Sistemi portuali: la pianificazione energetico-ambientale

Il documento è finalizzato a ridurre i consumi di combustibili fossili e, quindi, le emissioni di CO2, migliorando la qualità ambientale dei porti e delle aree limitrofe

Approvate le linee guida per la redazione dei documenti di pianificazione energetico-ambientale dei sistemi portuali. Lo rende noto un comunicato del ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare pubblicato sulla  Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2018, n. 301.

Il documento, ai sensi dell'art. 4-bis della legge  28  gennaio 1994, n.  84  - fornisce gli «indirizzi utili alla redazione dei documenti di pianificazione energetico-ambientale dei  sistemi portuali, con l'obiettivo di ridurre i consumi di combustibili fossili e, quindi, le emissioni di CO2, migliorando la qualità ambientale dei porti e delle aree limitrofe, contribuendo a salvaguardare la salute e il benessere  dei lavoratori e della popolazione, nonché ad aumentare la competitività dei sistemi portuali».

Di seguito il testo delle linee guida, disponibili anche sul sito web del ministero dell'Ambiente, della tutela del territorio e del mare.

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Linee guida per la redazione dei documenti di pianificazione energetico ambientale dei sistemi portuali - DEASP

 

Lista dei principali acronimi utilizzati nel testo

ACB Analisi costi benefici

AdSP Autorità di Sistema Portuale

ATF Adeguamento tecnico funzionale

CE Commissione Europea

DEASP Documento di Pianificazione energetica ed ambientale del sistema portuale

DEF Documento di Economia e Finanza

DG Direzione generale

DIP Documento di Indirizzo della Pianificazione

DPCM Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri

DPP Documento Pluriennale di Pianificazione

EUSAIR European Union Strategy on the Adriatic and Ionian Region

ICT Information and Communication Technology

MATTM Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare MIT Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

PGTL Piano Generale dei Trasporti e della Logistica

PON Programma Operativo Nazionale

PRdSP Piano Regolatore di Sistema Portuale

PSNPL Piano Strategico nazionale della portualità e della logistica

RA Rapporto Ambientale ai sensi dell’art. 13 del Dlgs 152/06

RP Rapporto Preliminare ai sensi dell’art. 13 del Dlgs 152/06

SCA Soggetti competenti in materia ambientale

SIC Sito di interesse comunitario per il progetto Rete Natura 2000 TEN-T Reti Transeuropee dei trasporti

UE Unione Europea

UNFCC Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici VAS Valutazione Ambientale Strategica

VG Variante generale

VIA Valutazione di Impatto Ambientale

VS Variante-stralcio

ZPS Zona di protezione speciale per il progetto Rete Natura 2000

 

1. Introduzione

1.1. Il Quadro Normativo

Il DLgs. 4 agosto 2016, n. 169 “Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, in attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera f), della legge 7 agosto 2015, n. 124” (modificato dal D. DLgs 13 dicembre 2017, n.232) prevede che le AdSP promuovano la redazione del Documento di Pianificazione Energetica e Ambientale del Sistema Portuale (DEASP), sulla base delle Linee-guida adottate dal MATTM, di concerto con il MIT. In particolare l’art. 5 introduce l’articolo 4-bis alla legge 28 gennaio 1994, n. 84:

«Art. 4-bis (Sostenibilità energetica). - 1. La pianificazione del sistema portuale deve essere rispettosa dei criteri di sostenibilità energetica e ambientale, in coerenza con le politiche promosse dalle vigenti direttive europee in materia.

  1. A tale scopo, le Autorità di sistema portuale promuovono la redazione del documento di pianificazione energetica e ambientale del sistema portuale con il fine di perseguire adeguati obiettivi, con particolare riferimento alla riduzione delle emissioni di CO2.
  2. Il documento di cui al comma 2, redatto sulla base delle linee guida adottate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, definisce indirizzi strategici per l’implementazione di specifiche misure al fine di migliorare l'efficienza energetica e di promuovere l'uso delle energie rinnovabili in ambito portuale. A tal fine, il documento di pianificazione energetica e ambientale del sistema portuale individua:
  3. all'interno di una prefissata cornice temporale, gli interventi e le misure da attuare per il perseguimento dei traguardati obiettivi, dando conto per ciascuno di essi della preventiva valutazione di fattibilità tecnico-economica, anche mediante analisi costi-benefici;
  4. le modalità di coordinamento tra gli interventi e le misure ambientali con la programmazione degli interventi infrastrutturali nel sistema portuale;
  5. adeguate misure di monitoraggio energetico ed ambientale degli interventi realizzati, al fine di consentire una valutazione della loro efficacia.».

Va sottolineato che il DEASP è formalmente indipendente dalla pianificazione generale del Sistema Portuale, e viene adottato direttamente dall’AdSP, senza necessità di approvazione da enti collegati o sovraordinati.

1.2. Il riferimento alle Linee Guida MIT per la redazione dei Piani Regolatori dei Sistemi Portuali

Dall’esame delle Linee Guida per la redazione dei PRdSP derivano alcune condizioni al contorno da considerare per la redazione dei DEASP. In particolare questi ultimi dovrebbero:

  • fare riferimento ai contenuti tecnico-specialistici dei PRdSP, relativamente agli aspetti energetico-ambientali;
  • essere trasmessi alla Conferenza Nazionale di Coordinamento delle AdSP, di cui all’art. 14 del D.Lgs. 169/2016, perché il sistema possa avere un’adeguata informazione sulla situazione energetico-ambientale dei porti e si confronti sulle linee d’indirizzo in questo settore;
  • prevedere che il DEASP, ai sensi dell’art. 5 del citato D.lgs. 169/2016, preveda la valutazione degli interventi secondo l’analisi costi-benefici, facendo anche riferimento alle LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI IN OPERE PUBBLICHE, emanate dal MIT in attuazione del D.lgs. 228/2011; a tale proposito, il cap.5 delle presenti linee-guida contiene indicazioni metodologiche per l’effettuazione di tale analisi, che tenga opportunamente conto degli aspetti sociali ed ambientali degli interventi proposti, secondo una visione del costo “globale”.

In particolare, l’Analisi Costi-Benefici (ACB), intesa in senso socio-economico, è lo strumento che viene raccomandato per la valutazione preventiva della convenienza economica dei più significativi interventi pubblici in ambito portuale, in accordo con gli indirizzi nazionali (D. DLgs. 228/2011) ed europei (Modello ACB DG-REGIO, 2014).

L’analisi costi-benefici sarà effettuata preferibilmente per l’insieme degli interventi e delle misure previste nel DEASP, in modo da fornire un quadro complessivo di valutazione degli effetti programmati, semplificando la procedura di verifica.

2. CONTENUTI GENERALI E PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI

2.1. Contenuti generali del DEASP

Il comma 2 dell’art. 5 del D.lgs. n. 169/2016 recita: “le AdSP promuovono la redazione del documento di pianificazione energetica e ambientale del sistema portuale”. Tale elaborato non è quindi un Piano, ma bensì un supporto tecnico che l’AdSP promuove anche indipendentemente dal sistema della Pianificazione Portuale, pur rispettandone i principi, e prevedendone l’adozione da parte degli organi della stessa Autorità, senza necessità di sottoporlo ad approvazioni di livello superiore.

Sembra opportuno che la redazione del DEASP sia affidata all’Energy Manager dell’AdSP, qualora nominato, ovvero agli uffici dell’Autorità che, da un lato abbiano le necessarie competenze energetico-ambientali, dall’altro abbiano accesso alle informazioni sui consumi energetici nel porto, che costituiscono la base di dati necessaria per ogni valutazione.

Nel rapporto tra DEASP e PRdSP va sottolineato che il primo si riferisce maggiormente alla situazione reale del porto, mentre il secondo ne prevede lo sviluppo futuro, modificando anche la destinazione d’uso di aree ed immobili. Resta inteso che, qualora l’attuazione delle previsioni di piano portuale modificasse sostanzialmente l’assetto studiato dal DEASP, quest’ultimo dovrà essere adeguato dall’AdSP.

Come indicato al comma 3, il DEASP:

“Definisce indirizzi strategici per l’implementazione di specifiche misure al fine di migliorare l’efficienza energetica e di promuovere l’uso di energie rinnovabili in ambito portuale”.

Ne deriva il suo ambito di riferimento che si limita al settore energetico, avendo “il fine di perseguire adeguati obiettivi, con particolare riferimento alla riduzione delle emissioni di CO2” ma, di riflesso, vengono positivamente coinvolti tutti i parametri ambientali che trovano giovamento dal miglioramento dell’efficienza energetica e dall’uso delle energie rinnovabili: la riduzione dell’inquinamento atmosferico, di quello acustico, etc.

Il comma 3 del citato articolo specifica i contenuti che deve avere il DEASP, così riassumibili:

-  Individuazione degli obiettivi di sostenibilità energetico-ambientale del porto;

-  Individuazione degli interventi e delle misure da attuare per il raggiungimento degli obiettivi;

-  Preventiva valutazione di fattibilità tecnico‐economica, anche mediante analisi costi‐

benefici; appare evidente l’opportunità che una tale analisi venga effettuata utilizzando le tecniche maggiormente adatte al caso specifico, ma necessariamente estese al cosiddetto “Costo Globale”, in modo da restituire anche in termini socio- economici i risultati dei benefici ambientali; come meglio specificato nel cap.5, tale valutazione potrà essere estesa sia all’insieme degli interventi previsti nel DEASP, che a ciascuno di essi, qualora se ne ravvisi l’opportunità ovvero sia richiesto da specifiche previsioni normative;

-  Programmazione degli interventi, anche parziali, in un arco temporale prefissato, individuando gli obiettivi da raggiungere;

L’individuazione degli obiettivi e il monitoraggio dei risultati degli interventi realizzati richiedono una preventiva messa a punto di uno strumento di verifica, in modo da:

-  Effettuare una fotografia della situazione esistente,

-  Individuare le criticità;

-  Assumere gli obiettivi energetico-ambientali confrontando questa situazione con le  esigenze del territorio e con le migliori pratiche;

-  Individuare eventuali obiettivi parziali in un arco di tempo prefissato;

-  Monitorare i risultati raggiunti.

Appare opportuno legare tale verifica ad una metodologia riconosciuta e standardizzata, in modo da facilitare l’uniformità di questa fase tra i diversi Sistemi Portuali.

Si è ritenuto utile utilizzare a questo scopo la misura della “Carbon Footprint” del porto, per la cui descrizione si invia al cap.3.

