Infortuni e riforma del Tusl.
Considerazioni introduttive
Nell’ultimo quarto di secolo si è fatto certamente tanto sul piano dell’ammodernamento della disciplina sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro; infatti, com’è noto, si sono succedute nel 1994 e nel 2008 due importanti riforme e la prima del D.Lgs. n. 626/1994 è stata radicale e “copernicana”, ed è profondamente cambiato il concetto stesso di “fare sicurezza” in azienda.
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Prima di questi interventi, infatti, prevaleva un approccio essenzialmente tecnicistico a questi temi ma, poi, grazie anche alla forte spinta della direttiva 89/391/Cee del Consiglio, del 12 giugno 1989 (la cosiddetta “direttiva quadro”), si è affermato un modello prevenzionale assolutamente innovativo, ossia della sicurezza sul lavoro partecipata e organizzata.
A ben riflettere, dati alla mano, sul piano della tendenza infortunistica alcuni frutti sono arrivati; tuttavia, non è stata la quantità che ci si attendeva, specie dopo l’emanazione del cosiddetto testo unico (il D.Lgs. 81/2008, che qualcuno, forse troppo enfaticamente, aveva visto quasi come la panacea per risolvere tutti i mali.
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Una parte della dottrina ha imputato questo parziale successo a vari fattori come, ad esempio, l’eccessiva complessità di alcuni meccanismi e le difficoltà nella diffusione della vera cultura della sicurezza specie nelle realtà produttive di minori dimensioni.
Andamento degli infortuni e delle malattie professionali
In effetti l’andamento degli infortuni e delle malattie professionali pur registrando negli ultimi anni alcuni miglioramenti, stenta a mostrare significativi decrementi.
Infatti, secondo il Rapporto annuale dell’Inail nel 2021 sono stati denunciati circa 564 mila infortuni sul lavoro, in calo dell’1,4% rispetto all’anno precedente; tuttavia, a quanto si apprende questa diminuzione è dovuta esclusivamente alla contrazione dei contagi professionali da Covid-19, che sono passati dai quasi 150 mila del 2020 ai circa 50 mila del 2021.
La sintesi della mini riforma del Tusl nell'allegato in coda al testo
E nel 2020, in particolare, l’incidenza media delle denunce per Sars-Cov-2 sul totale degli infortuni denunciati è stata di una ogni quattro, mentre nel 2021 è scesa a una su 12; viceversa, le denunce di infortunio “tradizionale”, ossia al netto dei casi da Covid-19, nel 2021 hanno invece registrato un aumento di circa il 20% rispetto al 2020.
Questi dati, insomma, non sono per nulla confortanti e va aggiunto che le denunce di infortunio con esito mortale sono state 1.361, con un decremento del 19,2% rispetto al 2020; tuttavia, spiega l’Inail, come per gli infortuni in complesso, anche in questo caso questa contrazione è legata interamente ai decessi causati dal contagio da Covid-19, passati dai circa 600 del 2020 ai circa 200 del 2021.
E nel 2020 l’incidenza media dei decessi da Covid-19 sul totale di tutti i casi mortali denunciati è stata di una denuncia ogni tre, mentre nel 2021 è scesa a una su sei; ma la cosa che deve far riflettere è che le denunce di infortuni mortali “tradizionali”, al contrario, sono aumentate di quasi il 10% rispetto al 2020, sia nella componente “in occasione di lavoro” che in quella “in itinere”.
Pertanto, il dato epurato dalla componente Covid-19 indica una tendenza infortunistica in aumento che, per altro, è dello stesso segno anche per quanto riguarda le denunce di malattia professionale.
Infatti, le patologie lavoro-correlate denunciate all’Inail sono state poco più di 55 mila, in crescita del 22,8% rispetto al 2020.
Interessante è osservare, inoltre, che nel 2021 il periodo più critico è quello dei primi nove mesi dell’anno; infatti, durante questo periodo le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail tra gennaio e settembre 2021 sono state ben 396.372 (+8,1% rispetto allo stesso periodo del 2020), 910 delle quali con esito mortale (-1,8%).
Per altro al 30 settembre 2021 risultavano denunciati 15 incidenti plurimi avvenuti nei primi nove mesi dell’anno, per un totale di 35 decessi, 21 dei quali stradali; molte delle modalità di accadimento sono, purtroppo, ben note: crollo di fabbricati, inalazione di vapori tossici eccetera solo per citarne alcuni.
E nello stesso periodo si è registrato un forte aumento delle patologie di origine professionale denunciate, che sono state 40.470 (+27,7%) un po’ in tutte le aree del Paese; le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, del sistema nervoso e dell’orecchio hanno rappresentato, anche nei primi nove mesi del 2021, le prime tre malattie professionali denunciate, seguite dai tumori.
