La sanatoria degli illeciti.
La sanatoria degli illeciti: ambito applicativo
Il criterio ispiratore della materia prevenzionistica, a partire dal D.Lgs. n. 626/1994 sino ad arrivare al cosiddetto testo unico di cui al D.Lgs. n. 81/2008 è quello di dare prevalenza all’eliminazione delle fonti di rischio nei luoghi di lavoro anziché puntare sulla risposta sanzionatoria tout court.
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In quest’ottica, assume un rilievo di assoluta importanza l’istituto della prescrizione, previsto e disciplinato dagli artt. 20 e seguenti. del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, il quale, in caso di corretta applicazione, garantisce un duplice risultato ovvero, da un lato, l’estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza e igiene del lavoro già nella fase delle indagini preliminari, con evidenti ricadute deflattive sul piano processuale e dall’altro l’effettivo ripristino della sicurezza.
Per questi motivi, com’è noto, il legislatore, proseguendo su questa strada, ha dapprima delegato il governo con la legge n. 123/2007, recante il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, a modulare le sanzioni in funzione del rischio e a utilizzare gli strumenti che possono favorire la regolarizzazione e l’eliminazione del pericolo da parte dei soggetti destinatari del provvedimenti amministrativi, confermando e valorizzando il sistema del D.Lgs. n. 758/1994.
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L’art. 301 del testo unico, infine, ha completato l’iter applicativo della legge delega, stabilendo espressamente l’applicabilità della procedura estintiva, di cui agli artt. 20 e seguenti del D.Lgs. n. 758/1994 a tutte le contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro in esso previste e sanzionate con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda ovvero con la pena della sola ammenda; si osservi che il successivo art. 302 ha anche disciplinato la definizione delle contravvenzioni punite con la sola pena dell’arresto (vedere il box 1), mentre l’art. 301-bis ha dettato norme specifiche per la regolarizzazione degli illeciti amministrativi che, al contrario del D.Lgs. n. 626/1994, sono previsti dal D.Lgs. n. 81/2008, in numerose ipotesi (vedere il box 2).
BOX 1- DEFINIZIONE DELLE CONTRAVVENZIONI PUNITE CON LA SOLA PENA DELL’ARRESTO
Per le contravvenzioni punite con la sola pena dell’arresto, il giudice può, su richiesta dell’imputato, sostituire la pena irrogata nel limite di dodici mesi con il pagamento di una somma determinata secondo i criteri di ragguaglio di cui all’art. 135 del codice penale, non inferiore a 2 mila euro. La sostituzione può avvenire solo quando siano state eliminate tutte le fonti di rischio e le conseguenze dannose del reato; tuttavia, la sostituzione non è consentita quando la violazione ha avuto un contributo causale nel verificarsi di un infortunio sul lavoro da cui sia derivata la morte ovvero una lesione personale che abbia comportato l’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore ai quaranta giorni. Decorso un periodo di tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza che ha operato la predetta sostituzione senza che l’imputato abbia commesso ulteriori reati tra quelli previsti dal presente testo unico, ovvero i reati di cui all’articolo 589, secondo comma e 590, terzo comma, del codice penale, limitatamente all’ipotesi di violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, il reato si estingue. (Art. 302, D.Lgs. n. 81/2008) |
Giova evidenziare che nella sua stesura originaria l’oblazione condizionata, di cui al già citato art. 301 del D.Lgs. n. 81/2008, era applicabile alle sole contravvenzioni punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda e soltanto con il successivo D.Lgs 3 agosto 2009, n. 106, questo istituto è stato esteso anche alle ipotesi contravvenzionali sanzionate con la sola pena dell’ammenda, superando in questo modo l’evidente incongruenza che le fattispecie sanzionate con la pena pecuniaria venivano punite in modo più grave rispetto a quelle per le quali era prevista la pena alternativa [1].
