Considerazioni introduttive
Dopo la riforma operata dal D.Lgs. n. 81/2008, la nozione di obbligazione di sicurezza gravante sul datore di lavoro, i cui contenuti fondamentali sono definiti nell’art. 2087 del codice civile, ha subito una profonda evoluzione; infatti, oggi nell’accertamento delle responsabilità in caso d’infortunio sul lavoro l’attenzione degli organi di controllo e dei magistrati si concentra essenzialmente nella verifica non solo della corretta valutazione dei rischi legati alla mansione svolta in concreto dal lavoratore (artt. 28, 29 e seguenti), sulla validità delle misure di prevenzione e protezione adottate e sull’effettività della vigilanza sulle attività lavorative, ma anche sull’adeguatezza e la sufficienza della formazione e dell’addestramento erogati (vedere la tabella 1).
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E proprio sulla formazione che, specie negli ultimi anni, la Cassazione ha puntato decisamente i riflettori; basta compiere, infatti, una rapida consultazione della produzione giurisprudenziale per accorgersi che, ormai, quasi sempre la condanna del datore di lavoro e del dirigente derivano proprio da deficit formativi (vedere la tabella 2).
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Ma, al di là dei casi estremi (ma non tanto) in cui la formazione è risultata completamente omessa, anche in quelli in cui il datore di lavoro ha erogato la formazione non di rado la stessa è risultata priva, però, di efficacia; per non parlare, poi, dei casi (gravi) in cui è stata erogata solo sulla carta.
Il riassetto e la semplificazione
Questo scenario è balzato prepotentemente alla luce proprio nello scorso anno, in cui molti degli infortuni, anche mortali, non stati causati solo da carenze delle attrezzature di lavoro o delle procedure di lavoro, o da deficit nell’azione di vigilanza, ma anche da comportamenti dei lavoratori e delle lavoratrici che non avevano ricevuto la necessaria formazione e addestramento da parte del datore di lavoro che, per altro, molto spesso non era nemmeno pienamente consapevole degli obblighi da assolvere.
Per queste ragioni, attraverso la miniriforma del D.Lgs. 81/2008, operata dal D.L. n. 146/2021, convertito con modifiche dalla legge n. 215/2021, è stata introdotta una ventata d’importanti novità, tra cui spiccano, in particolare, quelle in materia di formazione obbligatoria delle diverse figure della prevenzione.
Infatti, in ragione dell’attuale frastagliato quadro regolamentare, la legge n. 215/2021 ha previsto, in primo luogo, il riassetto della disciplina contenuta nei diversi accordi Stato-Regioni relativa ai lavoratori e alle altre figure (dirigenti, preposti eccetera) in particolare, al comma 2 dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008, è stata inserita la nuova disposizione che prevede che, entro il 30 giugno 2022, la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano avrebbe dovuto adottare un accordo di accorpamento, rivisitazione e modifica degli accordi attualmente vigenti in materia di formazione in modo da garantire:
- l'individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;
- l'individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di quelle delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.
Proprio in relazione alla lettera b) si coglie una importante novità normativa; infatti, questo accordo dovrà anche regolamentare le verifiche dell’apprendimento sul campo, quindi durante l’attività lavorativa, superando così il vecchio modello imperniato sostanzialmente sulla verifica in aula che spesso si dimostra poco efficace. Al momento di andare in stampa l0accvordo di accorpamento non è ancora stata emanato.
Resta da capire se questa riforma sarà estesa anche all’accordo Stato-Regioni 22 febbraio 2012, riguardante l’abilitazione e l’aggiornamento degli addetti a determinate attrezzature di lavoro, e se finalmente darà anche attuazione a quanto prevede il D.P.R. n. 177/2011 in materia di luoghi confinati o sospetti d’inquinamento: è da oltre un decennio che si attende l’emanazione di questo provvedimento, cosa non più ammissibile in un ambito così delicato dove si continua a morire.
Al momento, però, il dato di fatto è che la scadenza del 30 giugno 2022 non è stata rispettata e, come vedremo, in mancanza di questo accordo di riassetto si applica nelle more un regime transitorio basato sugli attuali accordi in materia (vedere la tabella 3 in allegato).
