Dighe: il regolamento per la gestione degli invasi

Il tema al centro del provvedimento non riguarda solo la sicurezza delle strutture, ma anche la preservazione milioni i metri cubi di acqua che è necessario recuperare per contrastare i fenomeni di siccità sempre più frequenti. Tra le novità spicca la facoltà concessa alle Regioni di stabilire una capacità utile da recuperare, distinta da quella originaria, tenendo conto degli aspetti di sostenibilità ambientale e degli interessi pubblici concorrenti. Non mancano i criteri finalizzati a ottenere e/o mantenere il buono stato ecologico e chimico delle risorse idriche

(Dighe: il regolamento per la gestione degli invasi)

In Italia sono oltre 532 le grandi dighe vigilate delle quali è necessario garantire la sicurezza. Sono, inoltre, centinaia di milioni i metri cubi di acqua invasata che è necessario recuperare per contrastare i fenomeni di siccità sempre più frequenti.

È in questo contesto che nella Gazzetta Ufficiale del 10 gennaio 2023, n. 7, è stato pubblicato il decreto 12 ottobre 2022, n. 205[1]Il decreto è stato emanato dal ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili e dal ministero della Transizione ecologica (oggi ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica), di concerto con il ministero dello Sviluppo economico e il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali., recante «Regolamento recante criteri per la redazione del progetto di gestione degli invasi di cui all'articolo 114, commi 2, 3 e 4 del decreto legislativo 3 Aprile 2006, numero 152», in vigore dal 25 gennaio 2023.

Come si ricava dalle premesse al decreto, la sua emanazione è prevista dall'articolo 114, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006, recentemente modificato[2]A opera dell’art. 2, comma 4, D.L. n. 121/2021, convertito con modificazioni dalla legge n. 156/2021 (in Gazzetta Ufficiale del 9 novembre 2021, n. 267)., ai sensi del quale per rinvasi realizzati da sbarramenti (dighe di ritenuta o traverse) che superano i 15 metri di altezza o che determinano un volume d'invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi, il progetto di gestione delle operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento, è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto interministeriale.

L'obiettivo che il progetto di gestione deve perseguire è quello individuato dal comma 2 dell'articolo 114, ovverosia il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia della qualità dell'acqua invasata e del corpo ricettore. Ciò avviene sia attraverso un quadro previsionale delle operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento, sia attraverso misure di prevenzione e tutela del «corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse». Lo ricorda anche il comma 9, ai sensi del quale «le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, né il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione».

Va, infine, ricordato che, ai sensi del comma 3 dell’art. 114, il progetto di gestione, oltre a garantire le eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, deve tutelare la sicurezza di persone e cose ai sensi del D.P.R. n. 1363/1959.

Prima della formulazione del regolamento in commento, i criteri per la redazione del progetto di gestione degli invasi erano contenuti nel decreto interministeriale 30 giugno 2004[3]«Criteri per la redazione del progetto di gestione degli invasi, ai sensi dell'articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modifiche ed integrazioni, nel rispetto degli obiettivi di qualità fissati dal medesimo decreto legislativo» (in Gazzetta Ufficiale del 16 novembre 2001, n. 269)., che si caratterizzava per un ambito di applicazione più esteso, riguardando opere di sbarramento di altezza superiore a 10 metri o con capacità di invaso superiore a 100.000 m3.