2.2. Il processo metodologico di formazione del DEASP

Le Linee Guida affrontano, in modo generale, la metodologia di formazione dei contenuti del DEASP. Punto di partenza è la fotografia della situazione esistente, in termini di emissioni di CO2, attraverso la valutazione della Carbon Footprint del Sistema Portuale (vd cap. 3), secondo quanto previsto dalla norma UNI 14064.

Tale fotografia andrà letta alla luce del Documento di Indirizzo della Pianificazione (DIP) [1] Il D.Lgs. 232/2017 ha modificato la denominazione del DIP (Documento di Indirizzo della Pianificazione) in DPSS (Documento di Pianificazione Strategica di Sistema), specificandone i contenuti ed i riferimenti: nelle more della conseguente modifica delle Linee Guida per i PRdSP, in questo documento viene mantenuto il termine DIP, da considerarsi ai nostri fini coincidente con il DPSS.  sui PRdSP, relativamente al tema delle emissioni di CO2, consentendo così l’individuazione di un corredo di obiettivi integrati generali, con evidenziazione delle eventuali priorità. Tali obiettivi e priorità saranno formalizzati dall’Autorità del Sistema Portuale, in modo da fornire indicazioni precise per le fasi di redazione successive. Vengono quindi individuate le misure e gli interventi utili a raggiungere gli obiettivi assegnati, anche attraverso la valutazione della loro fattibilità, prendendo in esame gli elementi più strettamente connessi all’obiettivo energetico-ambientale previsto, evitando analisi eccessivamente vaste che renderebbero lo strumento ridondante e inefficace.

Per quanto riguarda l’estensione temporale del DEASP, gli interventi e le misure possibili per la riduzione delle emissioni necessitano di un tempo adeguato sia per le autorizzazioni relative, che per la valutazione degli effetti, operando però in un settore in rapidissima evoluzione tecnologica che incide anche sull’evoluzione dei costi.

Da ciò deriva che il DEASP, strumento snello e operativo, non soggetto ad approvazioni sovraordinate, dovrà essere vagliato ed eventualmente aggiornato almeno ogni tre anni (durata peraltro assegnata ai DPP delle opere dei Ministeri), con la possibilità di adeguamenti intermedi se necessari. L’approfondimento di tale aggiornamento dipenderà dall’entità dei cambiamenti intervenuti nel triennio, da riportare in maniera sintetica nella scheda di cui al successivo § 2.3.4, fino all’effettuazione di una nuova valutazione della Carbon Footprint, nel caso siano stati attuati interventi e misure significativi.

Le presenti Linee Guida, che sono fortemente condizionate dall’evoluzione tecnologica e normativa, saranno vagliate ed eventualmente aggiornate ogni tre anni dalla emanazione.

2.3. Struttura di un DEASP: proposta di indice ragionato
2.3.1. Premessa

La grande attenzione che negli ultimi anni è stata data, nel mondo e in Europa in particolare, al miglioramento della situazione energetico-ambientale dei porti, nonché i positivi risultati raggiunti laddove si è intervenuto in questa direzione, sono alla base dell’attenzione che il legislatore ha posto su questo tema, nell’ambito della complessiva riforma del sistema portuale.

Per questo è opportuno inserire nella premessa del DEASP i presupposti normativi, esempi di best practices, la visione complessiva della sostenibilità nelle aree portuali come elemento della competitività del sistema. Inoltre informazioni di base sulle sfide della gestione ambientale nei porti, con particolare riferimento alle emissioni di CO2.

2.3.2. Relazione generale

La relazione generale del DEASP ha i seguenti scopi primari:

  • descrivere sinteticamente lo stato di fatto sotto il profilo sia fisico morfologico/funzionale (naturale, ambientale, infrastrutturale, funzionale, ecc.) sia istituzionale e programmatorio (soggetti, proprietà, concessioni, vincoli preordinati, stato della pianificazione e attuazione...), con riferimento alle distinte aree portuali del sistema;
  • descrivere i contenuti del DEASP (interventi e misure previsti), con riferimento sia al sistema portuale che ai distinti porti facenti parte del sistema;
  • indicare le fasi attuative degli interventi e delle misure previste e la stima di massima dei relativi costi.
2.3.3. La fotografia iniziale

La prima fase della redazione del DEASP deve prevedere una fotografia delle emissioni di CO2dell’insieme dei porti facenti parte del Sistema Portuale, secondo la metodologia della “Carbon Footprint”, che fa riferimento alla norma UNI ISO 14064 e ai relativi protocolli attuativi specifici.

Nel cap.3 è descritto l’ambito di riferimento al quale estendere il calcolo relativo, che deve essere il più possibile uniforme per tutti i porti, anche al fine di poter utilizzare in modo aggregato i dati raccolti.

2.3.4. La scheda di aggiornamento annuale

Il DEASP potrà contenere anche una scheda sintetica di aggiornamento annuale, che descriverà eventuali interventi o misure attuati nell’anno, indicandone gli elementi necessari per una valutazione della riduzione delle emissioni di CO2 e dell’efficacia in termini di Analisi Costi Benefici.

2.3.5. I contenuti tecnici: interventi e misure

Obiettivo delle Linee Guida è offrire una metodologia per la valutazione attuale e prospettica del fabbisogno energetico dell’area portuale e proporre una serie di soluzioni tecnologiche che consentano di ridurre l’impiego di energia primaria a parità di servizi offerti, privilegiando le tecnologie maggiormente rispettose dell’ambiente.

Tali soluzioni possono essere suddivise in due tipologie: 10

-  Gli interventi, che prevedono opere, impianti, strutture, lavori, come risultato d’investimenti effettuati con il fine di migliorare l’efficienza energetica e produrre energia da fonti rinnovabili;

-  Le misure, che mirano a ottenere gli stessi risultati attraverso regole, priorità, agevolazioni, etc. (bandi e contratti con i concessionari, etc.)

2.3.6. La valutazione di fattibilità: l’analisi costi-benefici

L’analisi costi-benefici dovrà contenere gli elaborati previsti dagli indirizzi nazionali (D. DLgs. 228/2011) ed europei (Modello ACB DG-REGIO, 2014), avendo particolare attenzione sia ad un’attenta valutazione delle esternalità e della monetizzazione dei costi-benefici ambientali, sia al perseguimento della massima semplificazione possibile della procedura.

2.3.7. Elaborati grafici

Visto il carattere operativo del DEASP, si ritiene utile l’inserimento dei soli elaborati necessari a supportare l’individuazione delle misure e degli interventi previsti. A titolo di esempio, possono essere inseriti elaborati riferiti sia al Sistema Portuale che ai singoli porti e riguardanti:

  1. a)  lo stato dei luoghi (caratteri fisici, morfologici e ambientali degli edifici e delle aree) con l’indicazione dei relativi consumi energetici;
  2. b)  l’assetto della mobilità interna, con le previsioni delle modifiche;
  3. c)  vincoli, aree a specifica tutela ambientale;
  4. d)  elaborati grafici che riportino gli interventi previsti, anche per fasi temporali di attuazione.

3. LA MISURAZIONE DELLE EMISSIONI DI CO2 DEL SISTEMA PORTUALE: LA “CARBON FOOTPRINT”

3.1. Inquadramento e oggetto dell’analisi

Come indicato al § 2.1 delle presenti LG, l’individuazione degli obiettivi e il monitoraggio dei risultati degli interventi realizzati, richiedono la messa a punto di ”adeguate misure di monitoraggio energetico ed ambientale degli interventi realizzati, al fine di consentire una valutazione della loro efficacia” (DLgs 169/2016, art.4 bis, comma 3).

La valutazione dell’efficacia energetico-ambientale degli interventi richiede la ricostruzione dei dati di consumo energetico e di emissioni di CO2 nella situazione antecedente, ovvero una fotografia della situazione esistente.

A tale proposito è stata effettuata una ricognizione delle metodologie disponibili per il monitoraggio della CO2, che ha portato alla scelta della misurazione della “Carbon Footprint”, così come definita dalle norme UNI EN ISO 14064, come la più idonea per il caso in esame, riguardo in particolare ai seguenti aspetti:

- In relazione all’obiettivo energetico-ambientale (nella norma 14064 la quantificazione delle emissioni di CO2si basa sui consumi energetici);

-  In relazione alla valutazione dell’efficacia degli interventi;

-  In relazione all’adeguatezza, specie per la verifica/certificazione di parte terza.

Tale metodologia è stata sperimentata sui porti attraverso il programma comunitario Climeport, che aveva tra i suoi obiettivi proprio la messa a punto di un metodo di valutazione della “ carbon footprint” specificamente sviluppato per i porti.

Le presenti Linee Guida forniscono indicazioni applicative della citata norma UNI EN ISO 14064, con specifico riferimento alle caratteristiche di un sistema portuale.

Per rispondere alle finalità dell’art. 4 bis, è necessario:

  • Definire il campo di indagine, a cui si applicano le linee guida;
  • Definire le componenti del sistema portuale oggetto di analisi;
  • Definire l’anno base;
  • Individuare la metodologia di raccolta delle informazioni e dei dati relativi alle fonti di emissione;
  • Individuare le modalità per l’elaborazione dei dati raccolti e il calcolo della carbon footprint;
  • Definire le informazioni indispensabili per la verifica/certificazione dei risultati da parte terza indipendente.
3.2. Definizione del protocollo

Il protocollo ha l’obiettivo di fornire una metodologia comune per fotografare la situazione delle emissioni di CO2 del porto e quindi del sistema portuale.

Il primo passo è l’individuazione del campo d’indagine da considerare nel monitoraggio delle emissioni. L’art. 4 bis, che attribuisce alle Autorità di Sistema Portuale il compito di promuovere la redazione del Documento di Pianificazione Energetica e Ambientale, fa riferimento all’“ambito portuale” e al “sistema portuale”, prevedendo quindi il coinvolgimento non solo della stessa Autorità (edifici di proprietà e parti comuni nell’ambito portuale) ma anche delle altre componenti del sistema ricadenti nell’ambito portuale, così come delimitato dal Piano Regolatore di Sistema Portuale.