La formazione per i datori
Il riassetto delle norme regolamentari sulla formazione non è, tuttavia, la sola innovazione del D.L. n. 146/2021; infatti, dopo lunghi anni di attesa questo provvedimento ha anche introdotto l’obbligo della formazione del datore di lavoro.
Si tratta, invero, di una novità assoluta, spuntata anch’essa in sede di conversione del decreto legge; infatti, la legge n. 215/2021 è intervenuta sull’art. 37, comma 7, del D.Lgs. n. 81/2008, colmando un evidente vuoto della previgente disciplina, stabilendo che oltre ai dirigenti e i preposti anche gli stessi datori di lavoro dovranno ricevere «(…) un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro, secondo quanto previsto dall'Accordo di cui all'articolo 37, comma 2, secondo periodo».
Proprio in relazione a questa innovazione sono sorti diversi dubbi, anche legati all’entrata in vigore di questo nuovo obbligo e alle conseguenze sul piano sanzionatorio; tuttavia, l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) con la circolare 16 febbraio 2022, n. 1, ha chiarito che questo adempimento è da ritenersi non ancora vigente.
Infatti, secondo l’Inl l’obbligo in questione è legato direttamente all’emanazione del già citato nuovo accordo Stato-Regioni di riassetto della normativa regolamentare, contenuta nei precedenti accordi in materia; in particolare ha sottolineato che «(…) l’accordo demandato alla Conferenza costituisce dunque elemento indispensabile per l’individuazione del nuovo obbligo a suo carico (…)» in quanto sarà proprio questo provvedimento a stabilire non soltanto la durata e le modalità della formazione, ma anche i contenuti minimi della stessa.
Di conseguenza, sul piano ispettivo (…) la verifica circa il corretto adempimento degli obblighi di legge potrà correttamente effettuarsi solo una volta che sia stato adottato il predetto accordo».
Da osservare, inoltre, che la formazione dei datori di lavoro non è, però, quella prevista dall’art. 34 del D.Lgs. n. 81/2008, nel caso di svolgimento diretto da parte degli stessi dei compiti di prevenzione e di protezione – situazione questa che rappresenta la norma nelle micro e piccole imprese – ma si sostanzia in una formazione obbligatoria che riguarda tutti i datori di lavoro (amministratori delegati, presidenti del consiglio di amministrazione eccetera) e legata proprio al ruolo che queste figure ricoprono ai fini della salute e della sicurezza sul lavoro.
Sarà interessante valutare come in sede di conferenza Stato-Regioni questa formazione sarà regolata, anche per quanto riguarda possibili casi di esonero in relazione all’appena citato art. 34, con la speranza che comprenda anche alcuni temi gestionali di notevole rilevanza spesso ignorati.
E proprio su questo profilo una delle proposte più concrete e interessanti è quella presentata lo scorso giugno dalla Ciip – la Consulta interassociativa italiana per la prevenzione, che rappresenta le associazioni professionali e scientifiche operanti nel campo della prevenzione. Secondo la Ciip la base di partenza dei nuovi corsi per i datori di lavoro è rappresentata dal percorso formativo attualmente previsto per i datori di lavoro-Rspp (art. 34, D.Lgs. n. 81/2008) delle aziende a rischio basso di 16 ore (vedere l’ accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011); comunque, è ritenuto opportuno prevedere perlomeno due diverse tipologie di datori di lavoro:
- titolari di grandi aziende - amministratori delegati - direttori generali - direttori di stabilimento con delega;
- lavoratori autonomi, artigiani, commercianti, professionisti - con collaboratori.
Per quelli di cui al punto 1, che agiscono solitamente in contesti in cui sono presenti specifiche strutture di supporto, la formazione dovrebbe avere un approccio culturale qualitativo con taglio prevalentemente organizzativo, gestionale, strategico, economico oltre che tecnico.
Invece, per i datori di lavoro di cui al punto 2 la formazione deve essere mirata anche alla gestione dei rischi specifici presenti in queste attività lavorative; inoltre, per le imprese artigiane e le microimprese, dove spesso il datore di lavoro opera a contatto con i propri collaboratori, sarebbe opportuno prevedere momenti formativi comuni tra lavoratori e datori di lavoro.
