Raccolta e preparazione per il riuso: il caso della capsule di caffè al centro di un interpello ambientale posto dalla presidenza di Confcommercio al ministero della Transizione ecologica.
Tema dell'interpello è il fatto che alcune aziende operanti nel settore della produzione e vendita delle capsule di caffè abbiano iniziato a ritirare, presso i propri negozi e da parte dei clienti, capsule di caffè esausto; inoltre, molti rivenditori hanno iniziato a utilizzare un sistema che, in automatico, separa la capsula (in alluminio o plastica) dal suo contenuto (caffè esausto). In assenza, però, dei necessari decreti attuativi della normativa in esame, sorgono spesso dubbi interpretativi sulle procedure adottate con il risultato di frenare queste pratiche virtuose. Al netto di tutto questo, Confcommercio chiede la conferma che questi circuiti virtuosi di raccolta e di preparazione per il riuso, che si stanno manifestando in diversi territori, in modo spontaneo e con il coinvolgimento di consumatori e rivenditori di capsule di caffè, siano legittimati a operare e non incorrano in sanzioni.
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Di seguito i testi integrali dell'interpello di Confcommercio e del parere del Mite.
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Interpello della presidenza di Confcommercio 21 luglio 2022, n. 91241
Oggetto: Istanza di interpello in materia ambientale - Interpretazione dell’articolo 179, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 152/2006, in ragione di procedure di recupero di materiale riciclabile.
Con la presente istanza d’interpello, Confcommercio-Imprese per l’Italia richiede a Codesto Ministero di volersi esprimere attraverso un’interpretazione autentica, riguardo al combinato disposto degli articoli 179 e 185-bis del Decreto Legislativo n. 152/2006, con particolare riferimento al sistema di preparazione per il riutilizzo all’interno degli esercizi commerciali di rivendita di capsule di caffè, ove le medesime capsule vengano conferite dai clienti.
Date le modifiche apportate dal Decreto legislativo 116/2020 al Decreto Legislativo n. 152/2006, riteniamo che coloro che “producono i rifiuti”, ossia anche coloro che immettono in consumo beni che poi genereranno a fine ciclo un rifiuto, debbano contribuire a far sì che questi rifiuti vengano quanto più recuperati e riciclati al fine di ridurre il conferimento in discarica. L’articolo 179 del Dlgs 152/2006 attribuisce espressamente una priorità, all’interno della gerarchia di gestione dei rifiuti, all’attività di prevenzione introducendo il nuovo concetto di preparazione per il riutilizzo.
L’art. 180-bis, comma 1, del Dlgs 152/2006, prevede, inoltre, che le pubbliche amministrazioni promuovano “iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti”. Tali iniziative possono consistere nell’uso di strumenti economici, di misure logistiche, come la costituzione ed il sostegno di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo, di misure educative, di promozione di accordi di programma etc. In alcune Regioni, come nel Friuli Venezia Giulia, ad esempio, la Giunta regionale ha approvato delle linee guida per la realizzazione e la gestione dei c.d. centri di riuso proprio nell’ottica di privilegiare la prevenzione, non solo in quanto principio dettato a livello comunitario, ma come “opportunità economica ed ambientale”.
Tra le problematiche che si sono manifestate tra gli operatori, tuttavia, vi è quella di come “intercettare” certi rifiuti prima che essi vengano irrimediabilmente destinati alle discariche.
A tal riguardo, l’articolo 185-bis (Deposito temporaneo prima della raccolta) del Dlgs 152/2006, consente di poter intercettare quei rifiuti destinati alla “preparazione per il riutilizzo” prevedendo, esclusivamente per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa del produttore, che il deposito preliminare alla raccolta possa essere effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita. Questa precisazione tecnico-giuridica è molto significativa perché consente il “deposito temporaneo dei rifiuti” presso un soggetto “terzo” che, come specificato dalla norma in esame, consente alle amministrazioni di potersi avvalere anche di soggetti terzi, tra cui i “commercianti”, per poter raggiungere l’obiettivo di ridurre i rifiuti destinati alla discarica e di aumentare, al contempo, i volumi riciclabili.
In relazione alla normativa sopra richiamata, alcune aziende operanti nel settore della produzione e vendita delle capsule di caffè, hanno iniziato a ritirare, presso i propri negozi e da parte dei clienti, capsule di caffè esausto. Tale processo, oltre che all’interno dei negozi di rivendita, avviene anche in altri “spontanei” centri di raccolta (ad esempio nelle società di gestione delle macchine distributrici di caffè negli uffici).