In analogia con i risultati del progetto ClimePort, si può dettagliare il campo di indagine utilizzando la seguente classificazione delle fonti di consumo energetico e di emissione di CO2delle attività portuali, meglio definite nell’All.1:

Funzioni da considerare Funzioni facoltative Funzioni da non considerare
Edifici dell’Autorità di Sistema portuale e di altre autorità ed enti pubblici
Gestione e manutenzione di parti comuni in ambito portuale
Terminali marittimi passeggeri Banchine dedicate a porto turistico Progetti delle navi
Terminali marittimi industriali e commerciali:

Terminal rinfuse liquide (navi cisterna: petroliere, chimichiere, gassiere e altri prodotti liquidi)

Terminal rinfuse solide

Terminal gasieri (gas compressi, etc.) Terminal Ro Ro (navi per il trasporto di rimorchi, autocarri e autoarticolati) Terminal container

Altri terminal commerciali (navi da carico generale, carichi speciali)

Banchine dedicate alla pesca Natanti commerciali e di servizio in fase di navigazione al di fuori dell’ambito portuale
Altri edifici portuali privati diversi da quelli presenti nei terminali Traffico passeggeri privato al di fuori dell’ambito portuale
Mobilità stradale di servizio interna al porto Traffico passeggeri privato in ambito portuale (terminal Ro Ro) Costruzione di nuove opere e infrastrutture, inclusa la manutenzione straordinaria delle infrastrutture per la mobilità esistenti
Natanti commerciali e di servizio, in fase di ormeggio (in banchina o a mare)  

Attività di manutenzione ordinaria di infrastrutture gestite in regime di concessione

Attività industriali ricadenti fuori dell’ambito portuale
Terminal intermodali strada/rotaia e interporti stradali ricadenti in ambito portuale Trasporto merci stradale e ferroviario di collegamento col porto (dentro e fuori il porto) Interporti ferroviari e stradali al di fuori dell’ambito portuale
Natanti commerciali e di servizio in fase di manovra e navigazione nel porto

Inoltre sembra opportuno prendere in esame solo le emissioni dovute ad attività specifiche dei porti, escludendo quelle delle attività industriali che non siano in relazione con il trasporto marittimo, anche se localizzate all’interno del porto.

L’esclusione dal calcolo della Carbon Footprint di alcuni aspetti che pure hanno influenza sulle emissioni di CO2è un’approssimazione richiesta dal quadro dei dati disponibili.

Ciò non esclude che il DEASP possa prevedere interventi che comprendano tali aspetti. Per quanto riguarda le navi, vengono presi in esame totalmente i natanti di servizio (rimorchiatori, bettoline, etc..), mentre per le navi che provengono dal mare aperto viene valutato sia il consumo energetico in banchina, sia quello originato dalle fasi di manovra all’interno del porto.

Viene escluso dal calcolo il consumo delle navi nella fase di avvicinamento, che pure alcuni porti considerano importante ponendo limitazioni alla velocità in questa fase.

3.3. La metodologia scelta

In generale, le organizzazioni che gestiscono il settore portuale incidono in maniera significativa sull’impatto climatico a causa dell’elevato fabbisogno energetico.

Molte sono le fonti di emissioni direttamente e indirettamente connesse alle operazioni portuali. A titolo di esempio queste fonti comprendono: consumi energetici degli edifici (sia da centrali termiche che da energia elettrica prelevata dalla rete), veicoli per l’amministrazione dei porti, centrali che forniscono energia per uffici di amministrazione e edifici per manutenzione, impianti di movimentazione merci alimentati con diversi carburanti, movimentazione di navi, camion, locomotori ferroviari, ecc.

Queste fonti di emissioni producono i cosiddetti Gas ad effetto serra (GHG –green house gases). L’inventario dei gas serra tiene conto degli effetti delle seguenti tipologie di gas, identificati dalla Convenzione sui cambiamenti Climatici (UNFCCC): anidride carbonica (CO2), metano (CH4), protossido d’azoto (N2O), idrofluorocarburi (HFCs), esafluoruro di zolfo (SF6), perfluorocarburi (PFCs) e trifluoruro di azoto (NF3).

L’unità di misura con cui si esprime il risultato di un inventario dei GHG è la CO2 equivalente, la quale permette di rendere confrontabili gli effetti dei diversi gas, tenendo conto della loro diversa azione di diffusione della radiazione infrarossa e della loro capacità di persistere in atmosfera.

La normalizzazione avviene attraverso uno specifico indice denominato potenziale di riscaldamento globale (Global Warming Potential - GWP), che varia in funzione dell’estensione temporale sulla quali si vogliono considerare gli effetti climalteranti (20, 100, 500 anni).

Per la contabilizzazione delle emissioni in CO2 equivalente l’UNFCCC ha approvato i coefficienti di conversione riportati nel 4° Assessment Report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).

L’insieme delle fonti di emissioni genera l’impronta climatica, meglio conosciuta con la sua dizione inglese, carbon footprint, in quanto va ad evidenziare soltanto le emissioni che hanno effetto sul cambiamento climatico.

3.4. Misurazione dell’inventario di GHG in base alla norma UNI ISO 14064

La norma UNI ISO 14064 specifica i principi e i requisiti, a livello dell’organizzazione, per la quantificazione e la rendicontazione delle emissioni di gas ed effetto serra (GHG) e della loro rimozione.

Essa include i requisiti per la progettazione, lo sviluppo, la gestione, la rendicontazione e la verifica dell’inventario dei gas ad effetto serra di un’organizzazione che, ai sensi dell’art. 5 del DLgs 169/2016, è identificata nel nostro caso con l’Autorità di Sistema Portuale (AdSP), pur comprendendo le emissioni di altri soggetti diversi dalla stessa, ma che svolgono attività all’interno del porto, in qualsiasi modo siano regolamentate (contratti, concessioni, etc..).

3.5. Principi per la contabilizzazione dell’inventario di GHG

Un inventario di GHG deve garantire il rispetto dei seguenti principi al fine di conformarsi con la UNI ISO 14064:

  • Pertinenza: il risultato finale della valutazione deve rappresentare, sia per l’AdSP che per tutti gli utenti, una base comprensibile ed affidabile per le successive decisioni.
  • Completezza: la completezza del rapporto sulla carbon footprint deve comprendere tutte le sorgenti delle emissioni dell’AdSP all’interno dei confini prestabiliti. Si devono riportare e giustificare tutti i passi importanti ed eventuali esclusioni.
  • Coerenza: la coerenza nell’applicazione della metodologia è importante per ottenere una comparazione significativa delle informazioni relative ai gas serra nel corso degli anni. Si deve documentare in maniera trasparente ogni cambiamento (nei dati, nei confini, nei fattori, ecc.).
  • Trasparenza: tutte le questioni relative al rapporto della carbon footprint devono essere documentate in modo effettivo e coerente, basato sulla verifica. Eventuali assunzioni o previsioni si devono rendere pubbliche e devono essere indicate le fonti utilizzate per i dati e le metodologie.
  • Accuratezza: la quantificazione delle emissioni di gas serra deve essere quanto più possibile realistico, ossia il livello di incertezze deve essere ridotto quanto possibile.

Indicazioni operative per la Progettazione e sviluppo dell’inventario di GHG sono riportate nell’Allegato 1.

4. IL MENU DEGLI INTERVENTI E DELLE MISURE

4.1. Gli obiettivi generali

Ogni infrastruttura portuale ed il complesso delle attività che in essa si svolgono, hanno un rilevante impatto ambientale in termini di qualità dell’acqua e dell’aria, delle emissioni in atmosfera, del consumo di suolo e di risorse, di una maggiore produzione di rifiuti. In particolare le istituzioni internazionali pongono sempre più l’attenzione sul traffico marittimo con l’obiettivo di minimizzarne gli impatti ambientali.

Sulla scorta degli impegni assunti in sede europea e della sempre maggiore attenzione alla sostenibilità delle attività economiche, la riforma del Sistema Portuale Italiano, che ha l’obiettivo primario di migliorarne la competitività, sta indirizzando il settore verso la ricerca di soluzioni che rendano meno impattanti le attività nelle aree portuali, individuando nel miglioramento ambientale uno dei fattori di competitività dei porti.

4.2. Gli Obiettivi energetico-ambientali delle Linee Guida MIT per i PRdSP

Vengono riportati nei paragrafi 4.2.1 e 4.2.2 gli obiettivi energetico-ambientali descritti nelle Linee Guida MIT per i PRdSP nel capitolo “Contenuti tecnico-specialistici”

4.2.1. Gli obiettivi del DIP [2]Il D.Lgs. 232/2017 ha modificato la denominazione del DIP (Documento di Indirizzo della Pianificazione) in DPSS (Documento di Pianificazione Strategica di Sistema), specificandone i contenuti ed i riferimenti: nelle more della conseguente modifica delle Linee Guida per i PRdSP, in questo documento viene mantenuto il termine DIP, da considerarsi ai nostri fini coincidente con il DPSS.

“La gestione efficiente dei porti sul piano energetico-ambientale consente importanti risultati nella riduzione delle emissioni di gas serra, visti gli ampi margini di miglioramento possibili.

Appare quindi evidente che, in via preliminare, sia necessario fare un inventario delle emissioni di CO2del porto, monitorandone l’andamento annuale.

I PRdSP dovranno prevedere obiettivi di riduzione delle emissioni conformi agli obiettivi nazionali, i cui oneri di realizzazione devono essere incentivati.

I porti sono un elemento fondamentale delle catene logistiche, e sono spesso anche il luogo dove si svolgono attività industriali, le quali necessitano di energia per i loro processi di produzione.

Tra gli indirizzi strategici da perseguire per la sostenibilità energetica ed ambientale, si possono considerare, gli interventi nel settore energetico dei porti raggruppandoli in tre aree:

  1. Quelli che riguardano i consumi energetici dei natanti, dalle grandi navi ai piccoli natanti di servizio; a questa categoria appartengono, oltre alla elettrificazione delle banchine trattata in seguito, anche la possibile alimentazione delle grandi navi a GNL, prevedendo sia le infrastrutture necessarie per i rifornimenti, sia misure di incentivazione per gli armatori che intendano adeguare le navi stesse.
  2. Quelli che riguardano i consumi energetici degli edifici e delle strutture portuali, comprese le attrezzature quali gru, magazzini refrigerati, veicoli di servizio... A questa categoria di intervento appartengono tutte le opere di edilizia civile (isolamenti dell’involucro, infissi, impianti di riscaldamento efficienti, schermature per la riduzione del raffrescamento, etc..), l’illuminazione delle aree esterne.
  3. Le misure che non comportino direttamente opere di efficientamento, ma che potrebbero attivare notevoli risparmi di energia con l’applicazione di schemi di incentivazione a sostegno degli operatori terminalisti che investano in impianti/attrezzature meno energivori e/o a fonti energetiche rinnovabili, ovvero con l’inserimento di criteri di consumo e di efficienza energetica e buone pratiche operative nei processi di selezione dei concessionari e nei processi di acquisto.

Inoltre gli stessi interventi possono riferirsi:

  • ai consumi di energia elettrica;
  • ai consumi di energia proveniente da altra fonte, includendo in questo ambito anche gli interventi miranti ad una conversione degli stessi verso il vettore elettrico, conversione che spesso offre vantaggi non solo in termini di efficienza energetica e contenimento delle emissioni di CO2, ma anche in termini ambientali più generali, in particolare per gli effetti localizzati nelle aree portuali.