Rispetto alla precedente disciplina, il regolamento in commento introduce tre importanti novità, isolate dal Consiglio di Stato nel parere consultivo n. 1082, reso il 30 giugno 2022:

  1. innanzitutto, la facoltà delle Regioni, amministrazioni concedenti la derivazione e l'utilizzo dell'acqua e titolari del potere di approvazione del progetto di gestione, di stabilire una «capacità di invaso utile» da recuperare, distinta dalla «capacità utile originaria» dell’invaso, tenendo conto degli aspetti di sostenibilità ambientale e degli interessi pubblici concorrenti (vedere il commento all’art. 5);
  2. la seconda novità riguarda la necessaria conformità delle operazioni a quanto previsto nei piani di tutela delle acque, nei piani di gestione del distretto idrografico e nei piani di gestione del rischio di alluvioni, con particolare riferimento alla gestione dei sedimenti;
  3. il recente decreto, inoltre, detta criteri per la redazione dei progetti di gestione degli invasi per il mantenimento o il raggiungimento del buono stato ecologico e chimico dei corpi idrici interessati, anche ai fini degli usi della risorsa, come previsto dall'articolo 77 e seguenti del D.Lgs. n. 152/2006.

 

Il decreto si compone di 12 articoli e di 5 allegati, il contenuto dei quali viene di seguito riportato negli aspetti più significativi.

 

Art. 1 – Campo di applicazione

L'articolo 1, nel disciplinare il perimetro di applicazione del nuovo regolamento, oltre a richiamare i pertinenti commi dell'articolo 114, D.Lgs. n. 152/2006, ribadisce il necessario rispetto degli obiettivi di qualità ambientali fissati dalla direttiva 2000/60/Ce[4]Direttiva 2000/60/Ce del Parlamento e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro in materia di acque (in G.U.C.E. L del 22 dicembre 2000, n. 327). e dall'articolo 77, D.Lgs. 152/2006, quali il mantenimento o raggiungimento del buono stato ecologico e chimico dei corpi idrici interessati, anche ai fini degli usi della risorsa. Il medesimo articolo precisa che il progetto di gestione riguarda le operazioni di svaso, sfangamento e sghiaiamento. Al comma 2 è previsto che, entro un anno dall'entrata in vigore del regolamento (entro il 24 gennaio 2024), le Regioni adottino discipline per gli invasi costituiti da sbarramenti, dighe e traverse non disciplinati dal decreto. Fino a quel momento si applicheranno le disposizioni regionali vigenti o, qualora non presenti, le disposizioni contenute nel regolamento in commento. Ai sensi del comma 3 sono esclusi dall'obbligo di presentazione del progetto di gestione, gli sbarramenti che costituiscono «opere di regolazione dei grandi laghi naturali prealpini», ferma la necessità di garantire la funzionalità degli scarichi.

Al comma 4 è, infine, prevista la possibilità di presentare il progetto di gestione in forma semplificata, in conformità ai criteri contenuti nell’allegato 1 al D.M. n. 205/2022, qualora il volume di interramento dell’invaso non superi al 5% del volume utile di regolazione originario e qualora il tasso di interrimento medio annuo non superi lo 0,5% del volume di invaso originario. Anche in questo caso resta obbligatorio assicurare la piena funzionalità degli organi di scarico, che per accedere alla procedura semplificata non devono essere interessati da accumulo di sedimenti.

 

Art. 2 – Definizioni

L'articolo 2 è dedicato alle definizioni utili all'applicazione del regolamento. Tra le più significative si ricordano quelle di:

  • impianto di ritenuta: l'insieme dello sbarramento, comprese le opere di scarico, delle opere complementari ed accessorie, dei pendii costituenti le sponde e dell'acqua invasata;
  • svaso: lo svuotamento totale o parziale dell'invaso mediante l'apertura dei soli organi di scarico profondi ed eventualmente con l’ausilio dell'opera di presa;
  • sfangamento o sghiaiamento: l'operazione di rimozione del materiale sedimentato nel serbatoio, a seconda che esso sia costituito in prevalenza da sedimenti a granulometria fine o grossolana;
  • piano operativo: l'insieme delle modalità di esecuzione delle operazioni di svaso, sfangamento e sghiaiamento non tecnicamente definibili all'atto del Progetto ma che ne costituiscono attuazione.

