Divieto utilizzo di sacchetti di plastica: vale anche per gli imballaggi?

Divieto utilizzo di sacchetti di plastica
Il tema al centro di un interpello ambientale posto dalla Regione Emilia Romagna al Mase

Divieto utilizzo di sacchetti di plastica: vale anche per gli imballaggi effettuati dai commercianti? Questo il quesito posto, sotto forma di interpello ambientale, dalla Regione Emilia Romagna al Mase.

In particolare, è stato chiesto di chiarire se nel divieto di commercializzazione delle shopper di plastica rientrino anche gli acquisti di imballaggi effettuati dai commercianti, a prescindere dalla loro cessione a terzi e dalla destinazione o utilizzo degli stessi e quale sia quindi la portata del suddetto divieto.

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Di seguito i testi dell'interpello ambientale della Regione Emilia-Romagna e del parere del Mase.

Divieto utilizzo di sacchetti di plastica

Interpello ambientale della Regione Emilia-Romagna 10 maggio 2024, n. 86693

Oggetto: interpello ambientale ai sensi dell’art. 3-septies del d.lgs. n. 152/2006. Divieto di commercializzazione di buste di plastica non aventi i requisiti previsti dagli articoli 226- bis e 226-ter del TUA in base alla definizione di “commercializzazione” riportata nell’art. 218, lettera dd-octies) del medesimo TUA.

Il presente interpello è formulato con riferimento al divieto di commercializzazione sancito dagli articoli 226-bis e 226-ter del D. Lgs. 152/2006 (introdotti dal D.L. n. 91/2017) e sanzionato dall’art. 261, comma 4-bis, dello stesso TUA.

Come è noto, nel 2017 il Legislatore italiano, confermando i divieti alla circolazione degli shopper di plastica non riutilizzabili, ha introdotto lo stop graduale, a partire dal 1° gennaio 2018, dei sacchetti ultraleggeri richiesti a fini di igiene o forniti come imballaggio primario per alimenti sfusi che non rispettino i requisiti di compostabilità, vietandone la “commercializzazione”.

Al di là dei requisiti tecnici indicati negli articoli 226-bis e 226-ter del TUA che devono possedere gli imballaggi per poter essere commercializzati (limiti di spessore e contenuto di materia prima rinnovabile certificata), si chiede al Ministero di precisare quale debba essere la nozione di “commercializzazione” e quindi la portata del divieto, alla luce di quanto di seguito rappresentato.

Nella definizione di “commercializzazione” riportata nell’art. 218, lettera dd-octies) (anch’essa introdotta dal D.L. n. 91/2017) del TUA si prevede: “dd-octies) commercializzazione di borse di plastica: fornitura di borse di plastica a pagamento o a  titolo gratuito da parte dei produttori e dei distributori, nonché da parte dei commercianti nei punti vendita di merci o prodotti”.

Dal 1° gennaio 2018 i reparti forestali dei Carabinieri (competenti in materia di tutela dell’ambiente) hanno avviato in molte regioni campagne di contrasto all’inquinamento e alla diffusione degli imballaggi in plastica. Se in un primo periodo l’attività di controllo ha riguardato i punti vendita “al dettaglio” per le tipologie di borse in plastica poste in commercio, in un secondo momento l’attenzione è stata spostata alle precedenti fasi di produzione e distribuzione “all’ingrosso” degli imballaggi non a norma e sono state sanzionate anche le attività di commercializzazione tra operatori professionali (c.d. mercato all’ingrosso degli imballaggi). Di tale attività di vigilanza ne viene dato atto anche dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlate nella “Relazione finale

sul mercato illegale delle buste di plastica-shopper” approvata nella seduta del 7 settembre 2022.

Nello svolgimento delle predette attività di controllo, i Carabinieri forestali hanno in più occasioni sanzionato anche quegli operatori commerciali che avevano acquistato o richiesto la fornitura degli imballaggi risultati non conformi.

A fronte dei verbali dei Carabinieri, però, alcune Province di altre Regioni, in qualità di autorità amministrative competenti a concludere il procedimento sanzionatorio, hanno archiviato i relativi procedimenti ritenendo che l’acquisto delle borse di plastica non fosse attività rientrante nella nozione di commercializzazione, la quale vieterebbe soltanto la cessione/vendita delle buste, rimandando così la punibilità dell’acquirente soltanto al momento (eventuale e successivo) della cessione/vendita degli imballaggi alla clientela finale del suo esercizio commerciale. Di conseguenza resterebbe “impunita” la condotta dell’operatore che acquisti gli imballaggi vietati ma dichiari di utilizzarli solo all’interno del proprio esercizio senza destinarli alla clientela finale.