Gli interventi e le misure da attuare devono essere sottoposti alla valutazione di fattibilità tecnico-economica, anche mediante analisi costi-benefici. È necessario, quindi, predisporre una adeguata regolamentazione per l’effettivo perseguimento nei sistemi portuali degli indirizzi strategici di efficientamento.”

4.2.2. Gli obiettivi del PRdSP

Ciò premesso, il PRdSP dovrà prevedere obiettivi di riqualificazione in una pianificazione energetica a breve, medio e lungo termine che possano perseguire elevate prestazioni di funzionalità, continuità di servizio e ecosostenibilità, sulla base di analisi costi-benefici.

La pianificazione energetica dovrà tener conto di procedure e strumenti organizzativi che favoriscano l’uso dei diversi incentivi disponibili, ovvero da promuovere con un’adeguata regolamentazione, per il conseguimento degli obiettivi indicati.

Per quanto riguarda l’energia elettrica, dato che in ogni area portuale si trovano ad operare in maniera indipendente centinaia di operatori, è necessario prevederne una gestione unitaria nell’area del sistema portuale, coordinata dall’AdSP, in una visione di unica utenza integrata come “portgrid” o microgrid portuale.

Gli interventi per il miglioramento dell’efficienza funzionale ed energetica sono favoriti dal coordinamento in un’unica portgrid, capace di integrare anche la generazione locale e l’eventuale accumulo, di tutti i singoli impianti elettrici utilizzatori.

La portgrid deve includere tutti gli attori alla pianificazione energetica (oltre all’AdSP, le società di servizi, i terminalisti e i proprietari delle navi, gli enti locali e territoriali delle aree urbane contigue a vario titolo coinvolti), prevedendo misure incentivanti e/o di compensazione degli oneri di realizzazione delle innovazioni energetiche.

La portgrid può garantire prestazioni di funzionalità, continuità di servizio, insensibilità ai guasti, e integrare l’utilizzazione energetica a terra con l’alimentazione di navi e imbarcazioni all’ormeggio, nonché accogliere generazioni energetiche locali e accumuli, funzionali ad una attenuazione dei picchi di carico.

Gli obiettivi specifici da perseguire per migliorare la sostenibilità energetica del Sistema Portuale, come indicato nelle Linee-Guida per i PRdSP, possono essere così sintetizzati:

  • “miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, delle strutture e degli impianti, favorendo l’abbandono di combustibili particolarmente inquinanti a favore del GNL, quando non è possibile o conveniente elettrificare il consumo;
  • adozione di misure di incentivazione a sostegno degli operatori portuali ed in particolare terminalisti che investano in impianti/attrezzature meno energivori e/o a fonti energetiche rinnovabili, ovvero con l’inserimento di criteri tecnico-economici di consumo e di efficienza energetica e buone pratiche operative nei processi di selezione dei concessionari e nei processi di acquisto;
  • conversione dei consumi verso il vettore elettrico, se validata dall’analisi costi- benefici, ed in particolare:
    • la elettrificazione delle banchine per consentire alle imbarcazioni attraccate lo spegnimento dei motori; questa conversione è molto efficace, e vale sia per le grandi navi che per i piccoli natanti;
    • la conversione degli impianti di riscaldamento degli edifici verso il vettore elettrico, particolarmente conveniente se abbinata ad interventi di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili;
    • la realizzazione di punti di ricarica elettrica per favorire l’uso di questi veicoli all’interno del porto;
    • la conversione elettrica di piccoli natanti di servizio alle strutture del porto.”
4.3. L’efficientamento energetico e l’uso di fonti rinnovabili

La riduzione delle emissioni di CO2nei Sistemi Portuali può essere ottenuta attraverso la realizzazione diinterventi ed opere, quali, a solo titolo di esempio:

  1. L’efficientamento degli edifici, sia per quanto riguarda gli involucri, che per gli impianti di climatizzazione e l’illuminazione;
  2. Il cambio del vettore energetico sia per le navi in banchina, che per gli apparati e i veicoli di servizio, andando nella direzione dell’elettrificazione dei consumi, ovvero dell’uso del GNL in luogo di combustibili maggiormente inquinanti;
  3. L’efficientamento dei sistemi di movimentazione delle merci e delle persone;
  4. La realizzazione di impianti per la cogenerazione e la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Questi e altri interventi richiedono un’attenta valutazione della fattibilità tecnico- economica (art. 5, comma 3, lett. a) del D.lgs. 169/2016) attraverso l’Analisi Costi- Benefici, intesa anche in senso socio-economico e globale. Si ritiene opportuno che tale analisi venga applicata al complesso aggregato degli interventi previsti nel DEASP.

Gli interventi miranti a ridurre le emissioni di CO2 includono quelli che tendono all’elettrificazione dei consumi, sia per la maggiore efficienza dei motori elettrici rispetto a quelli termici nei veicoli e nelle altre utilizzazioni dirette, che per la maggiore convenienza del fattore di emissione di CO2 dell’energia elettrica della Rete Nazionale, rispetto a quella prodotta in loco da motori a combustione.

Il caso più eclatante è rappresentato dalla realizzazione di sistemi per la fornitura di energia elettrica da terra alle navi nella fase di stazionamento (cold ironing o on-shore power supply), così da ridurre la necessità di utilizzare i motori della nave per produrre elettricità, considerato che l’autoproduzione di energia elettrica a bordo è responsabile di una quota importante delle emissioni di CO2dei porti. Questo intervento produce anche una fondamentale riduzione delle emissioni degli inquinanti atmosferici (NOx, SOx, PM10, etc.), maggiormente dannosi per la salute.

Ma anche gli altri interventi di elettrificazione dei consumi hanno una rilevanza ai fini della riduzione delle emissioni di CO2 dei porti. A tale scopo è necessario che il DEASP preveda una riorganizzazione del sistema di trasmissione, distribuzione ed utilizzo dell’energia elettrica, secondo i principi della smartgrid – Port Grid, come indicato al paragrafo successivo, estratto dalle linee guida per i PRdSP.

4.3.1. Gestione unica del porto come “portgrid”

Il sistema portuale, per essere competitivo, deve garantire elevate prestazioni di funzionalità, sicurezza e qualità dell’energia elettrica, la continuità del servizio (Business Continuity) e promuovere un’adeguata innovazione nel rispetto della sostenibilità energetica e ambientale.

Gli obiettivi principali di un piano di gestione dell'energia elettrica nel porto possono sintetizzarsi in:

  • funzionalità tecnica
  • efficienza energetica;
  • continuità del servizio;
  • monitoraggio e controllo del diagramma di carico.

Il Piano dovrebbe basarsi sui criteri cosiddetti “delle quattro L", pilastri nel consumo di energia funzionale e sostenibile:

  • consumo Livellato;
  • Limitato;
  • Localmente generato;
  • Localmente utilizzato.

Un consumo livellato è conseguibile ottimizzando la durata di utilizzazione della potenza massima, mentre un consumo limitato è conseguenza del miglioramento dell’efficienza e dell’’eliminazione degli sprechi. Il consumo locale (net zero) utilizza in autoconsumo l’energia generata localmente.

Gli interventi che hanno l’obiettivo di costruire un’adeguata portgrid, descritti in maniera più dettagliata nei successivi paragrafi, debbono concorrere a:

  • pianificare una produzione combinata di energia termica/elettrica/CDZ, parchi eolici e fotovoltaici, impianti efficienti di illuminazione;
  • configurare gli impianti con strutture flessibili e partizionabili;
  • realizzare sistemi elettrici non convenzionali, livelli di tensione speciali mirati all’uso

portuale, eventuali porzioni di rete in corrente continua, sistemi di ricarica dei veicoli elettrici, sistemi di accumulo-storage, parchi di alimentazione contenitori refrigerati, sistemi di alimentazione delle navi all’ormeggio (cold ironing).

4.3.2. Il cold ironing

La riduzione delle emissioni di CO2in porto può essere ottenuta anche attraverso l’infrastrutturazione elettrica delle banchine portuali e l’utilizzo dell’energia elettrica per l’alimentazione delle navi in sosta. Infatti, come risulta dalle sperimentazioni in numerosi porti europei (Germania, Svezia, Finlandia, Paesi Bassi) e degli Stati Uniti, di Taiwan o in Canada[3] In un’intervista del maggio 2012 al giornale on-line seareporter.it Peter Xotta, Executive Vice President Operations di Port Metro Vancouver spiegava “grazie all’installazione delle tecnologie dell’alimentazione da banchina dal 2009 abbiamo ridotto di ben 3140 tonnellate all’anno le emissioni nell’atmosfera di gas serra” , connettendo le banchine con un sistema da terra e spegnendo i motori ausiliari di bordo, è possibile abbattere le emissioni di CO2 di almeno il 30%, ottenendo inoltre altri positivi risultati: abbattimento di oltre il 95% dell’ossido di azoto e delle polveri sottili[4] OECD (2011), Environmental Impacts of International Shipping: The Role of Ports, OECD Publishing , oltre alla drastica riduzione dell’inquinamento acustico (90-120 dB[5] Elaborazioni ISPRA su ipotesi di 500 ormeggi di medie dimensioni, Trasporto marittimo e gestione ambientale nelle aree portuali italiane, Rapporti 242/2016, ISPRA 2016 20 ).

Il D.lgs. 257/2016 sui carburanti alternativi evidenzia l’opportunità della realizzazione di sistemi di cold ironing, prioritariamente nei porti della rete TEN-T, dopo un’attenta valutazione sia della domanda potenziale, che di un’analisi costi-benefici.

Appare evidente l’importanza che tale analisi, come indicato nel successivo cap.5, tenga in debita considerazione la metodologia indicata nelle Linee Guida ACB - DG-REGIO, 2014, che permette di quantificare le esternalità, considerato che l’uso del cold ironing, oltre alla riduzione delle emissioni di CO2 per la maggiore efficienza della produzione elettrica nella rete nazionale, persegue anche una riduzione degli inquinanti atmosferici e dell’inquinamento acustico, benefici che vanno quantificati in termini monetari.

Uno Studio di Impatto Ambientale (SIA), predisposto per il Piano Regolatore del Porto di Genova, stima un valore delle emissioni di CO2 dovute al traffico marittimo nel nodo pari a circa 160 kt/anno nei soli terminali VTE e Petroli; di tali emissioni, una parte consistente (intorno al 60%) è da attribuirsi alle fasi di stazionamento in banchina. Attraverso l’allacciamento a terra, le emissioni di CO2 potrebbero ridursi di oltre il 40%, grazie ad un migliore rendimento della produzione/distribuzione dell’energia elettrica; riduzioni maggiori sono attese localmente per gli inquinanti nocivi alla salute (COV, PM, NOx) che rappresentano una delle principali preoccupazioni delle città portuali.

