Due diligence e sostenibilità: la direttiva (Ue) 2024/1760 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2024, che modifica la direttiva (Ue) 2019/1937 e il regolamento (Ue) 2023/2859, è stata pubblicata sulla G.U.U.E. L del 5 luglio 2024.
I soggetti coinvolti
La presente direttiva si applica alle società che sono costituite in conformità della normativa di uno Stato membro e soddisfano una delle condizioni seguenti:
- più di 1.000 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale superiore a 45.000.000 € nell’ultimo esercizio per il quale è stato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio d’esercizio;
- pur senza raggiungere i limiti minimi di cui sopra, essere la società capogruppo di un gruppo che ha raggiunto tali limiti minimi nell’ultimo esercizio per il quale è stato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio d’esercizio consolidato;
- aver concluso o essere la società capogruppo di un gruppo che ha concluso accordi di franchising o di licenza nell’Unione in cambio di diritti di licenza con società terze indipendenti, qualora questi accordi garantiscano un’identità comune, un concetto aziendale comune e l’applicazione di metodi aziendali uniformi e ammontino a più di 22.500.000 € nell’ultimo esercizio in cui è stato adottato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio annuale.
Gli obblighi
Le norme stabilite riguardano gli obblighi delle società rispetto agli impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente (incluso quello di adottare e attuare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici), nonché le responsabilità delle violazioni di questi obblighi.
Di seguito il testo della direttiva (Ue) 2024/1760.
Direttiva (UE) 2024/1760 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2024, relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e il regolamento (UE) 2023/2859
(G.U.U.E. L del 5 luglio 2024)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
(omissis)
Articolo 1
Oggetto
1. La presente direttiva stabilisce norme in materia di:
a) obblighi rispetto agli impatti negativi sui diritti umani e agli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali, che incombono alle società nell’ambito delle proprie attività, delle attività delle loro filiazioni e delle attività svolte dai loro partner commerciali nelle catene di attività di tali società;
b) responsabilità delle violazioni di detti obblighi di cui alla lettera a); e
c) obblighi che incombono sulle società di adottare e attuare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici volto a garantire, con il massimo impegno possibile, la compatibilità del modello e della strategia aziendali della società con la transizione verso un’economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 oC in linea con l’accordo di Parigi.
2. La presente direttiva non può essere addotta per ridurre il livello di tutela dei diritti umani, occupazionali e sociali o di protezione dell’ambiente o del clima previsto dal diritto nazionale degli Stati membri o da contratti collettivi applicabili al momento della sua adozione.
3. La presente direttiva lascia impregiudicati gli obblighi in materia di diritti umani, occupazionali e sociali, nonché di protezione dell’ambiente e cambiamenti climatici previsti da altri atti legislativi dell’Unione. Se una disposizione della presente direttiva contrasta con una disposizione di altro atto legislativo dell’Unione che persegue gli stessi obiettivi e impone obblighi più ampi o più specifici, la disposizione dell’altro atto legislativo dell’Unione in questione prevale per gli aspetti contrastanti e si applica in riferimento a tali obblighi specifici.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente direttiva si applica alle società che sono costituite in conformità della normativa di uno Stato membro e soddisfano una delle condizioni seguenti:
a) avere avuto, in media, più di 1 000 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale superiore a 450 000 000 EUR nell’ultimo esercizio per il quale è stato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio d’esercizio;
b) pur senza raggiungere i limiti minimi di cui alla lettera a), essere la società capogruppo di un gruppo che ha raggiunto tali limiti minimi nell’ultimo esercizio per il quale è stato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio d’esercizio consolidato;
c) aver concluso o essere la società capogruppo di un gruppo che ha concluso accordi di franchising o di licenza nell’Unione in cambio di diritti di licenza con società terze indipendenti, qualora tali accordi garantiscano un’identità comune, un concetto aziendale comune e l’applicazione di metodi aziendali uniformi, e qualora tali diritti di licenza ammontassero a più di 22 500 000 EUR nell’ultimo esercizio in cui è stato adottato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio annuale, e a condizione di aver registrato o di essere la società capogruppo di un gruppo che ha registrato un fatturato netto a livello mondiale superiore a 80 000 000 EUR nell’ultimo esercizio in cui è stato adottato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio annuale.
2. La presente direttiva si applica alle società che sono costituite in conformità della normativa di un paese terzo e soddisfano una delle condizioni seguenti:
a) avere generato un fatturato netto superiore a 450 000 000 EUR nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio;
b) pur senza raggiungere il limite minimo di cui alla lettera a), essere la società capogruppo di un gruppo che, su base consolidata, ha raggiunto tale limite minimo nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio;
c) aver concluso o essere la società capogruppo di un gruppo che ha concluso accordi di franchising o di licenza nell’Unione in cambio di diritti di licenza con società terze indipendenti, qualora tali accordi garantiscano un’identità comune, un concetto aziendale comune e l’applicazione di metodi aziendali uniformi, e qualora tali diritti di licenza ammontassero a più di 22 500 000 EUR nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio; e a condizione di avere generato o di essere la società capogruppo di un gruppo che ha generato un fatturato netto superiore a 80 000 000 EUR nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio.
3. Se la società capogruppo ha come attività principale la detenzione di azioni in filiazioni operative e non è coinvolta nell’adozione di decisioni gestionali, operative o finanziarie che interessano il gruppo o una o più delle sue filiazioni, può essere esentata dall’adempimento degli obblighi di cui alla presente direttiva. Tale esenzione è subordinata alla condizione che una delle filiazioni della società capogruppo stabilite nell’Unione sia designata per adempiere gli obblighi di cui agli articoli da 6 a 16 e all’articolo 22 per conto della società capogruppo, compresi gli obblighi della società capogruppo in relazione alle attività delle sue filiazioni. In tal caso alla filiazione designata sono forniti tutti i mezzi e l’autorità giuridica necessari per adempiere efficacemente tali obblighi, in particolare per garantire che la filiazione designata ottenga dalle società del gruppo le informazioni e i documenti pertinenti per adempiere gli obblighi della società capogruppo a norma della presente direttiva.
La società capogruppo chiede l’esenzione di cui al primo comma del presente paragrafo all’autorità di controllo competente, conformemente all’articolo 24, al fine di valutare se le condizioni di cui al primo comma del presente paragrafo sono soddisfatte. Se le condizioni sono soddisfatte, l’autorità di controllo competente concede l’esenzione. Se del caso, tale autorità informa debitamente della domanda, e successivamente della sua decisione, l’autorità di controllo competente dello Stato membro in cui è stabilita la filiazione designata.
La società capogruppo rimane responsabile congiuntamente con la filiazione designata per il mancato adempimento, da parte di quest’ultima, degli obblighi di cui al primo comma del presente paragrafo.
4. Ai fini del paragrafo 1 il numero di dipendenti che lavorano a tempo parziale è calcolato su base equivalente a tempo pieno. Il personale interinale e altri lavoratori occupati in forme di lavoro atipiche sono inclusi nel calcolo del numero di dipendenti come se si trattasse di lavoratori assunti direttamente dalla società per lo stesso periodo di tempo, purché soddisfino i criteri stabiliti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea per determinare lo status di lavoratore.
5. La direttiva si applica alle società che soddisfano le condizioni di cui ai paragrafi 1 o 2 solo se tali condizioni sono soddisfatte per due esercizi consecutivi. La presente direttiva cessa di applicarsi alle società di cui ai paragrafi 1 o 2 qualora le condizioni stabilite in tali paragrafi non siano più soddisfatte per ciascuno degli ultimi due esercizi finanziari pertinenti.
6. Per quanto riguarda le società di cui al paragrafo 1, lo Stato membro competente a disciplinare le materie contemplate dalla presente direttiva è lo Stato membro in cui la società ha la sede legale.
7. Per quanto riguarda una società di cui al paragrafo 2, lo Stato membro competente a disciplinare le materie contemplate dalla presente direttiva è lo Stato membro in cui tale società ha una sede. Qualora una società non abbia una sede in nessuno Stato membro oppure abbia succursali situate in diversi Stati membri, lo Stato membro competente a disciplinare le materie contemplate dalla presente direttiva è quello in cui tale società ha generato il fatturato netto più elevato nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio.
8. La presente direttiva non si applica ai FIA, quali definiti all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio[1]Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010 (GU L 174 dell’1.7.2011, pag. 1). né agli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[2]Direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 302 del 17.11.2009, pag. 32)..
Articolo 3
Definizioni
1. Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti:
a) «società»: uno dei soggetti seguenti:
i) una persona giuridica costituita in una delle forme giuridiche elencate negli allegati I e II della direttiva 2013/34/UE;
ii) una persona giuridica costituita a norma del diritto di un paese terzo in una forma comparabile a quelle elencate negli allegati I e II della direttiva 2013/34/UE;
iii) un’impresa finanziaria regolamentata, a prescindere dalla forma giuridica, che è:
— un ente creditizio, quale definito all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio[3]Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 1).;
— un’impresa di investimento, quale definita all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio[4]Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 349).;
— un gestore di fondi di investimento alternativi (GEFIA), quale definito all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/61/UE, compresi il gestore di fondi europei per il venture capital (EuVECA), a norma del regolamento (UE) n. 345/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio[5]Regolamento (UE) n. 345/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2013, relativo ai fondi europei per il venture capital (GU L 115 del 25.4.2013, pag. 1)., il gestore di fondi europei per l’imprenditoria sociale (EuSEF), a norma del regolamento (UE) n. 346/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio,[6]Regolamento (UE) n. 346/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2013, relativo ai fondi europei per il venture capital (GU L 115 del 25.4.2013, pag. 18). e il gestore di fondi di investimento europei a lungo termine (ELTIF), a norma del regolamento (UE) 2015/760 del Parlamento europeo e del Consiglio[7]Regolamento (UE) 2015/760 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, relativo ai fondi di investimento europei a lungo termine (GU L 123 del 19.5.2015, pag. 98).;
— una società di gestione, quale definita all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2009/65/CE;
— un’impresa di assicurazione, quale definita all’articolo 13, punto 1, della direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[8]Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II) (GU L 335 del 17.12.2009, pag. 1).;
— un’impresa di riassicurazione, quale definita all’articolo 13, punto 4, della direttiva 2009/138/CE;
— un ente pensionistico aziendale o professionale che rientra nell’ambito di applicazione della direttiva (UE) 2016/2341 conformemente all’articolo 2 della stessa, a meno che lo Stato membro abbia deciso di non applicare, in tutto o in parte, tale direttiva a tali enti che gestiscono schemi pensionistici aziendali e professionali, a norma dell’articolo 5 della medesima direttiva;
— una controparte centrale, quale definita all’articolo 2, punto 1, del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio[9]Regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni (GU L 201 del 27.7.2012, pag. 1).;
— un depositario centrale di titoli, quale definito all’articolo 2, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio[10]Regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, relativo al miglioramento del regolamento titoli nell’Unione europea e ai depositari centrali di titoli e recante modifica delle direttive 98/26/CE e 2014/65/UE e del regolamento (UE) n. 236/2012 (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 1).;
— una società veicolo di assicurazione o di riassicurazione autorizzata a norma dell’articolo 211 della direttiva 2009/138/CE;
— una società veicolo per la cartolarizzazione quale definita all’articolo 2, punto 2, del regolamento (UE) 2017/2402 del Parlamento europeo e del Consiglio[11]Regolamento (UE) 2017/2402 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che stabilisce un quadro generale per la cartolarizzazione, instaura un quadro specifico per cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate e modifica le direttive 2009/65/CE, 2009/138/CE e 2011/61/UE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 648/2012 (GU L 347 del 28.12.2017, pag. 35).;
— una società di partecipazione finanziaria, quale definita all’articolo 4, paragrafo 1, punto 20, del regolamento (UE) n. 575/2013, una società di partecipazione assicurativa, quale definita all’articolo 212, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2009/138/CE, o una società di partecipazione finanziaria mista, quale definita all’articolo 212, paragrafo 1, lettera h), della direttiva 2009/138/CE, che fa parte di un gruppo assicurativo soggetto a vigilanza a livello di gruppo a norma dell’articolo 213 di tale direttiva e che non è esentata dalla vigilanza di gruppo a norma dell’articolo 214, paragrafo 2, della direttiva 2009/138/CE;
— un istituto di pagamento, di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), della direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio[12]Direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE, 2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE (GU L 337 del 23.12.2015, pag. 35).;
— un istituto di moneta elettronica, quale definito all’articolo 2, punto 1), della direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[13]Direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE (GU L 267 del 10.10.2009, pag. 7).;
— un fornitore di servizi di crowdfunding, quale definito all’articolo 2, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (UE) 2020/1503 del Parlamento europeo e del Consiglio[14]Regolamento (UE) 2020/1503 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 ottobre 2020, relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese, e che modifica il regolamento (UE) 2017/1129 e la direttiva (UE) 2019/1937 (GU L 347 del 20.10.2020, pag. 1).;
— un prestatore di servizi per le cripto-attività, quale definito all’articolo 3, paragrafo 1, punto 15, del regolamento (UE) 2023/1114 del Parlamento europeo e del Consiglio[15]Regolamento (UE) 2023/1114 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 2023, relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 1095/2010 e le direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/1937 (MiCA) (GU L 150 del 9.6.2023, pag. 40)., che presta uno o più servizi per le cripto-attività, quali definiti all’articolo 3, paragrafo 1, punto 16, del medesimo regolamento;
b) «impatto ambientale negativo»: impatto negativo sull’ambiente causato dalla violazione dei divieti e degli obblighi elencati nell’allegato della presente direttiva, parte I, sezione 1, punti 15 e 16, e parte II, tenendo conto della legislazione nazionale connessa alle disposizioni degli strumenti ivi elencati;
c) «impatto negativo sui diritti umani»: impatto su persone causato da:
i) un abuso di uno dei diritti umani elencati nell’allegato della presente direttiva, parte I, sezione 1, in quanto tali diritti umani sono sanciti dagli strumenti internazionali elencati nell’allegato della presente direttiva, parte I, sezione 2;
ii) un abuso di un diritto umano non elencato nell’allegato della presente direttiva, parte I, sezione 1, ma sancito dagli strumenti in materia di diritti umani elencati nell’allegato della presente direttiva, parte I, sezione 2, a condizione che:
— il diritto umano possa essere oggetto di abuso da parte di una società o di un soggetto giuridico;
— l’abuso del diritto umano pregiudichi direttamente un interesse giuridico tutelato dagli strumenti in materia di diritti umani elencati nell’allegato della presente direttiva, parte I, sezione 2; e