BOX 2- ESTINZIONE AGEVOLATA DEGLI ILLECITI AMMINISTRATIVI A SEGUITO DI REGOLARIZZAZIONE
In tutti i casi d’inosservanza degli obblighi puniti con sanzione pecuniaria amministrativa il trasgressore, al fine di estinguere l’illecito amministrativo, è ammesso al pagamento di una somma pari alla misura minima prevista dalla legge. Tale beneficio è concesso qualora il trasgressore provveda a regolarizzare la propria posizione non oltre il termine assegnato dall’organo di vigilanza mediante verbale di primo accesso ispettivo. |
(Art. 301-bis, D.Lgs. n. 81/2008)
La sanatoria degli illeciti: gli aspetti procedurali
Il meccanismo di funzionamento della prescrizione prevede che l’organo di vigilanza (vedere l’art. 13, D.Lgs. n. 81/2008, come modificato da ultimo dal D.L. n. 146/2021), allorquando riscontra nel corso di una ispezione nei luoghi di lavoro delle violazioni alla normativa dettata in materia di salute e di sicurezza, impartisce al contravventore specifiche prescrizioni al fine di eliminare le irregolarità riscontrate, fissando al contempo un termine ritenuto tecnicamente necessario per provvedere alle operazioni di regolarizzazione.
Termine questo che a richiesta del contravventore può anche essere prorogato nell’ipotesi di particolare complessità o comunque per l’oggettiva difficoltà nell’adempimento, tuttavia una sola volta e comunque per non più di sei mesi.
L’art. 20 del D.Lgs. n. 758/1994, prevede, inoltre, la possibilità di una ulteriore proroga di sei mesi, però solo nel caso ricorrano specifiche circostanze non ascrivibili al contravventore che determinano l’impossibilità di poter procedere all’ottemperamento delle prescrizioni nei termini previsti.
L’organo di vigilanza, in ogni caso, oltre a comunicare all’ufficio di procura di aver impartito la prescrizione per le violazioni riscontrate, è comunque tenuto, ai sensi dell’art. 347 del codice di procedura penale, a informare il pubblico ministero circa la notizia di reato inerente alla contravvenzione, il quale, a sua volta, pur provvedendo alla relativa iscrizione nel registro di cui all’art. 335 del codice di procedura penale., sospende il procedimento penale sino alla scadenza del termine impartito per ottemperare alla prescrizione.
L’art. 23, comma 3 del D.Lgs. n. 758/1994 precisa però che anche in questo caso non è preclusa la possibilità in capo al pubblico ministero di richiedere l’archiviazione o comunque di assumere prove mediante l’incidente probatorio, di acquisire gli atti urgenti di indagine preliminare ed ancora di richiedere il sequestro preventivo, ex art. 321, codice di procedura penale.
Successivamente, l’organo di vigilanza, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato per adempiere alle prescrizioni, non sussistendo alcun obbligo in capo al contravventore di comunicare l’avvenuto adempimento [2], espleta un ulteriore sopralluogo al fine di verificare se la violazione della normativa in materia di sicurezza sia stata effettivamente eliminata in base alle modalità e nei termini indicati nell’atto prescrittivo. In tal caso, qualora sussistano entrambe le condizioni, il contravventore viene ammesso a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda della contravvenzione prevista per la fattispecie commessa.
Nel caso contrario, invece, la prescrizione non risulta adempiuta, l’organo di vigilanza informa il pubblico ministero e il contravventore nel termine di 90 giorni dalla scadenza del termine fissato nella predetta prescrizione.
La sanatoria degli illeciti: non congruità della regolarizzazione
Va sottolineato che il giudizio di non congruità della regolarizzazione che viene espresso dall’organo di vigilanza in relazione alla prescrizione impartita, oltre a non essere autonomamente impugnabile, non può neppure comportare, in sede penale, l’assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto, ma soltanto l’ammissione del medesimo a poter usufruire del meccanismo di estinzione del reato mediante l’accesso all’oblazione in via giudiziale ai sensi dell’art. 24, comma 3, D.Lgs n. 758/1994 [3]
In ogni caso, al di là della ripresa del procedimento penale, il mancato perfezionamento della procedura estintiva non integra di per sé alcuna ipotesi di reato autonomo rispetto a quello prevenzionistico, ma così come correttamente evidenziato di recente dalla suprema Corte costituisce soltanto la premessa logico-giuridica per l’esercizio dell’azione penale [4].
