Marmitte catalitiche usate: i chiarimenti su gestione e tracciabilità

Marmitte catalitiche usate
Sul tema il Mase ha fornito chiarimenti in risposta a un interpello ambientale di Confindustria

Marmitte catalitiche usate: il Mase ha fornito chiarimenti su gestione e tracciabilità in risposta a un interpello ambientale di Confindustria.

In particolare, il quesito riguarda la gestione dei catalizzatori esausti potenzialmente pericolosi presenti nei veicoli fuori uso conferiti agli impianti di trattamento senza adeguata documentazione analitica che attesti la non pericolosità degli stessi rifiuti di catalizzatori.

Inoltre, Confindustria ha proposto di valutare la possibilità di garantire la tracciabilità di questa tipologia di rifiuto anche a monte degli impianti di trattamento.

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Di seguito i testi dell'interpello e del parere ministeriale.

Marmitte catalitiche usate

Interpello ambientale di Confindustria 18 aprile 2024, n. 73022

Oggetto: Interpello in materia ambientale ex art. 3-septies del Dlgs 152/2006.

La scrivente Confindustria, principale Associazione di categoria delle imprese manifatturiere e dei servizi italiane, rappresentata al CNEL, sottopone il presente interpello in materia ambientale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3-septies del D.lgs. 152/2006, relativo alla gestione e alla tracciabilità delle marmitte catalitiche usate.

Nell’ambito degli obiettivi della Circular Economy e del recupero delle Critical Raw Material (CRM), i catalizzatori sono di grande interesse per la gestione dei veicoli a fine vita (End-Of-Life Vehicles, ELV), in virtù dei metalli preziosi (tra cui platino, palladio e rodio) presenti nelle strutture interne. Tali metalli, grazie al proprio potere catalizzante, assolvono all’importante funzione di purificazione/trasformazione dei gas di scarico, favorendone la completa ossidazione e riduzione.

Sebbene con il tempo e l’usura il catalizzatore perda la propria efficacia, la qualità dei metalli preziosi rimane inalterata. Il loro recupero, quindi, diventa di fondamentale importanza.

Tutto ciò premesso, al fine di garantire una corretta gestione di questo importante rifiuto e considerato che:

- per i catalizzatori auto esausti vengono individuati due codici EER (a specchio): 16.08.01 catalizzatori esauriti contenenti oro, argento, renio, rodio, palladio, iridio o platino (tranne 16 08 07) e 16.08.07* catalizzatori esauriti contaminati da sostanze pericolose;

-  il miglioramento tecnologico e il raggiungimento di prestazioni ambientali sempre più elevate hanno prodotto, come risultato, la presenza sul mercato di una enorme varietà di catalizzatori auto e, conseguentemente, di rifiuti, quando questi raggiungono il loro fine vita;

-  l’enorme varietà di questi rifiuti richiederebbe al produttore, affinché un campione sia considerato rappresentativo, di effettuare le indagini analitiche su ogni tipologia di catalizzatore e per la ricerca di un elevato numero di sostanze necessarie a definirne le eventuali caratteristiche di pericolosità;

-  la Corte di Giustizia UE, così come le Linee Guida ISPRA-SNPA (Delibera del Consiglio SNPA del 27.11.2019 – Doc. n. 61/2019), ribadiscono che, in caso di dubbio o qualora sia impossibile determinare la presenza di sostanze pericolose o di valutare le caratteristiche di pericolo che il rifiuto presenta, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive;
si chiede cortesemente a Codesto Spettabile Ministero, in considerazione della potenziale pericolosità dei catalizzatori esausti, di fornire una chiara indicazione in merito alla loro gestione, al fine di garantire che, qualora il conferitore dell’ELV non disponga di adeguata documentazione analitica che attesti la loro non pericolosità, gli stessi siano gestiti come rifiuti pericolosi.
Inoltre, considerando il potenziale impatto ambientale dei catalizzatori auto esausti se non gestiti correttamente e il loro valore per il recupero dei metalli sopra citati, si chiede a Codesto Spettabile Ministero di valutare la possibilità di garantire la tracciabilità di tali rifiuti anche a monte degli impianti di trattamento. A questo proposito, sarebbe opportuno che chi consegna il veicolo fuori uso all’impianto di demolizione fornisca una dichiarazione che motivi l’eventuale assenza di tali catalizzatori: ad esempio, dichiarazione di smontaggio opportunamente firmata dall’officina autorizzata responsabile dell’intervento o, in caso di furto, copia della denuncia presso Organi competenti, ovvero indicazione del diverso destino deciso per tale rifiuto sotto responsabilità del dichiarante e nel rispetto delle norme vigenti.

