(Idrocarburi in mare: al via il piano di pronto intervento)
Sulla Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 2022, n. 305 è stato pubblicato il decreto del presidente del Consiglio dei ministri 11 ottobre 2022 con il quale è stato promosso l’«Adozione del piano nazionale di pronto intervento per la difesa del mare e delle coste dagli inquinamenti di idrocarburi o di altre sostanze pericolose e nocive». L’art. 4 dispone l’abrogazione del precedente decreto datato 4 novembre 2010.
Grafico 1
Definizioni
Tra alti e bassi
Nel 2022 appena trascorso pare di tutta evidenza l’attenzione dedicata – a far data dall’entrata in vigore il 25 giugno della legge 17 maggio 2022, n. 60, cosiddetta legge “Salvamare” – alla tutela del mare. Tuttavia, a poca distanza temporale dalla pubblicazione del D.P.C.M. 11 ottobre 2022, è stato convertito in legge il D.L. aiuti-quater (D.L. 18 novembre 2022, n. 176 con la pubblicazione della legge 13 gennaio 2023, n. 6); in particolare, l’art. 4 – ritenuta la straordinaria urgenza di adottare misure per contenere gli effetti derivanti dall’aumento del costo dell’energia e dei carburanti, nonché in materia di efficienza e sicurezza energetica e incremento della produzione di gas naturale – ha riaperto alla coltivazione di idrocarburi in limitate zone in cui sono già presenti giacimenti come nell’alto Adriatico, interdetto da ormai 30 anni, a condizione che i titolari delle concessioni presentino analisi e monitoraggi puntuali che escludano il rischio di subsidenza (sprofondamento del suolo).
Il piano di intervento
L’allegato A al D.P.C.M. 11 ottobre 2022 riporta il piano di pronto intervento nazionale per la difesa da inquinamenti di idrocarburi o di altre sostanze nocive causati da incidenti marini. Il documento disciplina le modalità operative di intervento del dipartimento della Protezione civile (vedere il box 2) comprese le sue strutture centrali e periferiche. Il piano trova applicazione in tutti i possibili scenari legati a inquinamenti marini o costieri, qualunque siano le fonti e le situazioni che li hanno originati, quando sia stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale ai sensi dell’art. 5, legge 225/1992, ovvero, nei casi di situazioni emergenziali eccezionali che possano compromettere l’integrità della vita, ai sensi dell’art. 3 della Legge 286/2002. Poiché ogni episodio di inquinamento marino può verificarsi in forme, modalità e situazioni diversissime, non è possibile dettare norme dettagliate, ma solo dare direttive che siano valide in ogni circostanza.
Limiti e competenze del dipartimento della Protezione civile
Art. 11, comma 4, legge 31 dicembre 1982, n. 979
«Quando l’emergenza non è fronteggiabile con i mezzi di cui il Ministro della Marina Mercantile dispone, quest’ultimo chiede al Ministro della Protezione Civile di promuovere la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale. In tal caso il Ministro della Protezione Civile assume la direzione di tutte le operazioni sulla base del piano di pronto intervento nazionale adottato dagli organi del Servizio nazionale per la Protezione civile».
Il suddetto piano ha la sua prima applicazione con l’attivazione del Servizio coordinamento della Sala Situazione Italia e monitoraggio del territorio ed emergenze marittime del Dipartimento della Protezione Civile nel momento in cui il Ministero dell’Ambiente e/o il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, comunica la notizia dell’avvenuta dichiarazione di emergenza locale.
Scopo del piano
- predisporre le norme esecutive per esercitare direttamente la direzione di tutte le operazioni di riduzione del danno finalizzate alla bonifica;
- regolamentare forme e modalità pratiche/esecutive di intervento che le autorità dello Stato, centrali e periferiche, con la collaborazione delle regioni e degli enti locali, debbono porre in atto nel rispetto della normativa vigente, al fine di conseguire il massimo risultato possibile nell’azione di bonifica e di contenimento dei danni che possono essere causati a persone e ambiente da un inquinamento marino da idrocarburi o da altre sostanze nocive.
La zona di mare entro i cui limiti si applicano le disposizioni del piano, è compresa tra la costa e il limite esterno delle zone di protezione ecologica, così come definite dalla legge n. 61/2006. I limiti esterni delle zona di protezione Ecologica sono determinati in conformità ad accordi con gli Stati interessati (art. 1, legge n. 61/2006).