All’interno delle loro attività, molti rivenditori hanno iniziato ad utilizzare un sistema che, in automatico, separa la capsula (in alluminio o plastica) dal suo contenuto (caffè esausto). In questo modo, con questo processo interno, si ottengono materiali (alluminio – plastica – caffè esausto) da potersi destinare al reimpiego/riutilizzo. Tale procedura rende effettivo il termine di “preparazione per il riutilizzo”, in quanto la capsula, diversamente destinata ad essere concentrata come rifiuto nella pattumiera di casa, viene invece distinta da essa, a cura del consumatore, che concentra le medesime capsule presso il rivenditore/negoziante (art. 185-bis, Dlgs 152/2006) il quale, grazie al sistema presente presso i suoi locali, inserisce le capsule e le prepara per il riutilizzo (art. 179, comma 1 lett. b, Dlgs 152/2006).
Mancando, tuttavia, i necessari decreti attuativi della normativa in esame, talvolta si ingenerano, negli operatori, dubbi interpretativi sulle procedure adottate, il che frena molto tali pratiche virtuose. Non c’è dubbio, ad ogni buon conto, che queste “buone pratiche” laddove adottate in talune aree del nostro Paese, sono state ben accolte ed incentivate dalle singole amministrazioni comunali, che hanno visto in simili esempi un modo intelligente per ovviare alla riduzione delle quantità di rifiuti indifferenziati da destinarsi alle discariche, sensibilizzando i cittadini a svolgere il loro compito come soggetti coinvolti nel processo di recupero.
Tutto ciò premesso si chiede, a Codesto Spettabile Ministero, di confermare che questi circuiti virtuosi di raccolta e di preparazione per il riuso, che si stanno manifestando in diversi territori, in modo spontaneo e con il coinvolgimento di consumatori e rivenditori di capsule di caffè, siano legittimati ad operare e non incorrano in sanzioni.
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Parere del ministero della Transizione ecologica
Oggetto: Istanza di interpello in materia ambientale - Interpretazione dell'articolo 179, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 152/2006, in ragione di procedure di recupero di materiale riciclabile
QUESITO
Con istanza di interpello formulata ai sensi dell’articolo 3-septies del D.lgs. n. 152 del 2006, si è richiesto di
- fornire un’interpretazione autentica riguardo al combinato disposto degli articoli 179 e 185- bis del D.lgs. n. 152 del 2006, con particolare riferimento al sistema di preparazione per il riutilizzo all’interno degli esercizi commerciali di rivendita di capsule di caffè, ove le medesime capsule vengano conferite dai clienti;
- confermare che questi circuiti virtuosi di raccolta e di preparazione per il riuso, che si stanno manifestando in diversi territori, in modo spontaneo e con il coinvolgimento di consumatori e rivenditori di capsule di caffè, siano legittimati ad operare e non incorrano in sanzioni.
RIFERIMENTI NORMATIVI
Con riferimento al quesito proposto, si riportano i seguenti riferimenti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152:
L’articolo 181 incentiva, tra le altre, le misure volte a promuovere “la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, il riciclaggio o altre operazioni di recupero”;
l’articolo 183, comma 1 definisce alla lettera q) “preparazione per il riutilizzo”: le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;
r) “riutilizzo”: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;
s) “trattamento”: operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento;
l’articolo 185-bis recita: “Il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento è effettuato come deposito temporaneo, prima della raccolta, nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti, da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci;
b) esclusivamente per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa del produttore, anche di tipo volontario, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita (...)”;
l’articolo 208 prevede che “I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica (...)”;
l’articolo 214 determina le attività e le caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate;
l’articolo 214 – ter determina le condizioni per l'esercizio e le operazioni di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata;
l’allegato E alla parte IV del D.lgs. n.152/2006 riporta gli esempi illustrativi per la definizione di “imballaggio”.
CONSIDERAZIONI DEL MINISTERO DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA
Con riferimento all’istanza in argomento, si rappresenta quanto segue:
l’art.179 del decreto legislativo 152/06 descrive al primo comma la gerarchia nella gestione dei rifiuti dettando un ordine di priorità e inserendo, dopo la prevenzione, la preparazione per il riutilizzo. Volendo esplicitare meglio, mentre il riutilizzo si riferisce ad un prodotto che non è rifiuto e quindi rientra tra le attività di “prevenzione”, la “preparazione per il riutilizzo” si riferisce ad un
prodotto o una componente diventato rifiuto.