***

Parere del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica 23 settembre 2024, n. 171652

Oggetto: articolo 3-septies del d.lgs. n. 152/2006 - Interpello in materia ambientale in merito alla corretta interpretazione e applicazione della normativa relativa alla gestione e alla tracciabilità delle marmitte catalitiche usate.
Quesito

Con istanza di interpello formulata ai sensi dell’articolo 3-septies del d.lgs. n. 152/2006, Confindustria ha richiesto chiarimenti in merito alla gestione dei catalizzatori esausti potenzialmente pericolosi presenti nei veicoli fuori uso conferiti agli impianti di trattamento senza adeguata documentazione analitica che attesti la non pericolosità degli stessi rifiuti di catalizzatori.

Inoltre, l’istante ha proposto di valutare la possibilità di garantire la tracciabilità di tale tipologia di rifiuto anche a monte degli impianti di trattamento.

Riferimenti normativi

-  Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale”;

-  Decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209 recante “Attuazione della direttiva 2000/53/CE
relativa ai veicoli fuori uso”;

-  Linee Guida ISPRA-SNPA (Delibera del Consiglio SNPA del 27.11.2019 – Doc. n. 61/2019).

Considerazioni del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica

In considerazione del quadro normativo sopraesposto, alla luce dell’istruttoria tecnica condotta e, in particolare, del parere tecnico dell’ISPRA richiesto da questa Amministrazione con nota prot.n. 135231 del 22 luglio 2024 e acquisito agli atti con nota prot.n. 165753 del 12 settembre 2024, è emerso quanto segue in merito all’istanza di interpello in esame.
La classificazione del rifiuto e l’attribuzione del pertinente codice dell’elenco europeo dei rifiuti (EER) spettano al produttore del rifiuto. In tal senso, l’allegato D alla parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006 riporta i codici EER di cui alla decisione 2000/532/CE da attribuire ai rifiuti.
Detto elenco, ai sensi dell’articolo 184, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, tiene conto dell'origine e della composizione dei rifiuti, include i rifiuti pericolosi e quelli non pericolosi, e, ove necessario, considera i valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose di cui al Regolamento (CE) n. 1272/2008. Esso è vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi. Inoltre, l’allegato I alla parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006 contiene le caratteristiche di pericolo per i rifiuti.
In riferimento al codice EER, si precisa che le prime due cifre dello stesso si riferiscono alla categoria industriale e/o generatrice del rifiuto (I livello), la terza e la quarta cifra alla sub-categoria industriale relativa al singolo processo produttivo o alla singola sub-attività generatrice del rifiuto (II livello), mentre le ultime due cifre individuano la specifica tipologia di rifiuto generato (III livello).
L’attribuzione del codice EER, secondo quanto disposto dal citato articolo 184, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, è effettuata dal produttore dei rifiuti sulla base delle Linee guida redatte dal Sistema nazionale per la protezione e la ricerca ambientale (SNPA) e approvate con decreto del Ministero della transizione ecologica n. 47 del 9 agosto 2021.
Dette Linee guida contengono i criteri per la classificazione dei rifiuti pericolosi, la procedura di attribuzione del codice EER ai sensi della normativa unionale, i limiti di concentrazione delle sostanze pericolose indicati nel Regolamento (CE) n. 1272/2008, nonché le caratteristiche di pericolo di cui al Regolamento (UE) n. 2014/1357.
Le Linee guida SNPA, coerentemente con la procedura di cui alla decisione 2000/532/CE, per alcune tipologie di rifiuti prevedono un approccio metodologico di classificazione basato sull’attività generatrice degli stessi, mentre per altri rifiuti la metodologia è basata sulla funzione che rivestiva il prodotto d’origine.
