Sedimenti dragati: le recenti modifiche all’art. 184-quater nel contesto della economia circolare

Le recenti modifiche dell’art. 184-quater del D.Lgs. n. 152/2006, spingono nella direzione di promuovere investimenti a favore di progetti di economia circolare, di favorire l’innovazione tecnologica e di garantire la sicurezza del trasporto marittimo. Resta da capire se le misure si occupino di end of waste o di sottoprodotti

Sedimenti dragati: le recenti modifiche all’art. 184-quater nel contesto della economia circolare.

Il quadro legislativo e regolamentare

Con il decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, convertito con la legge 9 novembre 2021, n. 156 sono stati aggiunti due commi all’art. 184-quater del D.Lgs. n. 152/2006 circa l’utilizzo dei materiali di dragaggio e ciò espressamente «al fine di promuovere investimenti a favore di progetti di economia circolare, di favorire l’innovazione tecnologica e di garantire la sicurezza del trasporto marittimo». La gestione dei sedimenti dragati è un tema, da tempo, molto sentito. L’interesse ora aumenta perché è stato affrontato, sia pure non in modo diretto, anche all’interno del Pnrr. Si devono, però, considerare le difficoltà degli operatori che, dal 1998 al 2016, hanno visto emanare una decina circa di provvedimenti normativi e regolamentari, nessuno dei quali abrogato espressamente[1]Per una ricostruzione del quadro e delle procedure vedere. F. Peres, La gestione dei sedimenti dragati, Ambiente&Sicurezza, n. 2/2021.. Emergono un difetto di sistematica, una certa vetustà di alcune disposizioni che appaiono anacronistiche nell’odierno contesto e frequenti criticità nel cogliere la ratio sottesa alle norme dovuta al fatto che il legislatore ha spesso affrontato la questione muovendo da diverse prospettive e da diverse esigenze. A ogni modo, in massima sintesi, la normativa vigente:

  • da un lato, consente di gestire i sedimenti al di fuori della normativa sui rifiuti a patto che ricorrano determinate condizioni alle quali il loro riutilizzo è subordinato;
  • dall’altro ha definito i requisiti per ottenere i cosiddetti end of waste dal trattamento di sedimenti classificati come rifiuti.

 

Quindi, come per qualunque altro residuo, è possibile avere: rifiuti destinati a smaltimento o a recupero per ottenere un end of waste (art. 184-quater) oppure, ricorrendone le condizioni, sottoprodotti esclusi, in quanto tali, dalla disciplina sui rifiuti. Prima di passare all’esame delle nuove disposizioni, è opportuno dare conto di un aspetto che merita una riflessione, vale a dire la necessità di contemperare il principio di prevenzione con l’esigenza di implementare un modello di economia circolare.

Sedimenti dragati

Prevenzione vs. circular economy

Al di là del nome attribuito ai sedimenti nelle diverse fonti (si parla di materiali) sembra corretto ritenere che le condizioni per gestire i sedimenti dragati al di fuori della disciplina sui rifiuti, siano, sostanzialmente, quelle previste dall’art. 184-bis in materia di sottoprodotti (si discute infatti di riutilizzo dei sedimenti, delle loro qualità e del trattamento al quale eventualmente sottoporli). Giova ricordare che le condizioni per qualificare un residuo come sottoprodotto sono state elaborate - dalla giurisprudenza prima e dal legislatore poi - in attuazione del principio di prevenzione, uno dei primi principi cardine in materia ambientale che ispira e regola la normativa sui rifiuti. In attuazione rigorosa del principio di prevenzione si è ritenuto di classificare qualunque residuo di produzione come rifiuto da gestire all’interno del circuito sorvegliato a esso dedicato, salve le eccezioni (appunto, i sottoprodotti) che il legislatore, proprio in quanto “eccezioni alla regola”, ha voluto sottoporre a condizioni rigide e rigorose. Si deve, però, prendere atto che il principio di prevenzione non è più il solo da tenere presente nel perseguimento degli obiettivi ambientali; esso, infatti, non solo è temperato da quello di proporzionalità, ma va affiancato al recente nuovo modello di sviluppo basato sull’economia circolare. In altre parole, se da un lato qualificare i sedimenti come rifiuti soddisfa l’esigenza di prevenire i rischi legati a una loro gestione abusiva fuori controllo, dall’altro il loro riutilizzo come sottoprodotti – e quindi con una gestione non sottoposta a preventiva autorizzazione – contribuisce a centrare gli obiettivi della circular economy poiché, di fatto, riduce la quantità complessiva dei rifiuti da gestire. Di conseguenza, il sottoprodotto:

  • se viene inquadrato nel contesto della prevenzione, costituisce un’eccezione;
  • se, invece, viene inserito all’interno della circular economy, potrebbe diventare la regola.