Non appare condivisibile, considerata la rilevante ricaduta sull’esercizio dell’azione penale e configurando altresì la procedura estintiva, di cui al D.Lgs. n. 758/1994, artt. 20 e seguenti., una vera e propria condizione di procedibilità della stessa allorquando viene disposta, l’interpretazione fornita dalla Cassazione in tema di notifica dell’atto prescrittivo, secondo cui, in assenza di specifica prescrizione da parte del legislatore la notifica del verbale di ammissione al pagamento della sanzione amministrativa può essere effettuata in qualsiasi modo, purché idonea a comunicare il contenuto dell’atto, rimanendo a carico del destinatario l’onere di dimostrare di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di acquisirne la conoscenza, non trovando applicazione le disposizioni previste dal codice di procedura penale per le notificazioni degli atti del processo, bensì le regole dettate dagli artt. 1134 e 1335 codice civile. [5]
In ogni caso, nell’ipotesi di accertata omessa comunicazione al contravventore della facoltà di provvedere al pagamento della sanzione amministrativa è stata riconosciuta la legittimità della concessione da parte del giudice del dibattimento di assegnare un termine per poter adempiere al predetto pagamento con sospensione del processo, anche in assenza di una specifica richiesta in tal senso da parte del pubblico ministero e benché sia già stato dichiarato aperto il dibattimento [6].
La sanatoria degli illeciti: natura del termine per l’adempimento ed estinzione
Giova evidenziare che in base all’orientamento consolidato della suprema Corte il termine di trenta giorni entro il quale deve avvenire il pagamento della somma determinata a titolo di oblazione amministrativa ha natura perentoria e non ordinatoria [7] 7, comportando in base all’art. 172, comma 2, codice di procedura penale, soltanto il differimento della scadenza al giorno successivo, allorquando questo termine coincide con un giorno festivo [8].
Inoltre, lo stesso non è soggetto alla sospensione nel periodo feriale non avendo natura processuale [9].
Il mancato rispetto anche soltanto di una delle due summenzionate condizioni impedisce che si possa concretizzare l’effetto estintivo connesso all’istituto della prescrizione [10].
In base all’art. 24 del D.Lgs. n. 758/1994, l’adempimento della prescrizione impartita nel termine stabilito e il pagamento tempestivo della sanzione, determinano l’estinzione della contravvenzione, tanto che il pubblico ministero in questi casi ne richiede l’archiviazione.
L’effetto estintivo connesso all’esatto adempimento della prescrizione è così ampio che estende i suoi effetti anche nei confronti di quei contravventori che dopo la fase dell’accertamento cessano dalla carica di amministratore e dunque non possono più adempiere al pagamento della sanzione amministrativa, non rilevando quindi la qualifica soggettiva ai fini del giovamento della causa estintiva, bensì operando detto meccanismo, come evidenziato in dottrina, su un piano squisitamente oggettivo [11].
Sul punto, infatti, i giudici di legittimità hanno stabilito che: «Nelle contravvenzioni in materia di sicurezza e igiene dal lavoro, l’adempimento alle prescrizioni impartite dall’’organo di vigilanza e il pagamento della sanzione amministrativa effettuato ai sensi dell’art. 24 D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 dal legale rappresentante della società riverbera l’effetto anche a favore del contravventore amministratore in carica all’epoca dell’accertamento» [12].
La sanatoria degli illeciti: adempimento oltre il termine
Nell’ipotesi, invece, in cui l’adempimento avvenga in un arco temporale superiore a quello previsto nell’atto prescrittivo, ma comunque congruo o con modalità diverse rispetto a quelle indicate dall’organo di vigilanza, il contravventore prima dell’apertura del dibattimento o del decreto penale di condanna può avanzare al giudice istanza di ammissione all’oblazione speciale, di cui all’art. 162-bis, codice penale (vedere il box 3), con la particolarità che in caso di accoglimento della suddetta richiesta la somma da versare non sarà pari alla metà del massimo prevista, così come stabilito dalla norma codicistica, bensì ridotta a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, così come espressamente previsto dall’art. 24, comma 3, del D.Lgs. n. 758/1994.