Certamente non sarà facile regolare questa formazione in quanto la stessa è rivolta sia al datore di lavoro di micro-realtà produttive, sia ai top manager di grandi aziende; quindi, a soggetti completamente differenti e, indubbiamente, proprio la proposta della Ciip coglie questa diversità e rappresenta, pertanto, una base di partenza di cui certamente si terrà conto.
Formazione e aggiornamento dei preposti
Ma non pochi dubbi interpretativi sono sorti anche per quanto riguarda l’entrata in vigore de nuovi obblighi di formazione e di aggiornamento dei preposti; infatti, per effetto della rimodulazione degli obblighi gravanti su questa figura, previsti dall’art. 19 del D.Lgs. n. 81/2008, la legge n. 215/2021, nel modificare l’art. 37 dello stesso decreto, ha inserito il nuovo comma 7-ter in base al quale per assicurare l'adeguatezza e la specificità della formazione nonché l'aggiornamento periodico dei preposti la loro formazione deve essere svolta «(…) interamente con modalità in presenza (…)».
Inoltre, nello stesso comma è stata anche prevista la periodicità dell’aggiornamento della formazione dei preposti; infatti, ora la stessa deve essere ripetuta con cadenza almeno biennale e comunque «(…) ogni qualvolta ciò sia reso necessario in ragione dell'evoluzione dei rischi o all'insorgenza di nuovi rischi».
Pertanto, rispetto a quanto prevede l’accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011, l’obbligo dell’aggiornamento passa da quinquennale a biennale, mentre resta fermo che l’obbligo dell’aggiornamento scatta immediatamente in caso variazioni del quadro espositivo ai rischi, cosa che già era possibile desumere, comunque, dalla previgente normativa.
Come accennato anche in merito a queste ultime disposizioni sono sorti, invero, non pochi dubbi; infatti, la legge n. 215/2021, ha fatto “irruzione” il 20 dicembre 2021, quasi la vigilia di Natale, e senza un benché minimo periodo di vacatio legis - pessima abitudine del precedente governo - e da più parti è stato sollevato il problema dell’entrata in vigore di queste nuove regole che, per altro, avevano un impatto evidente anche sui corsi in itinere, tenuti sia in modalità e-learning che in Fad a causa del protrarsi della pandemia.
Anche in questo caso l’Ispettorato nella già citata circolare n. 1/2022, ha assunto una posizione interpretativa chiara che, per altro, conferma la “bontà” dei primi orientamenti espressi da alcune associazioni professionali.
Infatti, secondo l’Inl i requisiti della adeguatezza e specificità della formazione del preposto, da garantire come accennato attraverso modalità interamente in presenza e periodicità almeno biennale, attengono «(…) evidentemente e complessivamente ai contenuti della formazione che sarà declinata entro il 30 giugno 2022 in sede di Conferenza, in quanto riferiti alla formazione di cui al nuovo comma 7 dell’art. 37 (e non più genericamente alla formazione dei lavoratori di cui al comma 2 dello stesso articolo) che a sua volta rinvia specificatamente al secondo periodo del comma 2 e cioè alle scelte che saranno effettuate in Conferenza».
Ecco, quindi, che l’Inl segue la condivisibile interpretazione sistematica dei comma 2, 7 e 7-ter dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008; infatti, per quanto riguarda le ispezioni nella circolare n.1/2022, ha anche precisato che «(…) tali requisiti andranno verificati in relazione alla nuova disciplina demandata alla Conferenza alla quale, così come del resto già avvenuto in occasione dell’accordo del 2011, occorrerà riferirsi in relazione alla introduzione di un periodo transitorio utile a conformarsi alle nuove regole (vedere, in particolare, il paragrafo 10 dell’accordo n. 211 del 21 dicembre 2011 recante “Disposizioni transitorie”)».
Pertanto, sottolinea ancora l’Inl, nelle more dell’emanazione di questo nuovo accordo i preposti, ma anche i dirigenti, «(…) dovranno pertanto essere formati secondo quanto già previsto dal vigente accordo n. 221 del 21 dicembre 2011 adottato dalla Conferenza permanente ai sensi del primo periodo del comma 2 dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008 e che non è stato interessato dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 146/2021».