Nel caso della classificazione di rifiuti identificati mediante codici “specchio”, le suddette Linee guida citano la sentenza della Corte di Giustizia Europea (Decima Sezione) del 28 marzo 2019, relativa alle cause riunite da C-487/17a C-489/17, dove si specifica quanto segue: “L’allegato III della direttiva 2008/98/CE [...], nonché l’allegato della decisione 2000/532/CE [...], devono essere interpretati nel senso che il detentore di un rifiuto che può essere classificato sia con codici corrispondenti a rifiuti pericolosi sia con codici corrispondenti a rifiuti non pericolosi, ma la cui composizione non è immediatamente nota, deve, ai fini di tale classificazione, determinare detta composizione e ricercare le sostanze pericolose che possano ragionevolmente trovarvisi onde stabilire se tale rifiuto presenti caratteristiche di pericolo, e a tal fine può utilizzare campionamenti, analisi chimiche e prove previsti dal regolamento (CE) n. 440/2008 [...] o qualsiasi altro campionamento, analisi chimica e prova riconosciuti a livello internazionale. [...] Il principio di precauzione deve essere interpretato nel senso che, qualora, dopo una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, il detentore di un rifiuto che può essere classificato sia con codici corrispondenti a rifiuti pericolosi sia con codici
corrispondenti a rifiuti non pericolosi si trovi nell’impossibilità pratica di determinare la presenza di sostanze pericolose o di valutare le caratteristiche di pericolo che detto rifiuto presenta, quest’ultimo deve essere classificato come rifiuto pericoloso”.
A quanto sinora rappresentato va aggiunto che, al fine di consentire un pieno recupero dei veicoli fuori uso e il raggiungimento degli obiettivi di circolarità, l’articolo 6 del d.lgs. n. 209/2003 ha previsto specifici obblighi a cui gli impianti di trattamento dei veicoli fuori uso sono tenuti ad adempiere. Tra questi figurano l’obbligo di rimozione e separazione di materiali e componenti pericolosi in modo da non contaminare i successivi rifiuti frantumati e l’obbligo di eseguire le operazioni di smontaggio e di deposito dei componenti in modo da non comprometterne la possibilità di reimpiego, di riciclaggio e di recupero.
Ciò premesso, qualora non si disponga di una documentazione analitica che attesti la non pericolosità della componente del veicolo fuori uso che ne consenta la corretta attribuzione del codice EER, si rende necessario valutare le caratteristiche di pericolo di ciascuna delle sostanze contenute nella componente, per origine e/o contaminazione.
Pertanto, il codice corretto da attribuire al rifiuto derivante dal catalizzatore contenente le medesime sostanze pericolose presenti all’origine è da individuare tra le voci 16 08 02*, 16 08 05* e 16 08 06*. Viceversa, qualora dall’analisi sul rifiuto si rilevino ulteriori sostanze pericolose contaminanti con concentrazioni superiori ai limiti indicati per le caratteristiche di pericolo di cui all’allegato I alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006, il codice EER da attribuire al catalizzatore esaurito è il 16 08 07*.
Ai fini della corretta attribuzione del codice EER, resta intesa la necessaria valutazione da parte del produttore dei rifiuti, delle caratteristiche di pericolo di ciascuna delle sostanze contenute per origine e/o contaminazione nel catalizzatore esaurito.
Al riguardo va evidenziato che la sola attribuzione del codice EER non costituisce un elemento sufficiente per la successiva corretta gestione del rifiuto per la quale è necessario disporre anche di conoscenze sulle sue proprietà fisiche e chimiche, ovvero sulle sue eventuali caratteristiche di pericolo di cui all’allegato I della parte IV del d.lgs. n. 152/2006. Il medesimo codice EER può infatti individuare rifiuti aventi differenti proprietà.
In caso non sia possibile determinare la presenza di sostanze pericolose o di valutare le caratteristiche di pericolo che il rifiuto presenta, si conferma quanto indicato nelle Linee guida ISPRA-SNPA secondo cui il principio di precauzione giustifica la classificazione del rifiuto come pericoloso e la conseguente adozione di misure restrittive.
Per quanto attiene, invece, la tracciabilità dei catalizzatori esausti a monte degli impianti di trattamento dei veicoli fuori uso, il combinato disposto tra i commi 2, 3 e 5 dell’articolo 5 del d.lgs. n. 209/2003 contiene misure per prevenire la dispersione di tali rifiuti e per renderli tracciabili.
Infatti, ai sensi del predetto combinato disposto, la consegna di un veicolo fuori uso al centro di raccolta avviene senza che il detentore incorra in spese nel caso in cui il veicolo contenga i suoi componenti essenziali, quali il motore, parti della carrozzeria, il catalizzatore e le centraline elettroniche, se presenti in origine. Conseguentemente, tale disposizione incentiva il detentore che consegna il veicolo fuori uso all’impianto di demolizione, a motivare l’eventuale assenza di catalizzatori, con prove documentali.
Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3-septies del d.lgs. n. 152/2006, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.

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