L’orientamento di ARPAE, in ordine alla definizione di commercializzazione riportata all’art. 218 del TUA, avrebbe portata più ampia della nozione giuridica di vendita ed il relativo divieto sarebbe finalizzato ad evitare che il materiale inquinante possa fin

dall’inizio essere prodotto e messo in circolazione. Anche l’acquisto delle borse di plastica non conformi, qualsiasi ne sia la destinazione, pertanto, integrerebbe gli estremi della condotta (di commercializzazione) vietata, in coerenza con quanto già espressamente previsto per l’attività di importazione, che altro non è se non una forma di acquisto (dall’estero).

A sostegno di tale interpretazione sembrerebbero deporre anche altri atti emessi da codesto spettabile Ministero, per quanto non esplicitamente riferiti alla casistica rappresentata nel presente interpello. Già nel D.M. del 18 marzo 2013 (“Individuazione delle caratteristiche tecniche dei sacchi per l’asporto delle merci”), il Ministero dell’ambiente forniva la seguente definizione di “commercializzazione: l’offerta o la messa a disposizione di terzi, contro pagamento o gratuita, inclusa l’importazione ma esclusa l’esportazione” (art. 1, lett. d).

Di recente, nel dare risposta ai quesiti posti da operatori e cittadini sulla nuova disciplina delle borse di plastica introdotta nel 2017, alla domanda su quale fosse l’ambito di applicazione il Ministero dell’ambiente ha risposto che “I produttori sono sia i fabbricanti, i fornitori ed i trasformatori, sia gli importatori di borse di plastica sul mercato nazionale” (vedasi link domanda 11).

Disciplina sulle borse di plastica - Istruzione per l'uso – MASE Ad avviso dello scrivente Ente, ritenere che gli operatori che acquistino le buste dagli importatori non siano assoggettati al divieto e siano sanzionabili soltanto qualora rivendano le buste, andrebbe ad eludere lo scopo della norma che è quello di impedire la circolazione degli imballaggi vietati e creerebbe una situazione di disparità di trattamento tra l’acquirente dall’estero (importatore) e l’acquirente sul mercato interno.

A ciò si aggiunga che l’art. 217 TUA precisa che “la disciplina (...) riguarda la gestione di tutti gli imballaggi immessi sul mercato dell’Unione europea e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici o da qualunque altro soggetto che produce o utilizza imballaggi o rifiuti di imballaggio, qualunque siano i materiali che li compongono. Gli operatori delle rispettive filiere degli imballaggi nel loro complesso garantiscono, secondo i principi della “responsabilità condivisa”, che l’impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo possibile per tutto il ciclo di vita”. La norma, quindi, parla di “responsabilità condivisa” proprio perché il fine della legge è quello di evitare il più possibile la dispersione nell’ambiente di materiale plastico dannoso all’ecosistema.

Il successivo art. 218 TUA identifica i soggetti che devono condividere la responsabilità. Ecco quindi, tra gli altri, gli “q) operatori economici: i produttori, gli utilizzatori, i recuperatori, i riciclatori, gli utenti finali, le pubbliche amministrazioni e i gestori; r) produttori: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio; s) utilizzatori: i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni; t) pubbliche amministrazioni e gestori: i soggetti e gli enti che provvedono alla organizzazione, controllo e gestione del servizio di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti urbani nelle forme di cui alla parte quarta del presente decreto o loro concessionari; u) utente finale: il soggetto che nell’esercizio della sua attività professionale acquista, come beni strumentali, articoli o merci imballate; v) consumatore:

il soggetto che fuori dall’esercizio di una attività professionale acquista o importa per proprio uso imballaggi, articoli o merci imballate”.

Si chiede, quindi, al fine di uniformare l’orientamento delle autorità chiamate a dare applicazione ai divieti di commercializzazione sanciti dagli articoli 226-bis e 226-ter del TUA, di precisare l’ambito di operatività e la portata dei divieti sopra richiamati, anche per fornire un elemento di certezza al vaglio giudiziale delle fattispecie in questione (si contano già diverse pronunce contrastanti emesse dai tribunali aditi in primo grado dagli operatori raggiunti dai provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, come ad esempio Tribunale civile di Piacenza sentenza n. 103/2023, che ha accolto la tesi dell'Agenzia e Tribunale civile di Cremona, sentenza n. 399/2023 che è stato invece contrario).