BOX 3- OBLAZIONE NELLE CONTRAVVENZIONI PUNITE CON PENE ALTERNATIVE
Nelle contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda, il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento. Con la domanda di oblazione il contravventore deve depositare la somma corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda. L'oblazione non è ammessa quando ricorrono i casi previsti dal terzo capoverso dell'art.99, dall'art.104 o dall'art.105, né quando permangono conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore. In ogni altro caso il giudice può respingere con ordinanza la domanda di oblazione, avuto riguardo alla gravità del fatto. La domanda può essere riproposta sino all'inizio della discussione finale del dibattimento di primo grado. Il pagamento delle somme indicate nella prima parte del presente articolo estingue il reato. |
(Art. 162-bis, codice penale)
Naturalmente, questa previsione non deve far pensare a una sostanziale equiparazione dell’istituto della prescrizione con quello dell’oblazione facoltativa, atteso che mentre nel primo caso in presenza delle condizioni normativamente previste il pubblico ministero deve avanzare richiesta di archiviazione, nella seconda ipotesi, invece, il tutto è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice, il quale è tenuto ad accertare anche d’ufficio, non solo che siano state eliminate le conseguenze dannose o pericolose del reato, ma anche che non sussistano nei confronti del contravventore le altre condizioni ostative che operano sul piano soggettivo.
La sanatoria degli illeciti: notizia di reato acquisita da organi diversi da quelli di vigilanza
Il legislatore ha disciplinato anche l’ipotesi in cui la notizia di reato, relativa alla violazione della normativa dettata in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, venga acquisitiva di propria iniziativa da parte dell’ufficio di procura o per il tramite dei privati o anche da parte di pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall’organo di vigilanza.
Anche in questi casi, può trovare applicazione la speciale procedura estintiva della prescrizione; infatti, l’art. 22 del D.Lgs. n. 758/1994, stabilisce che il pubblico ministero ne dà immeditata comunicazione all’organo di vigilanza per le determinazioni inerenti alla prescrizione che si rende necessaria allo scopo di eliminare la contravvenzione, che a sua volta, entro sessanta giorni decorrenti dalla data in cui ha ricevuto la notitia criminis da parte del pubblico ministero, informa lo stesso circa le determinazioni assunte.
La suprema Corte, sul punto, ha precisato che la mancata comunicazione da parte del pubblico ministero all’organo di vigilanza affinché questi assuma le sue determinazioni, “privano inammissibilmente l’imputato della facoltà di estinguere la contravvenzione mediante l’adempimento della prescrizione e il pagamento in via amministrativa della somma indicata, violando quindi in modo determinante il diritto di difesa” [13].
La sanatoria degli illeciti: regolarizzazione spontanea dell’illecito e la prescrizione “ora per allora”
In relazione all’esatta portata applicativa del sistema di estinzione dei reati in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di cui al D.Lgs. n. 758/1994, ha svolto un ruolo di assoluto rilievo la Corte costituzionale, la quale con i suoi interventi ha risolto una serie di storture applicative di detta normativa, che potevano portare a risultati paradossali.
E infatti, prima dell’intervento della Consulta erano sorti dubbi interpretativi circa la possibilità di poter applicare la prescrizione nei confronti di coloro i quali avevano regolarizzato autonomamente e spontaneamente, eliminando le conseguenze dannose della contravvenzione, prima o, comunque, indipendentemente dalla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza o, ancora, nell’ipotesi del contravventore che aveva ottemperato a seguito dell’osservanza di prescrizioni irritualmente impartite.
Con l’intervento della Corte costituzionale, invece, è stato chiarito che in caso di notizia di reato acquisita da un’autorità di polizia giudiziaria diversa dall’organo di vigilanza e di spontanea regolarizzazione da parte del contravventore, l’autorità di vigilanza è autorizzata ad impartire “ora per allora” la prescrizione prevista dall’art. 20 del D.Lgs. n. 758/1994, ovvero, e a maggior ragione, a ratificare l’avvenuta eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato e ad ammettere il contravventore al pagamento della somma determinata a norma dell’art. 21, commi 1 e 2 [14] , così da poter usufruire dell’estinzione del reato prevista dall’artt. 24 del medesimo decreto.