Ne consegue, pertanto, che (…) i nuovi obblighi in capo a tali soggetti, ivi comprese le modalità di adempimento richieste al preposto (formazione in presenza con cadenza almeno biennale), non potranno costituire elementi utili ai fini della adozione del provvedimento di prescrizione ai sensi del D.Lgs. n. 758/1994».
La rivalorizzazione dell’addestramento
Un altro importante intervento riguarda, poi, la disciplina relativa all’addestramento (vedere la tabella 4); la sua ratio si rileva nelle numerose sentenze della Cassazione di questi ultimi anni dove, a ben vedere, l’addebito più frequente mosso al datore di lavoro è stato proprio l’omesso o inadeguato addestramento, indicato dai giudici genericamente come formazione [1].
La legge n. 215/2021 ha operato, quindi, la rimodulazione del comma 5 dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008; infatti, resta fermo che l’addestramento deve essere effettuato da persona esperta (ma rimane il rebus dei requisiti) e sul luogo di lavoro, ma riprendendo la definizione contenuta nell’art. 2 di questo decreto viene ulteriormente specificato che «L'addestramento consiste nella prova pratica, nel caso dell'uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l'addestramento consiste, inoltre, nella esercitazione applicata nel caso delle procedure di lavoro in sicurezza».
Come sottolineato dall’Inl nella circolare 16 febbraio 2022, n.1, con queste modifiche il legislatore ha inteso specificare meglio l’obbligo in questione, prevedendo anche che gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato.
Circa l’entrata in vigore di questi nuovi obblighi in questo caso non bisognerà, però, attendere il nuovo accordo Stato-Regioni di riassetto, in quanto gli stessi trovano immediata applicazione, anche per quanto concerne il tracciamento degli addestramenti nel citato registro che «(…) riguarderà, evidentemente, le attività svolte successivamente all’entrata in vigore del provvedimento e cioè dal 21 dicembre 2021».
Appare consigliabile, tuttavia, documentare anche i precedenti interventi di addestramento: ciò, infatti, è molto importante in caso d’ispezioni, specie se relative a infortuni sul lavoro.
Di conseguenza ne deriva che, secondo l’Ispettorato, la violazione degli obblighi di addestramento si realizza anche qualora venga accertata l’assenza della “prova pratica” e/o della “esercitazione applicata” richieste dalla nuova disciplina introdotta dal D.L. n. 146/2021, mentre invece «Non rileva ai fini sanzionatori invece il tracciamento dell’addestramento nel registro informatizzato, elemento comunque utile sotto il diverso profilo delle procedure accertative e rispetto al quale sarà possibile l’emanazione di una disposizione».
La posizione assunta dall’Inl in merito al rapporto tra il registro dell’addestramento e le sanzioni appare condivisibile in quanto il comma 5 dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008, è una norma imperfetta ma, indubbiamente, anche dopo le modifiche introdotte dal D.L. n. 146/2021, sono ancora diverse le criticità che restano sul tappeto.
Per questa ragione una parte della dottrina più attenta ha anche messo in evidenza la necessità obiettiva che o nel citato accordo Stato-Regioni di riassetto o in un altro provvedimento dedicato siano stabilite le regole specifiche sull’addestramento: appare inconcepibile che ancora oggi, a distanza di oltre un decennio dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2008, i datori di lavoro sono costretti al cosiddetto “fai-da-te”, in assenza di regole precise, ad esempio, sull’obbligo dell’addestramento – ancora oggi alquanto sfumato – e sui requisiti degli addestratori che spesso sono improvvisati (vedere il box 1).