— la società sia stata ragionevolmente in grado di prevedere il rischio che tale diritto umano potesse essere leso, considerate le circostanze del caso specifico, compresi la natura e la portata delle attività commerciali della società e la sua catena di attività, le caratteristiche del settore economico e il contesto geografico e operativo;
d) «impatto negativo»: impatto ambientale negativo o impatto negativo sui diritti umani;
e) «filiazione»: persona giuridica, quale definita all’articolo 2, punto 10, della direttiva 2013/34/UE, e persona giuridica per il cui tramite è esercitata l’attività di «impresa controllata», quale definita all’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[16]Direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE (GU L 390 del 31.12.2004, pag. 38).;
f) «partner commerciale»: un soggetto:
i) con il quale la società ha concluso un accordo commerciale connesso alle attività, ai prodotti o ai servizi della società o al quale la società fornisce servizi a norma della lettera g) («partner commerciale diretto»); o
ii) che non è un partner commerciale diretto ma svolge attività commerciali connesse alle attività, ai prodotti o ai servizi della società («partner commerciale indiretto»);
g) «catena di attività»:
i) attività di un partner commerciale a monte di una società inerenti alla produzione di beni o alla prestazione di servizi da parte di tale società, compresi la progettazione, l’estrazione, l’approvvigionamento, la produzione, il trasporto, l’immagazzinamento e la fornitura di materie prime, prodotti o parti di prodotti e lo sviluppo del prodotto o del servizio; e
ii) attività di un partner commerciale a valle di una società inerenti alla distribuzione, al trasporto e all’immagazzinamento del prodotto di tale società, laddove i partner commerciali svolgano tali attività per la società o a nome della società, a eccezione della distribuzione, del trasporto e dell’immagazzinamento del prodotto soggetto al controllo delle esportazioni a norma del regolamento (UE) 2021/821 o a controlli delle esportazioni relativi ad armi, munizioni o materiali bellici, una volta che l’esportazione del prodotto sia stata autorizzata;
h) «verifica di terzo indipendente»: verifica del fatto che la società o parti della sua catena di attività assolvano gli obblighi in materia di diritti umani e di ambiente derivanti dalla presente direttiva, effettuata da un esperto obiettivo, completamente indipendente dalla società, che sia esente da conflitti di interesse e da pressioni esterne, possegga esperienza e competenza in materia di diritti umani o di ambiente, a seconda della natura dell’impatto negativo, e risponda della qualità e dell’attendibilità della verifica;
i) «PMI»: microimpresa, piccola impresa o media impresa, quale ne sia la forma giuridica, che non fa parte di un grande gruppo, secondo le rispettive definizioni dei termini di cui all’articolo 3, paragrafi 1, 2, 3 e 7, della direttiva 2013/34/UE;
j) «iniziativa di settore o multipartecipativa»: insieme stabilito su base volontaria di procedure, strumenti e meccanismi per l’esercizio del dovere di diligenza, sviluppato e controllato da governi, associazioni di settore, organizzazioni interessate, comprese organizzazioni della società civile, o raggruppamenti o combinazioni di essi, a cui le imprese possono partecipare al fine di sostenere l’adempimento degli obblighi relativi al dovere di diligenza;
k) «mandatario»: persona fisica o giuridica residente o stabilita nell’Unione alla quale una società ai sensi della lettera a), punto ii), ha conferito l’incarico di agire per suo conto quanto all’assolvimento degli obblighi che le incombono a norma della presente direttiva;
l) «impatto negativo grave»: impatto negativo che è particolarmente incisivo in ragione della sua natura, come ad esempio un impatto che comporta un danno alla vita, alla salute o alla libertà delle persone, o in ragione della sua entità, portata o carattere irrimediabile, tenendo in considerazione la sua gravità, compreso il numero di persone fisiche che sono o possono essere colpite, la misura in cui l’ambiente è o può essere danneggiato o altrimenti colpito, la sua irreversibilità e i limiti alla capacità di riportare le persone fisiche o l’ambiente colpiti a una situazione equivalente a quella esistente prima dell’impatto entro un periodo di tempo ragionevole;
m) «fatturato netto»:
i) i «ricavi netti delle vendite e delle prestazioni», quali definiti all’articolo 2, punto 5, della direttiva 2013/34/UE; o
ii) se la società applica i principi contabili internazionali adottati in base al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio[17] Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (GU L 243 dell’11.9.2002, pag. 1).o è una società ai sensi della lettera a), punto ii), i ricavi quali definiti nella disciplina di informativa finanziaria, o ai sensi di questa, sulla cui base è redatto il bilancio della società;
n) «portatori di interessi»: dipendenti della società, dipendenti delle sue filiazioni, sindacati e rappresentanti dei lavoratori, consumatori e altre persone fisiche, gruppi, comunità o soggetti i cui diritti o interessi sono o potrebbero essere lesi dai prodotti, dai servizi e dalle attività della società, delle sue filiazioni e dei suoi partner commerciali, compresi i dipendenti dei partner commerciali e i rispettivi sindacati e rappresentanti dei lavoratori, le istituzioni nazionali in materia di diritti umani e ambiente, le organizzazioni della società civile le cui finalità includono la protezione dell’ambiente e i legittimi rappresentanti di tali persone fisiche, gruppi, comunità o soggetti;
o) «misure adeguate»: misure che permettono di conseguire gli obiettivi del dovere di diligenza, affrontando efficacemente gli impatti negativi in modo commisurato al grado di gravità e alla probabilità dell’impatto negativo, e ragionevolmente disponibili per la società, considerate le circostanze del caso specifico, comprese la natura e la portata dell’impatto negativo e dei fattori di rischio pertinenti;
p) «rapporto d’affari»: la relazione di una società con un partner commerciale;
q) «società madre»: una società che controlla una o più filiazioni;
r) «società capogruppo»: una società madre che controlla, direttamente o indirettamente secondo i criteri di cui all’articolo 22, paragrafi da 1 a 5, della direttiva 2013/34/UE, una o più filiazioni e non è controllata da un’altra società;
s) «gruppo di società» o «gruppo»: una società madre e tutte le sue filiazioni;
t) «riparazione»: il ripristino per la persona o le persone colpite, per le comunità o per l’ambiente di una situazione equivalente o più vicina possibile a quella in cui si troverebbero se non si fosse verificato un impatto negativo effettivo, in proporzione all’implicazione della società nell’impatto negativo, anche mediante il risarcimento finanziario o non finanziario fornito dalla società alla persona o alle persone colpite dall’impatto negativo effettivo e, se del caso, il rimborso dei costi sostenuti dalle autorità pubbliche per le misure correttive eventualmente necessarie;
u) «fattori di rischio»: fatti, situazioni o circostanze connessi alla gravità e alla probabilità di un impatto negativo, compresi i fatti, le situazioni o le circostanze a livello di società, quelli relativi alle attività commerciali, quelli geografici e contestuali, quelli connessi ai prodotti e ai servizi e quelli settoriali;
v) «gravità di un impatto negativo»: l’entità, la portata o il carattere irrimediabile dell’impatto negativo, tenendo in considerazione la gravità di un impatto negativo, compreso il numero di persone fisiche che sono o possono esserne colpite, la misura in cui l’ambiente è o può esserne danneggiato o altrimenti colpito, la sua irreversibilità e i limiti alla capacità di riportare le persone fisiche o l’ambiente colpiti a una situazione equivalente a quella esistente prima dell’impatto entro un periodo di tempo ragionevole.
2. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 34 al fine di modificare l’allegato della presente direttiva:
a) aggiungendo i riferimenti agli articoli degli strumenti internazionali ratificati da tutti gli Stati membri e rientranti nell’ambito di applicazione di uno specifico diritto, divieto o obbligo connesso alla tutela dei diritti umani, delle libertà fondamentali e dell’ambiente elencato nell’allegato della presente direttiva;
b) modificando, se del caso, i riferimenti agli strumenti internazionali di cui all’allegato della presente direttiva, in vista della modifica, della sostituzione o dell’abrogazione di tali strumenti;
c) conformemente agli sviluppi intervenuti nelle pertinenti sedi internazionali in merito agli strumenti elencati nell’allegato della presente direttiva, parte 1, sezione 2:
i) sostituendo i riferimenti agli strumenti elencati con i riferimenti a nuovi strumenti concernenti la stessa materia e ratificati da tutti gli Stati membri; o
ii) aggiungendo i riferimenti a nuovi strumenti concernenti la stessa materia degli strumenti elencati e ratificati da tutti gli Stati membri.
Articolo 4
Livello di armonizzazione
1. Fatto salvo l’articolo 1, paragrafi 2 e 3, gli Stati membri non introducono nel proprio diritto nazionale disposizioni nel settore disciplinato dalla presente direttiva che stabiliscano obblighi relativi al dovere di diligenza in materia di diritti umani e ambiente che divergono da quelli stabiliti all’articolo 8, paragrafi 1 e 2, all’articolo 10, paragrafo 1, e all’articolo 11, paragrafo 1.
2. Nonostante il paragrafo 1, la presente direttiva non impedisce agli Stati membri di introdurre nel proprio diritto nazionale disposizioni più rigorose che divergono da quelle stabilite in disposizioni diverse dall’articolo 8, paragrafi 1 e 2, dall’articolo 10, paragrafo 1, e dall’articolo 11, paragrafo 1, o disposizioni più specifiche in termini di obiettivo o di settore interessato, al fine di conseguire un diverso livello di tutela dei diritti umani, occupazionali e sociali, dell’ambiente o del clima.
Articolo 5
Dovere di diligenza
1. Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società eserciti il dovere di diligenza basato sul rischio in materia di diritti umani e di ambiente di cui agli articoli da 7 a 16 («dovere di diligenza») mediante:
a) integrazione del dovere di diligenza nelle proprie politiche e nei propri sistemi di gestione dei rischi in conformità dell’articolo 7;
b) individuazione e valutazione degli impatti negativi effettivi o potenziali in conformità dell’articolo 8 e, se necessario, attribuzione di priorità agli impatti negativi effettivi e potenziali in conformità dell’articolo 9;
c) prevenzione e attenuazione degli impatti negativi potenziali e arresto degli impatti negativi effettivi e minimizzazione della relativa entità in conformità degli articoli 10 e 11;
d) riparazione degli impatti negativi effettivi in conformità dell’articolo 12;
e) svolgimento di un dialogo significativo con i portatori di interessi in conformità dell’articolo 13;
f) instaurazione e mantenimento di un meccanismo di notifica e una procedura di reclamo in conformità dell’articolo 14;
g) monitoraggio dell’efficacia della politica e delle misure relative al dovere di diligenza in conformità dell’articolo 15;
h) comunicazione pubblica sul dovere di diligenza in conformità dell’articolo 16.
2. Gli Stati membri provvedono a che, ai fini del dovere di diligenza, ciascuna società abbia il diritto di condividere risorse e informazioni all’interno del gruppo di società di cui è parte e con altri soggetti giuridici.
3. Gli Stati membri provvedono a che i partner commerciali non siano obbligati a rivelare a società che adempiono gli obblighi derivanti dalla presente direttiva informazioni che costituiscono un segreto commerciale ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della direttiva (UE) 2016/943, fatta salva la divulgazione dell’identità dei partner commerciali, diretti e indiretti, o di informazioni essenziali necessarie per individuare gli impatti negativi effettivi o potenziali, ove necessario e debitamente giustificato per il rispetto degli obblighi relativi al dovere di diligenza da parte della società. Ciò non pregiudica la possibilità, per i partner commerciali, di proteggere i loro segreti commerciali attraverso i meccanismi istituiti dalla direttiva (UE) 2016/943. I partner commerciali non sono mai obbligati a rivelare informazioni classificate o di altro tipo la cui divulgazione comporterebbe un rischio per gli interessi essenziali della sicurezza di uno Stato.
4. Gli Stati membri impongono alle società di conservare la documentazione riguardante le azioni svolte per adempiere gli obblighi relativi al dovere di diligenza al fine di attestare la conformità, compresi gli elementi di prova, per almeno cinque anni dal momento in cui tale documentazione è stata prodotta o ottenuta.
Qualora, alla scadenza del periodo di conservazione di cui al primo comma, siano in corso procedimenti giudiziari o amministrativi a norma della presente direttiva, il periodo di conservazione è prorogato fino alla conclusione della questione.
Articolo 6
Sostegno a livello di gruppo per il dovere di diligenza
1. Gli Stati membri provvedono a che le società madri che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva siano autorizzate ad adempiere gli obblighi di cui agli articoli da 7 a 11 e all’articolo 22 per conto di società che sono filiazioni di tali società madri e che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, se ciò garantisce l’effettiva conformità. Questo non pregiudica il fatto che tali filiazioni siano assoggettate all’esercizio dei poteri dell’autorità di controllo in conformità dell’articolo 25 e alla loro responsabilità civile in conformità dell’articolo 29.
2. L’adempimento degli obblighi relativi al dovere di diligenza di cui agli articoli da 7 a 16 da parte di una società madre in conformità del paragrafo 1 del presente articolo è soggetto a tutte le condizioni seguenti:
a) la filiazione e la società madre si scambiano tutte le informazioni necessarie e cooperano per adempiere gli obblighi derivanti dalla presente direttiva;
b) la filiazione si attiene alla politica relativa al dovere di diligenza della società madre, opportunamente adattata per garantire che gli obblighi di cui all’articolo 7, paragrafo 1, siano assolti in relazione alla filiazione;
c) la filiazione integra il dovere di diligenza in tutte le proprie politiche e i propri sistemi di gestione dei rischi in conformità dell’articolo 7, descrivendo chiaramente quali obblighi devono essere assolti dalla società madre e, ove necessario, informa i pertinenti portatori di interessi al riguardo;
d) se necessario, la filiazione continua ad adottare misure adeguate in conformità degli articoli 10 e 11 e continua ad adempiere gli obblighi di cui agli articoli 12 e 13;
e) se del caso, la filiazione chiede a un partner commerciale diretto garanzie contrattuali conformemente all’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), o all’articolo 11, paragrafo 3, lettera c), chiede garanzie contrattuali a un partner commerciale indiretto conformemente all’articolo 10, paragrafo 4, o all’articolo 11, paragrafo 5, e sospende temporaneamente o cessa il rapporto d’affari conformemente all’articolo 10, paragrafo 6, o all’articolo 11, paragrafo 7.
3. Se la società madre adempie l’obbligo di cui all’articolo 22 per conto della filiazione in conformità del paragrafo 1 del presente articolo, la filiazione adempie gli obblighi di cui all’articolo 22 conformemente al piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici della società madre, opportunamente adattato al suo modello e alla sua strategia aziendali.
Articolo 7
Integrazione del dovere di diligenza nelle politiche e nei sistemi di gestione dei rischi della società
1. Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società integri il dovere di diligenza in tutte le sue pertinenti politiche e i suoi pertinenti sistemi di gestione dei rischi e abbia predisposto una politica relativa al dovere di diligenza che garantisca un dovere di diligenza basato sul rischio.
2. La politica relativa al dovere di diligenza di cui al paragrafo 1 è elaborata previa consultazione con i dipendenti della società e i loro rappresentanti e prevede tutti gli elementi seguenti:
a) una descrizione dell’approccio della società al dovere di diligenza, anche a lungo termine;
b) un codice di condotta che illustri le norme e i principi cui devono attenersi l’intera società e le sue filiazioni, nonché i partner commerciali diretti o indiretti della società, in conformità dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), dell’articolo 10, paragrafo 4, dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera c), o dell’articolo 11, paragrafo 5; e
c) una descrizione delle procedure predisposte per l’integrazione del dovere di diligenza nelle pertinenti politiche della società e per l’esercizio del dovere di diligenza, comprese le misure adottate per verificare il rispetto del codice di condotta di cui alla lettera b) e per estenderne l’applicazione ai partner commerciali.
3. Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società aggiorni le rispettive politiche relative al dovere di diligenza senza indebito ritardo dopo il verificarsi di un cambiamento significativo e riesamini e, se necessario, aggiorni tali politiche almeno ogni 24 mesi.