Infortuni e riforma del Tusl: le direttrici fondamentali della miniriforma
Questi numeri sono certamente all’allarmanti e spiegano il perché, alla fine della scorsa estate, da più parti è era stata invocata una urgente miniriforma della disciplina del D.Lgs. n. 81/2008, basata su un intervento di tipo strutturale e sul confronto istituzionale, tenuto altresì conto che la materia della sicurezza sul lavoro è a competenza ripartita tra lo Stato e le Regioni (art. 117 della Costituzione); tuttavia, governo e parlamento hanno preferito seguire una strada diversa.
Infatti, con il D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, («Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili», subito ribattezzato decreto “fisco e lavoro”) è stato introdotto un primo pacchetto di modifiche al D.Lgs. n. 81/2008, con il quale è stato operato un giro di vite su ispezioni e sospensione dell’attività che, invero, rendono ancora più importanti gli attuali strumenti di sanatoria degli illeciti in materia antinfortunistica.
Tuttavia, il ricorso a misure sostanzialmente repressive ha dato il via anche a un intenso dibattito sull’effettivo mantenimento del già citato modello prevenzionale di matrice europea sul quale si fonda il D.Lgs. n. 81/2008, nonché sull’aderenza della strada scelta dal governo con la decretazione d’urgenza ai principi in materia di cui all’art. 77 della Costituzione.
Per questi motivi, quindi, parte della dottrina ha sottolineato la necessità di un più attento riesame in sede parlamentare di alcune norme introdotte con il D.L. n. 146/2021, oltre che l’integrazione anche con misure finalizzate a una più intensa azione di prevenzione nelle aziende; tuttavia, in sede di conversione con la legge 17 dicembre 2021, n. 215, è passato un maxiemendamento al citato D.L. n. 146/2021, che, tuttavia, ha lasciato intatta la linea dura seguita dal governo su ispezioni e sospensione dell’attività.
Al tempo stesso, però, grazie alla legge n. 215/2021, è stato introdotto anche un pacchetto di ulteriori nuove misure aventi un respiro più ampio (vedere l'allegato in coda al testo); si tratta di modifiche al D.Lgs. n. 81/2008, incentrate essenzialmente sulla rimodulazione delle norme sulla formazione – con l’introduzione dell’obbligo (finalmente) anche per i datori di lavoro – e la riforma della disciplina dei vigenti accordi Stato-Regioni, e sul rafforzamento del ruolo prevenzionale del proposto “gestore del rischio” e del ruolo degli organismi paritetici con l’istituzione del Repertorio nazionale.
Sinp: verso la banca dati nazionale della sicurezza
Nell’ottica del potenziamento della macchina ispettiva, non va nemmeno dimenticato che il legislatore ha cercato di dare attuazione anche al Sinp, ossia il sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, previsto dall’art. 8 del D.Lgs. n. 81/2008, ma mai decollato finora.
La legge n. 215/2021, infatti, ha cercato di mettere in moto questa potente – almeno potenzialmente – banca dati nazionale condivisa, anche avvalendosi del supporto dell’Inps; un passo fondamentale, quindi, per la realizzazione di un’anagrafe nazionale che dovrebbe consentire, soprattutto all’apparato ispettivo, di sviluppare azioni e pianificare controlli mirati.
In particolare, è previsto anche che gli organi di vigilanza alimenteranno un'apposita sezione del sistema informativo dedicata alle sanzioni irrogate nell'ambito della vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Per quanto riguarda l’operatività va rilevato che il ministero del Lavoro con decreto 29 dicembre 2021, n. 252, ha provveduto in tempi brevissimi alla ricostituzione del tavolo tecnico per lo sviluppo e il coordinamento del Sinp (vedere anche art. 5 del D.M. Lavoro, 25 maggio 2016, n. 183) e sarà interessante valutarne i futuri sviluppi.
Infortuni e riforma del Tusl: la necessità di un intervento strutturale
Il rinnovato quadro normativo che emerge dopo le modifiche apportate al D.Lgs. n. 81/2008 dal D.L. n.146/2021, appare, quindi, potenzialmente più efficace per contrastare il fenomeno degli infortuni sul lavoro descritto per sommi capi in precedenza.
Tuttavia, solo il tempo sarà “giudice” inesorabile e ci dirà se, e in che misura, gli obiettivi prefissati con il D.L. n. 146/2021, saranno effettivamente raggiunti; ma sullo sfondo rimane, comunque, un problema.
Infatti, come posto in evidenza dalla dottrina più attenta il testo unico della sicurezza n. 81/2008 è nato in un contesto ben diverso da quello attuale e si trova in una evidente fase di maturità che richiederebbe, pertanto, un intervento strutturale di “manutenzione”, soprattutto per aggiornarlo al mutato scenario produttivo e alle nuove forme di lavoro e non solo.
Tuttavia, un “intervento strutturale” non può significare lo stravolgimento del D.Lgs. n. 81/2008, ma solo un’opera di ammodernamento organico oltre che di correzione delle criticità (tante) normative ancora esistenti con le quali, ogni giorno, imprese, Rspp e professionisti sono costretti a confrontarsi.