4.3.3. La diffusione della alimentazione delle navi a GNL

Il D.lgs. 257/2016 affida all’uso del GNL grande importanza per la riduzione delle emissioni delle navi. L’art. 6 ai commi 1, 2 e 3 recita:

“1. Entro il 31 dicembre 2025, nei porti marittimi è realizzato un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL per consentire la navigazione di navi adibite alla navigazione interna o navi adibite alla navigazione marittima alimentate a GNL nella rete centrale della TEN-T. Possono essere previste forme di cooperazione con gli Stati membri confinanti per assicurare l'adeguata copertura della rete centrale della TEN-T.

  1. Entro il 31 dicembre 2030, nei porti della navigazione interna è realizzato un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL per consentire la navigazione di navi adibite alla navigazione interna o navi adibite alla navigazione marittima alimentate a GNL nella rete centrale della TEN-T. Possono essere previste forme di cooperazione con gli Stati membri confinanti per assicurare l'adeguata copertura della rete centrale della TEN-T.
  2. Nell'ambito della sezione c) del Quadro Strategico Nazionale sono indicati i porti marittimi e i porti della navigazione interna che garantiscono, con sviluppo graduale, l'accesso ai punti di rifornimento per il GNL di cui ai commi 1 e 2, tenendo conto anche delle reali necessità del mercato e avuto riguardo alla domanda attuale e al suo sviluppo a breve termine.”

È ovvio il ruolo della Conferenza nazionale delle Autorità Portuali nel coordinamento delle politiche da adottare nei singoli DEASP a questo scopo. È infatti opportuno che indirizzi i programmi dei porti, anche in relazione ai tempi, verso la realizzazione degli interventi previsti dalla Direttiva DAFI, coordinando opportunamente le azioni volte a diffondere l’alimentazione a GNL e l’elettrificazione delle banchine.

In ogni caso, considerato che l’alimentazione delle navi si sta indirizzando verso l’uso del GNL (già obbligatorio all’interno del mar Baltico), sarà comunque indispensabile riservare lo spazio necessario in ambito portuale per gli impianti GNL, favorendo le navi che usino questo combustibile. Tuttavia, nonostante l’uso del GNL garantisca notevoli riduzioni delle emissioni inquinanti (SO2, NOx, PM), presenta punti di criticità riguardo alle emissioni climalteranti nella fase dello stoccaggio, sia negli impianti sia a bordo dei veicoli oltre a rilevanti problemi di sicurezza e di impatto paesaggistico.

4.3.4. Lo sviluppo della produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile in ambito portuale, l’utilizzo di sistemi di accumulo, la gestione intelligente

La realizzazione nei porti di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile di piccola taglia può contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2, nonché alla riduzione dell’assorbimento dalla rete elettrica nazionale (e quindi di infrastrutture), utilizzando anche impianti solari-termici. A solo titolo di esempio, le peculiarità fisiche e climatologiche dei porti indirizzano gli interventi verso:

  • Impianti fotovoltaici che, pur in assenza di un regime incentivante, garantiscono sostenibilità economica e riduzione dei carichi di picco;
  • impianti mini eolici, sia ad asse orizzontale che verticale, che possono rappresentare una soluzione da implementare in presenza di adeguati valori anemometrici;
  • impianti che sfruttano il moto ondoso, con diverse soluzioni tecniche che sono già in corso di sperimentazione nei porti e che potrebbero giovarsi dell’implementazione dei DEASP per avere interessanti ambiti di diffusione.
4.3.5. Sistemi di accumulo

L’aleatorietà dell’energia prodotta dalle fonti rinnovabili potrebbe creare condizioni di criticità nella gestione della rete di distribuzione elettrica. Una gestione efficiente di questa variabilità, auspica l’utilizzo di sistemi di accumulo dell’energia elettrica autoprodotta in eccesso, per l’autoconsumo nei momenti di maggior richiesta. Ciò configurerebbe l’area portuale come una smart grid consentendo una maggiore flessibilità del sistema.

Il settore dei sistemi di accumulo è in rapida evoluzione tecnologica e questa potrebbe utilmente giovarsi della diffusione nei porti, favorendo l’innovazione e la competitività economica. Oggi gli accumuli elettrochimici stazionari potrebbero essere economicamente convenienti solo se contribuiscono a diverse applicazioni di interfacciamento con la rete, come il load shifting, il peak shaving o la power quality & reliability, consentendo di ottenere risparmi in sede di stipula dei contratti di fornitura dell’energia elettrica, le cui condizioni economiche potrebbero ulteriormente migliorare con un maggiore impulso all’elettrificazione di servizi, come quello della mobilità.

4.3.6. Cantieristica navale

Il miglioramento dell’efficienza energetica nelle navi è all’attenzione delle istituzioni; nel 2011, l’IMO (International Maritime Organization) ha definito degli standard di efficienza energetica (EEDI - Energy Efficiency Design Index) per le navi di nuova costruzione a partire dal 2015. Nel febbraio 2013 la Commissione Europea, in collaborazione con l’industria navale degli Stati membri, ha lanciato la “Leadership 2020 initiative”, che fornisce una serie di raccomandazioni per supportare il rilancio dell’industria cantieristica europea in un’ottica di sviluppo sostenibile e di creazione di posti di lavoro ad alto valore aggiunto.

Attualmente, sono disponibili diverse soluzioni tecnologiche per la realizzazione di una cantieristica “green”, come gli interventi di Air Cavity System, il Waste Heat Recovery System, l’Engine Auto Tuning, l’Energy Saving Devices, la sostituzione delle eliche e dei timoni, i sistemi informativi integrati, i sistemi antivegetativi.

4.3.7. Mobilità elettrica

La normativa DAFI prevede la realizzazione di un numero adeguato di punti di ricarica accessibili al pubblico per garantire l'interoperabilità tra punti già presenti e quelli di nuova installazione, a seconda delle esigenze del mercato, assicurando che i veicoli elettrici possano circolare almeno negli agglomerati urbani e suburbani, in altre zone densamente popolate e in altre reti.

In questo ambito, i porti potrebbero considerare, in virtù delle esigenze di mobilità interne, la costituzione di stazioni per la ricarica dei veicoli, che potrebbe andare a servire anche eventuali servizi interni di noleggio di mezzi elettrici o navette interne.

Anche la mobilità interna al porto potrebbe beneficiare della transizione verso il vettore elettrico, in termini di efficientamento energetico e qualità dell’aria (assenza di emissioni in loco di inquinanti e polveri sottili). L’attenzione dovrebbe essere indirizzata verso investimenti in flotte e attrezzature a bassa emissione (gru, trattori, veicoli e navi di servizio, etc..) e la realizzazione di punti di ricarica elettrica per favorirne l’uso.

4.3.8. L’efficientamento degli edifici e delle aree all’interno dell’area portuale

L’efficientamento energetico degli edifici all’interno del porto e della illuminazione delle aree scoperte offre ampie opportunità di riduzione delle emissioni di CO2.

Nel settore esiste ormai una ampia letteratura sugli interventi possibili e sulla loro convenienza economica, oltre che sui vantaggi ambientali. A titolo di esempio possiamo evidenziare:

  • Gli interventi sull’involucro, pareti, infissi e coperture, tendenti sia ad un aumento della resistenza che dell’inerzia termica, e quindi dell’efficienza rispetto ai consumi per riscaldamento/raffrescamento, ovvero a opportune schermature solari;
  • Gli interventi sugli impianti, prevedendo impianti di riscaldamento a bassa temperatura, possibilmente alimentati da pompe di calore;
  • L’illuminazione delle aree esterne, con sistemi di illuminazione e controllo maggiormente efficienti;
  • La riduzione dell’effetto albedo nei piazzali asfaltati, che assume particolare rilevanza nella esigenza di raffrescamento estivo.
4.3.9. L’efficientamento dei processi organizzativi all’interno dell’area portuale

In attuazione della Direttiva 2010/40/UE, l’Italia nel 2014 ha adottato il Piano Nazionale per lo sviluppo dei Sistemi di Trasporto Intelligenti (ITS). Il Piano stima che la diffusione degli ITS possa generare un risparmio energetico nell’ordine del 10-12%.

Gli ITS integrano le tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (ICT) nelle infrastrutture, nei veicoli e nei servizi di trasporto e comprendono un’ampia gamma di strumenti e di sistemi per la gestione documentale e per la diffusione di informazioni sulla mobilità multimodale, al fine di migliorare la cooperazione tra gli operatori e coordinare le attività portuali, rendendo più efficiente l’operatività dei terminal con la riduzione dei tempi di permanenza delle unità di carico e degli utenti nel porto. L’applicazione di questi strumenti è raccomandata dalla Comunità Europea, nell’ottica dello sviluppo della multimodalità ferro-mare e strada-mare, al fine di ridurre l’impatto delle esternalità negative del trasporto stradale e le problematiche connesse alla sicurezza energetica, troppo vincolata al consumo di energia fossile.

4.3.10. Le opportunità offerte dalla gestione dei rifiuti (del porto e delle navi)

I porti generano e devono gestire numerosi tipi di rifiuti, dall’immondizia ordinaria ai materiali pericolosi. È evidente che la riduzione dei rifiuti, nonché l’avvio al riciclo di quelli raccolti in modo differenziato abbia positivi effetti sulle emissioni di CO2e gas serra in generale, in particolare per il minor uso di materiali vergini.

Inoltre i porti, in particolare quelli passeggeri, producono grandi quantità di rifiuti biologici, che possono essere utilizzati per produrre energia verde, anche localmente. La raccolta, ad esempio, degli oli vegetali usati dalle grandi navi da crociera, può giustificare la realizzazione di piccoli impianti di produzione di energia elettrica, evitando la dispersione di tali pericolosi rifiuti.

