Inquinamento diffuso e acque sotterranee: un interpello ambientale

Inquinamento diffuso e acque sotterranee
Sui due temi la Regione Toscana ha chiesto chiarimenti, rispettivamente, su quale sia l’amministrazione pubblica obbligata ad intervenire e sull'applicazione dell’art. art. 253, D.Lgs. n. 152/2006

Inquinamento diffuso e acque sotterranee: un interpello ambientale su questi due temi è stato rivolta dalla Regione Toscana al Mase.

In particolare, è stato rispettivamente chiesto di chiarire:

  • sull'inquinamento diffuso, quale sia l’amministrazione pubblica obbligata ad intervenire, laddove siano necessari interventi di risanamento dell’inquinamento diffuso non riconducibili ad uno specifico sito e su quale Pa debbano ricadere gli oneri della bonifica in caso di impossibilità di individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento;
  • sull'onere reale e sul privilegio speciale in presenza della sola contaminazione delle acque sotterranee, se, nel caso di un sito contaminato per la sola falda sotterranea e oggetto di un intervento di bonifica, l’applicazione dell’art. art. 253, D.Lgs. n. 152/2006 sia legittima, considerando la sola area sorgente della contaminazione, così come individuata a seguito del modello concettuale previsto dal piano di caratterizzazione, tenendo dunque in considerazione le particelle e subalterni, o porzioni di questi, su cui insistono/insistevano gli oggetti da cui si è originata la contaminazione.
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Di seguito i testi dell'interpello e del parere ministeriale.

Inquinamento diffuso e acque sotterranee

Interpello della Regione Toscana 20 giugno 2024, n. 113903

Oggetto: interpello su “Inquinamento diffuso” e “Oneri reali e privilegi speciali”, come definiti al titolo V del d.lgs. 152/2006 (TUA)

Il presente interpello viene presentato ai sensi dell’art. 3-septies del D. Lgs. n. 152/2006, cosi come introdotto dall'art. 27, comma 1, legge n. 108 del 2021 e riguarda due differenti temi, in particolare:

1) Inquinamento diffuso: la fattispecie introdotta dal TUA è citata all’art. 239 comma 3: “Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso sono disciplinati dalle regioni con appositi piani, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale e comunque nel rispetto dei criteri generali di cui al presente titolo”, ed è definito all’art. 240, comma 1 lett. r) come: “la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine”.

Non vi è nel TUA altra menzione di detta fattispecie.

La Regione Toscana sta provvedendo a disciplinare con norma regionale il procedimento tecnico- amministrativo per la definizione del Piano di risanamento delle aree affette da inquinamento diffuso, in applicazione dalla deliberazione del Consiglio Federale del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (SNPA) 12 luglio 2016, n.76/16 CF (Criteri per l'elaborazione dei piani di gestione dell'inquinamento diffuso).

Come riportato nel documento SNPA, al fine di elaborare i Piani è necessario disporre di dati ambientali, in parte reperibili dai procedimenti di bonifica di singoli siti, da monitoraggi effettuati per le più disparate finalità ambientali, da banche dati etc.. Tuttavia per costruire il Modello Concettuale Definitivo e per eseguire l’Analisi di Rischio, alle quali seguono il Piano vero e proprio, c’è la necessità di acquisire ulteriori dati e dunque eseguire indagini specifiche e mirate. Tali approfondimenti di indagini sono funzionali alla formazione del Piano, dunque di competenza della Regione.

La particolarità delle aree ad inquinamento diffuso, proprio per come definite, fa si che di fatto è impossibile un'identificazione chiara e puntuale del nesso causa/effetto tra l'origine della contaminazione e lo stato rilevato, dunque gli interventi necessari non saranno di norma sovrapponibili con quelli usualmente messi in atto nei siti da bonificare. Ovviamente nelle aree a inquinamento diffuso vi sono anche siti in cui la sorgente di contaminazione, primaria e/o
secondaria, è nota e ancorché ricadente all’interno dell’area ad inquinamento diffuso, dovrà essere gestita con l’ordinario procedimento di bonifica.

Nel caso in cui nel corso dei lavori del Tavolo Tecnico previsto dai criteri SNPA, a seguito di approfondimenti tecnici emergano situazioni in cui si individuano una o più sorgenti primarie/secondarie di contaminazione, riferibili a specifiche attività, il responsabile della contaminazione dovrà essere diffidato ad intervenire e provvedere ai sensi del TUA per il proprio sito e secondo le procedure dell’art. 242.