 

Figura 1
Le operazioni

Dighe gestione invasi

Art. 3 - Finalità e contenuti del progetto

Come detto, il progetto definisce il quadro previsionale delle operazioni di svaso, sfangamento e sghiaiamento correlate alla manutenzione ordinaria e straordinaria dell'impianto di ritenuta. Si tratta infatti di operazioni volte a:

  • mantenere o ripristinare la capacità utile originaria dell'invaso o, laddove previsto, la capacità utile sostenibile ai sensi dell'articolo 5;
  • garantire il funzionamento degli organi di scarico e di presa;
  • assicurare il mantenimento o il ripristino della continuità del trasporto solido a valle gli sbarramenti, sia fine che grossolano.

 

Oltre a descrivere le operazioni di svaso, sfangamento e sviamento, il progetto definisce, altresì, le misure a tutela della risorsa idrica invasata e di valle, per minimi piazzarne e mitigarne gli impatti, nonché gli scenari di utilizzazione degli scarichi profondi. Anche per questi fini, il progetto deve essere conforme agli obiettivi e alle misure contenute nel piano di tutela delle acque e nel piano di gestione del distretto idrografico; deve, inoltre, tenere conto dei piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico e dei piani di gestione del rischio di alluvioni nonché, se esistente, del programma di gestione dei sedimenti di cui all'articolo 117, comma 2-quater, D.Lgs. n. 152/2006.

 

L'allegato 3 al decreto riporta i contenuti del progetto e le modalità di gestione dell'invaso, suddivisi in sette sezioni:

  1. quadro conoscitivo - caratterizzazione del bacino idrografico sotteso, dell'invaso e dei corpi idrici di valle interessati;
  2. parte operativa - modalità di gestione dell'invaso per il mantenimento/ripristino della capacità utile di invaso;
  3. informazioni necessarie per le operazioni di svaso, sfangamento e sghiaiamento;
  4. misure di mitigazione degli impatti delle operazioni sulla morfologia;
  5. piano delle comunicazioni;
  6. aggiornamento del progetto di gestione;
  7. opere destinate esclusivamente alla laminazione delle piene.

 

L'allegato 1 al decreto riguarda invece i contenuti del progetto di gestione in forma semplificata, da suddividersi nelle seguenti sezioni:

  • caratterizzazione del bacino idrografico direttamente sotteso e dei bacini allacciati afferenti all'invaso;
  • caratterizzazione dell'invaso e dello sbarramento, degli organi di scarico e derivazione;
  • caratterizzazione dei sedimenti nell'invaso, del grado di interrimento e delle acque invasate;
  • caratterizzazione dei corpi idrici a valle.

Il progetto di gestione in forma semplificata deve, infine, contenere una parte operativa nella quale riportare i contenuti effettivamente applicabili al caso di specie e comprendere le informazioni di dettaglio relative alle operazioni di svaso per manutenzione ed ispezione e alle operazioni a carattere sistematico e ripetitivo.

 

Art. 4 – Procedure di approvazione del progetto

La procedura di approvazione del progetto rinvia a quanto previsto all'articolo 114, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006, salvo poi riportare una descrizione del procedimento non del tutto sovrapponibile a quello contenuto nello stesso decreto (vedere la tabella 1). L’art. 4, comma 2 del decreto, in particolare, non richiama il meccanismo di approvazione del progetto per silenzio assenso, decorsi 6 mesi dalla presentazione, previsto dal comma 5 ultimo periodo dell’art. 114.