Si chiede in particolare a codesto Ministero di voler chiarire se nella nozione di commercializzazione vietata rientrino anche gli acquisti di imballaggi non conformi effettuati dai commercianti, qualunque sia la destinazione o l’utilizzo di tali imballaggi ed anche a prescindere dalla loro cessione a terzi.

Nel restare a disposizione per ogni ulteriore chiarimento che si rendesse necessario, si inviano i più cordiali saluti.

***

Parere del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica 3 ottobre 2024, n. 180065

Oggetto: Interpello in materia ambientale ex articolo 3-septies del D.lgs. n 152 del 2006. Chiarimenti in merito al divieto di commercializzazione di buste di plastica non aventi i requisiti previsti dagli articoli 226-bis e 226-ter del D.lgs. n 152 del 2006.

 

QUESITO

Con istanza di interpello ex art. 3-septies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la Regione Emilia-Romagna ha richiesto chiarimenti interpretativi circa l’ambito di applicazione del divieto di commercializzazione previsto dagli articoli 226-bis e 226-ter del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e sanzionato dall’art. 261, comma 4-bis, del medesimo decreto. Nello specifico, la suddetta Regione chiede al Ministero di chiarire se nel divieto di commercializzazione delle shopper di plastica rientrino anche gli acquisti di imballaggi effettuati dai commercianti, a prescindere dalla loro cessione a terzi e dalla destinazione o utilizzo degli stessi e quale sia quindi la portata del suddetto divieto.

RIFERIMENTI NORMATIVI

Con riferimento al quesito proposto, si riporta quanto segue.

1)  Direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero;

2)  articolo 9-bis del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, con il quale l’Italia ha recepito la citata direttiva (UE) 2015/720 apportando modifiche e integrazioni al d.lgs. 152 del 2006;

3)  Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ed in particolare: - l’articolo 218 comma 1, lettere:

lettera dd-ter) borse di plastica: borse con o senza manici, in plastica, fornite ai consumatori per il trasporto di merci o prodotti;

lettera dd-quater) borse di plastica in materiale leggero: borse di plastica con uno spessore della singola parete inferiore a 50 micron fornite per il trasporto;

lettera dd-quinquies) borse di plastica in materiale ultraleggero: borse di plastica con uno spessore della singola parete inferiore a 15 micron richieste a fini di igiene o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi;

lettera dd-sexies) borse di plastica oxo-degradabili: borse di plastica composte da materie plastiche contenenti additivi che catalizzano la scomposizione della materia plastica in microframmenti;

lettera dd-septies) borse di plastica biodegradabili e compostabili: borse di plastica certificate da organismi accreditati e rispondenti ai requisiti di biodegradabilità e di compostabilità, come stabiliti dal Comitato europeo di normazione ed in particolare dalla norma EN 13432, recepita con la norma nazionale UNI EN13432:2002;

lettera dd-octies) commercializzazione di borse di plastica: fornitura di borse di plastica a pagamento o a titolo gratuito da parte dei produttori e dei distributori, nonché da parte dei commercianti nei punti vendita di merci o prodotti;

- l’articolo 226-bis rubricato “Divieti di commercializzazione delle borse di plastica” secondo cui le borse di plastica riutilizzabili, con maniglia esterna o interna alla dimensione utile del sacco, possono essere commercializzate se rispettano determinate prescrizioni e caratteristiche, in funzione dello spessore della singola parete e della percentuale di plastica riciclata contenuta, impiegate come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari o in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari. Per tutte le altre tipologie di borse di plastica vi è il divieto di commercializzazione salvo le borse biodegradabili e compostabili.

- l’articolo 226-ter rubricato “Riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero” al fine di ridurre progressivamente la commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero, stabilisce che quelle identificate come biodegradabili e compostabili possono essere commercializzate se presentano caratteristiche, attestate da certificazioni rilasciate da organismi accreditatati, di biodegradabilità e compostabilità secondo la norma armonizzata UNI EN 13432:2002 e un contenuto minimo di materia prima rinnovabile secondo la tempistica e le caratteristiche di commercializzazione individuate nel medesimo articolo.

- l’articolo 261, comma 4-bis, che stabilisce la sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione delle disposizioni di cui agli articoli 226-bis e 226-ter. L’articolo sanziona la condotta di commercializzazione di determinate borse di plastica.