Tuttavia, la presenza di contaminanti oltre le CSC è ubiquitaria in aree ad inquinamento diffuso ed è impossibile identificare nell’area vasta un nesso causale tra attività, ancorché cessate e la contaminazione presente, e conseguentemente diffidare il responsabile ad intervenire.

In tale scenario qualora il Piano preveda l’esecuzione di interventi atti a mitigare e/o eliminare sorgenti di contaminazione primarie e/o secondarie e i pennacchi di contaminazione che da queste si dipartono, al fine di risanare nel tempo le aree ad inquinamento diffuso, non è chiara quale debba essere l’amministrazione competente agli interventi stessi.

Con il presente Interpello si chiede di chiarire dunque quale sia l’Amm.ne Pubblica obbligata ad intervenire, laddove siano necessari interventi di risanamento dell’inquinamento diffuso non riconducibili ad uno specifico sito. Si chiede, altresì, su quale Amm.ne Pubblica debbano ricadere gli oneri della bonifica in caso di impossibilità di individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento.

2) Oneri reali e privilegi speciali:

si richiama di seguito l’art. 253 del TUA:

“1. Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati d'ufficio dall'autorità competente ai sensi degli arti coli 250 e 252. L'onere reale viene iscritto nei registri immobiliari tenuti dagli uffici dell’Agenzia del territorio a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica.

2. Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assisti e da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile.

3. Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità.

4. In ogni caso, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto, n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito.
5. Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributi pubblici entro il limite massimo del cinquanta per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.”

La ratio dell’articolo è chiara ma la sua applicazione effettiva sui siti contaminati, per i quali intervengono le PPAA ai sensi degli articoli 250 e 252, risulta dubbia in casi specifici.

Al comma 1 si prevede che gli interventi di bonifica costituiscono onere reale sui siti contaminati e al comma 2 si stabilisce che le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assisti da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, dunque sui siti contaminati.

La definizione di sito contaminato è prevista dal combinato disposto delle lettere a) ed e) del comma 1 dell’art. 240 come di seguito riportato:

• sito: l'area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, materiali di riporto, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantisti che presenti .

• sito contaminato: un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l'applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati.

Le PPAA che agiscono in forza degli art. 250 e 252, nel caso in cui la contaminazione sia presente solamente nel suolo e nel sottosuolo, ma non in falda sotterranea, hanno facilmente la possibilità di individuare l’area o porzione di territorio (sito) sul quale far gravare l’onere reale e far valere il privilegio speciale, in quanto potranno applicarli sulle particelle catastali o pari di esse contaminate.

Diverso e controverso è il caso in cui ci si trovi in presenza della sola contaminazione di una falda sotterranea, su cui le PPAA realizzano una bonifica ai sensi degli art. 250 e 252, infatti:

a) le falde acquifere, su cui vengono realizzati gli interventi di bonifica, per loro stessa natura non sono aree o porzioni di territorio geograficamente definite e determinate. Sono costituite dall’insieme inscindibile della roccia o terreno saturi di acqua, la quale ha un moto più o meno veloce a seconda della conducibilità, caratteristica degli acquiferi.

I contaminanti presenti nelle acque sotterranee si distribuiscono nel sottosuolo, per diluizione e trasporto, a partire dall’area sorgente della contaminazione, dove si hanno le massime concentrazioni, coprendo un areale che si estende nella direzione di deflusso della falda stessa, determinando il cosiddetto pennacchio di contaminazione.

La forma ed estensione del pennacchio di contaminazione, ed in generale della falda contaminata, non è fissa e definita nel tempo, al contrario di un sito contaminato per le sole matrici suolo e sottosuolo, in quanto la falda è una matrice ambientale dinamica. Si rileva infatti sempre, attraverso i monitoraggi nel corso del procedimento di bonifica, un perimetro ed area del pennacchio di contaminazione e della falda contaminata che mutano nel tempo, anche per l’influenza determinante di attingimenti dalla falda che sono pressoché ubiquitari in ogni area del paese.