Gli organi responsabili dell’applicazione del piano sono:
- a livello centrale, il presidente del Consiglio dei ministri, attraverso il dipartimento della Protezione civile, il quale assume, a livello centrale, la direzione strategica delle operazioni di difesa di tutte le forze impegnate a livello centrale e periferico. Il medesimo dipartimento assicura il coordinamento delle operazioni di disinquinamento in terra e in mare attraverso le amministrazioni responsabili secondo le modalità indicate nel piano. Per lo svolgimento di questa attività si avvale delle proprie strutture di coordinamento, direzione e conoscenza tecnico-scientifica, nonché delle strutture centrali e regionali del servizio nazionale di Protezione civile. I ministeri dell’Ambiente, delle infrastrutture e trasporti, dell’interno, della difesa e della salute – e gli altri di volta in volta di competenza - intervengono in concorso alla gestione dell’emergenza.
- a livello periferico, prefettura competente, Arpa, sindaci e presidente della Regione interessata – e le altre autorità di volta in volta competenti- sotto la direzione dell’autorità marittima designata.
Le fasi operative
Le fasi operative per la gestione dell’emergenza nazionale si suddividono in:
- fase di allertamento, che scatta quando si ha notizia della dichiarazione della emergenza locale;
- fase di emergenza nazionale, che viene attivata a seguito della intervenuta dichiarazione dello stato di emergenza nazionale ai sensi dell’art. 5, legge n. 225/1992 o di decreto da parte del presidente del Consiglio dei ministri ex 3, legge n. 286/2002.
La fase di allertamento corrisponde alla fase in cui l’emergenza è rilevata localmente e l’inquinamento si mantiene ancora nella sfera di competenza dell'autorità marittima e del ministero dell’Ambiente. In questo caso, tutti gli enti e le autorità coinvolte devono mantenere costantemente aggiornato il dipartimento della Protezione civile.
Lo stato di emergenza nazionale può essere dichiarato all’occorrenza delle seguenti situazioni:
- l’inquinamento risulta di difficile contenimento o neutralizzazione, interessante un’area di mare o di litorale molto estesa, cui non possa farsi fronte con i mezzi disponibili e/o messi a disposizione nei/nel compartimenti/o marittimo interessato;
- l’inquinamento coinvolge idrocarburi e, quindi, a prescindere dalle dimensioni, minaccia di provocare disastro ecologico in tratti di costa di alto valore intrinseco, riconosciute tali nel piano di pronto intervento antinquinamento del ministero dell’Ambiente, o interessa aree costiere particolarmente sensibili o le aree marine protette, con conseguenti rilevanti danni economici/ambientali;
- l’inquinamento è causato da altre sostanze nocive, e richiede particolare attenzione con riferimento al grado di minaccia per l’incolumità e la salute delle popolazioni rivierasche, oltre che per il presumibile grave danno economico/ambientale (zone della costa di alto valore intrinseco, aree costiere particolarmente sensibili, aree marine protette).
Il capo del dipartimento della Protezione civile, avuta notizia della richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza nazionale formulata dal ministro dell’Ambiente o dell’emanazione del decreto da parte del presidente del Consiglio dei ministri ex art. 3, legge n. 286/2002, tramite la sala “Situazione Italia” convoca (fra gli altri) il personale designato per assicurare il servizio continuativo presso il centro operativo emergenze marittime, il comitato operativo di Protezione civile (art. 10, legge n. 225/1992) limitatamente ai componenti dei ministeri direttamente interessati, con l’aggiunta di un rappresentante della Regione colpita dall’evento.
Una volta dichiarato lo stato di emergenza nazionale, ex art. 5, legge n. 225/1992, o emanato il decreto da parte del presidente del Consiglio dei ministri ex art. 3, legge n. 286/2002, il capo del dipartimento della Protezione civile, assume immediatamente la direzione strategica di tutte le operazioni (legge n. 979/1982 - art. 11, comma 4).