4.3.11. Altre opportunità di riduzione delle emissioni di CO2
  • infrastrutture di trasporto con potenziale di riduzione della CO2: centri intermodali o collegamenti che consentano un maggior impiego di modalità di trasporto più efficienti sotto il profilo energetico rispetto al trasporto su strada (es. terminal ferroviario in ambito portuale, realizzazione di nuove aste ferroviarie su specifiche banchine, collegamenti ferroviari con centri intermodali collocati fuori dal porto);
  • infrastrutture portuali (banchine, piazzali) che consentano l’accesso, l’ormeggio e le operazioni di carico/scarico di navi con un miglior indice di efficienza energetica (EEDI) (canali più profondi, banchine più lunghe, piazzali più ampi, etc.);
  • impianti di generazione di elettricità con fonti di scarto (calore residuo di processi industriali, etc.);
  • impianti di recupero e riutilizzo portuale di frigorie da processi criogenici (es. GNL);
  • sistemi e software di IT per la gestione del traffico marittimo finalizzata alla prevenzione della congestione portuale tramite riduzione della velocità e dei consumi delle navi, o per l’ottimizzazione dei flussi di movimentazione in piazzale;
  • lavori pubblici di manutenzione di infrastrutture (progetti/interventi di dragaggio a basso consumo energetico, riutilizzo dei materiali di dragaggio);
  • tecniche di contenimento dei consumi energetici in fase di costruzione e gestione di un’infrastruttura portuale. [6] Il Dlgs 19 aprile 2017, n. 56, correttivo al Codice Appalti, contiene specifiche previsioni in proposito. 

5. LA VALUTAZIONE DI FATTIBILITÀ MEDIANTE ANALISI COSTI - BENEFICI E GLI INTERVENTI ENERGETICO - AMBIENTALI IN AMBITO PORTUALE

5.1. La valutazione di fattibilità economica: l’Analisi Costi-Benefici

L’Analisi Costi‐Benefici (ACB) è una tecnica per valutare e ottimizzare la variazione nel benessere economico, derivante da un investimento, attraverso la definizione e la misurazione dei costi e dei benefici anche sociali di un progetto in un dato periodo di riferimento.

Per costi e benefici sociali s’intendono non solo quelli per il proponente del progetto ma bensì quelli per la collettività, anche nell’ottica ambientale e sociale. Lo scopo dell'ACB è quindi quello di facilitare una più efficiente allocazione delle risorse, dimostrando la convenienza pubblica di un particolare intervento.

L’approccio dell’ACB può essere declinato con modalità diverse, più o meno semplificate a seconda della complessità del progetto; tecniche di ACB possono essere applicate anche per valutare la convenienza economico-sociale di una certa politica di regolazione, in particolare se si stratta di misure economiche (incentivi, sgravi fiscali, etc.).

Nel contesto di una politica pubblica di sostegno finanziario ai progetti, l’ACB ha due scopi complementari:

  • valutare se il progetto è meritevole di sostegno finanziario pubblico (cosiddetta “convenienza economico-sociale”);
  • valutare il livello di finanziamento pubblico di cui il progetto ha bisogno che potrebbe essere pari al valore economico dei benefici pubblici o, in alternativa,
  • verificare la congruità del finanziamento pubblico preliminarmente stanziato per il progetto (“convenienza finanziaria del progetto”).

L’ACB di progetto prevede due fasi principali: l’Analisi finanziaria, attraverso la quale ne viene valutata la redditività, e l’Analisi economico-sociale che, partendo dai dati del piano economico-finanziario del progetto e trasformandoli in costi e benefici sociali, analizza gli effetti socio-economici e ambientali del progetto, quantificandone i costi e i benefici per la collettività. L’ACB richiede l’adozione di un’unità di misura comune, di tipo monetario, e si conclude col calcolo di indicatori quali il rapporto benefici costi (B/C), il valore attuale netto economico (VANE) e il tasso interno di rendimento economico-sociale (TIRE).

Nella sua forma più complessa, l’ACB comprende anche l’esecuzione di un’analisi quantitativa dei rischi (sia finanziari che economico-sociali) del progetto.

Nelle sue forme semplificate, l’ACB può consistere nel calcolo di un indicatore che sintetizzi solo alcune voci economiche più importanti (es. rapporto “semplificato” benefici – costi) o che rapporti i costi a risultati espressi in termini fisici (in questo caso è più opportuno parlare di “analisi costi-efficacia”).

Le tecniche di ACB sono particolarmente indicate per valutare l’utilità sociale di progetti onerosi per la collettività ma ricchi di effetti ambientali positivi, sia diretti che indiretti, come gli interventi di miglioramento energetico-ambientale dei porti oggetto delle presenti linee-guida. Vale la pena di sottolineare che per questi interventi l’analisi della domanda, che nell’ACB tradizionalmente rappresenta il complesso dei fabbisogni dell’utenza (es. previsioni di traffico per una nuova autostrada) nel caso di interventi di miglioramento energetico-ambientale dei porti può essere meglio definita come analisi delle “esigenze”, determinate non solo da esigenze dell’utenza (riduzione dei costi di gestione), ma anche derivanti da normative, protocolli, direttive e convenzioni sia nazionali, che europee e internazionali (accordo di Parigi).

Per questo motivo in seguito useremo il termine “analisi delle esigenze”, anche se in altri testi viene usato quello di “analisi della domanda”.

Inoltre, a meno che l’ACB non sia richiesta per uno specifico progetto da normative di rango superiore, si ritiene congruo considerare i soli benefici ambientali connessi alla riduzione del consumo di energie fossili e delle emissioni di CO2, essendo questi gli obiettivi del DEASP (comma 3, lett. a) dell’ art. 5 del DLgs 169/2016).

L’analisi costi-benefici deve essere effettuata coerentemente con i metodi previsti dalle normative nazionali (DLgs. 228/2011 e successivi provvedimenti attuativi) ed europee (normative sui fondi comunitari e Guida per l’ACB della DG-REGIO, 2014), che sono esaminate nel dettaglio nell’Allegato 2.

Inoltre, dovrà essere coerente con la cornice normativa riguardante le opere di pubblica utilità, includendo non solo una valutazione di fattibilità tecnica e di redditività finanziaria dei progetti, ma anche un’analisi dei benefici netti per la collettività, a partire da quelli ambientali (valutazione delle esternalità ambientali evitate dagli interventi energetico-ambientali).

È necessario prendere in esame la redditività degli interventi avendo come riferimento non tanto il tempo di ammortamento dell’investimento, ma piuttosto la cosiddetta “Vita Tecnica” degli stessi, così come definita nella tab. 2 dell’All. A alla delibera dell’Autorità per L’Energia Elettrica e il Gas del 27 ottobre 2011 EEN 9/11 (Linee Guida per i titoli di efficienza energetica), riportata nell’Allegato 4. In particolare la vita tecnica di ogni tipologia di intervento è indicata nella colonna T. La valutazione della redditività degli interventi, oltre che della vita tecnica, dovrà tener conto anche della riduzione del rendimento energetico degli interventi realizzati, a causa del fisiologico “invecchiamento” degli stessi.

5.2. Il coordinamento con le procedure riguardanti la valutazione di fattibilità tecnico-economica e l’analisi costi-benefici degli interventi portuali di tipo infrastrutturale

I principali interventi energetico - ambientali in ambito portuale, ovvero quelli che consentono la riduzione delle emissioni di CO2 attraverso il miglioramento dell’efficienza energetica o l’uso delle energie rinnovabili, sono preliminarmente elencati nel cap. 4.

Da tale elenco, seppur preliminare e non esaustivo, si evince una molteplicità di tipologie di interventi energetico-ambientali (impianti, sistemi informativi, opere infrastrutturali, etc.), riconducibili ad un corpus normativo assai più ampio del solo DLgs di riforma dei porti.

Per le finalità delle linee guida (la norma prevede la necessità di un coordinamento fra gli interventi energetico-ambientali e quelli infrastrutturali nel sistema portuale) [7] Le “analogie” o ambiti di sovrapposizione normativa, che è necessario coordinare, riguardano soprattutto gli aspetti del comma 3 dell’art.4bis del D.Lgs 169/2016 evidenziati di seguito in neretto: “(...) A tal fine, il documento di Pianificazione Energetica e Ambientale del Sistema Portuale individua:

  1. a) all’interno di una prefissata cornice temporale, gli interventi e le misure da attuare per il perseguimento dei traguardati obiettivi, dando conto per ciascuno di essi della preventiva valutazione di fattibilità tecnico-economica, anche mediante analisi costi-benefici;
  2. b)  le modalità di coordinamento fra gli interventi e le misure ambientali con la programmazione degli interventi infrastrutturali nel sistema portuale;
  3. c)  adeguate misure di monitoraggio energetico e ambientale degli interventi realizzati, al fine di valutare la loro efficacia.” è necessario ricondurre la normativa vigente ad un quadro interpretativo unitario.

La normativa applicabile in fase di valutazione, programmazione e verifica degli interventi in ambito portuale, ivi inclusi quelli con un potenziale di riduzione della CO2, da coordinare con le analoghe disposizioni dell’art. 4 bis del D. DLgs 169/2016, sono:

  • la normativa sulla valutazione degli investimenti relativi a opere pubbliche e di pubblica utilità (D. DLgs 29 dicembre 2011, n. 228 e provvedimenti attuativi), rilevante per la pianificazione degli investimenti infrastrutturali in ambito portuale che utilizzino cofinanziamenti o garanzie delle amministrazioni centrali;
  •  la normativa sui contratti pubblici (DLgs 18 aprile 2016, n. 50 e seguenti), pertinente per gli appalti pubblici di lavori e opere in ambito portuale, e che stabilisce i contenuti dei progetti di fattibilità tecnico-economica;
  •  la normativa comunitaria sui progetti finanziati con fondi europei, pertinente per i progetti infrastrutturali in ambito portuale finanziati con fondi europei.

 

In particolare, va richiamato il fatto che il D. DLgs. 228/2011 introduce una profonda riforma delle modalità di valutazione e programmazione degli investimenti in opere pubbliche, prevedendo il ricorso all’analisi costi – benefici nella valutazione ex ante dei progetti di fattibilità, ma che è ancora in corso di completamento da parte delle amministrazioni dello Stato coinvolte.

Infatti, ai sensi dell’art. 2 del D.lgs 228/2011, ogni Ministero deve predisporre un Documento Pluriennale di Pianificazione (DPP), da aggiornare ogni tre anni, che dovrebbe esporre un’articolata procedura di valutazione delle singole opere da finanziare o già finanziate, che prevede le seguenti fasi:

  • la valutazione ex ante dei fabbisogni e delle esigenze infrastrutturali (art. 3);
  • la valutazione ex ante delle singole opere (art. 4);
  • la selezione delle singole opere (art. 5);
  • la valutazione ex post delle singole opere (art. 6).