Quanto fin qui riportato rende di incerta/impossibile identificazione l’area su cui prevedere gli istituti dell’art. 253, in quanto le particelle catastali su cui si dovrebbero applicare sono diverse nel tempo, col possibile paradosso che particelle individuate oggi e su cui si applica l’art. 253, nel volgere di pochi mesi potrebbero non più essere affette da contaminazione in falda o viceversa.
b) le aree in cui si riscontra contaminazione della matrice ambientale acque sotterranee, in moltissimi casi ha una notevole estensione, anche pari a diversi chilometri quadrati, sulle quali sono presenti da centinaia a migliaia di particelle catastali e relativi subalterni. Ciò implica molteplici problemi per le PPAA:

  • l’iscrizione dell’onere reale presso l’Agenzia del Territorio ha un iter tecnico amministrativo complesso e lungo, che nel caso di centinaia o migliaia di particelle e subalterni da considerare, richiederebbe tempi lunghissimi e un impegno estremamente gravoso in termini di risorse umane;
  • detta iscrizione ha un costo pari a circa € 294,00 (sommatoria di bolli, imposte e tasse) per singola particella e/o subalterno, il che comporta costi per la P.A. variabili da decine di migliaia di euro a centinaia di migliaia di euro o anche milioni di euro, nel caso di pennacchi di contaminazione che interessino aree urbane. Costi che in ogni caso non potrebbero gravare sui proprietari non responsabili della contaminazione;
    trattandosi di iter finalizzato all’applicazione ed escussione dell’onere reale, i proprietari hanno diritto alle garanzie di partecipazione al procedimento, in primis con la comunicazione di avvio ex art. 7 della l. 241/90. Essendo in presenza di una matrice ambientale dinamica vi è l’impossibilità per la P.A. di assolvere alla corretta applicazione dell’art. 7 della l. 241/90;
  • l’apposizione ed escussione dell’onere reale a migliaia di proprietari farebbe insorgere altrettanti contenziosi che, pacificamente, sarebbero ingestibili da qualsiasi P.A.;
    Va inoltre considerato che anche altre Regioni del Centro-Nord, contattate dai nostri uffici, incontrano le medesime difficoltà, tanto che ad oggi non risulta che gli istituti in parola abbiano trovato applicazione nei casi di contaminazione di sola falda sotterranea.

Va altresì considerato, anche per il principio di proporzionalità, che la grave incertezza nell’individuazione delle aree su cui far gravare gli oneri di cui all’art. 253, nel caso di contaminazione della sola falda, risulta ancora più rilevante considerato che i pregiudizi conseguenti all’apposizione di detto onere reale sono destinati ad incidere su proprietari incolpevoli.

Con il presente interpello si chiede di chiarire se, nel caso di un sito contaminato per la sola falda sotterranea e oggetto di un intervento di bonifica, l’applicazione dell’art. 253 del TUA sia legittimo considerando la sola area sorgente della contaminazione, così come individuata a seguito del modello concettuale previsto dal piano di caratterizzazione, tenendo dunque in considerazione le particelle e subalterni, o porzioni di questi, su cui insistono/insistevano gli oggetti da cui si è originata la contaminazione.

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Parere del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica 7 ottobre 2024, n. 181754

Oggetto: interpello su “inquinamento diffuso” e “oneri reali e privilegi speciali”, come definiti al titolo v del D.Lgs. 152/2006 (Tua), acquisito al prot. 113903/mase del 20 giugno 2024. Riscontro.

Con la nota in oggetto la Regione Toscana ha formulato interpello su due differenti temi; il primo in materia di inquinamento diffuso (artt. 239, comma 3, e 240, comma 1, lett. r), D.Lgs. n. 152 del 2006), e il secondo in ordine all’istituto dell’onere reale e privilegio speciale (art. 253, D.Lgs. n. 152 del 2006) in presenza della sola contaminazione delle acque sotterranee.

La Regione Toscana, in particolare, dopo avere precisato che “sta provvedendo a disciplinare con norma regionale il procedimento tecnico amministrativo per la definizione del Piano di risanamento delle aree affette da inquinamento, diffuso”, chiede “di chiarire dunque quale sia l’Amm.ne Pubblica obbligata ad intervenire, laddove siano necessari interventi di risanamento dell’inquinamento diffuso non riconducibili ad uno specifico sito. Si chiede, altresì, su quale Amm.ne Pubblica debbano ricadere gli oneri della bonifica in caso di impossibilità di individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento”.