 

Tabella 1
Le differenze
Art. 114, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006 Art. 4, comma 2, D.M. n. 205/2022
«Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, previo parere dell'amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza dell'invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; per le dighe di cui al citato articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il progetto approvato è trasmesso al Registro italiano dighe (RID) per l'inserimento, anche in forma sintetica, come parte integrante del foglio condizioni per l'esercizio e la manutenzione di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il potere di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine» «Il Progetto è approvato dalla regione, con eventuali prescrizioni, anche attraverso il ricorso ad apposita conferenza di servizi, entro sei mesi dalla sua presentazione, previo parere dell'amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza dell'invaso e dello sbarramento e sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate. Per le dighe di cui all'articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il Progetto approvato è trasmesso dalla regione al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili per l'inserimento, anche in forma sintetica, nel foglio di condizioni per l'esercizio e la manutenzione»

 

In sede di approvazione, la Regione deve innanzitutto verificare la conformità del progetto ai piani esistenti (vedere il commento all’art. 3). Se l'invaso ricade sul territorio di più Regioni, il progetto è approvato dalla Regione che ha rilasciato la concessione per la derivazione, d'intesa con le altre Regioni interessate. Se nel momento di presentazione del progetto le modalità operative non sono tecnicamente definibili, il progetto deve comunque contenere gli elementi indicati al comma 5 dell'articolo 4 ed è riconosciuta al gestore la possibilità di presentare appositi piani operativi almeno sei mesi prima delle relative operazioni. I piani sono approvati con la medesima procedura prevista per il progetto, salvo non si tratti di piani meramente specificativi per i quali è sufficiente una presa d'atto regionale.

Una volta approvato, il progetto è aggiornato con cadenza decennale. È però riconosciuta alla Regione e all'amministrazione competente a vigilare sulla sicurezza dell'invaso la facoltà di chiedere che l’aggiornamento avvenga in un tempo più breve. Per gli invasi per i quali il progetto può essere presentato in forma semplificata la frequenza di aggiornamento può essere inferiore, ma non può comunque superare il termine di 15 anni dall'approvazione. Per gli sbarramenti destinati esclusivamente alla laminazione delle piene, compresi quelli costituenti casse di espansione in linea, al comma 9 dell’art. 4 sono previste specifiche previsioni. Per gli sbarramenti e gli invasi di nuova costruzione il progetto è presentato prima dell'autorizzazione all'esercizio dell'impianto di ritenuta, anche se sperimentale o provvisorio.

 

Art. 5 – Capacità utile sostenibile

Come anticipato, una delle più rilevanti novità della nuova regolamentazione riguarda la possibilità per la Regione di stabilire il ripristino di una capacità utile sostenibile entro il periodo di validità del progetto, inferiore alla capacità utile originaria. Ciò può avvenire previa acquisizione del parere vincolante dell'amministrazione competente a vigilare sulla sicurezza ed in conformità ai criteri indicati all'allegato 2 al regolamento, qualora i vantaggi per l'ambiente e per la collettività derivanti dal ripristino della capacità utile originaria siano inferiori ai vantaggi derivanti dal ripristino della capacità utile sostenibile.

L’allegato 2 al decreto dettaglia i criteri per la definizione della capacità utile sostenibile, isolando le seguenti macrocategorie:

  1. contesto geologico/geomorfologico e idrologico;
  2. analisi tecnico/gestionali e sull'uso della risorsa idrica;
  3. aspetti di sicurezza dell'impianto di ritenuta;
  4. aspetti ambientali.

 

Se la Regione definisce la «capacità utile sostenibile», il gestore provvede, se del caso, all'aggiornamento del progetto e la relativa approvazione è subordinata alla redazione del piano e del cronoprogramma delle operazioni necessarie per il raggiungimento della «capacità utile sostenibile». La Regione può, in seguito, rideterminarsi rivalutando con periodicità le condizioni che hanno portato all'approvazione del ripristino della «capacità utile sostenibile» (comma 4).

 

Art. 6 - Qualità dei corpi idrici e gestione degli invasi in sicurezza

Nella redazione del progetto il gestore deve considerare le diverse opzioni di intervento, delle quali deve valutare sia l'efficacia che gli effetti ambientali, nonché quelli sulle condizioni di pericolosità e di rischio a valle dell'invaso. Del pari, il gestore deve considerare gli effetti sito specifici sull'ecosistema dei corpi idrici e le misure da adottare per la relativa mitigazione.