A tal proposito il D.lgs. n.116/2020 oltre a prevedere l’abrogazione dell’art. 180-bis menzionato
dall’istante, contestualmente ha modificato apportando integrazioni all’art.181 del suddetto D.lgs. 152/06, il quale al fine di promuovere la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, incentiva l’adozione di modalità autorizzative semplificate.
Entrando nel merito dell’interpello, le operazioni descritte dall’istante ed effettuate su capsule di caffè esausto, che sono già diventate rifiuto, vengono erroneamente individuate quali attività di “riutilizzo”, che, come sopra rappresentato, presuppone il reimpiego del prodotto
Ne consegue che i cd. "centri per il riuso" citati dall'istante, presso i quali vengono svolte le operazioni tramite le quali un prodotto usato possa essere reimpiegato, pur rappresentando un chiaro esempio di incentivo all'economia circolare, nonché una buona pratica da rafforzare, non costituisce uno strumento idoneo alla raccolta e al trattamento dei rifiuti di capsule di caffè esausto.
Nel caso di specie, inoltre, l’operazione effettuata, per come rappresentata nel quesito, e secondo quanto definito dell’art.183, comma 1 lett. q), non configura neanche un’operazione di “preparazione per il riutilizzo”, in quanto la separazione delle componenti caffè esausto – capsula (in plastica o alluminio), a prescindere che queste componenti una volta separate, siano inviate a smaltimento o a recupero (chiamato impropriamente riutilizzo), non genera prodotti idonei ad essere reimpiegati senza altro pretrattamento.
Si potrebbe altresì parlare di “preparazione per il riutilizzo” solo se la capsula di caffè esausto, tramite operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione, venisse riportata allo stato iniziale, tale da poter essere reimpiegata senza altro pretrattamento (operazione che potrebbe porre anche problemi di natura igienico- sanitaria).
Sembra piuttosto ipotizzarsi un’operazione per cui il caffè esausto contenuto nella capsula viene inviato a compostaggio mentre l’alluminio/plastica della capsula medesima a riciclo.
Per tali motivi, l’operazione di “disassemblaggio” della capsula di caffè esausto, si configura come un’operazione di “trattamento” di rifiuti, che può avvenire esclusivamente in appositi impianti autorizzati, anche ai sensi dell’art. 208 del D.lgs. n. 152/2006.
In merito, poi, alla possibilità per gli operatori di “intercettare” detta tipologia di rifiuti prima che gli stessi siano erroneamente gestiti tramite lo strumento del deposito temporaneo prima della raccolta, di cui al citato articolo 185-bis, è opportuno fare un distinguo.
Invero, qualora le capsule di caffè esausto fossero “lasciate vuote dopo l’uso”, esse rientrerebbero nella categoria degli imballaggi, come stabilito dall’allegato E parte IV D.lgs. n. 152/2006, e in quanto tali, soggette a regime di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR).
Le stesse sarebbero pertanto idonee al deposito temporaneo presso il punto vendita, ai fini del successivo trasporto presso un impianto di recupero, che nel caso di specie è da effettuarsi mediante il consorzio di filiera specifico per il materiale che compone le capsule (alluminio o plastica).
Se, al contrario, le capsule in questione fossero destinate ad essere gettate insieme al caffè, ai sensi del medesimo allegato E non rientrerebbero nella definizione di imballaggi, quindi non assoggettabili a regimi di EPR e conseguentemente, il deposito temporaneo prima della raccolta presso i locali del rivenditore non appare possibile.
È comunque auspicabile che, attraverso accordi con le Amministrazioni locali e il servizio pubblico di gestione rifiuti, si possano attuare sistemi di raccolta dedicati, anche in via sperimentale, finalizzati ad individuare le corrette modalità di gestione anche ai fini del successivo recupero di materia.
Infine, in merito al decreto attuativo relativo alle operazioni di “preparazione per il riutilizzo”, previsto l’articolo 214-ter, comma 2, del D.lgs. n. 152/2006, “Determinazione delle condizioni per l’esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata”, si segnala che detto regolamento è attualmente al vaglio del Consiglio di Stato per il parere ai sensi dell’art.17, comma 4 della Legge 400/88, ed è stato altresì notificato alla Commissione Europea ai sensi della direttiva (UE) 2015/1535.
Si sottolinea che solo a seguito dell’entrata in vigore del suddetto regolamento, ove la fattispecie oggetto di questo interpello sarà tra le ipotesi disciplinate dallo stesso, sarà possibile fare richiesta per l’esercizio delle operazioni in procedura semplificata ai sensi dell’art. 214 del d.lgs. 152/2006.
Le considerazioni sopra riportate sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti eventualmente in corso, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi relativi al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.