In merito al quesito sull’onere reale, la Regione interpellante, dopo avere evidenziato una serie di circostanze in fatto tipiche della contaminazione delle acque sotterranee (natura dinamica della falda che renderebbe di incerta/impossibile identificazione l’area su cui prevedere gli istituti dell’art. 253; notevole estensione delle aree in cui si riscontra contaminazione della matrice ambientale acque sotterranee che comporterebbe molteplici implicazioni e/o difficoltà per la pubblica amministrazione, in merito al procedimento di iscrizione presso l’Agenzia del territorio, ai costi elevati, alle difficoltà di garantire la partecipazione procedimentale dei proprietari, all’elevato rischio contenzioso derivanti anche dalle difficoltà applicative della norma), ha chiesto “di chiarire se, nel caso di un sito contaminato per la sola falda sotterranea e oggetto di un intervento di bonifica, l’applicazione dell’art. 253 del TUA sia legittimo considerando la sola area sorgente della contaminazione, così come individuata a seguito del modello concettuale previsto dal piano di caratterizzazione, tenendo dunque in considerazione le particelle e subalterni, o porzioni di questi, su cui insistono/insistevano gli oggetti da cui si è originata la contaminazione”.

Normativa di riferimento

Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante “Norme in materia ambientale”, in particolare:
- art. 239, comma 3: Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso sono disciplinati dalle regioni con appositi piani, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale e comunque nel rispetto dei criteri generali di cui al presente titolo.
- art. 240, comma 1, lettere:

a) sito: l'area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, materiali di riporto, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti;
e) sito contaminato: un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l'applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati;
r) inquinamento diffuso: la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine.

- art. 251, comma 2: “Qualora, all'esito dell'analisi di rischio sito specifica venga accertato il superamento delle concentrazioni di rischio, tale situazione viene riportata dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune e viene comunicata all'Ufficio tecnico erariale competente”.

- art. 253: Oneri reali e privilegi speciali

1. Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati d'ufficio dall'autorità competente ai sensi degli articoli 250 e 252. L'onere reale viene iscritto nei registri immobiliari tenuti dagli uffici dell’Agenzia del territorio a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica.

2. Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile.

3. Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità.

4. In ogni caso, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto, n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito.

5. Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributi pubblici entro il limite massimo del cinquanta per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.

- Allegato 1, Titolo V, Parte quarta, D.Lgs. n. 152 del 2003, recante “Criteri generali per l'analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica”.

Riscontro al quesito sull’inquinamento diffuso

L’articolo 239, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006, demanda alle regioni la disciplina, mediante appositi piani, degli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale (SIN) e comunque nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal decreto stesso in materia di bonifica.

L’art. 240, comma 1, lett. r), D.Lgs. cit., definisce l’inquinamento diffuso come “la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine”.
Sulla nozione di inquinamento diffuso si è espresso il Ministero dell’ambiente e della tutela del mare con nota/circolare Prot.14957STA del 23 gennaio 2018. La circolare chiarisce che gli elementi caratterizzanti di detta definizione sono:

- l’origine: da fonti diffuse e non imputabili ad una singola fonte;
- gli effetti: contaminazione o alterazioni (chimiche, fisiche o biologiche) delle matrici ambientali. L’articolo 303, lettera h), del D.lgs. 152/2006 stabilisce, inoltre, che la Parte Sesta (recante Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente) “non si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causati da inquinamento di carattere diffuso, se non sia stato possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l’attività di singoli operatori”.
La Corte di Giustizia (9 marzo 2010, C-378/08, cit.) ha statuito che l’inquinamento diffuso si riferisce a fattispecie non circoscritto nello spazio, nel tempo e a un numero limitato di operatori. In ordine al regime di responsabilità, la citata circolare prevede “che l’inquinamento diffuso non si identifica con l’inquinamento di un’area ‘estesa’/’vasta’ – tesi volta a far scattare la clausola di cui all’art. 250 cit. al fine di far ricadere, in buona sostanza, i costi di riparazione sulla collettività -così come va respinta la tesi secondo cui, in caso di mancata individuazione del soggetto responsabile della contaminazione, si sia automaticamente al cospetto di un fenomeno di inquinamento diffuso.
Secondo l’accezione dettata dalla norma (nazionale e comunitaria) sopra riportata, infatti, non si può parlare di inquinamento diffuso in tutti i casi in cui è comunque possibile, sulla base dei criteri sopra enunciati per l’individuazione del nesso causale (quali la vicinanza degli impianti e la riconducibilità dei contaminanti rilevati al ciclo produttivo di un determinato operatore), determinare uno o più soggetti responsabili”.