Il DPP deve includere e rendere coerenti tutti gli investimenti per OOPP finanziati da un Ministero; esso contiene l'intero lavoro tecnico-valutativo necessario per coordinare il bilancio dell'ente con la programmazione (triennale e annuale) delle OOPP e, quindi, anche con i piani triennali, e l'elenco annuale dei lavori degli enti e delle aziende vigilate. Ai fini della predisposizione del DPP, ogni Ministero dovrebbe varare proprie Linee guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche nei settori di propria competenza, secondo lo schema-tipo fornito dal Regolamento attuativo della riforma avviata col Dlgs 228/2011: il DPCM 3 agosto 2012.

Questo Decreto prevede che la valutazione ex ante delle singole opere, incluse nel DPP, sia effettuata al livello di progetto di fattibilità ricorrendo all’analisi costi –benefici, allo scopo di individuare le soluzioni progettuali più convenienti per la collettività. [8] Dal DPCM 3 agosto 2012: “2.1. La valutazione ex ante delle singole opere attraverso l'elaborazione degli studi di fattibilità è finalizzata ad individuare le soluzioni progettuali ottimali per il raggiungimento degli obiettivi identificati nella valutazione ex ante dei fabbisogni di infrastrutture e servizi.2.2. Essa viene di norma condotta applicando i principi dell'Analisi costi-benefici (ACB), come consolidati nella letteratura scientifica internazionale e dalle indicazioni metodologiche impartite dalla Commissione Europea e da altri autorevoli organismi. L'analisi costi-benefici viene applicata nell'ambito degli studi di fattibilità ed è necessaria anche nel caso in cui sia stato già predisposto il progetto preliminare.”  

Con il DM n. 300 del 16 giugno 2017, il MIT, Ministero di riferimento per le Autorità di Sistema Portuale, ha elaborato le Linee Guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche nei settori di propria competenza, [9]  “Linee guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche nei settori di competenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti” DM 300 del 16 Giugno 2017. regolando i rapporti fra Ministero ed enti e aziende vigilate nella predisposizione del DPP e l’attività di valutazione richiesta dal Dlgs 228/2011.

Queste linee guida realizzano il necessario raccordo fra la fase di definizione degli obiettivi strategici della politica nazionale dei trasporti e la fase di programmazione degli interventi, incentrata sui progetti di fattibilità tecnica ed economica e, in particolare, sulla valutazione ex ante mediante analisi costi-benefici.

Ai fini della predisposizione del DPP, gli enti vigilati (come le AdSP) e le amministrazioni che usufruiscono delle risorse finanziarie del MIT, trasmettono al Ministero le proprie proposte di interventi di preminente interesse nazionale, includendo il progetto di fattibilità, redatto in base a quanto previsto dalla disciplina illustrata nell’Allegato 2. Il Ministero, verificata la coerenza della valutazione ex ante dell’intervento con i criteri definiti dalle Linee Guida, e verificata la rilevanza dell’intervento nel raggiungimento degli obiettivi indicati nel PGTL o altri strumenti sovraordinati al DPP, procede al suo inserimento nel DPP, definendone il livello di priorità.

5.3. Il DEASP e la valutazione di fattibilità mediante analisi costi-benefici (ACB)

La disamina della normativa vigente per la valutazione di fattibilità e l’ACB permette di classificare gli interventi energetico-ambientali (interventi con potenziale di riduzione della CO2) come sintetizzato nella tabella 1, nella quale si ravvisano quattro opzioni procedurali per la valutazione della fattibilità economica, ordinabili secondo un grado di complessità crescente in funzione dei tipi di interventi (impianti/sistemi, infrastrutture), della dimensione finanziaria e dell’esistenza o meno di forme di tariffazione che costituiscano fonti di entrata (“opere calde” o “fredde”):

  1. Valutazione di fattibilità economica non obbligatoria. [10] Quando l’intervento energetico-ambientale in ambito portuale riguarda impianti o infrastrutture private che non comportano contributi pubblici in conto capitale, le modalità di realizzazione delle valutazioni economiche non sono regolate per legge e rientrano nella sfera di autonomia dei proponenti, fermandosi generalmente alla redditività e bancabilità del progetto ai fini dell’erogazione del credito.
  2. Analisi costi-efficacia (con “approfondita analisi dei costi”).
  3. Analisi costi-benefici semplificata (“attenta analisi delle esigenze”, “analisi dei costi e dei principali benefici”).
  4. Analisi costi-benefici completa.

 

 

Nelle prime due colonne della tabella sono elencate le categorie di interventi energetico ambientali configurate dalla normativa, in corrispondenza delle quali sono individuate le tecniche di ACB raccomandate.

Nell’ultima colonna della tabella si forniscono alcuni esempi degli interventi energetico- ambientali ricadenti in ciascuna categoria. Nelle righe della tabella sono presentate le diverse categorie di interventi energetico-ambientali delineate dalla normativa vigente. La categoria n. 1 riguarda gli interventi impiantistici e/o informatici (non-infrastrutturali) che, pur ricorrendo agli strumenti incentivanti vigenti per l’efficienza energetica e le rinnovabili (titoli di efficienza energetica, scambio sul posto, tariffe, conto termico), [11] Ci si aspetta che in questa categoria ricada la maggioranza dei progetti per interventi energetico- ambientali. Infatti, i concessionari e gli altri soggetti privati e pubblici operanti nel porto possono autonomamente promuovere i progetti di efficienza energetica e fonti rinnovabili ritenuti più redditizi, ricorrendo agli strumenti ordinari di incentivazione delle fonti rinnovabili dell’efficienza energetica ed effettuando in autonomia le opportune valutazioni di fattibilità tecnico-economica per i propri progetti. non comportano richieste all’AdSP di contributi in conto capitale e, quindi, non hanno obbligo di realizzare un’analisi costi-benefici (per dimostrare l’utilità sociale del progetto).

L’inserimento di questa tipologia di progetti nell’ambito del DEASP (per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni in ambito portuale) richiede alle AdSP di verificare l’esistenza di progetti di questo tipo all’interno della comunità portuale, nonché di promuoverne la realizzazione, raccogliendo l’informazione necessaria. [12] Dato che al DEASP spetta anche il compito di “stabilire adeguate misure di monitoraggio energetico e ambientale degli interventi realizzati, al fine di valutarne la loro efficacia”, una possibile motivazione per i proprietari/gestori di tali progetti a fornire tali informazioni all’AdSP consiste nello stimolo ad una efficace gestione che l’attività di monitoraggio dei risultati può indirettamente fornire ai gestori/proprietari (ad es. riducendo il rischio sui flussi attesi di risparmio economico connessi con gli investimenti in efficienza energetica) o nel supporto amministrativo nel superamento di problematiche che si venissero a creare nella vita operativa dell’impianto. 

Le informazioni minime da richiedere sono quelle stabilite dalle presenti Linee Guida per il monitoraggio degli interventi nell’ambito del DEASP (cfr. CAP. “La misurazione delle emissioni di CO2”: es. tempistiche di realizzazione dell’intervento, riduzioni effettive annue della CO2 o potenziale annuo di riduzione, vita tecnica dell’impianto.”)

La categoria n. 2 riguarda invece gli interventi impiantistici e/o i sistemi informativi che, non potendo utilizzare gli strumenti incentivanti disponibili per le infrastrutture, potrebbero essere incentivati attraverso il Fondo Greenports previsto dal Piano strategico nazionale dei Porti e della Logistica (PPL) del 2015. [13] Il Piano strategico nazionale dei Porti e della Logistica (2015) prevede le seguenti attività sull’obiettivo 7: “7.1. Ipotesi di D.L. che introduca l’obbligo di redazione dei Piani Energetici e Ambientali da parte delle AdSP”.

7.2. Istituzione di un fondo nazionale Greenports di cofinanziamento iniziative coerenti con i PEA dei Porti da assegnare sulla base di criteri di priorità e premialità.

7.3. Di concerto con il MISE, introduzione di misure incentivanti per il rinnovo delle flotte nell’ottica di inserire natanti con caratteristiche di green ed Energy efficient, in rispetto della normativa comunitaria sugli aiuti di Stato.”

A questa categoria appartengono quindi gli interventi impiantistici di efficienza energetica o di produzione energetica basati su fonti rinnovabili che, non essendo sufficientemente redditizi, chiedono un contributo aggiuntivo in conto capitale.

Dato che la categoria n.2 riguarda impianti e sistemi (e non complesse scelte infrastrutturali), l’ACB da condurre è al livello del progetto prescelto (confronto fra scenario con progetto e scenario senza progetto), senza necessità di valutare con l’ACB le principali opzioni progettuali per scegliere la migliore.

L’inserimento di progetti della categoria 2 nell’ambito del DEASP, richiede alle AdSP di verificare preliminarmente l’esistenza e l’opportunità di progetti di questo tipo all’interno della comunità portuale, promuovendone la realizzazione e raccogliendo l’informazione necessaria.

In aggiunta alle informazioni minime stabilite dalle presenti Linee Guida per il monitoraggio e la valutazione di efficacia degli interventi nell’ambito del DEASP, i proponenti dei progetti potranno presentare all’AdSP lo studio di analisi costi - benefici di utilità pubblica del progetto (ACB “semplificata” per progetti di investimento < 10 milioni di euro).

In alternativa, l’AdSP potrà valutare la opportunità di semplificare la procedura effettuando una sola ACB per il complesso degli interventi di cat. 2 inclusi nel DEASP, che ne misuri la utilità pubblica in modo complessivo, o in alternativa, effettuando una sola ACB per gli interventi similari ricadenti nell’ambito di categorie omogenee.

Nella categoria 3 rientrano gli interventi infrastrutturali con potenziale di riduzione della CO2, che fruiscono di contribuzione pubblica (parziale o totale). Si tratta presumibilmente di un numero ristretto di progetti, di grande valore finanziario complessivo.

Ai fini dell’inserimento di questi progetti nel DEASP, i proponenti dovranno fornire all’AdSP la documentazione prevista dalla legge in termini di fattibilità tecnica ed economica, ivi incluso lo studio di analisi costi-benefici (denominato “ACB completa” in tabella), oltre ovviamente alle informazioni minime stabilite dalle presenti Linee Guida per il monitoraggio e la valutazione di efficacia degli interventi nell’ambito del DEASP.

5.4. Le tecniche di analisi costi benefici per il DEASP

In questo capitolo sono sinteticamente descritte le tecniche/procedure di valutazione mediante ACB citate dalla tabella 1 e sono fornite indicazioni per il loro utilizzo ai fini della redazione del DEASP (linee guida per l’ACB degli interventi energetico-ambientali):

  •  Cap. 5.4.1: Analisi costi benefici completa
  • Cap. 5.4.2: Analisi costi benefici semplificata
  • Cap. 5.4.3: Analisi costi-efficacia

L’individuazione delle tre tecniche (analisi costi – benefici completa, analisi costi - benefici semplificata, analisi costi-efficacia) trova riferimento nel D. DLgs 228/2011 e nel DPCM 3 agosto 2012, che definisce il modello di riferimento per la redazione da parte dei Ministeri di linee guida standardizzate relative alla valutazione ex ante ed ex post dei progetti di investimento infrastrutturali (cfr. Allegato 2).