BOX 1 - OBBLIGO DELL’ADDESTRAMENTO E IDONEITÀ DELL’ADDESTRATORE
L’art.71, comma 7, del D.Lgs. n .81/2008, prevede che per le attrezzature di lavoro che richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro ha l’obbligo d’informare, formare e addestrare adeguatamente i lavoratori addetti e in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione siano qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti. Di conseguenza è da ritenersi inadeguata la formazione impartita occasionalmente da un addestratore privo a sua volta della qualifica tecnica di saldatore. |
(Cassazione, sez. IV pen., 20 aprile 2022, n. 15182)
Da osservare, infine, che appare chiaro, quindi, che per effetto di queste modifiche i datori di lavoro ora devono prestare una maggiore attenzione a tale adempimento gestionale, tenendo anche presente che l’addestramento:
- rappresenta il normale completamento delle attività d’informazione e di formazione;
- non si esaurisce in una attività singola, ma richiede un’attenta programmazione e l’attuazione di molteplici attività che comportano un lavoro di squadra;
- non deve incentrarsi solo sulle attrezzature di lavoro sui Dpi, come frequentemente accade, ma anche sulle procedure;
- non deve essere incentrato solo sul “normale lavoro” ma anche sull’emergenza, sul guasto, sul malfunzionamento di impianti, macchine e dispositivi vari.
Il regime provvisorio sulla Fad
Dalla rimodulazione dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008 è rimasto fuori lo strumento della formazione a distanza (Fad) che, tutto sommato, durante il periodo dell’emergenza da Covid è stata una delle vere ancore di salvezza e, dove è stata applicata correttamente, ha dato anche buoni frutti.
Anzi, come si è visto nel caso dei preposti addirittura il D.L. n. 146/2021 ha escluso la possibilità di tenere lezioni da remoto; tuttavia, un piccolo passo in avanti è stato fatto.
Infatti, deve essere accolta senz’altro positivamente la modifica apportata in sede di conversione al D.L. 24 marzo 2022, n. 24, dalla legge 19 maggio 2022, n. 52, che per la prima volta ha dato “dignità” alla Fad (vedere la tabella 5).
L’art. art. 9-bis del D.L. n. 24/2022, senza intervenire sul D.Lgs. n. 81/2008, stabilisce infatti che nelle more dell'adozione del nuovo accordo di riassetto delle regole sulla formazione, di cui al già citato all'art. 37, comma 2, secondo periodo, del D.Lgs. n. 81/2008, la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro può essere erogata sia con la modalità in presenza sia con la modalità a distanza, attraverso la metodologia della videoconferenza in modalità sincrona.
Naturalmente restano escluse quelle attività formative per le quali siano previsti dalla legge e da accordi adottati in sede di conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, un addestramento o una prova pratica che devono svolgersi obbligatoriamente in presenza.
È il caso, ad esempio, dell’abilitazione all’utilizzo di particolari attrezzature di lavoro di cui all’accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2012 (ad eswemoio, piattaforme di lavoro mobili elevabili, gru, carrelli elevatori, macchine per movimento terra, eccetera).
Al momento appare ancora valida l’indicazione espressa dal ministero del Lavoro pubblicata il 4 maggio 2020, con la quale ha precisato che la videoconferenza in modalità sincrona deve essere erogata in modo da «(…) garantire la verifica delle presenze dei soggetti da formare e la piena interazione tra questi ultimi e i docenti (ad esempio assicurando la condivisone del materiale didattico, la possibilità di formulare domande eccetera)».
Per altro non va nemmeno dimenticato che su questo fronte si sono mosse anche alcune Regioni; è il caso, ad esempio, della Regione Lazio che con la nota 16 aprile 2020, prot. n. 348383, ha fornito alcuni indirizzi in merito, facendo riferimento anche all’accordo Stato-Regioni del 25 luglio 2012 (allegato I) e alla circolare ministero dell'Interno del 22 giugno 2016.
Un intervento è stato fatto anche dalla Regione Piemonte con la nota 18 novembre 2020, n. 37998/A1409B; senza dimenticare, poi, che anche Inail e Uni si sono mossi siglando lo scorso mese di maggio un accordo di collaborazione per la predisposizione di una prassi di riferimento su linee guida e requisiti per la formazione in videoconferenza sincrona in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
L’apertura della legge n. 52/2022, alla Fad tramite la videoconferenza in modalità sincrona deve essere accolta, quindi, positivamente ma la materia è ancora troppo acerba; indubbiamente è urgente quanto prima una regolamentazione nazionale, perché all’orizzonte si prospettano due ordini di problemi.