Questo criterio interpretativo è stato successivamente ripreso e ribadito anche dalla Corte di Cassazione, la quale ha stabilito che: «In tema di sicurezza e igiene del lavoro, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata dagli artt. 19 e seguenti D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, l’organo di vigilanza deve ammettere il contravventore al pagamento della sanzione amministrativa, con effetto estintivo del reato contravvenzionale, anche in caso di tempestiva eliminazione delle sue conseguenze dannose o pericolose con modalità diverse da quelle stabilite nella contravvenzione» [15].
L’interpretazione estensiva dettata dalla Corte costituzionale ha influenzato anche la redazione del D.Lgs. n. 124/2004, in materia di lavoro e legislazione sociale, in particolare l’art.15 il quale oltre a prevedere espressamente la possibilità da parte del personale ispettivo in caso di violazioni di carattere penale, punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, o anche con la sola ammenda, di impartire al contravventore una apposita prescrizione obbligatoria ai sensi degli artt. 20 e 21 del D.Lgs. n. 758/1994, e per gli effetti degli artt.23, 24 e 25, comma 1, dello stesso decreto, stabilisce anche che la procedura estintiva trova applicazione non solo nell’ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all’emanazione della prescrizione, ma soprattutto anche per quelle fattispecie nelle quali la condotta antigiuridica sia già esaurita e per le quali, dunque, non sarebbe applicabile alcuna prescrizione, come nell’ipotesi dei reati istantanei già perfezionatisi [16].
La sanatoria degli illeciti: mancata applicazione della procedura estintiva
Merita, infine, un approfondimento il tema, molto dibattuto in giurisprudenza, se la mancata applicazione della procedura estintiva, di cui agli artt. 20 e seguenti del D.Lgs n. 758/1994, da parte dell’organo di vigilanza, può configurare oppure meno un’ipotesi di condizione di procedibilità.
Sul punto, non sembrano sussistere dubbi interpretativi in quanto, anche di recente, la suprema Corte, peraltro confermando quanto già statuito in precedenza dalla Corte costituzionale [17] (vedere il box 4), ha ribadito che: «In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro l’indicazione, da parte dell’organo di vigilanza, delle prescrizioni di regolarizzazione non è causa di improcedibilità dell’azione penale» [1].
BOX 4 – CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA 28 MAGGIO 1999, N. 205
«È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, nei confronti dell’art. 21, comma 2, del D.Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758, nella parte in cui non prevede che l’organo di vigilanza ammetta obbligatoriamente il contravventore al pagamento in sede amministrativa di una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita, con conseguente estinzione del reato.
Le formulate censure – basate peraltro su argomenti (irragionevolezza delle rilevate disparità di trattamento cui la denunciata omissione legislativa darebbe luogo, e asserita attribuzione all’organo di vigilanza di una discrezionalità non consentita dalla legge di delega) tutt’altro che inconfutabili – appaiono infatti superate dalla considerazione che il D.Lgs. n. 758 del 1994 si propone il duplice obiettivo di favorire l’effettiva osservanza delle misure di prevenzione e di protezione in tema di sicurezza e di igiene del lavoro – materia in cui l’interesse alla regolarizzazione delle violazioni e alla conseguente tutela dei lavoratori è prevalente rispetto all’applicazione della sanzione penale – e di attuare una consistente deflazione processuale e che quindi, sulla basa di tale “ratio” . come già affermato dalla Corte – ove risultasse le conseguenze dannose o pericolose sono venute meno grazie ad un comportamento volontario dell’autore dell’infrazione, o che il medesimo vi ha posto comunque rimedio, anche successivamente alla comunicazione del reato, il contravventore previa valutazione da parte dell’autorità giudiziaria della natura e delle concrete modalità di realizzazione della violazione contestata potrebbe egualmente essere ammesso, dopo aver provveduto al pagamento della somma dovuta, al previsto procedimento di definizione in via amministrativa, anche nei casi in cui la prescrizione dell’organo di vigilanza per la regolarizzazione della violazione normalmente richiesta per poter addivenire a tale soluzione, e così evitare il procedimento penale – non possa, per il tipo dell’infrazione configurabile, essere materialmente emanata». |
Discorso completamente diverso, invece, nel caso in cui l’organo di vigilanza decide di impartire la prescrizione ma non osserva il relativo iter procedurale, in particolare non indicando un termine per la regolarizzazione, atteso che in questi casi, viceversa, i giudici di legittimità, hanno ritenuto che sussista una vera e propria causa di improcedibilità [18].