Sotto questo profilo, a mero titolo esemplificativo e senza alcuna pretesa di esaustività, appare necessario da un lato colmare alcuni evidenti vuoti sostanziali della normativa che riguardano, ad esempio, le nuove forme di lavoro digitale e, in particolare, lo smart working che attualmente regge, per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, su norme in parte contradditorie con la natura stessa del lavoro agile.
Inoltre, andrebbero valutati anche interventi di adeguamento della normativa ai modelli d’industria 4.0 che, pur se frenata fortemente da questa immane sciagura planetaria causata dal Covid-19, potrebbe trovare a breve una nuova e più intensa ripresa una volta superata definitivamente la fase pandemica e cessati i venti di guerra.
Per non parlare, poi, dell’esigenza dell’introduzione di una disciplina su lavoro all’estero, che codifichi i principi espressi a più riprese dalla giurisprudenza; sotto questo profilo va rilevato che, ormai, questo passaggio si rende necessario anche per effetto delle innovazioni introdotte dal poco conosciuto art. 18, comma 1, del D.Lgs. n. 151/2015, che prevede l’obbligo di specificare le misure di sicurezza nel contratto con i lavoratori italiani da impiegare o da trasferire all'estero (vedere l’art. 2, D.L. n. 317/1987).
Dall’altro lato, invece, appare urgente rivedere alcune nozioni come, ad esempio, quelli di valutazione dei rischi (artt. 2, comma 1, lett. q) e 28 D.Lgs. n. 81/2008) e di luogo di lavoro, ma un’attenta rivisitazione meriterebbe certamente anche la disciplina sulla sicurezza negli appalti contenuta nell’art. 26 del D.Lgs. n. 81/2008.
Questa norma, infatti, appare, forse, la più bisognosa di alcuni interventi, anche di semplificazione; da tempo si discute, ad esempio, dell’esigenza di regolamentazione della riunione di cooperazione e di coordinamento – che ha una valenza fondamentale – e di una rimodulazione del regime del Duvri.
Proprio il Duvri è vissuto, infatti, da molti operatori solo come uno scomodo adempimento burocratico, ma non va dimenticato che, al contrario, è un importante strumento gestionale; tuttavia, è pur vero che, forse, sarebbe necessario apportare alcune semplificazioni e rivedere i casi di esonero, così come stabilire il suo contenuto fondamentale.
In effetti, va ricordato che un tentativo fu compiuto con il D.L. n. 69/2013 (il cosiddetto “decreto del fare”), con la previsione, per le attività a basso rischio, di un apposito decreto ministeriale che avrebbe dovuto consentire, in alternativa al Duvri, l’individuazione da parte del committente di un proprio incaricato per sovrintendere le attività di cooperazione e di coordinamento (art. 29, comma 6-ter, D.Lgs. n.81/2008); tuttavia, dopo circa un decennio questo decreto non ha ancora trovato la luce.
Per non parlare, poi, della mancata attuazione dell’art. 27 del D.Lgs. n. 81/2008, in materia di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, e della disciplina sul modello semplificato di valutazione dei rischi per attività a basso rischio infortunistico previsto dall’art. 29, comma 6-ter, dello stesso decreto, priva ancora del relativo decreto attuativo.
Questi sono solo alcuni dei fronti d’intervento ai quali, invero, se ne potrebbero aggiungere tanti altri – si pensi all’urgenza d’intervenire sul D.P.R. n. 177/2011, in materia di luoghi confinati o sospetti d’inquinamento e disciplinare specificamente la formazione; oppure alla necessità di rivedere la normativa del D.Lgs. n. 758/1994 sulla prescrizione obbligatoria – seguendo una linea di continuità con la miniriforma del D.L. n. 146/2021.
L’urgenza di modello di controllo prevenzionale sulle imprese
Inoltre, tutto sommato, questa potrebbe essere forse anche l’occasione giusta per pensare a un nuovo modello di controllo sulle imprese; quello attuale dell’art. 13 del D.Lgs. n. 81/2008, anche dopo le modifiche strutturali introdotte dal D.L. n. 146/2021, a ben vedere, non si discosta, però, dei canoni classici a cui è improntata tradizionalmente l’azione di vigilanza.
Il modello di controllo, infatti, appare oggi ancora orientato verso una direzione prevalentemente repressiva che, pur se di fondamentale importanza in una materia come quella della sicurezza sul lavoro, non può essere certamente considerata, però, l’unica o la principale strada percorribile, specie se si considera che gli infortuni sul lavoro si registrano prevalentemente nel settore delle micro e piccole imprese, ossia la prevalenza del tessuto dell’economia italiana.
Da qui l’esigenza e l’urgenza di un nuovo modello di controlli prevenzionali di tipo sistematico e non occasionali, ad esempio attraverso attività di audit – almeno su quegli adempimenti fondamentali per la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici – condotte dall’Inail e rivolte essenzialmente al mondo delle piccole realtà produttive, che potrebbero, ad esempio, affiancarsi allo strumento dell’asseverazione dei modelli organizzativi e di gestione, di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2008, più congeniale per le aziende di maggiori dimensioni.