Il primo è che, presumibilmente, nei prossimi mesi si muoveranno anche altre Regioni su questo fronte, con il rischio di avere discipline locali differenti, come del resto già è capitato in diversi casi in passato.
Il secondo, è l’affiorare di possibili diversi orientamenti in sede ispettiva, circa la validità dei corsi tenuti in una regione diversa da quella nella quale il lavoratore svolge la propria prestazione, con tutte le evidenti conseguenze del caso.
APPENDICE – IL TESTO DELL’ART. 37 DEL D.LGS. N. 81/2008
1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a: a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza; b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda. 2. La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Entro il 30 giugno 2022, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adotta un accordo nel quale provvede all’accorpamento, alla rivisitazione e alla modifica degli accordi attuativi del presente decreto in materia di formazione, in modo da garantire: a) l’individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro; b) l’individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle modalità delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa; 3. Il datore di lavoro assicura, altresì, che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presente decreto successivi al I. Ferme restando le disposizioni già in vigore in materia, la formazione di cui al periodo che precede è definita mediante l’Accordo di cui al comma 2. 4. La formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico devono avvenire in occasione: a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro; b) del trasferimento o cambiamento di mansioni; c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e miscele pericolose. 5. L’addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro. L’addestramento consiste nella prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l’addestramento consiste, inoltre, nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato. 6. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi. 7. Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo. 7-bis. La formazione di cui al comma 7 può essere effettuata anche presso gli organismi paritetici di cui all’articolo 51 o le scuole edili, ove esistenti, o presso le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori. 7-ter. Per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi. 8. I soggetti di cui all’articolo 21, comma 1, possono avvalersi dei percorsi formativi appositamente definiti, tramite l’Accordo di cui al comma 2, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. 9. I lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza devono ricevere un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico; in attesa dell’emanazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 46, continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’interno in data 10 marzo 1998, pubblicato nel S.O. alla G.U. n. 81 del 7 aprile 1998, attuativo dell’articolo 13 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. 10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi. 11. Le modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dei seguenti contenuti minimi: a) principi giuridici comunitari e nazionali; b) legislazione generale e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro; c) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi; d) definizione e individuazione dei fattori di rischio; e) valutazione dei rischi; f) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione; g) aspetti normativi dell’attività di rappresentanza dei lavoratori; h) nozioni di tecnica della comunicazione. La durata minima dei corsi è di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate, con verifica di apprendimento. La contrattazione collettiva nazionale disciplina le modalità dell’obbligo di aggiornamento periodico, la cui durata non può essere inferiore a 4 ore annue per le imprese che occupano dai 15 ai 50 lavoratori e a 8 ore annue per le imprese che occupano più di 50 lavoratori. 12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori. 13. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo. 14. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attività di formazione di cui al presente decreto sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, se concretamente disponibile in quanto attivato nel rispetto delle vigenti disposizioni. Il contenuto del libretto formativo è considerato dal datore di lavoro ai fini della programmazione della formazione e di esso gli organi di vigilanza tengono conto ai fini della verifica degli obblighi di cui al presente decreto. 14-bis. In tutti i casi di formazione ed aggiornamento, previsti dal presente decreto legislativo per dirigenti, preposti, lavoratori e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in cui i contenuti dei percorsi formativi si sovrappongano, in tutto o in parte, è riconosciuto il credito formativo per la durata e per i contenuti della formazione e dell’aggiornamento corrispondenti erogati. Le modalità di riconoscimento del credito formativo e i modelli per mezzo dei quali è documentata l’avvenuta formazione sono individuati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6. Gli istituti di istruzione e universitari provvedono a rilasciare agli allievi equiparati ai lavoratori, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), e dell’articolo 37, comma 1, lettere a) e b), del presente decreto, gli attestati di avvenuta formazione sulla salute e sicurezza sul lavoro. |
(In grassetto le modifiche apportate dal D.L. n. 146/2021)
[1] In tal senso vedere ex multis Cass. pen. sez. IV, 3 novembre 2021, n. 39307, relativa al decesso di un lavoratore in un centro commerciale, il quale pur se aveva partecipato ai corsi di formazione non aveva ricevuto l’addestramento sull’utilizzo della scala da cui è caduto.