Le Regioni disciplinano le modalità di monitoraggio dei corpi idrici prima, durante e dopo le operazioni di svaso, sfangamento e sghiaiamento, eventualmente applicando le disposizioni contenute nell'allegato 4 al regolamento, al quale il gestore deve comunque fare riferimento in assenza di disposizioni regionali.

Tema affrontato al comma 4 dell'articolo 6 è quello della disciplina della caratterizzazione integrativa dei sedimenti dell'invaso, che le Regioni devono garantire eventualmente a tutela corpi idrici interessati dal rilascio a valle o dallo spostamento dei sedimenti, eventualmente applicando le disposizioni contenute nell'allegato 5 al decreto, al quale il gestore deve comunque riferirsi in assenza di disposizioni regionali specifiche.

 

Box 1

Art. 6, comma 5

«Le regioni definiscono apposite intese con il gestore e gli altri soggetti interessati, finalizzate a contenere l’apporto di sedimenti e a consentire la migliore attuazione del Progetto, con particolare riguardo all’allocazione del materiale asportato e al suo riutilizzo, previa valutazione della sua idoneità secondo quanto previsto dall’Allegato 5 al presente regolamento e dalla pertinente normativa in materia, nonché previa valutazione della non alterazione del naturale processo di trasporto solido del corso d’acqua, prioritariamente per il miglioramento ambientale dei corpi idrici a valle».

L'allegato 5 disciplina, come detto, la caratterizzazione dei sedimenti ai fini della tutela degli ambienti acquatici da attuarsi «oltre a quanto previsto dall'articolo 185, comma 3, d.lgs. 152/2006», che esclude i sedimenti dalla qualifica di rifiuti a patto che ne sia verificata la non pericolosità ai sensi della direttiva 2000/532/Ce[5]Su questo aspetto vedere la sentenza del Tar Firenze n. 1549/2021.e che lo spostamento avvenga con le modalità e per le ragioni ivi previste.

 

Box 2

Art. 185, comma 3, D.Lgs. 152/2006

«Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall’ambito di applicazione della Parte Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali o nell’ambito delle pertinenze idrauliche ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli se è provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della decisione 2000/532/CE della Commissione del 3 maggio 2000, e successive modificazioni».

 

La caratterizzazione parte dal campionamento del sedimento dell'invaso e di quello a valle (inteso come valle dell’invaso in caso di fluitazione o del sito di destinazione nel caso di spostamento del sedimento all'interno dei corpi idrici, a monte o valle dello sbarramento). Il numero di campioni deve essere adeguato (minimo 10) e deve riguardare il prelievo sia di sedimenti superficiali che, qualora necessario, l'esecuzione di carotaggi per il prelievo di campioni rappresentativi. Le analisi sono periodicamente aggiornate, con una frequenza adeguata e congruente con il tasso di interrimento dell'invaso e con le pressioni antropiche presenti nel bacino imbrifero sotteso e allacciato.

 

Box 3

Stralcio dell’allegato 5

«La caratterizzazione integrativa comprende:

– caratterizzazione granulometrica dei sedimenti;

– caratterizzazione fisico-chimica e chimica, da effettuare sulla frazione passante al vaglio <2 mm, che permetta la determinazione almeno dei seguenti parametri: contenuto d’acqua, Carbonio Organico Totale (TOC), pH, arsenico, cadmio, cromo totale, mercurio, piombo, nichel, IPA totali, azoto totale, fosforo totale.  Il   profilo analitico è ampliato sulla base degli esiti dell’analisi delle pressioni e degli impatti di cui all’Allegato 1, Parte terza, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al fine di selezionare i parametri sito specifici idonei in riferimento alle pressioni insistenti sul bacino sotteso all’invaso. A tal fine il gestore può concordare con la regione, preventivamente alla presentazione del progetto di gestione, il piano di caratterizzazione dei sedimenti;

– caratterizzazione mediante test eco tossicologici, che includa almeno tre organismi appartenenti a livelli trofici ecologicamente diversi e a taxa filogeneticamente distanti. In via prioritaria si raccomanda l’utilizzo di organismi indicatori quali batteri, crostacei, molluschi, insetti, piante superiori, anellidi ed alghe. I criteri per la scelta dei test eco tossicologici sono descritti nel Manuale ISPRA 88/2013.