Così ricostruita la nozione di inquinamento diffuso ed il relativo regime giuridico - non potendosi imputare gli interventi di bonifica ad un soggetto responsabile, mancando la possibilità di accertare un nesso causale tra l’attività di uno o più soggetti e l’inquinamento rilevato - i medesimi interventi si configurano sin dall’origine come interventi pubblici con oneri a carico della Pubblica amministrazione. In assenza di una diversa disposizione normativa, si ritiene che gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso ed i relativi oneri siano di competenza della Regione nell’ambito dei piani di cui all’art. 239, comma 3, D.Lgs. n. 152 del 2006, che ne riserva - appunto - la disciplina alle Regioni. In altri termini, nella misura in cui la legge attribuisce alla Regione la “disciplina” degli interventi di bonifica delle aree caratterizzate da inquinamento diffuso, è la stessa Regione a doversi fare carico - al fine di garantire la piena effettività alle misure di risanamento ambientale previste nel piano - dell’individuazione dei soggetti attuatori e delle relative risorse.

Riscontro al quesito sull’onere reale in caso di contaminazione delle sole acque sotterranee

L’art. 253, D.Lgs. n. 152 del 2006, circoscrive l’onere reale ai “siti contaminati” prevedendo, altresì, che esso viene iscritto nei registri immobiliari tenuti dagli uffici dell’Agenzia del territorio “a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica” (comma 1).

Il “sito contaminato” è definito come “un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l'applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati” (art. 240, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 152 del 2006); “tale situazione (i.e. “sito contaminato”) viene riportata dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune e viene comunicata all'Ufficio tecnico erariale competente” (art. 251, comma 2, D.Lgs. cit.).

La normativa tecnica per l’elaborazione dell’analisi di rischio (allegato 1, Parte quarta, Titolo V, D.Lgs. n. 152 del 2006, recante i “Criteri generali per l’analisi di rischio sanitario ambientale sito- specifica”) definisce le CSR come un criterio-soglia di intervento “che identifica i livelli di contaminazione residua accettabili, calcolati mediante analisi di rischio, sui quali impostare gli interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica”. Ai fini dell’elaborazione dell’analisi di rischio i componenti da parametrare sono i contaminanti indice, le sorgenti, le vie e le modalità di esposizione, i ricettori finali.

Nell’ambito dei recettori o bersagli della contaminazione di fondamentale importanza è la scelta del punto di conformità, soprattutto quello per le acque sotterranee.
Secondo l’Allegato 1 citato “Il punto di conformità per le acque sotterranee rappresenta il punto a valle idrogeologico della sorgente al quale deve essere garantito il ripristino dello stato originale (ecologico, chimico e/o quantitativo) del corpo idrico sotterraneo, onde consentire tutti i suoi usi potenziali, secondo quanto previsto nella parte terza (in particolare articolo 76) e nella parte sesta del presente decreto (in particolare articolo 300). Pertanto, in attuazione del principio generale di precauzione, il punto di conformità deve essere di norma fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica e la relativa CSR per ciascun contaminante deve essere fissata equivalente alle CSC di cui all'Allegato 5 della parte quarta del presente decreto”.

Così ricostruita, in sintesi, la normativa di riferimento, bisogna soffermarsi anche sulla natura e sui caratteri dell’onere reale previsto dall’art. 253.
La giurisprudenza è ormai univoca nel ritenere che l’istituto previsto dall’art. 253 costituisce una forma di garanzia reale a tutela delle spese sostenute dall’Amministrazione che abbia eseguito direttamente gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica, sicché il creditore può ricavare forzatamente dal fondo il valore della prestazione che gli è dovuta (ex multis, Cons. Stato, Adunanza Plenaria, ordinanza 25 settembre 2013 n. 21).

Il Consiglio di Stato, con la decisione 6 agosto 2019, n. 5580, si è anche pronunciato sull’applicabilità dell’istituto dell’onere reale in caso di bonifica delle acque sotterranee. Secondo il Giudice amministrativo “Invero, l’istituto dell’onere reale è finalizzato, innanzitutto, a costituire garanzia reale a tutela del recupero delle spese di bonifica nelle ipotesi in cui il responsabile non provveda o non sia individuato; inoltre, risponde all’obbiettivo di evitare l’arricchimento a vantaggio del patrimonio del proprietario del bene derivante dalla bonifica del sito inquinato, oltre a porre un onere a carico della proprietà nel recupero del bene.

