Rifiuti e riduzione volumetrica: dubbi e chiarimenti

La difficoltà per la dottrina è da sempre stata cercare di capire se si tratta di semplice “deposito prima della raccolta” ex art. 185-bis, D.Lgs. n. 152/2006, oppure di vero e proprio trattamento ex art. 183, comma 1, lettera s) del medesimo decreto che, come tale, dovrebbe essere autorizzato, con la conseguente configurabilità in caso contrario del reato dei cui all’art. 256 per «gestione di rifiuti non autorizzata»

(Rifiuti e riduzione volumetrica: dubbi e chiarimenti)

1. Inquadramento normativo

Alcuni rifiuti – si pensi all’esempio tipico delle scatole in cartone - hanno volumi elevati e, se non si possiede un’area adeguata all’allestimento del deposito temporaneo degli stessi, l’operatività può diventare difficoltosa. Sul punto vengono in aiuto le macchine – cosiddette “press container” o “eco-compattatori” – che pressano il rifiuto e ne operano una riduzione volumetrica. La difficoltà per la dottrina è da sempre stata cercare di capire se si tratta di semplice “deposito prima della raccolta” ex art. 185-bis, D.Lgs. n. 152/2006, oppure di vero e proprio trattamento ex art. 183, comma 1, lettera s) del medesimo decreto che, come tale, dovrebbe essere autorizzato, con la conseguente configurabilità in caso contrario del reato dei cui all’art. 256 per «gestione di rifiuti non autorizzata».

Al fine di inquadrare meglio la questione, è utile richiamare le condizioni richieste dal legislatore per poter condurre senza autorizzazione il deposito temporaneo dei rifiuti là dove questi sono prodotti: «1. Il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento è effettuato come deposito temporaneo, prima della raccolta, nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti, da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del Codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci;

[…] 2. Il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle seguenti condizioni:

a) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, sono depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l'imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;

b) i rifiuti sono raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

c) i rifiuti sono raggruppati per categorie omogenee, nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

d) nel rispetto delle norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose.

Il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle condizioni di cui ai commi 1 e 2 e non necessita di autorizzazione da parte dell'autorità competente».

 

2. La vexata quaestio

Il prelievo dei rifiuti per il successivo trasporto dovrebbe essere rispettoso della loro natura.

La dottrina maggioritaria ha a poco a poco iniziato ad ammettere la riduzione volumetrica per agevolare la successiva raccolta purché questa non modifichi la natura, la composizione chimica e merceologica del rifiuto tanto da renderne necessaria una nuova codifica. In questo caso, allora, l’operazione dovrebbe essere autorizzata dall’autorità competente.

Ciò è desumibile anche dall’impianto normativo delle autorizzazioni che, con riguardo agli impianti mobili, esclude quelli che effettuano una riduzione volumetrica. Si veda, a questo proposito, l’art. 208, comma 15, D.Lgs. n. 152/2006: «Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee».

Rifiuti e riduzione volumetrica

3. La giurisprudenza

Anche la giurisprudenza si è espressa sull’argomento.

Con la sentenza 10 febbraio 2014, n. 6107, la Corte di Cassazione ha stabilito che «la deroga al regime ordinario in materia di rifiuti prevista dall’art. 208, c. 15, D.L.vo 152/06, per gli impianti mobili che eseguono la sola riduzione volumetrica (e la separazione delle frazioni estranee), opera esclusivamente con riferimento a tali attività, restando conseguentemente esclusa ogni operazione diversa, antecedente o successiva, che rimane invece soggetta alla disciplina generale ed incombe su chi invoca l’applicazione di detta deroga l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti di legge per la sua operatività». In precedenza, con la sentenza 28 giugno 2013, n. 28205, richiamando il principio già enunciato nella sentenza 1° giugno 2011, n. 21859, la Cassazione ha concluso che gli impianti mobili adibiti alla macinatura, vagliatura e deferrizzazione dei materiali inerti prodotti da cantieri edili di demolizione debbono munirsi dell’autorizzazione prevista dal comma 15, dell’art. 208, D.Lgs. n. 152/2006, in quanto gli stessi non possono essere considerati impianti che effettuano la semplice riduzione volumetrica e separazione di eventuali frazioni estranee, ma operano una vera trasformazione dei materiali.

Ragionando al contrario, dunque, la lettura da suggerire dovrebbe essere quella per la quale gli impianti mobili che effettuano la semplice riduzione volumetrica, senza incidere sulla natura del rifiuto operando una trasformazione dello stesso, non dovrebbero munirsi dell’autorizzazione di cui sopra. L’esempio classico di riduzione volumetrica ammessa senza necessità di autorizzazione in fase di deposito temporaneo ex art. 185-bis è quella che coinvolge gli imballaggi (scatole di cartone, bottiglie di plastica eccetera).

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