Il capo del dipartimento della Protezione civile assume la direzione unitaria di tutte le forze impegnate:
- coordina le operazioni di disinquinamento in terra e in mare;
- stabilisce le strategie di intervento;
- rappresenta al ministero della Difesa eventuali esigenze da soddisfare con mezzi militari;
- attiva e coordina l’intervento di tutte le risorse nazionali (compresi esperti del settore) disponibili materiali, mezzi e quant’altro occorra in relazione al tipo di intervento;
- richiede, qualora lo ritenga opportuno, d’intesa con il ministero degli Affari esteri e con il ministero dell’Ambiente, la cooperazione dei paesi stranieri anche non limitrofi e delle organizzazioni internazionali e comunitarie
- tiene i contatti con la Regione, con il prefetto, con la centrale operativa del comando generale delle Capitanerie di porto e il ministero, dando loro informazioni e direttive sulle misure d’intervento da adottare;
- tiene i contatti con il comando generale del corpo delle Capitanerie di porto e/o l’autorità marittima designata, che localmente dirigono gli interventi in mare, dando loro informazione e direttive sulle procedure e sulle misure da adottare;
- attiva le organizzazioni nazionali di volontariato attrezzate a fronteggiare l’opera di decontaminazione costiera e i centri specializzati per la cura dell’avifauna, dei mammiferi e dei rettili marini;
- invia, se possibile e qualora ritenuto opportuno, in ausilio all’autorità marittima designata che dirige le operazioni sul posto, un nucleo di pronto intervento composto da esperti del dipartimento della Protezione civile, del ministero dell’Ambiente e di tutti gli enti/amministrazioni competenti nel settore;
- attiva, nel caso si tratti di inquinamento da idrocarburi liquidi derivanti da attività minerarie di ricerca e coltivazione di idrocarburi, il ministero dello Sviluppo economico – dipartimento per l’energia – direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche;
- coordina in forma unitaria i rapporti con la stampa e/o mezzi di pubblica informazione, oppure delega questo compito a una autorità centrale o periferica.
L’ inquinamento da idrocarburi che abbia originato la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, richiede generalmente interventi caratterizzati da:
- massima rapidità nelle decisioni e nella scelta della strategia da adottare;
- massima rapidità di intervento.
Tenuto conto che si è alla presenza di un evento di estrema gravità, in grado di produrre rilevanti danni ambientali, è necessario, inoltre, che le scelte strategiche non siano condizionate da interessi di alcun genere se non da quello, primario, di limitare i danni.
Nell’ambito dell’emergenza nazionale, il piano stabilisce tre diversi stadi operativi a gravità crescente:
- il primo, definito di media gravità o di primo stadio, si ha in presenza di un inquinamento che interessa esclusivamente il mare senza rappresentare diretta, immediata minaccia per le zone costiere. Questa situazione può evolvere anche rapidamente in una delle due situazioni successive;
- il secondo, definito grave o di secondo stadio, si ha in presenza di un inquinamento che rappresenta seria minaccia per la costa, anche di isole minori;
- il terzo, definito gravissimo o di terzo stadio, si ha in presenza di un inquinamento che interessa anche aree costiere.
Ogni sforzo deve essere operato al fine di conseguire la maggiore rapidità nell’intervento che deve tendere, innanzitutto all’eliminazione della fonte inquinante e, per quanto possibile, alla rimozione meccanica di quanto sversato in mare e giunto a riva.
Inquinamento generato da altre sostanze nocive
Il modo di risolvere eventi assimilabili a quelli appena esposti cambia in conseguenza alla tipologia di sostanze sversate in mare, a meno che si tratti di prodotti equivalenti per caratteristiche di insolubilità, volatilità e non reattività con l’acqua agli idrocarburi.
In ogni caso, l’elevato numero di prodotti chimici trasportabili per mare, la diversità di caratteristiche che li distingue e, di conseguenza, il loro diverso impatto sull’ambiente in caso di incidente, rende praticamente impossibile ricomprendere nel piano in discussione la disposizione di norme dettagliate per ciascun evento.
Il compromesso ritenuto accettabile è rappresentato dalla formulazione di una serie d’indicazioni operative di carattere generale, tenendo conto del fatto che uno sversamento di sostanze chimiche in mare:
- è caratterizzato dall’estrema pericolosità che si determina anche in riferimento alla possibilità di esplosioni, incendi, nonché emanazioni e concentrazioni tossiche che, sotto forma di nubi gassose (in aria) o di miscele diluite (in acqua), possono interessare aree anche molto vaste;
- richiede, prioritariamente, l’adozione di misure a difesa dell’uomo e dell’ambiente.
Grafico 2
Le variabili
In linea generale valgono comunque le seguenti indicazioni in ordine di priorità:
1 - portare soccorso alle persone in pericolo;
2 - dare assistenza alla nave in difficoltà, operando tutti i possibili accorgimenti tesi a rilevare la reale gravità dell’incidente e il livello di rischio;
3 - eliminare le fonti dell’inquinamento;
4 - rimuovere dall’ambiente gli inquinanti sversati.
Operazioni da eseguirsi adottando tutte le precauzioni opportune a tutela degli operatori che, a loro volta, dovranno osservare scrupolosamente le norme di sicurezza in materia.
Lo smaltimento e il recupero
Un capitolo particolare, che sicuramente merita attenzione, riguarda la gestione dei materiali recuperati dal mare e dalle coste (idrocarburi miscelati in parte con acqua e/o con vari detriti, residui di idrocarburi allo stato solido, o semi solido, anch’essi frammisti o meno con altro materiale, materiale vario, di diversa provenienza, contaminato in tutto o in parte, o contaminante) riferendosi il piano, ad esempio, al «complesso delle operazioni intese a consentire, attraverso idonei processi, la totale o parziale riutilizzazione dell’idrocarburo recuperato».