 

Questo conflitto di sostanza, risolvibile solo con chiare scelte di indirizzo, emerge, al pari di altri[2]Si pensi, ad esempio, al conflitto tra il favor verso le energie rinnovabili e le esigenze di tutela del paesaggio quale risorsa imprescindibile, sotto diversi punti di vista, del nostro Paese; si veda di recente la sentenza della Corte costituzionale, 30 luglio 2021, n. 177 che, sul punto, richiama la sua precedente sentenza n. 286/2019 e in senso analogo, ex multis, le sentenze nn. 106/2020, 69/2018, 13/2014 e 44/2011., anche nel Pnrr dove nella missione 2, dedicata alla transizione ecologica, si trova la componente 4 (sulla resilienza ai cambiamenti climatici) che prevede investimenti per il ripristino e la tutela degli habitat marini, mentre la missione 3 punta al rilancio delle infrastrutture concentrandosi, nella componente 2, sullo sviluppo del sistema portuale (e, in questa prospettiva, potrebbero essere lette le recenti novità di cui al D.L. n. 77/2021 convertito nella legge n. 108/2021). È necessario, peraltro, prendere atto delle difficoltà che si incontreranno nel conciliare il favor verso lo sviluppo infrastrutturale del sistema portuale assicurando, al contempo, una elevata tutela degli habitat marini, peraltro nei tempi ristretti che l’attuazione del Pnrr impone. Ferma l’esigenza di affrontare queste criticità, come detto, con chiare scelte di indirizzo, vediamo le recenti modifiche all’art. 184-quater.

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La modifica all’art. 184-quater

