La responsabilità penale del Rspp.
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La posizione del Rspp nel D.Lgs n. 81/2008
Il legislatore ha delineato il ruolo del Rspp quale consulente interno del datore di lavoro, al quale quest’ultimo si rivolge per attingere la specifica conoscenza della normativa sulla sicurezza del lavoro. Nonostante sia privo di poteri decisionali, il Rspp rappresenta il fulcro del sistema della sicurezza aziendale; i suoi compiti sono previsti dall’articolo 33 del D.Lgs. n. 81/2008. Nello specifico, si tratta di: individuare i fattori di rischio, valutare i rischi e scegliere le misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro rispettose della normativa vigente e che si adattino alle specifiche esigenze aziendali, elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive del documento di valutazione dei rischi e i relativi strumenti di controllo, redigere le procedure di sicurezza per le diverse attività aziendali, proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori, partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro e alla riunione periodica.
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Cosa non è delegabile
L’articolo 17 del decreto individua gli obblighi che il datore di lavoro non può delegare, in ossequio alla sua posizione di garanzia per la prevenzione, riduzione o eliminazione dei rischi presenti sul luogo di lavoro. Le attività di esclusiva competenza del datore di lavoro, non delegabili, comprendono la valutazione dei rischi a cui sono esposti i lavoratori (con la conseguente redazione dell’apposito documento di valutazione) e la nomina, appunto, del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp). Questi potrà essere un lavoratore interno all’azienda in possesso dei requisiti descritti (dall’art. 32, D.Lgs. n. 81/2008), un professionista esterno all’azienda in possesso dei medesimi requisiti o, in alcuni casi, restare in capo al datore di lavoro anche il ruolo di Rspp. La violazione degli obblighi previsti dall’articolo 17, D.Lgs. n. 81/2008 comporta per il datore di lavoro sanzioni amministrative e penali a seconda della gravità della violazione commessa. In particolare, il datore di lavoro è punibile con l’arresto da tre a sei mesi o con un’ammenda da 2.500 a 6.400 euro.
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L’elaborazione del Dvr
Il datore di lavoro, sia nella fase di valutazione dei rischi che in quella di redazione del Dvr può dunque decidere di affidarsi alla consulenza di un tecnico specializzato in sicurezza sul lavoro, proprio per colmare le sue possibili lacune conoscitive. La scelta dei criteri di redazione è rimessa comunque al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, per garantire che sia uno strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali di prevenzione.
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Quando è esterno
Il Rspp è una figura prevista ex lege e non può dunque mancare in nessuna azienda o realtà industriale, di qualunque dimensione sia. Gli artt. 31 e 32 del D.Lgs. n. 81/2008 indicano i requisiti che deve possedere un responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed espressamente prevedono che, se all’interno di un’azienda non esistono lavoratori che possiedono quedsti requisiti, è necessario ricorrere a un Rspp esterno.
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Casi in cui è stata stabilità la responsabilità penale del Rspp…
È ormai indiscutibile nella giurisprudenza di legittimità l’orientamento che attribuisce alla figura del Rspp uno specifico ruolo di garante in materia prevenzionistica. Pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, questa figura ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico lui affidato e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli: può dunque essere chiamato a rispondere degli eventi infortunistici che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri. Alla luce di queste considerazioni, è stata affermata la responsabilità penale del Rspp per avere svolto una inadeguata valutazione dei rischi, aver sottovalutato il pericolo riconducibile all’utilizzo di un carrello elevatore inadeguato e per aver omesso l’individuazione di misure di sicurezza per il tipo di travi movimentate dai lavoratori (vedere, Cass. pen. sez. IV, 8 giugno 2021 n. 28468). Così come è stata ritenuta configurabile una colpa professionale specifica del Rspp – in cooperazione con quella del datore di lavoro – ogni qual volta un infortunio sia oggettivamente riconducibile a una situazione pericolosa che avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare. Il Rspp risponde dunque a titolo di colpa professionale degli eventi dannosi derivati da sue indicazioni sbagliate o dalla mancata segnalazione di rischi (dovuti a imperizia o negligenza o inosservanza di leggi o discipline) che abbiano indotto il datore di lavoro a omettere l’adozione di doverose misure preventive (vedere Cass. pen. sez. IV, 21 dicembre 2018 n.11708).
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…e i casi di assoluzione
Valutando la fondatezza del ricorso avverso la condanna, la suprema Corte (Cass. pen. sez. IV , 17 ottobre 2019 n. 49761) ha invece convenuto come la condotta cautelare richiesta dal legislatore al Rspp risieda in un processo intellettivo (individuazione e valutazione dei rischi) cronologicamente antecedente le fasi operative ed esecutive, che attengono alle decisioni e al controllo dello svolgimento dell’attività lavorative, che competono ad altre figure prevenzionistiche (quali il datore di lavoro, il suo delegato, ma anche i dirigenti o i preposti). È pacifico, insomma, che il Rspp non abbia doveri di vigilanza sulla corretta applicazione delle modalità di lavoro né di controllo sulle fasi esecutive delle lavorazioni. Così come, Cass. pen. sez. IV 23 ottobre 2018, n. 56952 ha escluso che il deficit di formazione dei lavoratori infortunati, nel caso di specie, non potesse in alcun modo essere imputato al Rspp poiché è sempre sul datore di lavoro che grava l’obbligo di formazione e informazione dei lavoratori.
(La responsabilità penale del Rspp)