Per una corretta conservazione dei campioni da sottoporre ad analisi, si segnalano le indicazioni contenute in APAT IRSA, 2003 Quaderno n. 29».

 

Sulla base dei risultati analitici il gestore individua le modalità operative per la gestione del sedimento tra le quali il rilascio a valle dello sbarramento o il ricollocamento all'interno dei corpi idrici, qualora compatibile con gli obiettivi fissati dai piani di tutela. Se il progetto di gestione riguarda nuovi sbarramenti o invasi, la caratterizzazione dei sedimenti può essere effettuata attraverso il prelievo e l'analisi di campioni di sedimento fine lungo l'alveo dell'asta fluviale a monte del punto in cui l'opera sarà realizzata. Per gli invasi per i quali è possibile presentare il piano di gestione in forma semplificata, anche la caratterizzazione può essere semplificata ma deve comprendere, in ogni caso, una analisi chimico-fisica, chimica e granulometrica, seguendo le indicazioni riportate al punto 1 dell'allegato 5, su un numero di campioni non inferiore a tre.

 

Art. 7 - L'esecuzione delle operazioni di svaso, sfangamento, sghiaiamento e comunicazioni

Ai sensi dell’art. 114, comma 6, D.Lgs. n. 152/2006, «con l'approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento […]». Le operazioni in campo devono, pertanto, rispettare quanto indicato nel progetto e nei singoli piani operativi, nonché le eventuali prescrizioni impartite dalla Regione in fase di approvazione. Almeno tre mesi prima dell’avvio delle attività, il gestore ne dà comunicazione agli enti indicati al comma 2 dell’art. 7, fornendo il programma delle attività previste, comprensivo della tempistica di dettaglio delle stesse.

A conclusione delle operazioni il gestore presenta un rapporto tecnico contenente il dettaglio delle attività eseguite e i risultati dei monitoraggi. Il rapporto, da presentarsi entro tre mesi dal termine del monitoraggio, può essere considerato quale aggiornamento del progetto e sulla base di quanto ivi indicato, la Regione o l'amministrazione competente a vigilare sulla sicurezza possono imporre al gestore ulteriori misure di mitigazione o riqualificazione, chiedere integrazione ovvero disporre la revisione del progetto.

Art. 8 - Coordinamento delle operazioni

Qualora sullo stesso corso d'acqua o sottobacino idrografico siano presenti diversi sbarramenti, la regione detta disposizioni di coordinamento delle operazioni di svaso, sfangamento e sghiaiamento per tutelare i corpi idrici e la gestione dei sedimenti, in coerenza con i piani di gestione[6]Piano di tutela delle acque, Piano di gestione del distretto idrografico di appartenenza, nonché, ove esistente, programma di gestione dei sedimenti.. Se gli sbarramenti appartengono al medesimo gestore, questi assicura il coordinamento della parte operativa prevista nei diversi progetti. Se, invece, le operazioni si svolgono o interessano il territorio di più regioni, quella titolare del potere concessorio assicura la partecipazione delle altre nelle procedure di approvazione del progetto.