La norma stabilisce, innanzitutto, le condizioni affinché i materiali dragati, sottoposti a operazioni di recupero, possano essere qualificati come end of waste[3]Tornando alla scelta del lessico cui si accennava in premessa, il fatto che si parli di End of waste e di operazioni di recupero autorizzate fa ritenere che i “materiali” gestiti siano da qualificare come rifiuti.. Sulla base dei primi cinque commi, essi dovranno (1) rispettare non solo i valori limite previsti, in materia di bonifica, per i suoli, ma anche, previo test di cessione, quelli di cui al D.M. 5 febbraio 1998, (2) essere riutilizzati in un sito certo, (3) direttamente e (4) senza rischi per le matrici ambientali interessate. È richiesta, inoltre, (5) la redazione di una dichiarazione di conformità contenente una serie di dati e informazioni che il produttore o il detentore (6) trasmetterà all’autorità competente ad autorizzare l’operazione di recupero, nonché all’Arpa, almeno 30 giorni prima dell’inizio delle operazioni e sulla quale (7) la predetta autorità competente si dovrà pronunciare entro 30 giorni dalla ricezione; infine (8) questa comunicazione, unitamente al documento di trasporto (Ddt) o altri equipollenti, accompagnerà i materiali nella loro movimentazione. La novità di recente introdotta con i commi 5-bis e 5-ter consente di autorizzare il riutilizzo dei sedimenti in ambienti terrestri e marino-costieri, anche per singola frazione granulometrica ottenuta a seguito di separazione con metodi fisici, previa loro caratterizzazione, eventualmente anche per singole frazioni granulometriche. Le criticità di sistematica segnalate in premessa diventano evidenti. Ci si chiede, infatti, se questo comma (e quello che segue) si occupi ancora di end of waste (e, dunque, di sedimenti gestiti come rifiuti e sottoposti a operazioni di recupero) o di sottoprodotti. Se stessimo parlando ancora di end of waste sarebbe difficili cogliere una novità, atteso, infatti, che la possibilità che da un’operazione di recupero derivino più Eow (se tale deve intendersi il riferimento alla «singola frazione granulometrica») non era esclusa dall’art. 184 ter. Lo stesso vale per il riutilizzo a terra che si poteva ritenere già previsto sulla base del comma 2 dell’art. 184 quater, nella parte in cui fa riferimento alla tutela delle acque sotterranee e alla deroga per il riutilizzo in aree prospicenti il litorale. Per cogliere una novità si deve allora sostenere che i due nuovi commi, benché inseriti in una norma (sino a oggi) dedicata solo agli end of waste, si riferiscano in realtà ai sedimenti-materiali dragati e gestiti come non rifiuti vale a dire come sottoprodotti; in questo caso il riutilizzo a terra, già previsto per i Sin dalla legge n. 84/1994[4]Art. 5-bis, comma 2, lettera b), legge n. 84/1994: «b) qualora presentino, all'origine o a seguito di trattamenti aventi esclusivamente lo scopo della desalinizzazione ovvero della rimozione degli inquinanti, ad esclusione quindi dei processi finalizzati alla immobilizzazione degli inquinanti stessi, livelli di contaminazione non superiori a quelli stabiliti nelle colonne A e B della Tabella 1 dell'allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in funzione della destinazione d'uso e qualora risultino conformi al test di cessione da compiere con il metodo e in base ai parametri di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, possono essere destinati a impiego a terra secondo le modalità previste dal decreto di cui al comma 6». e dal D.M. n. 172/2017[5]Allegato A punto 5, collocazione del materiale dragato, «collocazione a terra (per invio a discarica autorizzata, riutilizzo a terra o invio ad impianto di trattamento per successivo riutilizzo secondo le opzioni di gestione previste)»., risulterebbe esteso anche agli ambiti extra Sin regolati dal D.M. n. 173/2017. Questo però non risolve le criticità interpretative; se si ritiene, infatti, che il comma 5-bis si occupi di sottoprodotti, diventa più difficile identificare l’autorità che dovrebbe rilasciare l’autorizzazione, salvo non si intenda quella dell’art. 109 o della legge n. 84/1994, fonti entrambe richiamate nel testo del comma 5-bis, tenendo però presente che la recente legge 108/2021 (di conversione del D.L. n. 77/2021) ha introdotto una disposizione sui dragaggi che affida il rilascio dell'autorizzazione al «provvedimento conclusivo della conferenza di servizi di cui all'articolo 14-ter della citata legge n. 241 del 1990». Parimenti, anche il riferimento generico alla “caratterizzazione” si può prestare a diverse interpretazioni (potendo essere effettuata tanto prima quanto dopo la rimozione), ma è probabile che su questo aspetto interverrà (come previsto dal comma 5-ter) il decreto ministeriale concertato, da adottare entro l’8 febbraio 2022, per individuare le norme tecniche che disciplinano le opzioni di riutilizzo dei sedimenti di dragaggio e di ogni loro singola frazione granulometrica secondo le migliori tecnologie disponibili. Il quadro rischia però di complicarsi ulteriormente perché in questa materia già si attende un altro regolamento, specifico per i Sin, previsto dall’art. 252, comma 3 (modificato dal D.L. n. 77/2021) a mente del quale per le matrici ambientali in aree marine sarà un altro decreto di natura non regolamentare del Mite, su proposta dell’Ispra, a individuare i valori d’intervento sito-specifici che costituiscono i livelli di contaminazione al di sopra dei quali devono essere previste misure d’intervento funzionali all’uso legittimo delle aree e proporzionali all’entità della contaminazione. Come detto, con un quadro di partenza già confuso, le recenti modifiche purtroppo non aiutano a fare chiarezza.