Per le finalità di cui al primo comma, le società tengono conto degli impatti negativi già individuati a norma dell’articolo 8, nonché delle misure adeguate adottate per affrontarli a norma degli articoli 10 e 11 e conformemente all’esito delle valutazioni effettuate a norma dell’articolo 15.
Articolo 8
Individuazione e valutazione degli impatti negativi effettivi e potenziali
1. Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società adotti misure adeguate per individuare e valutare gli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, causati dalle proprie attività o da quelle delle sue filiazioni e, se collegate alla propria catena di attività, da quelle dei suoi partner commerciali, in conformità del presente articolo.
2. Nell’ambito dell’obbligo previsto dal paragrafo 1, tenendo conto dei fattori di rischio pertinenti, le società adottano misure adeguate per:
a) mappare le proprie attività, quelle delle loro filiazioni e, se collegate alle proprie catene di attività, quelle dei loro partner commerciali, al fine di individuare i settori generali in cui è più probabile che gli impatti negativi si verifichino e siano di maggiore gravità;
b) sulla base dei risultati della mappatura di cui alla lettera a), effettuare una valutazione approfondita delle proprie attività, di quelle delle loro filiazioni e, se collegate alle catene di attività cui partecipano, di quelle dei loro partner commerciali, nei settori in cui è stata individuata una maggiore probabilità che gli impatti negativi si verifichino e siano di maggiore gravità.
3. Gli Stati membri provvedono a che le società siano autorizzate a valersi di risorse adeguate, tra cui relazioni indipendenti e informazioni raccolte con il meccanismo di notifica e la procedura di reclamo di cui all’articolo 14, al fine di individuare e valutare gli impatti negativi di cui al paragrafo 1 basandosi, se del caso, su informazioni quantitative e qualitative.
4. Qualora le informazioni necessarie per la valutazione approfondita prevista dal paragrafo 2, lettera b), possano essere ottenute dai partner commerciali a diversi livelli della catena di attività, la società attribuisce la priorità alla richiesta di tali informazioni, ove ragionevole, direttamente ai partner commerciali presso cui è più probabile che si verifichino gli impatti negativi.
Articolo 9
Attribuzione di priorità agli impatti negativi effettivi e potenziali individuati
1. Al fine di adempiere gli obblighi di cui agli articoli 10 o 11, qualora non sia possibile prevenire, attenuare, arrestare o minimizzare contemporaneamente e in modo completo tutti gli impatti negativi individuati, gli Stati membri provvedono a che le società attribuiscano priorità agli impatti negativi individuati a norma dell’articolo 8.
2. L’attribuzione di priorità di cui al paragrafo 1 si basa sulla gravità e sulla probabilità degli impatti negativi.
3. Una volta che gli impatti negativi più gravi e più probabili sono stati affrontati in conformità degli articoli 10 o 11 entro un ragionevole lasso di tempo, la società affronta gli impatti negativi meno gravi e meno probabili.
Articolo 10
Prevenzione degli impatti negativi potenziali
1. Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società adotti misure adeguate in conformità dell’articolo 9 e del presente articolo per prevenire gli impatti negativi potenziali che sono stati o avrebbero dovuto essere individuati a norma dell’articolo 8 o, qualora la prevenzione non sia possibile o non lo sia immediatamente, per attenuarli sufficientemente.
Al fine di stabilire le misure adeguate di cui al primo comma, si tiene debitamente conto dei seguenti elementi:
a) se l’impatto negativo potenziale può essere causato solo dalla società, se può essere causato congiuntamente dalla società e da una filiazione o da un partner commerciale, mediante atti o omissioni, o se può essere causato solo da un partner commerciale della società nella catena di attività;
b) se l’impatto negativo potenziale può verificarsi nelle attività di una filiazione, di un partner commerciale diretto o di un partner commerciale indiretto; e
c) la capacità della società di influenzare il partner commerciale che può causare o causare congiuntamente l’impatto negativo potenziale.
2. La società è tenuta ad adottare le misure adeguate seguenti, ove pertinente:
a) se la natura o la complessità delle necessarie misure di prevenzione lo esige, predisporre e attuare senza indebito ritardo un piano d’azione in materia di prevenzione che preveda scadenze ragionevoli e precise per l’attuazione di misure adeguate e indicatori qualitativi e quantitativi per misurare i progressi; le società possono elaborare i loro piani d’azione in collaborazione con iniziative di settore o multipartecipative; il piano d’azione in materia di prevenzione è adattato alle attività e alle catene di attività delle società;
b) chiedere a un partner commerciale diretto garanzie contrattuali quanto al rispetto del codice di condotta della società e, se necessario, di un piano d’azione in materia di prevenzione, anche chiedendogli di ottenere a sua volta dai partner garanzie contrattuali equivalenti per quanto le loro attività rientrino nella catena di attività della società; quando tali garanzie contrattuali sono ottenute, si applica il paragrafo 5;
c) effettuare gli investimenti finanziari o non finanziari, gli adeguamenti o gli aggiornamenti necessari, ad esempio, degli impianti, dei processi e delle infrastrutture di produzione o di altri processi e infrastrutture operativi;
d) apportare le modifiche o i miglioramenti necessari al piano aziendale, alle strategie generali e alle attività della società stessa, comprese le pratiche di acquisto, la progettazione e le pratiche di distribuzione;
e) offrire sostegno mirato e proporzionato alla PMI che è partner commerciale della società, se necessario alla luce delle risorse, delle conoscenze e dei vincoli della PMI, anche fornendo o consentendo l’accesso allo sviluppo delle capacità, alla formazione o al potenziamento dei sistemi di gestione e, qualora il rispetto del codice di condotta o del piano d’azione in materia di prevenzione ne comprometta la sostenibilità economica, offrendo sostegno finanziario mirato e proporzionato, ad esempio finanziamenti diretti, prestiti a tasso agevolato, garanzie di approvvigionamento continuo o assistenza nell’ottenere finanziamenti;
f) in conformità del diritto dell’Unione, compreso il diritto della concorrenza, collaborare con altri soggetti, se del caso anche al fine di aumentare la propria capacità di prevenire o attenuare l’impatto negativo, in particolare se nessun’altra misura risulta idonea o efficace.
3. Le società possono adottare, se del caso, misure adeguate in aggiunta alle misure elencate nel paragrafo 2, ad esempio dialogare con un partner commerciale sulle aspettative della società per quanto riguarda la prevenzione e l’attenuazione dei potenziali impatti negativi o fornire o consentire l’accesso allo sviluppo delle capacità, a orientamenti, a un sostegno amministrativo e finanziario come prestiti o finanziamenti, tenendo conto nel contempo delle risorse, delle conoscenze e dei vincoli del partner commerciale.
4. Per quanto riguarda gli impatti negativi potenziali che risulti impossibile prevenire o attenuare sufficientemente con le misure adeguate elencate al paragrafo 2, la società può chiedere garanzie contrattuali a un partner commerciale indiretto al fine di assicurare il rispetto del codice di condotta o del piano d’azione in materia di prevenzione. Quando tali garanzie contrattuali sono ottenute, si applica il paragrafo 5.
5. Le garanzie contrattuali di cui al paragrafo 2, lettera b), e al paragrafo 4, sono accompagnate da misure adeguate di verifica della conformità. Ai fini della verifica della conformità, la società può richiamarsi a una verifica di terzo indipendente, anche attraverso iniziative di settore o multipartecipative.
Quando le garanzie contrattuali sono ottenute da una PMI o il contratto è concluso con una PMI, sono previste condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie. La società valuta inoltre se le garanzie contrattuali di una PMI debbano essere accompagnate da alcune delle misure adeguate per le PMI di cui al paragrafo 2, lettera e). Se le misure di verifica della conformità sono attuate per una PMI, i costi della verifica di terzo indipendente sono a carico della società. La PMI può condividere i risultati delle verifiche con altre società se chiede di pagare almeno una parte dei costi della verifica di terzo indipendente, o in accordo con la società.
6. Per quanto riguarda gli impatti negativi potenziali di cui al paragrafo 1 che risulti impossibile prevenire o attenuare sufficientemente con le misure previste dai paragrafi 2, 4 e 5, come opzione ultima la società è tenuta ad astenersi dall’allacciare un rapporto nuovo o prolungare un rapporto esistente con un partner commerciale in collegamento con il quale o nella catena di attività del quale è emerso l’impatto e, se permesso dalla legge che disciplina le relazioni con detto partner, adotta, come opzione ultima, le azioni seguenti:
a) adozione e attuazione senza indebito ritardo di un piano d’azione in materia di prevenzione rafforzato per lo specifico impatto negativo, utilizzando o aumentando l’effetto leva della società attraverso la sospensione temporanea dei rapporti d’affari in relazione alle attività in questione, purché sia ragionevole attendersi che tali iniziative vadano a buon fine; il piano d’azione comprende un calendario specifico e adeguato per l’adozione e l’attuazione di tutte le azioni ivi contenute, durante il quale la società può anche cercare partner commerciali alternativi;
b) se non è ragionevole attendersi che tali iniziative vadano a buon fine, o se l’attuazione del piano d’azione in materia di prevenzione rafforzato non è riuscita a prevenire o attenuare l’impatto negativo, cessazione del rapporto d’affari per le attività in questione se l’impatto negativo potenziale è grave.
Prima di sospendere temporaneamente o cessare un rapporto d’affari, la società valuta se si possa ragionevolmente prevedere che gli impatti negativi di tale sospensione o cessazione siano manifestamente più gravi dell’impatto negativo che non era possibile prevenire o attenuare sufficientemente. In tal caso, la società non è tenuta a sospendere o cessare il rapporto d’affari e deve essere in grado di riferire all’autorità di controllo competente in merito alle ragioni debitamente giustificate alla base di tale decisione.
Ciascuno Stato membro provvede a che i contratti disciplinati dal proprio diritto prevedano la possibilità di sospendere temporaneamente o cessare il rapporto d’affari in conformità del primo comma, a eccezione dei contratti che le parti sono obbligate per legge a sottoscrivere.
Qualora la società decida di sospendere temporaneamente o di cessare il rapporto d’affari, essa adotta provvedimenti volti a prevenire, attenuare o arrestare gli impatti della sospensione o della cessazione, dà un preavviso ragionevole al partner commerciale interessato e riesamina tale decisione.
Qualora decida di non sospendere temporaneamente o cessare il rapporto d’affari a norma del presente articolo, la società monitora l’impatto negativo potenziale e valuta periodicamente la sua decisione e se siano disponibili ulteriori misure adeguate.
Articolo 11
Arresto degli impatti negativi effettivi
1. Gli Stati membri provvedono a che le società adottino misure adeguate in conformità dell’articolo 9 e del presente articolo per arrestare gli impatti negativi effettivi che sono stati o avrebbero dovuto essere individuati a norma dell’articolo 8.
Al fine di stabilire le misure adeguate di cui al primo comma, si tiene debitamente conto dei seguenti elementi:
a) se l’impatto negativo effettivo è causato solo dalla società, se è causato congiuntamente dalla società e da una filiazione o da un partner commerciale, mediante atti o omissioni, o se è causato solo da un partner commerciale della società nella catena di attività;
b) se l’impatto negativo effettivo si è verificato nelle attività di una filiazione, di un partner commerciale diretto o di un partner commerciale indiretto; e
c) la capacità della società di influenzare il partner commerciale che ha causato o ha causato congiuntamente l’impatto negativo effettivo.
2. Laddove l’arresto immediato dell’impatto negativo risulti impossibile, gli Stati membri provvedono a che le società ne minimizzino l’entità.
3. La società è tenuta ad adottare le misure adeguate seguenti, ove pertinente:
a) neutralizzare l’impatto negativo o minimizzarne l’entità; tali misure sono proporzionate alla gravità dell’impatto negativo e all’implicazione della società in esso;
b) se l’impossibilità di un arresto immediato dell’impatto negativo lo rende necessario, predisporre e attuare senza indebito ritardo un piano d’azione correttivo che preveda scadenze ragionevoli e precise per l’attuazione di misure adeguate e indicatori qualitativi e quantitativi per misurare i progressi; le società possono elaborare i loro piani d’azione in collaborazione con iniziative di settore o multipartecipative; il piano d’azione correttivo è adattato alle attività e alle catene di attività delle società;
c) chiedere a un partner commerciale diretto garanzie contrattuali quanto al rispetto del codice di condotta della società e, se necessario, di un piano d’azione correttivo, anche chiedendogli di ottenere a sua volta dai partner garanzie contrattuali equivalenti per quanto le loro attività rientrino nella catena di attività della società; quando tali garanzie contrattuali sono ottenute, si applica il paragrafo 6;
d) effettuare gli investimenti finanziari o non finanziari, gli adeguamenti o gli aggiornamenti necessari, ad esempio, degli impianti, dei processi e delle infrastrutture di produzione o di altri processi e infrastrutture operativi;
e) apportare le modifiche o i miglioramenti necessari al piano aziendale, alle strategie generali e alle attività della società stessa, comprese le pratiche di acquisto, la progettazione e le pratiche di distribuzione;
f) offrire sostegno mirato e proporzionato alla PMI che è partner commerciale della società, se necessario alla luce delle risorse, delle conoscenze e dei vincoli della PMI, anche fornendo o consentendo l’accesso allo sviluppo delle capacità, alla formazione o al potenziamento dei sistemi di gestione e, qualora il rispetto del codice di condotta o del piano d’azione correttivo ne comprometta la sostenibilità economica, offrendo sostegno finanziario mirato e proporzionato, ad esempio finanziamenti diretti, prestiti a tasso agevolato, garanzie di approvvigionamento continuo o assistenza nell’ottenere finanziamenti;
g) in conformità del diritto dell’Unione, compreso il diritto della concorrenza, collaborare con altri soggetti, se del caso anche al fine di aumentare la propria capacità di arrestare l’impatto negativo o minimizzarne l’entità, in particolare se nessun’altra misura risulta idonea o efficace;
h) fornire riparazione conformemente all’articolo 12.
4. Le società possono adottare, se del caso, misure adeguate in aggiunta alle misure elencate al paragrafo 3, ad esempio dialogare con un partner commerciale in merito alle aspettative della società riguardo all’arresto degli impatti negativi effettivi o alla minimizzazione della loro entità, oppure fornire o consentire l’accesso allo sviluppo delle capacità, a orientamenti, a un sostegno amministrativo e finanziario come prestiti o finanziamenti, tenendo conto nel contempo delle risorse, delle conoscenze e dei vincoli del partner commerciale.
5. Per quanto riguarda gli impatti negativi effettivi che risulti impossibile arrestare o minimizzare sufficientemente nell’entità con le misure adeguate elencate al paragrafo 3, la società può chiedere garanzie contrattuali a un partner commerciale indiretto al fine di assicurare il rispetto del codice di condotta o del piano d’azione correttivo. Quando tali garanzie contrattuali sono ottenute, si applica il paragrafo 6.
6. Le garanzie contrattuali di cui al paragrafo 3, lettera c), e al paragrafo 5, sono accompagnate da misure adeguate di verifica della conformità. Ai fini della verifica della conformità, la società può richiamarsi a una verifica di terzo indipendente, anche attraverso iniziative di settore o multipartecipative.