La sanatoria degli illeciti: valorizzazione dell’istituto e mini riforma del D.L. n. 146/2021
Nel concludere, si può affermare che l’istituto della prescrizione, di cui agli artt. 20 e seguenti del D.Lgs. n. 758/1994, è un istituto che rientra a pieno diritto nel novero di quegli strumenti giuridici che de iure condendo andrebbero sempre più privilegiati e potenziati, rispetto alla sanzione penale sic et simpliciter, non solo ai fini di un recupero del principio della pena nella duplice accezione di “meritevolezza” e “bisogno” di detta risposta sanzionatoria, ma anche per garantire concretamente l’effettivo e rapido ripristino della legalità, specie quando un ordinamento non è strutturato o comunque non è pienamente in grado di riuscire ad imporre l’osservanza delle sanzioni penali sia sul piano dell’accertamento iniziale, sia in ambito processuale sia, infine, per quanto riguarda la fase esecutiva [19].
Sotto questo profilo, la mancata previsione nell’ultima mini riforma del testo unico della sicurezza, operata dal D.L. n. 146/2021, convertito con modifiche dalla legge n. 215/2021, di norme finalizzate a una maggiore valorizzazione di questo istituto e alla correzione di alcune sue storture congenite – si pensi, ad esempio, all’assenza di un meccanismo di rateizzazione della somma dovuta per la regolarizzazione – rappresenta un’occasione mancata.
In quest’ottica, vanno certamente visti con favore gli interventi del legislatore che, come detto più sopra, oltre ad aver esteso con l’art. 301 del D.Lgs. n. 81/2008, l’applicabilità dell’istituto del metodo estintivo della prescrizione anche alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro contenute nel cosiddetto testo unico della sicurezza, anche l’estinzione agevolata degli illeciti amministrativi a seguito di regolarizzazione, di cui all’art. 301-bis, nonché, da ultimo, la prescrizione in tema di reati ambientali, prevista e disciplinata dagli artt. 318-ter e seguenti del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 [20].
(La sanatoria degli illeciti)
[1] Cass. pen. sez. III, sent., 13 gennaio 2017, n. 7678, in Ced Cassazione – In motivazione, la suprema Corte ha affermato che, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina dettata dagli artt. 20 e seguenti del D.Lgs. n. 758 del 1994, la formale assenza della proceduta estintiva non può condizionare l’esercizio dell’azione penale nei casi in cui, legittimamente, l’organo di vigilanza ritenga di non impartire alcuna prescrizione di regolarizzazione, tenuto conto che l’imputato può comunque richiedere di essere ammesso all’oblazione, sia in sede amministrativa, sia successivamente in sede giudiziaria e nella stessa misura agevolata.
[1] Morrone, Diritto penale del lavoro, Giuffrè, 2019, 182, il quale sul punto fa un interessante richiamo alla relazione illustrativa del decreto correttivo.
[2] Cass. pen. sez. III sent., 8 febbraio 2009, n. 12483, in Ced Cassazione 2009, secondo cui: «In tema di tutela penale del lavoro, ai fini dell’estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, la verifica dell’adempimento delle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 compete a quest’ultimo, né tale organo può imporre al contravventore, in sede di prescrizioni, l’onere di comunicare l’avvenuto adempimento, stante il divieto previsto dall’art. 23 Cost. di imporre prestazioni personali se non in base alla legge».
[3] Cass. pen. sez. III, sent., 28 febbraio 2019, n. 15122, in Massima redazionale, 2019 – «Nel caso concreto il giudice, dopo aver ritenuto non convincente la motivazione con cui l’ente di vigilanza aveva ritenuto non regolarizzate le prescrizioni imposte, assolveva l’imputato per insufficienza della prova della commissione del reato, in tal modo confondendo i due profili, ovvero quello della sussistenza del reato e quello, necessariamente successivo, della sussistenza della causa di estinzione del reato di cui all’art. 24, D.Lgs n. 758 del 1994, la quale presuppone l’accertamento della sussistenza del reato in tutti i suoi elementi oggettivo e soggettivo».