CONSIDERAZIONI DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA SICUREZZA ENERGETICA

Al fine di fornire i richiesti chiarimenti, in considerazione del quadro normativo sopraesposto, del parere di ISPRA richiesto con nota prot. n. 88358 del 14/05/2024 e fornito con nota prot. n. 99484 del 29/05/2024 e alla luce dell’istruttoria tecnica condotta si rappresenta quanto segue.

Il quadro normativo di riferimento è rintracciabile nella Direttiva 2015/720/UE, che ha imposto agli Stati membri di adottare misure per ridurre in maniera sostenuta l’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero.

Con decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, è stata recepita nell’ordinamento nazionale la suddetta direttiva e sono stati introdotti gli articoli 226-bis e 226-ter al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che dispongono rispettivamente il divieto di commercializzazione delle buste di plastica e la riduzione della commercializzazione delle buste di plastica in materiale ultraleggero.

Al divieto di cui all’articolo 226-bis, oggetto dell’istanza di interpello, è collegata la disposizione prevista all’articolo 261 del medesimo decreto legislativo, che al comma 4-bis, punisce il trasgressore con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2500 a 25000. Tale sanzione è aumentata in ragione della gravità della violazione ai sensi del successivo comma 4-ter.

Successivamente all’introduzione di tale disciplina, il Ministero dell’ambiente ha avuto modo di fornire chiarimenti su alcuni aspetti operativi al fine di agevolarne la corretta attuazione, attraverso la pubblicazione di una circolare rinvenibile al seguente link: sacchetti_istruzioni_uso_dgrin.pdf (mase.gov.it). Fermo restando quanto già espresso nella citata circolare, si riportano di seguito ulteriori considerazioni in merito al quesito posto nell’istanza.

La commercializzazione, condotta oggetto di sanzione, è definita dallo stesso legislatore all’articolo 218, primo comma, lett. dd-octies) come la “fornitura di borse di plastica a pagamento o a titolo

gratuito da parte dei produttori e dei distributori, nonché da parte dei commercianti nei punti vendita di merci o prodotti”. Ai fini dell’applicazione delle suddette disposizioni normative, il medesimo art. 218, primo comma, alla lett. r) qualifica come produttori i «fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio», mentre, alla lett. s), individua quali utilizzatori i distributori e i commercianti. Il legislatore ha inteso includere nel divieto, dunque, sia coloro che forniscono le shopper (produttori), sia coloro che le utilizzano (distributori e commercianti), richiamandoli entrambi come soggetti responsabili della fornitura e, dunque, della commercializzazione, in modo tale da garantire una effettiva riduzione della circolazione delle stesse in linea con l’obiettivo europeo.

Per quel che concerne, invece, la condotta rilevante al fine dell’applicazione della sanzione, la norma si riferisce alla fornitura delle borse di plastica non rispondenti alle specifiche caratteristiche individuate dalla disciplina. I termini utilizzati dal legislatore per individuare la condotta punibile appaiono dunque riferibili ad un’azione attiva svolta da uno soggetto (produttore, distributore o commerciante nei punti vendita) finalizzata a fornire l’imballaggio (buste di plastica non conformi), a titolo oneroso o gratuito, ad un qualsiasi altro soggetto. In tal senso viene in rilievo quanto espresso dalla giurisprudenza di merito circa l’effettiva portata del divieto in argomento in alcuni casi concreti sottoposti all’attenzione dell’autorità giudiziaria, ed in particolare, è stato chiarito “che il mero acquisto non può essere fatto rientrare nel concetto di commercializzazione e che la condotta punita dalla norma è la effettiva fornitura delle buste da parte dei commercianti, a titolo gratuito o oneroso, nei punti vendita” (Tribunale di Cremona, sez. I, 25/07/2023, n. 399). Ed ancora, la giurisprudenza di merito ha chiarito che “il divieto riguarda la commercializzazione e non la detenzione (quand'anche a fini di vendita o di distribuzione a titolo gratuito)”, e ha ritenuto che “la circostanza che le buste fossero potenzialmente destinate alla commercializzazione e che fossero detenute a fini commerciali (...) sono elementi irrilevanti posto che la violazione, come già evidenziato, punisce l'effettiva commercializzazione” (Tribunale di Torino, sez. III, 19/04/2022, n. 1529).

Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3- septies del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.

 

 

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