Quando le garanzie contrattuali sono ottenute da una PMI o il contratto è concluso con una PMI, sono previste condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie. La società valuta inoltre se le garanzie contrattuali di una PMI debbano essere accompagnate da alcune delle misure adeguate per le PMI di cui al paragrafo 3, lettera f). Se le misure di verifica della conformità sono attuate per una PMI, i costi della verifica di terzo indipendente sono a carico della società. La PMI può condividere i risultati delle verifiche con altre società se chiede di pagare almeno una parte dei costi della verifica di terzo indipendente, o in accordo con la società.
7. Per quanto riguarda gli impatti negativi effettivi di cui al paragrafo 1 che risulti impossibile arrestare o minimizzare nell’entità con le misure di cui ai paragrafi 3, 5 e 6, come opzione ultima la società è tenuta ad astenersi dall’allacciare un rapporto nuovo o prolungare un rapporto esistente con un partner commerciale in collegamento con il quale o nella catena di attività del quale è emerso l’impatto e, se permesso dalla legge che disciplina le relazioni con detto partner, adotta, come opzione ultima, le azioni seguenti:
a) adozione e attuazione senza indebito ritardo di un piano d’azione correttivo rafforzato per lo specifico impatto negativo, anche utilizzando o aumentando l’effetto leva della società attraverso la sospensione temporanea dei rapporti d’affari in relazione alle attività in questione, purché sia ragionevole attendersi che tali iniziative vadano a buon fine; il piano d’azione comprende un calendario specifico e adeguato per l’adozione e l’attuazione di tutte le azioni ivi contenute, durante il quale la società può anche cercare partner commerciali alternativi;
b) se non è ragionevole attendersi che le iniziative di cui alla lettera a) andranno a buon fine, o se l’attuazione del piano d’azione correttivo rafforzato non riesce ad arrestare l’impatto negativo o a minimizzarne l’entità, cessazione del rapporto d’affari per le attività in questione se l’impatto negativo effettivo è grave.
Prima di sospendere temporaneamente o cessare un rapporto d’affari, la società valuta se si possa ragionevolmente prevedere che gli impatti negativi di tale cessazione o sospensione siano manifestamente più gravi dell’impatto negativo che non era possibile arrestare o di cui non era possibile minimizzare sufficientemente l’entità. In tal caso, la società non è tenuta a sospendere o cessare il rapporto d’affari e deve essere in grado di riferire all’autorità di controllo competente in merito alle ragioni debitamente giustificate alla base di tale decisione.
Ciascuno Stato membro provvede a che i contratti disciplinati dal proprio diritto prevedano la possibilità di sospendere temporaneamente o cessare il rapporto d’affari in conformità del primo comma, a eccezione dei contratti che le parti sono obbligate per legge a sottoscrivere.
Qualora la società decida di sospendere temporaneamente o di cessare il rapporto d’affari, la società adotta provvedimenti volti a prevenire, attenuare o arrestare gli impatti della sospensione o della cessazione, dà un preavviso ragionevole al partner commerciale e riesamina tale decisione.
Qualora decida di non sospendere temporaneamente o cessare il rapporto d’affari a norma del presente articolo, la società monitora l’impatto negativo effettivo e valuta periodicamente la sua decisione e se siano disponibili ulteriori misure adeguate.
Articolo 12
Riparazione degli impatti negativi effettivi
1. Gli Stati membri provvedono a che una società che abbia causato o causato congiuntamente un impatto negativo effettivo fornisca una riparazione.
2. Se l’impatto negativo effettivo è causato solo dal partner commerciale della società, quest’ultima può fornire una riparazione volontaria. La società può inoltre avvalersi della sua capacità di influenzare il partner commerciale che sta causando l’impatto negativo affinché fornisca una riparazione.
Articolo 13
Dialogo significativo con i portatori di interessi
1. Gli Stati membri provvedono a che le società adottino misure adeguate per dialogare in modo efficace con i portatori di interessi, conformemente al presente articolo.
2. Fatta salva la direttiva (UE) 2016/943, quando consultano i portatori di interessi, le società forniscono a questi ultimi, se del caso, informazioni pertinenti e complete, al fine di svolgere consultazioni efficaci e trasparenti. Fatta salva la direttiva (UE) 2016/943, i portatori di interessi consultati sono autorizzati a presentare una richiesta motivata di informazioni pertinenti supplementari, che la società fornisce entro un periodo di tempo ragionevole e in un formato adeguato e comprensibile. Se la società respinge una richiesta di informazioni supplementari, i portatori di interessi consultati hanno il diritto di ricevere una motivazione scritta al riguardo.
3. La consultazione dei portatori di interessi avviene nelle fasi seguenti del processo di attuazione del dovere di diligenza:
a) in fase di raccolta delle informazioni necessarie sugli impatti negativi effettivi o potenziali, al fine di individuare e valutare gli impatti negativi e attribuire loro priorità a norma degli articoli 8 e 9;
b) in fase di elaborazione di piani d’azione in materia di prevenzione e correttivi a norma dell’articolo 10, paragrafo 2, e dell’articolo 11, paragrafo 3, e in fase di elaborazione di piani d’azione in materia di prevenzione e correttivi rafforzati a norma dell’articolo 10, paragrafo 6, e dell’articolo 11, paragrafo 7;
c) in fase di assunzione della decisione di cessare o sospendere un rapporto d’affari a norma dell’articolo 10, paragrafo 6, e dell’articolo 11, paragrafo 7;
d) in fase di adozione di misure adeguate per fornire riparazione agli impatti negativi a norma dell’articolo 12;
e) se del caso, in fase di elaborazione di indicatori qualitativi e quantitativi per il monitoraggio richiesto in virtù dell’articolo 15.
4. Qualora non sia ragionevolmente possibile dialogare in modo efficace con i portatori di interessi nella misura necessaria per conformarsi agli obblighi della presente direttiva, le società si consultano anche con esperti in grado di fornire informazioni credibili sugli impatti negativi effettivi o potenziali.
5. Nel consultare i portatori di interessi, le società identificano e affrontano gli ostacoli al dialogo e provvedono a che i partecipanti non siano soggetti ad azioni di ritorsione o rivalsa, anche mantenendo la riservatezza e l’anonimato.
6. Gli Stati membri provvedono affinché le società siano autorizzate ad adempiere agli obblighi di cui al presente articolo mediante iniziative di settore o multipartecipative, a seconda dei casi, a condizione che le procedure di consultazione soddisfino i requisiti di cui al presente articolo. Il ricorso a iniziative di settore e multipartecipative non è sufficiente per adempiere all’obbligo di consultazione dei dipendenti della società stessa e dei loro rappresentanti.
7. Il dialogo con i dipendenti e i loro rappresentanti lascia impregiudicato il pertinente diritto dell’Unione e nazionale in materia di diritti occupazionali e sociali nonché i contratti collettivi applicabili.
Articolo 14
Meccanismo di notifica e procedura di reclamo
1. Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società consenta alle persone e ai soggetti elencati al paragrafo 2 di presentarle un reclamo qualora tali persone o soggetti nutrano un legittimo timore circa gli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, delle attività della società stessa, delle attività delle sue filiazioni o delle attività dei suoi partner commerciali nella catena di attività della società.
2. Gli Stati membri provvedono a che possano presentare reclamo:
a) le persone fisiche o giuridiche colpite da un impatto negativo o che hanno fondati motivi di ritenere di poterne essere colpite e i legittimi rappresentanti di tali persone per loro conto, quali le organizzazioni della società civile e i difensori dei diritti umani;
b) i sindacati e altri rappresentanti dei lavoratori che rappresentano le persone fisiche che lavorano nella catena di attività interessata; e
c) le organizzazioni della società civile che sono attive ed esperte nei settori collegati all’impatto ambientale negativo che è oggetto del reclamo.
3. Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società predisponga una procedura equa, pubblicamente disponibile, accessibile, prevedibile e trasparente di trattamento dei reclami di cui al paragrafo 1, che includa una procedura per i casi in cui una società reputa un reclamo infondato, e ne informi i rappresentanti dei lavoratori e i sindacati interessati. Le società adottano misure ragionevolmente disponibili per evitare qualsiasi forma di ritorsione garantendo la riservatezza dell’identità della persona o dell’organizzazione che presenta il reclamo, conformemente al diritto nazionale. Laddove sia necessario condividere informazioni, ciò deve avvenire in modo tale da non pregiudicare la sicurezza del reclamante, anche non divulgandone l’identità.
Gli Stati membri provvedono a che, quando il reclamo risulta fondato, l’impatto negativo che ne costituisce l’oggetto sia considerato individuato ai sensi dell’articolo 8 e la società adotti le misure adeguate conformemente agli articoli 10, 11 e 12.
4. Gli Stati membri provvedono a che il reclamante abbia il diritto di:
a) chiedere che la società a cui è presentato il reclamo a norma del paragrafo 1 gli dia adeguato seguito;
b) incontrare i rappresentanti della società, del livello adeguato, per discutere degli impatti negativi gravi, siano essi effettivi o potenziali, oggetto del reclamo, e della potenziale riparazione conformemente all’articolo 12;
c) ottenere dalla società le motivazioni in base alle quali un reclamo è considerato fondato o meno e, qualora sia stato considerato fondato, ottenere informazioni sui provvedimenti e sulle azioni intrapresi o da intraprendere.
5. Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società istituisca un meccanismo accessibile mediante il quale persone e soggetti possano presentare notifiche qualora dispongano di informazioni o nutrano timori circa gli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, delle attività della società stessa, delle attività delle sue filiazioni e delle attività dei suoi partner commerciali nella catena di attività della società.
Il meccanismo garantisce che le notifiche possano essere effettuate in forma anonima o riservata conformemente al diritto nazionale. Le società adottano misure ragionevolmente disponibili per evitare qualsiasi forma di ritorsione garantendo la riservatezza dell’identità delle persone o dei soggetti che presentano notifiche, conformemente al diritto nazionale. La società può informare le persone o i soggetti che presentano le notifiche in merito ai provvedimenti e alle azioni intrapresi o da intraprendere, se del caso.
6. Gli Stati membri provvedono affinché le società siano autorizzate ad adempiere gli obblighi di cui al paragrafo 1, al paragrafo 3, primo comma, e al paragrafo 5, partecipando a procedure di reclamo collaborative e meccanismi di notifica, fra cui quelli istituiti congiuntamente dalle società, attraverso associazioni di settore, iniziative multipartecipative o accordi quadro globali, a condizione che tali procedure collaborative e meccanismi soddisfino i requisiti di cui al presente articolo.
7. La presentazione di una notifica o di un reclamo a norma del presente articolo non costituisce una condizione preliminare per accedere alle procedure di cui agli articoli 26 e 29 o ad altri meccanismi non giudiziari, né impedisce alle persone che la effettuano di accedervi.
Articolo 15
Monitoraggio
Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società effettui periodicamente una valutazione delle attività e misure proprie, di quelle delle sue filiazioni e, se collegate alla catena di attività della società stessa, di quelle dei suoi partner commerciali, per valutare l’attuazione e per monitorare l’adeguatezza e l’efficacia degli interventi di individuazione, prevenzione, attenuazione, arresto e minimizzazione nell’entità degli impatti negativi. La valutazione si basa, ove opportuno, su indicatori qualitativi e quantitativi ed è effettuata senza indebiti ritardi dopo il verificarsi di un cambiamento significativo e in ogni caso almeno ogni 12 mesi, nonché ogniqualvolta vi siano fondati motivi di ritenere che possano presentarsi nuovi rischi di manifestazione di tali impatti negativi. Ove opportuno, la politica relativa al dovere di diligenza, gli impatti negativi individuati e le misure adeguate che ne sono derivate sono aggiornati in base all’esito di tali valutazioni e tenendo debitamente conto delle informazioni pertinenti fornite dai portatori di interessi.
Articolo 16
Comunicazione
1. Fatta salva l’esenzione prevista al paragrafo 2 del presente articolo, gli Stati membri provvedono a che ciascuna società riferisca sulle materie disciplinate dalla presente direttiva pubblicando annualmente sul proprio sito web una dichiarazione annuale. Tale dichiarazione annuale è pubblicata:
a) in almeno una delle lingue ufficiali dell’Unione che sia utilizzata nello Stato membro dell’autorità di controllo designata a norma dell’articolo 24 e, qualora diversa, in una lingua che sia di uso comune a livello internazionale nel mondo degli affari;
b) entro un termine ragionevole, ma non oltre 12 mesi dalla data di chiusura del bilancio dell’esercizio per il quale è redatta o, per le società che effettuano la rendicontazione volontaria in conformità della direttiva 2013/34/UE, entro la data di pubblicazione del bilancio d’esercizio.
Nel caso di una società costituita in conformità del diritto di un paese terzo, la dichiarazione comprende anche le informazioni richieste a norma dell’articolo 23, paragrafo 2, relative al mandatario della società.
2. Il paragrafo 1 del presente articolo non si applica alle società soggette agli obblighi di rendicontazione di sostenibilità in conformità degli articoli 19 bis, 29 bis o 40 bis della direttiva 2013/34/UE, comprese quelle esentate in conformità dell’articolo 19 bis, paragrafo 9, o dell’articolo 29 bis, paragrafo 8, di tale direttiva.
3. Entro il 31 marzo 2027 la Commissione adotta atti delegati conformemente all’articolo 34 al fine di integrare la presente direttiva stabilendo il contenuto e i criteri della rendicontazione di cui al paragrafo 1, indicando, in particolare, informazioni sufficientemente dettagliate da fornire per illustrare il dovere di diligenza, gli impatti negativi effettivi e potenziali individuati e le misure adeguate adottate riguardo a tali impatti. Nell’elaborare tali atti delegati, la Commissione tiene debitamente conto dei principi di rendicontazione di sostenibilità adottati a norma degli articoli 29 ter e 40 ter della direttiva 2013/34/UE e allinea, se del caso, gli atti delegati a tali principi.
Nell’adottare gli atti delegati di cui al primo comma, la Commissione garantisce che non vi sia alcuna duplicazione degli obblighi di rendicontazione per le società di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), punto iii), che sono soggette a obblighi di rendicontazione a norma dell’articolo 4 del regolamento (UE) 2019/2088, pur mantenendo pienamente gli obblighi minimi stabiliti nella presente direttiva.
Articolo 17
Accessibilità delle informazioni tramite il punto di accesso unico europeo
1. A decorrere dal 1o gennaio 2029 gli Stati membri assicurano che, quando rendono pubblica la dichiarazione annuale di cui all’articolo 16, paragrafo 1, della presente direttiva, le società trasmettano contemporaneamente tale dichiarazione all’organismo di raccolta di cui al paragrafo 3 del presente articolo affinché sia resa accessibile tramite il punto di accesso unico europeo (ESAP), istituito dal regolamento (UE) 2023/2859.
Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni contenute nella dichiarazione annuale di cui al primo comma soddisfino i requisiti seguenti:
a) sono trasmesse in un formato per dati estraibili ai sensi dell’articolo 2, punto 3), del regolamento (UE) 2023/2859 o, laddove previsto dal diritto dell’Unione o nazionale, in un formato leggibile meccanicamente ai sensi dell’articolo 2, punto 4), di tale regolamento;
b) sono corredate dei metadati seguenti:
i) tutte le denominazioni della società cui si riferiscono le informazioni;
ii) l’identificativo della persona giuridica della società, come specificato a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, lettera b), del regolamento (UE) 2023/2859;
iii) le dimensioni della società per categoria, come specificate a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, lettera d), del regolamento (UE) 2023/2859;
iv) il settore o i settori industriali delle attività economiche della società, come specificati a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, lettera e), del regolamento (UE) 2023/2859;
v) il tipo di informazioni, come specificato a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, lettera c), del regolamento (UE) 2023/2859;
vi) un’indicazione che precisi se le informazioni contengono dati personali.