 

Art. 9 - Manovre di sicurezza e prove di funzionamento degli organi di scarico

Le previsioni del progetto non trovano applicazione per le manovre necessarie a garantire:

  1. il non superamento dei livelli d'invaso autorizzati o comunque per la regolazione dei deflussi in occasione di eventi di piena;
  2. le manovre previste in applicazione dei piani di laminazione o atti equivalenti e comunque quelle per la regolazione delle portate in occasione di eventi di piena negli sbarramenti destinati alla laminazione delle piene;
  3. la sicurezza e salvaguardia della pubblica incolumità in fase di emergenza o effettuate per speciali motivi di pubblico interesse su disposizione dell'autorità competente;
  4. l'accertamento della funzionalità degli organi di scarico, nel rispetto degli obblighi stabiliti dal foglio di condizioni per l'esercizio e la manutenzione e delle prescrizioni riportate al comma 2 dell’art. 9 in commento.

 

Art. 10 - Istituzione del tavolo tecnico

Presso il ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica è istituito un tavolo tecnico permanente per definire proposte di aggiornamento, revisione o modifica del regolamento in commento e dei relativi allegati. Il tavolo provvede, inoltre, al monitoraggio della sua complessiva attuazione al fine di verificarne gli effetti sotto il profilo ambientale, della sicurezza delle persone e della tutela delle risorse idriche, così da accertare l'effettivo rispetto degli obblighi di qualità ambientale indicati dall'articolo 7, D.Lgs. n. 152/2006. La disciplina di funzionamento del tavolo tecnico è riportata ai commi da 2 a 4 dell'articolo 10.

 

Art. 11 - Norme transitorie, disposizioni di salvaguardia, abrogazioni e clausola di invarianza

I progetti presentati prima della data di entrata in vigore del regolamento in commento (25 gennaio 2023) sono approvati secondo la disciplina contenuta nel decreto 30 giugno 2004[7]Rispetto alla confermata efficacia del decreto del 2004, nel proprio parere consultivo il Consiglio di Stato ha evidenziato che «la previgente normativa risulti ormai inadeguata a regolare la materia in seguito alle molteplici innovazioni del quadro normativo successivamente intervenute […], al fine di soddisfare esigenze pressanti di tutela ambientale, prevenzione delle la verità naturali e salvaguardia delle risorse idriche».. Questi progetti e quelli già approvati sono sottoposti ad aggiornamento secondo quanto previsto dall'articolo 4 del recente decreto. Fatta salva la approvazione dei progetti presentati e non ancora approvati al 25 gennaio 2023, dalla data di entrata in vigore del regolamento in commento è abrogato il decreto ministeriale 30 giugno 2004. Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome provvedono alle finalità del regolamento in commento in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione.

Note   [ + ]

1. Il decreto è stato emanato dal ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili e dal ministero della Transizione ecologica (oggi ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica), di concerto con il ministero dello Sviluppo economico e il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali.
2. A opera dell’art. 2, comma 4, D.L. n. 121/2021, convertito con modificazioni dalla legge n. 156/2021 (in Gazzetta Ufficiale del 9 novembre 2021, n. 267).
3. «Criteri per la redazione del progetto di gestione degli invasi, ai sensi dell'articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modifiche ed integrazioni, nel rispetto degli obiettivi di qualità fissati dal medesimo decreto legislativo» (in Gazzetta Ufficiale del 16 novembre 2001, n. 269).
4. Direttiva 2000/60/Ce del Parlamento e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro in materia di acque (in G.U.C.E. L del 22 dicembre 2000, n. 327).
5. Su questo aspetto vedere la sentenza del Tar Firenze n. 1549/2021.
6. Piano di tutela delle acque, Piano di gestione del distretto idrografico di appartenenza, nonché, ove esistente, programma di gestione dei sedimenti.
7. Rispetto alla confermata efficacia del decreto del 2004, nel proprio parere consultivo il Consiglio di Stato ha evidenziato che «la previgente normativa risulti ormai inadeguata a regolare la materia in seguito alle molteplici innovazioni del quadro normativo successivamente intervenute […], al fine di soddisfare esigenze pressanti di tutela ambientale, prevenzione delle la verità naturali e salvaguardia delle risorse idriche».

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