Sedimenti dragati

In una prospettiva di riforma

In una prospettiva di riforma, per risolvere almeno le criticità di sistema facendo confluire in un’unica fonte tutta la disciplina, si potrebbe adottare il percorso efficacemente seguito dal legislatore in materia di gestione delle terre e rocce da scavo, ambito affine a quello dei sedimenti al punto tale che, per un breve periodo, uno stesso regolamento li disciplinò entrambi. Giova ricordare che anche la materia delle terre e rocce da scavo fu oggetto di reiterati interventi del legislatore, quasi stesse procedendo per tentativi. Le critiche mosse dagli operatori al D.M. n. 161/2012 indusse il Governo (con il decreto cosiddetto “Sblocca Italia” n. 133/2014) e il Parlamento (con la relativa legge di conversione n. 164/2014) a un’integrale riscrittura che opportunamente prese le mosse dai principi e dai criteri di base ai quali il Ministero si sarebbe dovuto attenere nella scrittura di un nuovo regolamento di riordino e semplificazione della disciplina. Il D.P.R. n. 120/2017 recepì quei criteri e centrò l’obiettivo rendendo la disciplina sulle terre e rocce più chiara e più proporzionata, con l’effetto positivo di una sensibile riduzione del contenzioso. Riprendere oggi quei criteri e quegli indirizzi può aiutare a intraprendere un percorso analogo sui sedimenti; peraltro, (vedere il box 1), alcuni criteri e indirizzi delle Trs potrebbero essere semplicemente traslati in una legge quadro sui sedimenti essendo espressione di esigenze di portata ampia e generale [lettere a, b, c, d, d-ter)], altri andrebbero invece calati e adattati al contesto dei dragaggi [lettera a-bis) sui quantitativi ammessi in deposito temporaneo e d-bis) che invitava a dettare discipline diverse in funzione delle dimensioni dei cantieri nel rispetto del principio di proporzionalità, peraltro già richiamato nel D.L. n. 77/2021 di cui si è detto sopra). Altri, infine, andrebbero individuati nella loro specificità, avute presenti le esigenze degli operatori e le difficoltà già emerse nella applicazione pratica, in ogni caso modulando la disciplina in un unico testo così da renderne chiara la ratio, in funzione dei diversi ambiti di provenienza (acque interne o marine, porti o litorali, in bonifica oppure no, ecc.), di ricollocazione e riutilizzo, della classificazione (come rifiuti o sottoprodotti), del trattamento e della loro qualità e quantità.

 

Tabella 1
Criteri e indirizzi della legge n. 164/2014
Validi in una delega al riordino della disciplina sui sedimenti Da calare e adattare in una delega al riordino della disciplina sui sedimenti
a) coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo a-bis) integrazione dell'articolo 183, comma 1, lettera bb), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, prevedendo specifici criteri e limiti qualitativi e quantitativi per il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo
b) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile d-bis) razionalizzazione e semplificazione del riutilizzo nello stesso sito di terre e rocce da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni, come definiti dall'articolo 266, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, finalizzati alla costruzione o alla manutenzione di reti e infrastrutture, con esclusione di quelle provenienti da siti contaminati ai sensi del titolo V della parte quarta del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni
c) proporzionalità della disciplina all’entità degli interventi da realizzare
d) divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli previsti dall'ordinamento europeo e, in particolare, dalla direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008
d-ter) garanzia di livelli di tutela ambientale e sanitaria almeno pari a quelli attualmente vigenti e comunque coerenti con la normativa europea

 

Note   [ + ]

1. Per una ricostruzione del quadro e delle procedure vedere. F. Peres, La gestione dei sedimenti dragati, Ambiente&Sicurezza, n. 2/2021.
2. Si pensi, ad esempio, al conflitto tra il favor verso le energie rinnovabili e le esigenze di tutela del paesaggio quale risorsa imprescindibile, sotto diversi punti di vista, del nostro Paese; si veda di recente la sentenza della Corte costituzionale, 30 luglio 2021, n. 177 che, sul punto, richiama la sua precedente sentenza n. 286/2019 e in senso analogo, ex multis, le sentenze nn. 106/2020, 69/2018, 13/2014 e 44/2011.
3. Tornando alla scelta del lessico cui si accennava in premessa, il fatto che si parli di End of waste e di operazioni di recupero autorizzate fa ritenere che i “materiali” gestiti siano da qualificare come rifiuti.
4. Art. 5-bis, comma 2, lettera b), legge n. 84/1994: «b) qualora presentino, all'origine o a seguito di trattamenti aventi esclusivamente lo scopo della desalinizzazione ovvero della rimozione degli inquinanti, ad esclusione quindi dei processi finalizzati alla immobilizzazione degli inquinanti stessi, livelli di contaminazione non superiori a quelli stabiliti nelle colonne A e B della Tabella 1 dell'allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in funzione della destinazione d'uso e qualora risultino conformi al test di cessione da compiere con il metodo e in base ai parametri di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, possono essere destinati a impiego a terra secondo le modalità previste dal decreto di cui al comma 6».
5. Allegato A punto 5, collocazione del materiale dragato, «collocazione a terra (per invio a discarica autorizzata, riutilizzo a terra o invio ad impianto di trattamento per successivo riutilizzo secondo le opzioni di gestione previste)».

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