A monte delle operazioni di smaltimento e/o recupero, la fase di stoccaggio temporaneo, proprio per la natura dei rifiuti generati dalle suddette attività, è un’operazione complessa e molto delicata che va limitata nel tempo e, qualora non gestita correttamente, rischia di creare ulteriori problemi.
Per le operazioni di smaltimento o recupero vere e proprie il piano propone l’utilizzo di impianti idonei a svolgere questa attività, indirizzandosi preferibilmente verso quelli più prossimi all’area dell’incidente o dello stoccaggio provvisorio e che, ove è possibile, siano in grado di garantire l’avvio al trattamento finale senza necessità di seconde tratte. Il tutto poi è, correttamente, ma fin troppo genericamente, rinviato alla normativa di settore, seppur sottolineando l’esigenza di celerità che permea questa particolare gestione del rifiuto.
Nessun cenno, invece, è riservato all’importantissima fase di classificazione dei rifiuti. L’unico rinvio è fatto al capitolo 7.3, circa gli aspetti amministrativi dell’attività, in cui si dispone: «anche per i connessi risvolti di carattere assicurativo, le autorità locali responsabili dovranno, ciascuna per la parte di propria competenza, verificare la reale consistenza e tipologia dei prodotti e materiali recuperati, prima che gli stessi vengano avviati allo smaltimento o al recupero».
In considerazione di quest’ultimo rinvio, una nota particolare meriterebbe il riferimento all’auspicabile utilizzo di impianti autorizzati al recupero, nell’ottica dell’implementazione dell’economia circolare, che, tuttavia, dovrebbero poter accogliere non rifiuti qualsiasi, ma rifiuti originati da operazioni emergenziali richieste all’occorrenza di incidenti non prevedibili. Circostanze molto difficili che, nella pratica, rischiano di tradursi inevitabilmente nell’accantonamento delle ipotesi di recupero a favore dello smaltimento.
L’allegato 7 al piano, in realtà, rimanda «per la descrizione delle singole fasi [di gestione dei suddetti rifiuti] ad un apposito documento tecnico a cura del Dipartimento della Protezione Civile, redatto in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e con il contributo delle altre amministrazioni interessate, nel quale saranno trattati i singoli argomenti in forma approfondita e dettagliata». L’auspicio è che questo documento sia pubblicato al più presto.
Comunicazioni
La celerità che deve caratterizzare la gestione emergenziale di cui si tratta non può sussistere senza un efficiente sistema di comunicazioni. A livello nazionale (centrale e periferico) tutta l’organizzazione assicura, anche in situazioni di routine, un’immediata risposta 24 ore su 24, sia sotto l’aspetto operativo sia sotto quello informativo.
Nell’allegato 8 del piano sono riportati i recapiti telefonici dei centri operativi nazionali.
È poi caldamente consigliato che almeno una delle linee telefoniche attestate presso la prefettura - ufficio territoriale del Governo e l’autorità marittima designata sia utilizzata esclusivamente per assicurare il flusso informativo con l’organizzazione centrale.
Per quanto attiene eventuali interventi in alto mare, ovvero qualora non dovessero essere disponibili efficaci sistemi di comunicazione nell’area investita dall’evento, potrà essere previsto l’impiego di navi della Marina militare in grado di garantire adeguate capacità di comunicazione e di sistemi per il coordinamento dei mezzi in azione.
Gli allegati
Il piano contiene all’allegato 10 le bozze dei seguenti documenti:
- proposta di dichiarazione di emergenza nazionale;
- comunicazione di avvenuta dichiarazione dello stato di emergenza nazionale;
- convocazione ufficiali e sottufficiali;
- disposizioni per l’impiego di unità navali della Marina militare;
- nomina dell’autorità marittima designata.
Seguono, poi, una serie di allegati riportanti:
- procedure di vario genere (ad esempio convocazione ufficiali e sottufficiali – allegato 1);
- indicazione di prodotti disinquinanti ad azione assorbente o disperdente (allegato 2);
- definizione delle tecniche utilizzabili nella lotta all’inquinamento marino da idrocarburi (allegato 3);
- gestione dell’inquinamento e dei relativi rifiuti (allegato 7);
- cooperazione comunitaria (allegato 9).
Elementi che, per quanto possibile in relazione a eventi ben poco prevedibili, determinano la percezione del piano come un documento completo e circostanziato con i necessari rinvii alle norme tecniche di volta in volta applicabili