
La possibilità, introdotta con la riforma ex D.Lgs. n. 150/2022, di ottenere con il patteggiamento l’esclusione della confisca dei beni utilizzati per commettere il reato o costituenti il prodotto o il profitto dello stesso rappresenta, pertanto, un ulteriore elemento premiale che si aggiunge alla previgente disciplina del patteggiamento.
Si tratta, come sopra accennato, di una facoltà che riguarda esclusivamente le ipotesi di confisca facoltativa, rimanendo, pertanto, preclusa per le parti la facoltà di ottenere la sua esclusione nelle ipotesi di confisca obbligatoria e, quindi, ad esempio, nelle ipotesi delineate dall’art. 452-undecies, codice penale.
Note
1. | ↑ | Somme di denaro o beni promessi o consegnati a un soggetto per la realizzazione del reato. |
2. | ↑ | Beni materiali che derivano dal reato. |
3. | ↑ | Guadagno o vantaggio economico conseguente alla commissione del reato. |
4. | ↑ | Come si evince dalla lettura della norma, il comma 2 dell’articolo in commento estende la confisca per equivalente alla condanna «per uno dei delitti previsti dal presente titolo», con formula più ampia di quella prevista al primo comma, che esclude le fattispecie colpose (vedere l’art. 452-quinquies, codice penale). |
5. | ↑ | Sul punto si veda M. Gebbia e V. Corino La confisca: quali legami con il diritto ambientale? |
6. | ↑ | «Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari» (S.O. n. 38 alla Gazzetta Ufficiale del 17 ottobre 2022, n.243). |
7. | ↑ | Si veda, tra le altre, Cassazione penale, sez. II, n. 1934/2015: «nel procedimento di applicazione di pena su richiesta, le parti non possono vincolare il giudice con un accordo avente ad oggetto anche le pene accessorie, le misure di sicurezza o la confisca, essendo dette misure fuori dalla loro disponibilità; ne consegue che, nel caso in cui il consenso si riferisca anche ad esse, il giudice non è obbligato a recepire o non recepire l’intero accordo, rimanendo vincolato soltanto ai punti concordati riguardanti elementi nella disponibilità delle parti». |