2. Ai fini del paragrafo 1, lettera b), punto ii), gli Stati membri assicurano che le società ottengano un identificativo della persona giuridica.
3. Entro il 31 dicembre 2028, al fine di rendere le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo accessibili tramite l’ESAP, gli Stati membri designano almeno un organismo di raccolta ai sensi dell’articolo 2, punto 2, del regolamento (UE) 2023/2859 e ne danno notifica all’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati.
4. Al fine di garantire la raccolta e la gestione efficienti delle informazioni trasmesse conformemente al paragrafo 1, alla Commissione è conferito il potere di adottare misure di esecuzione per specificare:
a) eventuali altri metadati necessari di cui devono essere corredate le informazioni;
b) la strutturazione dei dati nelle informazioni; e
c) per quali informazioni è richiesto un formato leggibile meccanicamente e, in tali casi, quale formato leggibile meccanicamente debba essere utilizzato.
Articolo 18
Clausole contrattuali tipo
La Commissione, in consultazione con gli Stati membri e i portatori di interessi, adotta orientamenti su clausole contrattuali tipo d’uso volontario entro il 26 gennaio 2027 al fine di agevolare le società nel conformarsi all’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), e all’articolo 11, paragrafo 3, lettera c).
Articolo 19
Orientamenti
1. La Commissione, in consultazione con gli Stati membri e i portatori di interessi, l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, l’Agenzia europea dell’ambiente, l’Autorità europea del lavoro e, se del caso, le organizzazioni internazionali e altri organismi competenti in materia di dovere di diligenza, emana orientamenti, compresi orientamenti generali e orientamenti specifici a determinati settori o determinati impatti negativi, al fine di assistere le società o le autorità degli Stati membri nella definizione delle modalità con cui le società debbano adempiere gli obblighi relativi al dovere di diligenza in modo pratico e al fine di fornire sostegno ai portatori di interessi.
2. Gli orientamenti emanati a norma del paragrafo 1 comprendono:
a) orientamenti e migliori pratiche su come assolvere il dovere di diligenza conformemente agli obblighi di cui agli articoli da 5 a 16, in particolare il processo di individuazione a norma dell’articolo 8, l’attribuzione di priorità agli impatti a norma dell’articolo 9, le misure adeguate per adattare le pratiche di acquisto a norma dell’articolo 10, paragrafo 2, e dell’articolo 11, paragrafo 3, il disimpegno responsabile a norma dell’articolo 10, paragrafo 6, e dell’articolo 11, paragrafo 7, le misure adeguate per la riparazione a norma dell’articolo 12 e le modalità per individuare i portatori di interessi e instaurare un dialogo con gli stessi a norma dell’articolo 13, anche attraverso il meccanismo di notifica e la procedura di reclamo istituiti all’articolo 14;
b) orientamenti pratici sul piano di transizione di cui all’articolo 22;
c) orientamenti specifici per settore;
d) orientamenti sulla valutazione dei fattori di rischio a livello di società, di quelli relativi alle attività commerciali, di quelli geografici e contestuali, di quelli connessi ai prodotti e ai servizi e di quelli settoriali, compresi quelli associati alle zone di conflitto o ad alto rischio;
e) riferimenti alle fonti di dati e informazioni disponibili per il rispetto degli obblighi previsti dalla presente direttiva, nonché agli strumenti e alle tecnologie digitali che potrebbero agevolare e sostenere il rispetto di tali obblighi;
f) informazioni su come condividere risorse e informazioni tra società e altri soggetti giuridici ai fini del rispetto delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva, in modo conforme alla protezione dei segreti commerciali a norma dell’articolo 5, paragrafo 3, e alla protezione da potenziali azioni di ritorsione o rivalsa di cui all’articolo 13, paragrafo 5;
g) informazioni per i portatori di interessi e i loro rappresentanti su come instaurare un dialogo nel corso dell’intero processo di attuazione del dovere di diligenza.
3. Gli orientamenti di cui al paragrafo 2, lettere a), d) ed e), sono resi disponibili entro il 26 gennaio 2027. Gli orientamenti di cui al paragrafo 2, lettere b), f) e g), sono resi disponibili entro 26 luglio 2027.
4. Gli orientamenti di cui al presente articolo sono resi disponibili in tutte le lingue ufficiali dell’Unione. La Commissione riesamina periodicamente gli orientamenti e li adatta, se del caso.
Articolo 20
Misure di accompagnamento
1. Gli Stati membri allestiscono e gestiscono, individualmente o congiuntamente, siti web, piattaforme o portali dedicati per informare le società e i loro partner commerciali e i portatori di interessi e fornire loro assistenza. Particolare attenzione è prestata in quest’ambito alle PMI che intervengono nelle catene di attività delle società. Tali siti web, piattaforme o portali danno accesso, in particolare:
a) ai contenuti e ai criteri per la rendicontazione, quali stabiliti dalla Commissione negli atti delegati adottati a norma dell’articolo 16, paragrafo 3;
b) agli orientamenti della Commissione sulle clausole contrattuali tipo d’uso volontario di cui all’articolo 18 e agli orientamenti da essa emanati a norma dell’articolo 19;
c) all’helpdesk unico di cui all’articolo 21; e
d) alle informazioni per i portatori di interessi e i loro rappresentanti su come instaurare un dialogo nel corso dell’intero processo di attuazione del dovere di diligenza.
2. Fatte salve le norme in materia di aiuti di Stato, gli Stati membri possono erogare sostegno finanziario alle PMI. Gli Stati membri possono inoltre fornire sostegno ai portatori di interessi al fine di agevolare l’esercizio dei diritti stabiliti dalla presente direttiva.
3. La Commissione può integrare le misure di sostegno dello Stato membro muovendo dall’attuale azione dell’Unione a favore del dovere di diligenza nell’Unione e nei paesi terzi e può elaborare misure nuove, tra cui l’agevolazione di iniziative di settore o multipartecipative volte ad assistere le società nell’adempimento dei loro obblighi.
4. Fatti salvi gli articoli 25, 26 e 29, le società possono partecipare a iniziative di settore e multipartecipative per sostenere l’adempimento degli obblighi di cui agli articoli da 7 a 16, sempreché le iniziative siano idonee a tal fine. In particolare, le società possono, dopo averne valutato l’adeguatezza, avvalersi delle pertinenti analisi dei rischi effettuate da iniziative di settore o multipartecipative o da membri di tali iniziative — o partecipare a tali analisi — e possono adottare o prendere parte a misure adeguate efficaci attraverso tali iniziative. In questo frangente le società monitorano l’efficacia di tali misure e continuano ad adottare misure adeguate laddove necessario per garantire l’adempimento dei loro obblighi.
La Commissione e gli Stati membri possono favorire la diffusione di informazioni su tali iniziative e sui relativi esiti. La Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, emana orientamenti che definiscono i criteri di idoneità e una metodologia per la valutazione da parte delle società dell’idoneità delle iniziative di settore e multipartecipative.
5. Fatti salvi gli articoli 25, 26 e 29, le società possono fare ricorso a una verifica da parte di terzi indipendenti sulle e dalle società nelle loro catene di attività per sostenere l’attuazione degli obblighi relativi al dovere di diligenza, sempreché la verifica sia idonea all’adempimento degli obblighi pertinenti. La verifica da parte di terzi indipendenti può essere effettuata da altre società o da un’iniziativa di settore o multipartecipativa. I verificatori terzi indipendenti agiscono con obiettività e piena indipendenza dalla società, sono esenti da qualsiasi conflitto di interessi, non subiscono pressioni esterne, né dirette, né indirette, e si astengono da qualsiasi azione incompatibile con la loro indipendenza. A seconda della natura dell’impatto negativo, devono avere esperienza e competenze in materia di ambiente o di diritti umani e sono responsabili della qualità e dell’affidabilità della verifica che eseguono.
La Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, emana orientamenti che definiscono i criteri di idoneità e una metodologia per la valutazione da parte delle società dell’idoneità dei verificatori terzi, nonché orientamenti per il monitoraggio dell’accuratezza, dell’efficacia e dell’integrità della verifica da parte di terzi.
Articolo 21
Helpdesk unico
1. La Commissione istituisce un helpdesk unico attraverso il quale le società possono ottenere informazioni, orientamenti e assistenza per quanto riguarda l’adempimento dei loro obblighi di cui alla presente direttiva.
2. Le autorità nazionali competenti di ciascuno Stato membro collaborano con l’helpdesk unico al fine di contribuire ad adattare le informazioni e gli orientamenti ai contesti nazionali nonché a diffondere tali informazioni e orientamenti.
Articolo 22
Lotta ai cambiamenti climatici
1. Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a), b) e c), e all’articolo 2, paragrafo 2, lettere a), b) e c), adotti e attui un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici volto a garantire, con il massimo impegno possibile, che il modello e la strategia aziendali siano compatibili con la transizione verso un’economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 oC in linea con l’accordo di Parigi nonché l’obiettivo di conseguire la neutralità climatica come stabilito nel regolamento (UE) 2021/1119, compresi i suoi obiettivi intermedi e di neutralità climatica al 2050, e, se del caso, l’esposizione della società ad attività connesse al carbone, al petrolio e al gas.
Il piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici di cui al primo comma prevede:
a) obiettivi temporalmente definiti connessi ai cambiamenti climatici, per il 2030 e in fasi quinquennali fino al 2050, sulla base di prove scientifiche conclusive e, ove opportuno, obiettivi assoluti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di ambito 1, 2 e 3 per ciascuna categoria significativa;
b) una descrizione delle leve di decarbonizzazione individuate e delle azioni chiave previste per conseguire gli obiettivi di cui alla lettera a), comprese, se del caso, le modifiche del portafoglio di prodotti e servizi della società e l’adozione di nuove tecnologie;
c) una spiegazione e una quantificazione degli investimenti e dei finanziamenti a sostegno dell’attuazione del piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici; e
d) una descrizione del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo per quanto riguarda il piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici.
2. Si considera che le società che comunicano un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici a norma dell’articolo 19 bis, 29 bis o 40 bis, a seconda dei casi, della direttiva 2013/34/UE abbiano rispettato l’obbligo di adottare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
Si considera che le società incluse nel piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici della loro impresa madre comunicato a norma dell’articolo 29 bis o 40 bis, a seconda dei casi, della direttiva 2013/34/UE, abbiano rispettato l’obbligo di adottare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
3. Gli Stati membri provvedono a che il piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici di cui al paragrafo 1 sia aggiornato ogni 12 mesi e contenga una descrizione dei progressi realizzati dalla società nel conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1, secondo comma, lettera a).
Articolo 23
Mandatario
1. Gli Stati membri impongono a una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, che opera in uno Stato membro di designare suo mandatario una persona fisica o giuridica stabilita o domiciliata in uno degli Stati membri in cui opera. La designazione è valida quando il mandatario ne conferma l’accettazione.
2. Gli Stati membri impongono al mandatario o alla società di comunicare il nome, l’indirizzo postale, l’indirizzo di posta elettronica e il numero di telefono del mandatario all’autorità di controllo dello Stato membro in cui il mandatario è domiciliato o stabilito e, se diversa, all’autorità di controllo competente, come specificato all’articolo 24, paragrafo 3. Gli Stati membri provvedono a che il mandatario sia tenuto a fornire all’autorità di controllo che lo richieda copia della designazione in una delle lingue ufficiali dello Stato membro.
3. Gli Stati membri impongono al mandatario o alla società di informare l’autorità di controllo dello Stato membro in cui il mandatario è domiciliato o stabilito e, se diversa, l’autorità di controllo competente, come specificato all’articolo 24, paragrafo 3, del fatto che la società è una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2.
4. Gli Stati membri impongono a ciascuna società di conferire al mandatario il potere di ricevere dalle autorità di controllo comunicazioni su tutte le questioni necessarie per assicurare il rispetto e l’applicazione delle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva. La società è tenuta a conferire al mandatario i poteri e le risorse necessari per cooperare con le autorità di controllo.
5. Qualora una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, non adempia gli obblighi di cui al presente articolo, tutti gli Stati membri in cui opera la società sono competenti a far rispettare tali obblighi in conformità del loro diritto nazionale. Uno Stato membro che intenda far rispettare gli obblighi di cui al presente articolo informa le autorità di controllo tramite la rete europea delle autorità di controllo istituita a norma dell’articolo 28 così da evitare che altri Stati membri agiscano in questo senso.
Articolo 24
Autorità di controllo
1. Ciascuno Stato membro designa una o più autorità di controllo incaricate di vigilare sul rispetto degli obblighi previsti dalle disposizioni di diritto nazionale adottate a norma degli articoli da 7 a 16 e dell’articolo 22.
2. Per quanto riguarda una società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, l’autorità di controllo competente è quella dello Stato membro in cui la società ha la sede legale.
3. Per quanto riguarda una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, l’autorità di controllo competente è quella dello Stato membro in cui la società ha una succursale. Se la società non ha una succursale in uno Stato membro o ha succursali situate in Stati membri diversi, l’autorità di controllo competente è l’autorità di controllo dello Stato membro in cui la società ha generato la maggior parte del fatturato netto nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio precedente la data indicata all’articolo 37 o, se posteriore, la data in cui la società soddisfa per la prima volta i criteri di cui all’articolo 2, paragrafo 2.
Una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, può chiedere, con richiesta debitamente motivata, di cambiare l’autorità di controllo competente a disciplinare le questioni contemplate dalla presente direttiva nei suoi confronti se un mutamento delle circostanze comporta che generi la maggior parte del suo fatturato nell’Unione in uno Stato membro diverso.
4. Se una società madre adempie gli obblighi derivanti dalla presente direttiva per conto delle sue filiazioni conformemente all’articolo 6, l’autorità di controllo competente per la società madre coopera con l’autorità di controllo competente per la filiazione, che rimarrà competente a garantire che la filiazione sia soggetta all’esercizio dei poteri di cui all’articolo 25. A tale riguardo, la rete europea delle autorità di controllo istituita a norma dell’articolo 28 facilita la cooperazione, il coordinamento e la prestazione di assistenza reciproca necessari conformemente all’articolo 28.
5. Lo Stato membro che designa più di un’autorità di controllo provvede a che le rispettive competenze di ciascuna siano stabilite chiaramente e che le autorità cooperino strettamente ed efficacemente tra loro.
6. Gli Stati membri possono designare le autorità preposte alla vigilanza delle imprese finanziarie regolamentate quali autorità di controllo ai fini della presente direttiva.
7. Entro il 26 luglio 2026 ciascuno Stato membro comunica alla Commissione nome ed estremi di contatto di ciascuna autorità di controllo designata a norma del presente articolo, indicando le rispettive competenze qualora designi più di una autorità. Lo Stato membro informa la Commissione di qualsiasi modifica dei dati comunicati.
8. La Commissione mette a disposizione del pubblico l’elenco delle autorità di controllo, anche sul proprio sito web e, se uno Stato membro ha più di un’autorità di controllo, specifica le rispettive competenze di tali autorità in relazione alla presente direttiva. La Commissione aggiorna regolarmente l’elenco sulla scorta delle informazioni ricevute dagli Stati membri.