[4] Cass. pen. sez. III, sent., 28 novembre 2019, n. 48402.
[5] Cass. pen. sez. III, sent. 22 novembre 2019, n. 4701, in Diritto e pratica del lavoro., 2020, 10, 648; Cass. pen. sez. III sent., 23.02.2017, n. 45737, in Ced Cassazione; Cass. pen. sez. III sent., 24.06.2014, n. 5892, in Ced Cassazione.
[6] Cass. pen. sez. III, sent., 20 gennaio 2006, n. 6331, in Rivista penale, 2007, 1, 105.
[7] Cass. pen. sez. III sent., 5 dicembre 2013 n. 7773, in Ced Cassazione, 2014; Cass. pen. sez. III, 13 ottobre 2015, n. 45270, in Quotidiano giuridico, 2015 con nota di Baldi.
[8] In questo senso: Cass. pen. sez. III, sent. 17 settembre 2019, n. 46462, in Massima redazionale, 2019.
[9] Cass. pen. sez. III sent., 25.10.2007, n. 44956, in Ced Cassazione, 2007.
[10] Cass. pen. sez. III sent., 10 marzo 2016, sent., n. 24418, in Ced Cassazione; in senso conforme: tribunale di Trieste sent., 4 luglio 2019, in Massima redazionale, 2019; tribunale di Napoli, sez. VI, sent., 20 aprile 2016, in Massima redazionale, 2016, in particolare questo Tribunale ha precisato che: «(…) Il mancato rispetto anche di una sola delle due citate condizioni impedisce la realizzazione dell’effetto estintivo, a nulla rilevando che la previsione del termine per il pagamento non sia accompagnata da una esplicita sanzione di decadenza, atteso che la sua mancata previsione discende dalla natura della stessa di precondizione negativa dell’azione penale».
[11] Blaiotta, Diritto penale e sicurezza del lavoro, Giappichelli, 2020, p. 125.
[12] Cass. pen. sez. III, sent., 17 febbraio 2017, n. 2938, in Ced Cassazione, 2017; in senso conforme: Cass. pen. sez. III, sent., 15 febbraio 2012, n. 252395, in Ced Cassazione.
[13] Cass. pen. sez. III, sent., 5 ottobre 1999, n. 3216, in Cass. pen., 2000, 2105 con nota di Ceresa Gastaldo – Nella specie la suprema Corte ha affermato che, qualora dalla sentenza impugnata risulti che la procedura in questione non è stata rispettata, la sentenza di condanna va annullata senza rinvio e gli atti devono essere trasmessi al p.m. presso il giudice di merito per la eventuale definizione in via amministrativa, in vista della estinzione del reato.
[14] Corte costituzionale, sent., 16 dicembre 1998, n. 416, in Giurisprudenza costituzionale 1998, fasc. 6; Corte costituzionale, ordinanza, 4 giugno 2003, n. 192, in Rivista trimestrale diritto penale dell’economia, 2003, 508.
[15] Cass. pen. sez. III sent., 30 novembre 2017, n. 3671, in Ced Cassazione, 2018.
[16] Cass. pen. sez. III, sent., 6 giugno 2007, n. 34900, in Ced Cassazione.
[17] Corte Costituzionale, sent. 28 maggio 1999, n. 205, in Ced Cassazione. 1999.
[18] Cass. pen. sez. III, sent., 15.09.2015, n. 37728, in Ced Cassazione, 2016 – («In tema di reati contravvenzionali in materia di legislazione sociale e lavoro, l’omessa fissazione da parte dell’organo di vigilanza di un termine per la regolarizzazione, come previsto dall’art. 20, comma prima, D.Lgs 19 dicembre 1994 n. 758, è causa di improcedibilità dell’azione penale»), in senso conforme: Cass. pen. sez. III, sent., 4 ottobre 2007, n. 43825.
[19] Antolisei, Manuale di diritto penale, i reati societari, bancari, di lavoro e di previdenza, 1997, pag. 500.
[20] Questo articolo è stato aggiunto dall’art. 1, comma 9, della legge 22 maggio 2015, n. 68, che ha inserito l’intera parte sesta-bis, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’art.3, comma 1 della medesima legge n. 68/2015.