La sentenza ha statuito che «il Collegio rileva che la stessa società ricorrente, nell’illustrare il primo motivo di ricorso, afferma di non volersi nè potersi sottrarre a tale onere ma di ritenerlo limitato alle spese di bonifica del solo terreno, escludendo le acque sotterranee e la relativa falda interessate dall’inquinamento, come la stessa aveva in effetti già compiuto ai fini di una ristrutturazione urbanistica in essere.

Il Collegio in merito osserva, però, che la tesi della società ricorrente non appare convincente.
Il c.d. “decreto Ronchi” ed il collegato D.M. n. 471/99 (in particolare l’art. 17, commi 1, 2, 4, 6 bis, d.lgs. cit. e l’art. 2 D.M. cit.), applicabili all’epoca del provvedimento impugnato, in relazione alla nozione di “inquinamento” facevano riferimento alla sua realizzazione sul relativo “sito” – e non solo sul terreno superficiale – inteso quale area o porzione di territorio intesa nelle diverse matrici ambientali e comprensiva anche delle “eventuali” strutture edilizie ed impiantistiche presenti in cui si riscontrano livelli di contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del “suolo o del sottosuolo o delle acque superficiali o “sotterranee” tali da determinare un pericolo per la salute pubblica. Lo stesso D.M. n. 471/99, richiamando la nozione di bonifica, faceva riferimento all’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti presenti nel suolo, nel “sottosuolo”, nelle acque superficiali o “sotterranee”, chiarendo ulteriormente che la stessa doveva interessare tutte le matrici ambientali coinvolte, dato che senza un’efficace depurazione della falda non sarebbe possibile certificare gli interventi di bonifica del soprasuolo, come condivisibilmente osservato dalla Regione Toscana nella sua ultima memoria. Così pure l’art. 17, comma 1, lett.a) e c-bis), d.lgs. faceva riferimento ai suoli ed alle “acque sotterranee” in relazione alla specifica destinazione d’uso dei siti, con ciò confermando che le operazioni di bonifica e quelle ad esse correlate riguardano il generale inquinamento del sito e non solo il terreno superficiale insito in esso.
In più, osserva il Collegio, la proprietà, come noto in base ai principi civilistici di cui all’art. 840, comma 1, c.c., si estende anche al sottosuolo con tutto ciò che vi si contiene, in applicazione del noto brocardo secondo cui la proprietà si estende “usque ad inferos et usque ad sidera”.

Il su ricordato limite del “valore del bene”, quindi, non potrà che considerare tali principi, ritenendo il sottosuolo parte integrante del bene stesso nel caso di specie».
Tali osservazioni sono pienamente condivisibili, atteso che detto onere reale, correlato al diritto di proprietà, deve ritenersi esteso, sempre nei limiti di valore di mercato dell’area, anche con riferimento al sottosuolo e alle acque di falda che nello stesso sono contenute”.

In ragione del quadro normativo e giurisprudenziale sopra richiamato, si rimettono le seguenti considerazioni di sintesi in riscontro al quesito posto.
L’onere reale ha una duplice funzione: garantire il recupero delle spese sostenute dell’Amministrazione ed evitare l’arricchimento a vantaggio del patrimonio del proprietario del bene derivante dalla bonifica del sito inquinato.

Nel caso di sola contaminazione delle acque sotterranee, le difficoltà applicative rappresentate dall’Amministrazione interpellante - anche alla luce dello specifico precedente giurisprudenziale sopra riportato - non elidono l’istituto dell’onere reale.
Ciò detto, per quanto concerne l’estensione dell’onere reale, l’art. 253 correla l’onere reale al sito contaminato. Conseguentemente, ai fini della delimitazione delle aree su cui iscrivere l’onere reale nei registri immobiliari nel caso di contaminazione delle sole acque sotterranee, si ritiene che possano essere considerati i seguenti elementi:

-  i risultati dell’analisi di rischio che per legge, nel caso di superamento delle CSR, devono essere riportati dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune, e comunicati all’Ufficio tecnico erariale competente (art. 251, comma 2);

-  il progetto di bonifica, ed in particolare, le aree risultate contaminate oggetto di interventi di bonifica al fine di garantire al punto di conformità gli obiettivi di bonifica;
- l’obbiettivo dell’onere reale, ossia evitare l’arricchimento del proprietario del bene derivante dalla bonifica del sito inquinato tenendo conto del brocardo “usque ad inferos et usque ad sidera”.

Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3-septies del D.Lgs. n. 152/2006, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.

[fonte foto: https://shorturl.at/2aSBr]

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