9. Gli Stati membri garantiscono l’indipendenza delle autorità di controllo e provvedono a che esse, così come tutte le persone che lavorano o hanno lavorato per esse e i revisori, i periti o tutte le altre persone che agiscono per loro conto, esercitino i poteri di cui dispongono con imparzialità e trasparenza e nel rispetto degli obblighi di segreto professionale. Gli Stati membri provvedono in particolare a che le autorità di controllo siano giuridicamente e funzionalmente indipendenti, non subiscano pressioni esterne, né dirette, né indirette, ivi compreso dalle società che ricadono nell’ambito d’applicazione della presente direttiva o da altri interessi di mercato e che il loro personale e le persone responsabili della loro gestione siano esenti da conflitti di interessi, fatti salvi gli obblighi di riservatezza, e si astengano da qualsiasi atto incompatibile con le funzioni che esercitano.
10. Gli Stati membri provvedono a che le autorità di controllo pubblichino e rendano accessibile online una relazione annuale sulle loro attività ai sensi della presente direttiva.
Articolo 25
Poteri delle autorità di controllo
1. Gli Stati membri provvedono a che le autorità di controllo dispongano di poteri e risorse adeguati per poter svolgere i compiti loro assegnati dalla presente direttiva, compresi il potere di imporre alle società di fornire informazioni e il potere di svolgere indagini in collegamento con il rispetto degli obblighi stabiliti dagli articoli da 7 a 16. Gli Stati membri impongono alle autorità di controllo di vigilare sull’adozione e sull’elaborazione del piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici conformemente ai requisiti di cui all’articolo 22, paragrafo 1.
2. L’autorità di controllo può avviare un’indagine di propria iniziativa o a seguito di una segnalazione circostanziata trasmessale a norma dell’articolo 26, se ritiene di disporre di informazioni sufficienti a indicare una possibile violazione, da parte di una data società, degli obblighi previsti dalle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva.
3. Le ispezioni sono effettuate nel rispetto del diritto nazionale dello Stato membro in cui si svolge l’ispezione e previo avviso alla società, salvo nei casi in cui la comunicazione preventiva ostacoli l’efficacia dell’ispezione. L’autorità di controllo che, nell’ambito di un’indagine, intende effettuare un’ispezione nel territorio di uno Stato membro diverso dal proprio chiede l’assistenza della sua omologa di tale Stato membro a norma dell’articolo 28, paragrafo 3.
4. L’autorità di controllo che, in esito alle iniziative adottate a norma dei paragrafi 1 e 2, rileva un’inosservanza delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva concede alla società in questione un congruo periodo di tempo per adottare provvedimenti correttivi, se possibili.
L’adozione di provvedimenti correttivi non preclude l’imposizione di sanzioni o l’attivazione della responsabilità civile, a norma, rispettivamente, degli articoli 27 e 29.
5. Nello svolgimento dei compiti assegnatile, l’autorità di controllo dispone almeno del potere di:
a) ordinare che la società:
i) cessi la violazione delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva compiendo un’azione o cessando una condotta;
ii) si astenga da qualsiasi reiterazione della condotta in questione; e
iii) se del caso, fornisca riparazioni proporzionate alla violazione e necessarie per porvi fine;
b) imporre sanzioni in conformità dell’articolo 27; e
c) adottare misure provvisorie in caso di rischio imminente di danni gravi e irreparabili.
6. Le autorità di controllo esercitano i poteri di cui al presente articolo conformemente al diritto nazionale:
a) direttamente;
b) in cooperazione con altre autorità; o
c) rivolgendosi alle autorità giudiziarie competenti che provvedono a che tali mezzi di ricorso siano efficaci e abbiano un effetto equivalente alle sanzioni imposte direttamente dalle autorità di controllo.
7. Gli Stati membri provvedono a che ogni persona fisica o giuridica abbia il diritto di proporre un ricorso giurisdizionale effettivo avverso una decisione giuridicamente vincolante dell’autorità di controllo che la riguarda, conformemente al diritto nazionale.
8. Gli Stati membri provvedono a che le autorità di controllo conservino la documentazione relativa alle indagini di cui paragrafo 1, indicando in particolare la natura e i risultati di tali indagini nonché eventuali provvedimenti esecutivi adottati a norma del paragrafo 5.
9. Le decisioni delle autorità di controllo riguardo alla conformità di una società alle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva lasciano impregiudicata la responsabilità civile della società a norma dell’articolo 29.
Articolo 26
Segnalazioni circostanziate
1. Gli Stati membri provvedono a che ciascuna persona fisica o giuridica abbia il diritto di trasmettere, mediante canali facilmente accessibili, una segnalazione circostanziata all’autorità di controllo se ha motivo di ritenere, in base a circostanze obiettive, che una società non rispetti le disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva.
2. Gli Stati membri provvedono affinché, laddove le persone che presentano segnalazioni circostanziate lo richiedano, l’autorità di controllo adotti le misure necessarie a garantire l’adeguata protezione dell’identità della persona in questione e delle sue informazioni personali che, se divulgate, arrecherebbero danno alla medesima.
3. Se una segnalazione circostanziata ricade nell’ambito di competenza di un’altra autorità di controllo, l’autorità che la riceve la inoltra all’autorità competente.
4. Gli Stati membri provvedono a che le autorità di controllo valutino le segnalazioni circostanziate entro un periodo di tempo appropriato e, se del caso, esercitino i poteri di cui all’articolo 25.
5. L’autorità di controllo informa quanto prima le persone di cui al paragrafo 1, in conformità delle applicabili disposizioni di diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell’Unione, dell’esito della valutazione delle segnalazioni circostanziate e fornisce loro le motivazioni di tale esito. L’autorità di controllo comunica inoltre alle persone che presentano tali segnalazioni circostanziate e che, in conformità del diritto nazionale, hanno al riguardo un interesse legittimo, la sua decisione di accogliere o respingere eventuali richieste di intervento, nonché una descrizione delle misure e dei provvedimenti successivi, e informazioni pratiche sull’accesso alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale.
6. Gli Stati membri provvedono a che le persone che trasmettono le segnalazioni circostanziate a norma del presente articolo e che, in conformità del diritto nazionale, hanno al riguardo un interesse legittimo, abbiano accesso a un organo giurisdizionale o altro organo pubblico indipendente e imparziale che abbia competenza a riesaminare la legittimità procedurale e sostanziale delle decisioni, degli atti o delle omissioni dell’autorità di controllo.
Articolo 27
Sanzioni
1. Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni, anche pecuniarie, applicabili in caso di violazione delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Nel decidere se imporre sanzioni e, qualora tali sanzioni siano imposte, nel determinarne natura e livello appropriato, è tenuto debitamente conto, secondo il caso:
a) della natura, della gravità e della durata della violazione e della gravità degli impatti da essa causati;
b) degli investimenti effettuati e del sostegno mirato fornito a norma degli articoli 10 e 11;
c) dell’eventuale collaborazione attuata con altri soggetti per affrontare gli impatti in questione;
d) se del caso, della misura in cui sono state adottate decisioni di attribuzione di priorità conformemente all’articolo 9;
e) di eventuali pertinenti violazioni delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva, commesse in precedenza dalla società, constatate da una decisione definitiva;
f) della misura in cui la società ha adottato eventuali provvedimenti correttivi in relazione alla materia in questione;
g) dei benefici finanziari conseguiti o delle perdite evitate dalla società in conseguenza della violazione;
h) di eventuali altri fattori aggravanti o attenuanti applicabili alle circostanze del caso in questione.
3. Gli Stati membri prevedono almeno le seguenti sanzioni:
a) sanzioni pecuniarie;
b) se una società non si conforma a una decisione che impone una sanzione pecuniaria entro il termine applicabile, una dichiarazione pubblica indicante la società responsabile della violazione e la natura della violazione.
4. Le eventuali sanzioni pecuniarie imposte si basano sul fatturato netto mondiale della società. Il limite massimo delle sanzioni pecuniarie non è inferiore al 5 % del fatturato netto mondiale della società nell’esercizio precedente la decisione che impone la sanzione pecuniaria.
Gli Stati membri provvedono affinché, per quanto riguarda le società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), le sanzioni pecuniarie siano calcolate tenendo conto del fatturato consolidato comunicato dalla società capogruppo.
5. Gli Stati membri provvedono a che qualsiasi decisione con cui l’autorità di controllo impone sanzioni per violazione delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva sia pubblicata, rimanga pubblicamente disponibile per almeno cinque anni e sia inviata alla rete europea delle autorità di controllo istituita a norma dell’articolo 28. La decisione pubblicata non contiene dati personali ai sensi dell’articolo 4, punto 1, del regolamento (UE) 2016/679.
Articolo 28
Rete europea delle autorità di controllo
1. La Commissione istituisce una rete europea delle autorità di controllo composta di rappresentanti delle autorità di controllo. La rete europea delle autorità di controllo agevola la cooperazione fra autorità di controllo così come il coordinamento e l’allineamento delle prassi regolamentari, investigative, sanzionatorie e di vigilanza delle autorità di controllo e, ove appropriato, la condivisione di informazioni tra di esse.
La Commissione può invitare le agenzie dell’Unione dotate di competenze nei settori contemplati dalla presente direttiva ad aderire alla rete europea delle autorità di controllo.
2. Gli Stati membri cooperano con la rete europea delle autorità di controllo al fine di individuare le società all’interno della loro giurisdizione, in particolare fornendo tutte le informazioni necessarie per valutare se una società di un paese terzo soddisfa i criteri stabiliti all’articolo 2. La Commissione istituisce un sistema sicuro di scambio di informazioni relative al fatturato netto generato nell’Unione da una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, che non ha una succursale in uno Stato membro o ha succursali situate in Stati membri diversi, attraverso il quale gli Stati membri comunicano regolarmente le informazioni di cui dispongono in merito al fatturato netto generato da tali società. La Commissione analizza tali informazioni entro un periodo di tempo ragionevole e comunica allo Stato membro in cui la società ha generato la maggior parte del suo fatturato netto nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio finanziario, che la società è una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e che l’autorità di controllo dello Stato membro è competente ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 3.
3. Le autorità di controllo si scambiano le informazioni utili e si prestano assistenza reciproca nell’assolvimento dei loro compiti e mettono in atto misure per cooperare efficacemente tra loro. L’assistenza reciproca comprende la collaborazione ai fini dell’esercizio dei poteri di cui all’articolo 25, anche in relazione alle ispezioni e alle richieste di informazioni.
4. Ciascuna autorità di controllo adotta tutte le iniziative opportune necessarie per dare seguito alla richiesta di assistenza di un’altra autorità di controllo senza indebito ritardo e comunque entro un mese dal ricevimento della richiesta. Ove necessario in considerazione delle circostanze del caso, il termine può essere prorogato al massimo di due mesi sulla base di un’adeguata giustificazione. Tali iniziative possono consistere, in particolare, nella trasmissione di informazioni utili sullo svolgimento di un’indagine.
5. La richiesta di assistenza contiene tutte le informazioni necessarie, compresi la finalità e i motivi della richiesta. L’autorità di controllo usa le informazioni ricevute tramite una richiesta di assistenza soltanto per la finalità per cui sono state richieste.
6. L’autorità di controllo richiesta informa l’autorità di controllo richiedente degli esiti o, a seconda dei casi, dei progressi in merito alle misure da adottare per rispondere alla richiesta di assistenza.
7. Le autorità di controllo non impongono alcuna spesa per le azioni e le misure adottate a seguito di una richiesta di assistenza.
Le autorità di controllo possono tuttavia concordare disposizioni di indennizzo reciproco per spese specifiche risultanti dalla prestazione di assistenza in casi eccezionali.
8. L’autorità di controllo competente a norma dell’articolo 24, paragrafo 3, informa la rete europea delle autorità di controllo di tale fatto e di un’eventuale richiesta di cambiamento dell’autorità di controllo competente.
9. In caso di dubbi sull’attribuzione delle competenze, le informazioni su cui si basa tale attribuzione sono condivise con la rete europea delle autorità di controllo, la quale può coordinare le iniziative volte a trovare una soluzione.
10. La rete europea delle autorità di controllo pubblica:
a) le decisioni delle autorità di controllo contenenti sanzioni di cui all’articolo 27, paragrafo 5; e
b) un elenco indicativo delle società di paesi terzi soggette alla presente direttiva.
Articolo 29
Responsabilità civile delle società e diritto al pieno risarcimento
1. Gli Stati membri provvedono a che una società possa essere ritenuta responsabile di un danno causato a una persona fisica o giuridica, a condizione che:
a) la società non abbia ottemperato, intenzionalmente o per negligenza, agli obblighi di cui agli articoli 10 e 11, quando il diritto, il divieto o l’obbligo elencato nell’allegato alla presente direttiva sia inteso a tutelare la persona fisica o giuridica; e
b) a seguito dell’inosservanza di cui alla lettera a), sia stato causato un danno agli interessi giuridici della persona fisica o giuridica che sono tutelati dal diritto nazionale.
Una società non può essere ritenuta responsabile se il danno è stato causato solo dai suoi partner commerciali nella sua catena di attività.
2. Ove una società sia ritenuta responsabile ai sensi del paragrafo 1, una persona fisica o giuridica ha diritto al pieno risarcimento del danno in conformità del diritto nazionale. Il pieno risarcimento ai sensi della presente direttiva non conduce a una sovracompensazione del danno subito, né sotto forma di danni punitivi né di danni multipli o di altra natura.
3. Gli Stati membri provvedono affinché:
a) le norme nazionali riguardanti l’inizio, la durata, la sospensione o l’interruzione dei termini di prescrizione non ostacolino indebitamente l’avvio di procedimenti per il risarcimento del danno e, in ogni caso, non siano più restrittive delle norme sui regimi nazionali di responsabilità civile generale;
i termini di prescrizione per intentare azioni per il risarcimento del danno ai sensi della presente direttiva sono di almeno cinque anni e, in ogni caso, non inferiori al termine di prescrizione stabilito dai regimi nazionali di responsabilità civile generale;
i termini di prescrizione non iniziano a decorrere prima che la violazione sia cessata e prima che i ricorrenti siano a conoscenza o si possa ragionevolmente presumere che siano a conoscenza:
i) del comportamento e del fatto che esso costituisce una violazione;
ii) del fatto che la violazione li ha danneggiati; e
iii) dell’identità dell’autore della violazione;
b) le spese processuali non siano eccessivamente onerose per i ricorrenti per rivolgersi alla giustizia;
c) i ricorrenti siano in grado di richiedere provvedimenti inibitori, anche mediante procedimenti sommari; tali provvedimenti inibitori assumono la forma di misure definitive o provvisorie, per porre fine alle violazioni delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva, compiendo un’azione o cessando una condotta;
d) siano previste condizioni ragionevoli in base alle quali ogni presunto soggetto danneggiato può autorizzare un sindacato, un’organizzazione non governativa per i diritti umani o l’ambiente o un’altra organizzazione non governativa e, in conformità del diritto nazionale, le istituzioni nazionali per i diritti umani con sede in uno Stato membro a intentare azioni per far valere i diritti della presunta parte lesa, fatte salve le norme nazionali di procedura civile;
un sindacato o un’organizzazione non governativa possano essere autorizzati a norma del primo comma della presente lettera se soddisfano i requisiti stabiliti dal diritto nazionale; tali requisiti possono includere il fatto di mantenere una presenza permanente e, conformemente al loro statuto, non esercitare attività commerciali ed essere impegnati, non solo temporaneamente, a favore della realizzazione dei diritti tutelati dalla presente direttiva o dei corrispondenti diritti previsti dal diritto nazionale;
e) qualora sia avanzata una domanda di risarcimento e il ricorrente presenti una richiesta motivata comprendente fatti e prove ragionevolmente disponibili che siano sufficienti a sostenere la plausibilità della domanda di risarcimento del danno e abbia indicato che elementi di prova supplementari rientrano nel controllo della società, i giudici possano ordinare che tali elementi probatori siano divulgati dalla società conformemente al diritto procedurale nazionale;
i giudici nazionali limitino la divulgazione degli elementi di prova richiesti a quanto necessario e proporzionato per sostenere una domanda o potenziale domanda di risarcimento del danno e limitino la conservazione degli elementi di prova a quanto necessario e proporzionato per sostenere tale domanda di risarcimento del danno; nel determinare se un ordine di divulgazione o di conservazione delle prove sia proporzionato, i giudici nazionali esaminino in quale misura la domanda di risarcimento o gli argomenti di difesa siano corroborati da fatti e prove disponibili che giustificano la domanda di divulgazione delle prove; la portata e i costi della divulgazione nonché i legittimi interessi di tutte le parti, compresi eventuali terzi interessati, anche al fine di prevenire la ricerca generica di informazioni verosimilmente non rilevanti per le parti nel procedimento; se le prove di cui è richiesta la divulgazione contengano informazioni riservate, in particolare riguardanti parti terze, e le modalità atte a proteggere tali informazioni riservate;
gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali dispongano del potere di ordinare la divulgazione delle prove che contengono informazioni riservate ove le ritengano rilevanti ai fini dell’azione per il risarcimento del danno; gli Stati membri provvedono affinché, allorquando ordinano la divulgazione di siffatte informazioni, i giudici nazionali dispongano di misure efficaci per tutelarle; gli Stati membri provvedono affinché, allorquando ordinano la divulgazione di siffatte informazioni, i giudici nazionali dispongano di misure efficaci per tutelarle;
4. Le società che hanno partecipato a iniziative di settore o multipartecipative, o che hanno fatto ricorso a una verifica da parte di terzi indipendenti o a clausole contrattuali per sostenere l’adempimento degli obblighi relativi al dovere di diligenza possono tuttavia essere ritenute responsabili a norma del presente articolo.
5. La responsabilità civile della società che discende dalla presente disposizione lascia impregiudicata la responsabilità civile delle sue filiazioni o dei suoi partner commerciali diretti e indiretti nella catena di attività della società.
Quando il danno è stato causato congiuntamente dalla società, dalla sua filiazione e da un partner commerciale diretto o indiretto, essi sono responsabili in solido, fatte salve le disposizioni di diritto nazionale relative alle condizioni della responsabilità in solido e ai diritti di regresso.
6. Le norme in materia di responsabilità civile di cui alla presente direttiva non limitano la responsabilità delle società ai sensi dei sistemi giuridici dell’Unione o nazionali e lasciano impregiudicate le norme unionali o nazionali in materia di responsabilità civile relative agli impatti negativi sui diritti umani o agli impatti ambientali negativi che prevedono la responsabilità in situazioni non contemplate dalla presente direttiva o che prevedono una responsabilità più rigorosa rispetto alla presente direttiva.
7. Gli Stati membri provvedono a che le disposizioni di diritto nazionale che recepiscono il presente articolo siano di applicazione necessaria nei casi in cui il diritto applicabile in tal senso non sia il diritto nazionale di uno Stato membro.
Articolo 30
Segnalazione delle violazioni e protezione delle persone segnalanti
Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché la direttiva (UE) 2019/1937 si applichi alla segnalazione di violazioni delle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva e alla protezione della persona che segnala la violazione.
Articolo 31
Sostegno pubblico, appalti pubblici e concessioni pubbliche
Gli Stati membri provvedono affinché il rispetto degli obblighi derivanti dalle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva o dalla loro attuazione volontaria sia considerato un aspetto ambientale o sociale che le amministrazioni aggiudicatrici possono, a norma delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, prendere in considerazione nell’ambito dei criteri di aggiudicazione di appalti pubblici e contratti di concessione, e come una condizione ambientale o sociale che le amministrazioni aggiudicatrici possono, in conformità di tali direttive, stabilire in relazione all’esecuzione di appalti pubblici e contratti di concessione.
Articolo 32
Modifica della direttiva (UE) 2019/1937
Nell’allegato della direttiva (UE) 2019/1937, parte I, punto E.2, è aggiunto il punto seguente:
«vii) Direttiva (UE) 2024/1760 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 maggio 2024, relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e il regolamento (UE) 2023/2859 (GU L, 2024/1760, 5.7.2024, ELI: http://data.europa.eu/eli/dir/2024/1760/oj).».
Articolo 33
Modifica del regolamento (UE) 2023/2859
Nell’allegato del regolamento (UE) 2023/2859, parte B, è aggiunto il punto seguente:
«17. Direttiva (UE) 2024/1760 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 maggio 2024, relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e il regolamento (UE) 2023/2859 (GU L, 2024/1760, 5.7.2024, ELI: http://data.europa.eu/eli/dir/2024/1760/oj).».
Articolo 34
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.
2. Il potere di adottare atti delegati di cui all’articolo 3, paragrafo 2, e all’articolo 16 è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere dal 25 luglio 2024.
3. La delega di potere di cui all’articolo 3, paragrafo 2, e all’articolo 16 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.
4. Prima dell’adozione dell’atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016.
5. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.
6. L’atto delegato adottato ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, o dell’articolo 16 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.
Articolo 35
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio[18]Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13)..
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 36
Riesame e relazioni
1. La Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla necessità di stabilire ulteriori obblighi relativi al dovere di diligenza ai fini della sostenibilità adattati alle imprese finanziarie regolamentate per quanto riguarda la fornitura di servizi finanziari e attività di investimento, nonché sulle opzioni per tali obblighi relativi al dovere di diligenza e sul loro impatto, in linea con gli obiettivi della presente direttiva.
La relazione tiene conto di altri atti legislativi dell’Unione che si applicano alle imprese finanziarie regolamentate. È pubblicata il prima possibile dopo il 25 luglio 2024, e comunque non oltre il 26 luglio 2026, ed è corredata, se del caso, di una proposta legislativa.
2. Entro il 26 luglio 2030 e successivamente ogni tre anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione della presente direttiva e sulla sua efficacia nel conseguirne gli obiettivi, in particolare per quanto riguarda la risposta agli impatti negativi. La relazione è corredata, se del caso, di una proposta legislativa. La prima relazione valuta, tra l’altro, gli aspetti seguenti:
a) gli impatti della presente direttiva sulle PMI, corredandoli di una valutazione dell’efficacia delle diverse misure e degli strumenti di sostegno forniti alle PMI dalla Commissione e dagli Stati membri;
b) l’ambito di applicazione della presente direttiva in termini di società interessate, per stabilire se garantisce l’efficacia della presente direttiva alla luce dei suoi obiettivi, la parità di condizioni tra i soggetti contemplati e assicura che le società non possano eludere l’applicazione della presente direttiva, ivi compreso se sia necessario:
— riesaminare l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), in modo che la presente direttiva contempli altri soggetti costituiti sotto forme giuridiche diverse da quelle elencate nell’allegato I o II della direttiva 2013/34/UE;
— includere nell’ambito di applicazione della presente direttiva i modelli aziendali o le forme di cooperazione economica con società terze diversi da quelli di cui all’articolo 2;
— rivedere i limiti minimi del numero di dipendenti e del fatturato netto di cui all’articolo 2 e se occorra introdurre un approccio settoriale nei settori ad alto rischio;
— rivedere il criterio del fatturato netto generato nell’Unione di cui all’articolo 2, paragrafo 2;
c) la necessità di rivedere la definizione del termine «catena di attività»;
d) l’eventuale modifica dell’allegato alla presente direttiva, anche alla luce degli sviluppi internazionali, nonché il suo eventuale ampliamento per coprire ulteriori impatti negativi, in particolare gli effetti negativi sulla buona governance;
e) la necessità di rivedere le norme sulla lotta ai cambiamenti climatici stabilite nella presente direttiva, in particolare per quanto riguarda l’elaborazione dei piani di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici, la loro adozione e l’attuazione di tali norme da parte delle società, nonché i poteri delle autorità di controllo in relazione a tali norme;
f) l’efficacia dei meccanismi di applicazione istituiti a livello nazionale, delle sanzioni e delle norme in materia di responsabilità civile;
g) la necessità di apportare modifiche al livello di armonizzazione stabilito dalla presente direttiva per garantire parità di condizioni alle società nel mercato interno, comprese la convergenza e la divergenza tra le disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva.
Articolo 37
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 26 luglio 2026, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Essi applicano tali disposizioni:
a) dal 26 luglio 2027 per quanto riguarda le società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), costituite conformemente alla legislazione dello Stato membro e che hanno avuto più di 5 000 dipendenti in media e generato un fatturato netto a livello mondiale superiore a 1 500 000 000 EUR nell’ultimo esercizio precedente al 26 luglio 2027 per il quale è stato adottato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio d’esercizio, ad eccezione delle misure necessarie per conformarsi all’articolo 16, che gli Stati membri applicano a tali società per gli esercizi aventi inizio il 1o gennaio 2028 o successivamente a tale data;
b) dal 26 luglio 2028 per quanto riguarda le società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), costituite conformemente alla legislazione dello Stato membro e che hanno avuto più di 3 000 dipendenti in media e generato un fatturato netto a livello mondiale superiore a 900 000 000 EUR nell’ultimo esercizio precedente al 26 luglio 2028 per il quale è stato adottato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio d’esercizio, ad eccezione delle misure necessarie per conformarsi all’articolo 11, che gli Stati membri applicano a tali società per gli esercizi aventi inizio il 1o gennaio 2029 o successivamente a tale data;
c) a decorrere dal 26 luglio 2027 per quanto riguarda le società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b), costituite conformemente alla legislazione di un paese terzo e che hanno generato un fatturato netto di oltre 1 500 000 000 EUR nell’Unione nell’esercizio antecedente all’ultimo esercizio precedente al 26 luglio 2027, ad eccezione delle misure necessarie per conformarsi all’articolo 16, che gli Stati membri applicano a tali società per gli esercizi aventi inizio il 1o gennaio 2028 o successivamente a tale data;
d) a decorrere dal 26 luglio 2028 per quanto riguarda le società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b), costituite conformemente alla legislazione di un paese terzo e che hanno generato un fatturato netto di oltre 900 000 000 EUR nell’Unione nell’esercizio antecedente all’ultimo esercizio precedente al 26 luglio 2028, ad eccezione delle misure necessarie per conformarsi all’articolo 16, che gli Stati membri applicano a tali società per gli esercizi aventi inizio il 1o gennaio 2029 o successivamente a tale data;
e) a decorrere dal 26 luglio 2029 per quanto riguarda tutte le altre società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), e all’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b), nonché le società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e all’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), ad eccezione delle misure necessarie per conformarsi all’articolo 16, che gli Stati membri applicano a tali società per gli esercizi finanziari aventi inizio il 1o gennaio 2029 o successivamente a tale data.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 38
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 39
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
ALLEGATO
Parte I
1. DIRITTI E DIVIETI CHE FIGURANO NEGLI ACCORDI INTERNAZIONALI SUI DIRITTI UMANI
- Il diritto alla vita, interpretato in linea con l’articolo 6, paragrafo 1, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. L’abuso di tale diritto comprende, tra l’altro, le guardie di sicurezza private o pubbliche che proteggono le risorse, le strutture o il personale della società che provocano la morte di una persona a causa della mancanza di istruzioni o di controllo da parte della società.
2. Il divieto di tortura e di trattamento crudele, inumano o degradante, interpretato in linea con l’articolo 7 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. Ciò comprende, tra l’altro, le guardie di sicurezza private o pubbliche che proteggono le risorse, le strutture o il personale dell’impresa che sottopongono una persona a tortura o a trattamento crudele, inumano o degradante a causa della mancanza di istruzioni o di controllo da parte della società.
3. Il diritto alla libertà e alla sicurezza, interpretato in linea con l’articolo 9, paragrafo 1, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.
4. Il divieto di interferenze arbitrarie o illegittime nella vita privata, nella famiglia, nella casa o nella corrispondenza di una persona e di offese illegittime alla sua reputazione o al suo onore, interpretato in linea con l’articolo 17 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.
5. Il divieto di interferenze nella libertà di pensiero, di coscienza e di religione, interpretato in linea con l’articolo 18 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.
6. Il diritto di godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro, tra cui un equo salario e un salario atto a garantire condizioni di vita dignitosa per i lavoratori dipendenti e un reddito di sussistenza per i lavoratori autonomi e i piccoli coltivatori, guadagnato in cambio del loro lavoro e della loro produzione, un’esistenza decorosa, la sicurezza e l’igiene del lavoro e una ragionevole limitazione delle ore di lavoro, interpretato in linea con gli articoli 7 e 11 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.
7. Il divieto di limitare l’accesso dei lavoratori a un alloggio adeguato, se vivono in alloggi forniti dalla società, nonché a un’alimentazione, a un vestiario e a servizi idrici e igienico-sanitari adeguati sul luogo di lavoro, interpretato in linea con l’articolo 11 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.
8. Il diritto del minore al miglior stato di salute possibile, interpretato in linea con l’articolo 24 della convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; il diritto all’educazione, interpretato in linea con l’articolo 28 della convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; il diritto di beneficiare di un livello di vita adeguato, interpretato in linea con l’articolo 27 della convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; il diritto del minore di essere protetto dallo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale, interpretato in linea con l’articolo 32 della convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; il diritto del minore di essere protetto contro ogni forma di sfruttamento sessuale e di violenza sessuale nonché dal rapimento, dalla vendita o dalla tratta in un luogo diverso all’interno o all’esterno del suo paese a fini di sfruttamento, interpretato in linea con gli articoli 34 e 35 della convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
9. Il divieto di impiego di un minore di età inferiore all’età alla quale si compie l’obbligo scolastico e che, in ogni caso, non può essere inferiore a 15 anni, salvo che lo preveda la legge del luogo di lavoro in linea con l’articolo 2, paragrafo 4, della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sull’età minima per l’assunzione all’impiego, del 1973 (n. 138), interpretato in linea con gli articoli da 4 a 8 della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sull’età minima per l’assunzione all’impiego, del 1973 (n. 138).
10. Il divieto delle forme peggiori di lavoro minorile (persone di età inferiore ai 18 anni), interpretato in linea con l’articolo 3 della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile, del 1999 (n. 182). Queste comprendono:
a) tutte le forme di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, quali la vendita o la tratta di minori, la servitù per debiti e l’asservimento, il lavoro forzato o obbligatorio, compreso il reclutamento forzato o obbligatorio di minori ai fini di un loro impiego nei conflitti armati;
b) l’impiego, l’ingaggio o l’offerta del minore a fini di prostituzione, di produzione di materiale pornografico o di spettacoli pornografici;
c) l’impiego, l’ingaggio o l’offerta del minore ai fini di attività illecite, quali, in particolare, quelle per la produzione o per il traffico di stupefacenti; e
d) qualsiasi altro tipo di lavoro che, per sua natura o per le circostanze in cui viene svolto, rischi di compromettere la salute, la sicurezza o la moralità del minore.
11. Il divieto del lavoro forzato o obbligatorio, vale a dire ogni lavoro o servizio estorto a una persona sotto minaccia di una punizione o per il quale detta persona non si sia offerta spontaneamente, ad esempio in conseguenza della servitù per debiti o della tratta di esseri umani, interpretato in linea con l’articolo 2, paragrafo 1, della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sul lavoro forzato, del 1930 (n. 29). Per lavoro forzato o obbligatorio non si intende un lavoro o servizio conforme all’articolo 2, paragrafo 2, della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sul lavoro forzato, del 1930 (n. 29) o all’articolo 8, paragrafo 3, lettere b) e c), del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.
12. Il divieto della schiavitù e della tratta di schiavi sotto qualsiasi forma, ivi comprese le pratiche assimilabili alla schiavitù, all’asservimento o ad altre forme di dominazione o oppressione sul luogo di lavoro, o della tratta di esseri umani, interpretato in linea con l’articolo 8 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.
13. Il diritto alla libertà di associazione e di riunione e i diritti di organizzazione e di negoziazione collettiva, interpretati in linea con gli articoli 21 e 22 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, l’articolo 8 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, la convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, del 1948 (n. 87), e la convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva, del 1949 (n. 98). Tra tali diritti figurano i seguenti:
a) i lavoratori sono liberi di costituire sindacati o di aderirvi;
b) la costituzione di un sindacato, così come l’adesione e l’appartenenza a esso, non deve essere invocata come motivo di discriminazione ingiustificata o ritorsione;
c) i sindacati sono liberi di operare in linea con le proprie costituzioni e norme, senza ingerenze da parte delle autorità; e
d) il diritto di sciopero e il diritto di negoziazione collettiva.
14. Il divieto di disparità di trattamento in materia di occupazione, a meno che ciò non sia giustificato dai requisiti dell’impiego, interpretato in linea con gli articoli 2 e 3 della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sull’uguaglianza di retribuzione, del 1951 (n. 100), gli articoli 1 e 2 della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro concernente la discriminazione in materia di impiego e di professione, del 1958 (n. 111) e l’articolo 7 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali. Ciò comprende, in particolare:
a) il pagamento di una retribuzione ineguale per un lavoro di pari valore; e
b) la discriminazione fondata sull’origine nazionale o sull’estrazione sociale, sulla razza, sul colore, sul sesso, sulla religione o sulle opinioni politiche.
15. Il divieto di causare qualsiasi degrado ambientale misurabile, quali cambiamenti nocivi del suolo, inquinamento idrico o atmosferico, emissioni nocive, consumo eccessivo di acqua, degrado del suolo o altri effetti sulle risorse naturali, come la deforestazione, che:
a) comprometta in modo sostanziale le basi naturali per la conservazione e la produzione di alimenti;
b) privi una persona dell’accesso ad acqua potabile sicura e pulita;
c) ostacoli l’accesso di una persona ai servizi igienico-sanitari o distrugga questi ultimi;
d) leda la salute, la sicurezza, il normale uso di un terreno o dei beni acquisiti legalmente di una persona;
e) incida negativamente in modo sostanziale sui servizi ecosistemici attraverso i quali un ecosistema contribuisce direttamente o indirettamente al benessere delle persone;
interpretato in linea con l’articolo 6, paragrafo 1, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e gli articoli 11 e 12 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.
16. Il diritto degli individui, dei raggruppamenti e delle comunità di disporre di terre e risorse e il diritto di non essere privati dei mezzi di sussistenza, il che comporta il divieto di espulsione o accaparramento illecito di terreni, foreste e acque al momento dell’acquisto, dello sfruttamento o del diverso utilizzo, anche mediante disboscamento, relativamente ai terreni, foreste e acque che assicurano il sostentamento di una persona, interpretato in linea con gli articoli 1 e 27 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e con gli articoli 1, 2 e 11 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.
2. STRUMENTI IN MATERIA DI DIRITTI UMANI E LIBERTÀ FONDAMENTALI
— Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici
— Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali
— Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
— Convenzioni fondamentali dell’Organizzazione internazionale del lavoro:
— Convenzione concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, 1948 (n. 87);
— Convenzione sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva, 1949 (n. 98);
— Convenzione sul lavoro forzato, 1930 (n. 29) e relativo protocollo del 2014;
— Convenzione concernente l’abolizione del lavoro forzato, 1957 (n. 105);
— Convenzione sull’età minima, 1973 (n. 138);
— Convenzione relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile, 1999 (n. 182);
— Convenzione sull’uguaglianza di retribuzione, 1951 (n. 100);
— Convenzione concernente la discriminazione in materia di impiego e di professione, 1958 (n. 111).
Parte II
DIVIETI E OBBLIGHI INCLUSI NEGLI STRUMENTI IN MATERIA AMBIENTALE
- L’obbligo di evitare o attenuare gli impatti negativi sulla diversità biologica, interpretato in linea con l’articolo 10, lettera b), della convenzione sulla diversità biologica del 1992 e il diritto applicabile nella giurisdizione pertinente, compresi gli obblighi derivanti dal protocollo di Cartagena in materia di sviluppo, manipolazione, trasporto, uso, trasferimento e immissione nell’ambiente di organismi viventi modificati e dal protocollo di Nagoya sull’accesso alle risorse genetiche e la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dalla loro utilizzazione relativo alla convenzione sulla diversità biologica, del 12 ottobre 2014.
2. Il divieto di importazione, esportazione, riesportazione o introduzione dal mare senza licenza di qualunque esemplare di una specie iscritta nelle appendici da I a III della convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), del 3 marzo 1973, interpretato in linea con gli articoli III, IV e V della convenzione.
3. Il divieto di fabbricazione, importazione ed esportazione dei prodotti con aggiunta di mercurio elencati nell’allegato A, parte I, della convenzione di Minamata sul mercurio, del 10 ottobre 2013 (convenzione di Minamata), interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 1, della convenzione.
4. Il divieto di utilizzare mercurio o composti di mercurio nei processi di fabbricazione elencati nell’allegato B, parte I, della convenzione di Minamata dopo la data di eliminazione progressiva specificata nella convenzione per i singoli processi, interpretato in linea con l’articolo 5, paragrafo 2, della convenzione.
5. Il divieto di trattamento illecito dei rifiuti di mercurio, interpretato in linea con l’articolo 11, paragrafo 3, della convenzione di Minamata e con l’articolo 13 del regolamento (UE) 2017/852 del Parlamento europeo e del Consiglio[19]Regolamento (UE) 2017/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, sul mercurio, che abroga il regolamento (CE) n. 1102/2008 (GU L 137 del 24.5.2017, pag. 1)..
6. Il divieto di produzione e uso delle sostanze chimiche elencate nell’allegato A della convenzione di Stoccolma, del 22 maggio 2001, sugli inquinanti organici persistenti, interpretato in linea con l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), punto i), della convenzione, e con il regolamento (UE) 2019/1021 del Parlamento europeo e del Consiglio [20]Regolamento (UE) 2019/1021 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativo agli inquinanti organici persistenti (GU L 169 del 25.6.2019, pag. 45)..
7. Il divieto di manipolazione, raccolta, stoccaggio e smaltimento illeciti dei rifiuti, interpretato in linea con l’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), punti i) e ii), della convenzione sugli inquinanti organici persistenti e con l’articolo 7 del regolamento (UE) 2019/1021.
8. Il divieto di importazione o esportazione di un prodotto chimico elencato nell’allegato III della convenzione di Rotterdam sulla procedura di previo assenso informato per taluni prodotti chimici e pesticidi pericolosi nel commercio internazionale (UNEP/FAO), del 10 settembre 1998, interpretato in linea con l’articolo 10, paragrafo 1, l’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 11, paragrafo 2, della convenzione e con quanto indicato dalla parte importatrice o esportatrice della convenzione conformemente alla procedura di previo assenso informato (procedura PIC).
9. Il divieto di produzione, consumo, importazione ed esportazione illeciti di sostanze regolamentate di cui agli allegati A, B, C ed E del protocollo di Montreal alla convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono relativo a sostanze che riducono lo strato di ozono, interpretato in linea con l’articolo 4 B del protocollo di Montreal e con le disposizioni in materia di licenze a norma del diritto applicabile nella giurisdizione pertinente.
10. Il divieto di esportazione di rifiuti pericolosi o di altri rifiuti interpretato in linea con l’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento, del 22 marzo 1989 (convenzione di Basilea), e con il regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio[21]Regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti (GU L 190 del 12.7.2006, pag. 1).:
a) verso una parte della convenzione che ha vietato l’importazione di tali rifiuti pericolosi e di altri rifiuti, interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della convenzione di Basilea;
b) verso uno Stato di importazione che non dà per iscritto il suo accordo specifico all’importazione di questi rifiuti, qualora detto Stato non abbia vietato l’importazione di tali rifiuti pericolosi, interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), della convenzione di Basilea;
c) verso uno Stato non parte della convenzione di Basilea, interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 5, della convenzione di Basilea;
d) verso uno Stato di importazione se tali rifiuti pericolosi o altri rifiuti non sono gestiti secondo metodi razionali dal punto di vista ecologico in detto Stato o altrove, interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 8, prima frase, della convenzione di Basilea.
11. Il divieto di esportazione di rifiuti pericolosi dai paesi elencati nell’allegato VII della convenzione di Basilea verso paesi non compresi nell’elenco dell’allegato VII per le operazioni elencate nell’allegato IV della convenzione di Basilea, interpretato in linea con l’articolo 4 A della convenzione di Basilea e con gli articoli 34 e 36 del regolamento (CE) n. 1013/2006.
12. Il divieto di importazione di rifiuti pericolosi e di altri rifiuti da Stati non parti che non hanno ratificato la convenzione di Basilea, interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 5, della convenzione di Basilea.
13. L’obbligo di evitare o attenuare gli impatti negativi sulle proprietà considerate patrimonio naturale ai sensi dell’articolo 2 della convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale del 16 novembre 1972 (convenzione sul patrimonio mondiale), interpretato in linea con l’articolo 5, lettera d), della convenzione sul patrimonio mondiale e con il diritto applicabile nella giurisdizione pertinente.
14. L’obbligo di evitare o attenuare gli impatti negativi sulle zone umide quali definite all’articolo 1 della convenzione relativa alle zone umide d’importanza internazionale soprattutto come habitat degli uccelli acquatici del 2 febbraio 1971 (convenzione di Ramsar), interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 1, della convenzione di Ramsar e con il diritto applicabile nella giurisdizione pertinente.
15. L’obbligo di prevenire l’inquinamento causato dalle navi, interpretato in linea con la convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi, del 2 novembre 1973, modificata dal protocollo del 1978 (convenzione MARPOL 73/78). Ciò comprende:
a) il divieto di scarico in mare di:
i) idrocarburi o miscele di idrocarburi secondo le definizioni di cui alla norma 1 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78, interpretato in linea con le norme da 9 a 11 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78;
ii) sostanze liquide nocive secondo la definizione di cui alla norma 1, punto 6, dell’allegato II della convenzione MARPOL 73/78, interpretato in linea con le norme 5 e 6 dell’allegato II della convenzione MARPOL 73/78; e
iii) acque di scarico secondo le definizioni di cui alla norma 1, punto 3, dell’allegato IV della convenzione MARPOL 73/78, interpretato in linea con le norme da 8 a 9 dell’allegato IV della convenzione MARPOL 73/78;
b) il divieto di illecito inquinamento da sostanze nocive trasportate per mare in colli secondo la definizione di cui alla norma 1 dell’allegato III della convenzione MARPOL 73/78, interpretato in linea con le norme da 1 a 7 dell’allegato III della convenzione MARPOL 73/78; e
c) il divieto di illecito inquinamento da rifiuti delle navi secondo la definizione di cui alla norma 1 dell’allegato V della convenzione MARPOL 73/78, interpretato in linea con le norme da 3 a 6 dell’allegato V della convenzione MARPOL 73/78.
16. L’obbligo di prevenire, ridurre e controllare l’inquinamento dell’ambiente marino da immissione, interpretato in linea con l’articolo 210 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), del 10 dicembre 1982, e con il diritto applicabile nella giurisdizione pertinente.
Note
1. | ↑ | Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010 (GU L 174 dell’1.7.2011, pag. 1). |
2. | ↑ | Direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 302 del 17.11.2009, pag. 32). |
3. | ↑ | Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 1). |
4. | ↑ | Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 349). |
5. | ↑ | Regolamento (UE) n. 345/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2013, relativo ai fondi europei per il venture capital (GU L 115 del 25.4.2013, pag. 1). |
6. | ↑ | Regolamento (UE) n. 346/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2013, relativo ai fondi europei per il venture capital (GU L 115 del 25.4.2013, pag. 18). |
7. | ↑ | Regolamento (UE) 2015/760 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, relativo ai fondi di investimento europei a lungo termine (GU L 123 del 19.5.2015, pag. 98). |
8. | ↑ | Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II) (GU L 335 del 17.12.2009, pag. 1). |
9. | ↑ | Regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni (GU L 201 del 27.7.2012, pag. 1). |
10. | ↑ | Regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, relativo al miglioramento del regolamento titoli nell’Unione europea e ai depositari centrali di titoli e recante modifica delle direttive 98/26/CE e 2014/65/UE e del regolamento (UE) n. 236/2012 (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 1). |
11. | ↑ | Regolamento (UE) 2017/2402 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che stabilisce un quadro generale per la cartolarizzazione, instaura un quadro specifico per cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate e modifica le direttive 2009/65/CE, 2009/138/CE e 2011/61/UE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 648/2012 (GU L 347 del 28.12.2017, pag. 35). |
12. | ↑ | Direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE, 2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE (GU L 337 del 23.12.2015, pag. 35). |
13. | ↑ | Direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE (GU L 267 del 10.10.2009, pag. 7). |
14. | ↑ | Regolamento (UE) 2020/1503 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 ottobre 2020, relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese, e che modifica il regolamento (UE) 2017/1129 e la direttiva (UE) 2019/1937 (GU L 347 del 20.10.2020, pag. 1). |
15. | ↑ | Regolamento (UE) 2023/1114 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 2023, relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 1095/2010 e le direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/1937 (MiCA) (GU L 150 del 9.6.2023, pag. 40). |
16. | ↑ | Direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE (GU L 390 del 31.12.2004, pag. 38). |
17. | ↑ | Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (GU L 243 dell’11.9.2002, pag. 1). |
18. | ↑ | Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). |
19. | ↑ | Regolamento (UE) 2017/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, sul mercurio, che abroga il regolamento (CE) n. 1102/2008 (GU L 137 del 24.5.2017, pag. 1). |
20. | ↑ | Regolamento (UE) 2019/1021 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativo agli inquinanti organici persistenti (GU L 169 del 25.6.2019, pag. 45). |
21. | ↑ | Regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti (GU L 190 del 12.7.2006, pag. 1). |