Tutte e tre le tecniche sono finalizzate a valutazioni di fattibilità economica in un’ottica di utilità collettiva, e non esclusivamente del proponente. Pertanto esse debbono includere nella valutazione ex ante i benefici dei progetti energetico – ambientali sotto forma di costi esterni ambientali evitati per la collettività.

5.4.1. Analisi costi benefici completa

Per analisi costi-benefici completa s’intende quella comprensiva almeno delle seguenti

fasi di analisi, così desumibili dal complesso normativo costituito dal D. DLgs 228/2011 e successivi provvedimenti attuativi:

  • analisi delle esigenze e dell’offerta;
  • analisi economico-finanziaria (comprensiva del Piano Economico-finanziario, dell’analisi di redditività dell’opera e della sua sostenibilità finanziaria);
  • analisi della fattibilità economico-sociale (analisi costi – benefici in senso stretto);
  • analisi di sensitività e di rischio (sia sotto il profilo finanziario, che economico-sociale).

Per le modalità di conduzione delle diverse fasi di analisi si può fare riferimento, quando necessario, alle Linee guida del MIT, cap. 3.5 (analisi della domanda e dell’offerta), 3.4 e 3.6 (analisi economico-finanziaria), 3.7 (analisi economico – sociale, inclusiva del calcolo delle esternalità ambientali) e 3.8 (analisi dei rischi).

Dato che tali Linee Guida sono state concepite per i progetti infrastrutturali, va ribadito che qualora l’ACB riguardi un progetto energetico-ambientale di tipo impiantistico l’analisi va condotta per la soluzione progettuale prescelta, senza necessità di valutare con l’ACB le principali opzioni progettuali per scegliere la migliore (quest’ultima previsione è invece richiesta per le opere pubbliche).

Ulteriori riferimenti da considerare–soprattutto per gli indicatori dell’analisi di redditività finanziaria-sono la Guida per l’ACB dei progetti d’investimento della Commissione Europea, Direzione generale della Politica regionale e urbana (CE-DG Regio, 2014), nonché l’Allegato III “Metodo di esecuzione dell’analisi costi-benefici” del Regolamento di esecuzione della Commissione n. 207/2015 del 20 gennaio 2015: sono riferimenti utili anche per l’ACB degli interventi energetico-ambientali perché richiamano in maniera chiara e precisa le finalità, i principi, gli elementi, i metodi applicabili e gli indicatori di sintesi per le diverse fasi dell’analisi costi – benefici.

Per i progetti d’intervento energetico-ambientale è richiesta un’attenta analisi delle esigenze, allo scopo di verificare la sussistenza e il mantenimento della situazione prevista nel periodo di esercizio del progetto per il quale si chiede il contributo.

L’analisi dovrà quindi coprire un periodo di riferimento standard, comprensivo sia del periodo di attuazione dell’investimento che della fase di esercizio. Il periodo della fase di esercizio (vita tecnica dell’intervento) dovrà corrispondere a quanto previsto alla colonna T della citata Tab 2 dell’All. A alla delibera dell’AEEG del 27 ottobre 2011 EEN 9/11. In assenza di tale riferimento, per stabilire il periodo dell’analisi dei progetti energetico-ambientali si considereranno le seguenti convenzioni comunitarie, desunte dall’Allegato I del Regolamento delegato della Commissione UE del 3 marzo 2014:

  •  sistemi informativi (es. progetto di efficienza energetica): 10-15 anni;
  • energia: 15 anni (impianti), 25 anni (infrastrutture);
  • strade: 25-30 anni;
  • infrastrutture portuali: 25 anni;
  • ferrovie: 30 anni.
  • Per quanto riguarda gli indicatori conclusivi dell’analisi economico – finanziaria, le L. G. MIT, alle quali si rimanda, prevedono indicatori per le due diverse fasi, analisi della redditività del progetto e della sua sostenibilità finanziaria nel corso del periodo di riferimento.[14] Cap. 3.6 di MIT (2016). 
5.4.2. Analisi costi benefici semplificata

L’analisi costi-benefici semplificata riguarda i progetti d’intervento di categoria 2 (che richiedono finanziamenti) con investimenti inferiori ai 10 milioni di euro e i progetti di categoria 3 (accesso a fondi infrastrutturali) riguardanti opere “fredde” (senza forme di entrata tariffaria) inferiori ai 10 milioni di euro.

L’analisi semplificata è costituita dalle seguenti fasi:

  • analisi delle esigenze;
  •  analisi economico-finanziaria;
  • analisi semplificata della fattibilità economico-sociale (analisi dei costi e dei principali benefici).

È richiesta un’attenta analisi delle esigenze perché gli interventi energetico-ambientali presuppongono la sussistenza e il mantenimento nel tempo delle attività che comportano consumo energetico, per evitare che il contributo possa essere sprecato nonostante la realizzazione del progetto.

Anche l’analisi economico-finanziaria deve mantenere standard di qualità (con un’analisi dei costi, il Piano Economico-finanziario nel periodo di riferimento, l’analisi di redditività e di sostenibilità finanziaria del progetto, con e senza contributo in conto capitale), al fine di assicurare che il contributo pubblico sia giustificato e ben riposto (in un progetto capace di sostenersi finanziariamente nel tempo.

La semplificazione dell’analisi di fattibilità economico-sociale, prevista dal DPCM 3 agosto 2012, può essere realizzata ricorrendo ad un unico indicatore che eviti diversi passaggi e stime di voci di beneficio dell’analisi economico-sociale. Dato che gli interventi energetico-ambientali possono comportare, oltre alla riduzione delle emissioni di CO2, diversi benefici collaterali di tipo ambientale (Vd Allegato 3), che individua 19 indicatori connessi al consumo di energia da fonti fossili), mentre i benefici economici potrebbero non accomunare tutte le tipologie d’intervento, si richiede il calcolo del seguente rapporto Benefici / Costi:

Cext evitati/CInv + Ces

dove Cext evitatisono i costi esterni ambientali evitati dall’intervento energetico- ambientale nel periodo di riferimento rispetto allo scenario senza intervento (opportunamente attualizzati all’anno base dell’analisi),

e

CInv + Ces sono i costi d’investimento e di esercizio nel periodo di riferimento del progetto direttamente desunti dal Piano economico-finanziario (anch’essi attualizzati all’anno base dell’analisi e calcolati in termini differenziali rispetto allo scenario assunto come riferimento).

5.4.3. Analisi costi-efficacia

L’analisi costi – efficacia è una procedura di valutazione semplificata per calcolare uno o più indicatori che rapportino i costi economici di un intervento a benefici il più possibile rappresentativi dei principali risultati attesi di un progetto, espressi con un’unità di misura non monetaria. [15] Alternativamente, gli indicatori dell’analisi costi-efficacia possono essere espressi anche nella forma inversa, come obiettivo espresso con unità di misura fisica in rapporto ai costi del progetto.

La semplificazione avviene principalmente a due livelli:

  • la rappresentazione dei risultati con un’unità di misura fisica evita una ben più complessa ricostruzione dei benefici in chiave economica;
  • a livello dei costi, è possibile far riferimento solo ai costi di investimento, evitando le complessità e incertezze di valutazione preventiva dei costi di esercizio.

Qualora l’analisi costi-efficacia si basi solo su un indicatore, è opportuno che la valutazione si concentri sul risultato atteso principale di un progetto. Nel caso dei progetti energetico-ambientali, il focus è facilmente individuabile nell’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 del progetto. L’indicatore di costo – efficacia è dato dal costo d’investimento in rapporto alle emissioni di CO2complessivamente evitate nella vita tecnica del progetto, oppure –alternativamente- si può utilizzare l’indicatore inverso, di risultato atteso nella vita tecnica del progetto in rapporto all’investimento. [16] Dato che gli indicatori raccomandati nell’analisi costi-benefici completa e semplificata del DEASP prevedono il rapporto fra i benefici e i costi, quest’ultimo indicatore di costo –efficacia appare più coerente con le altre tecniche di valutazione ex ante degli interventi.  

Dato che in molti casi gli interventi energetico-ambientali finalizzati alla riduzione delle emissioni di CO2 possono comportare significativi benefici collaterali per altri fattori inquinanti (particolato, NOx, SO2, emissioni sonore, etc.), per tener conto di questi fattori di merito di un progetto è auspicabile l’utilizzo di indicatori multipli, ad esempio rapportati alla medesima voce di costo (investimento iniziale± aumento/riduzione dei costi di esercizio nella vita tecnica), ricorrendo a opportuni fattori di equivalenza fra inquinanti.

In questo lavoro si raccomanda di considerare i seguenti tre parametri inquinanti: CO2, PM2,5, NOx. La formula di riferimento per l’analisi costi – efficacia è pertanto la seguente:

a*ton CO2evitate + b* ton PM 2,5evitate + c * tonNOxevitate

CInv

Dove:

t CO2 evitate, t PM2,5 evitate, t NOx evitate sono i quantitativi cumulati delle emissioni annuali evitate dal progetto nel periodo di riferimento, rispetto allo scenario alternativo, mentre i parametri a, b, c esprimono i fattori equivalenza alle emissioni di CO2[17] I fattori di equivalenza sono stati ricavati dai costi esterni per tonnellata di inquinante (euro2010/t) riportati nella tab. A4_5 delle Linee Guida del MIT (2017), opportunamente aggiornati ai prezzi dell’anno base dei valori monetari del presente lavoro (2015) in base all’indice HICP di Eurostat. Nel caso del PM2,5 è stato considerato il valore unitario relativo alle aree urbane, considerato che la maggior parte dei porti nazionali è collocato in zone con elevata densità di popolazione.  :

a = 1 b = 2193 c = 120

5.5. La selezione degli interventi sulla base delle valutazioni di fattibilità tecnico- economica dei progetti energetico-ambientali

In questo capitolo viene definita la procedura per l’eventuale selezione degli interventi energetico – ambientali, ai fini della redazione del DEASP, elencandoli in una graduatoria di merito. La procedura tiene conto delle raccomandazioni fornite dal capitolo 4 delle Linee Guida del MIT per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche, riguardante la fase di Selezione delle opere da includere nel DPP.

Sottolineiamo la possibilità per l’AdSP di integrare in un’unica ACB gli interventi, appartenenti alla cat. 2, che possono avere uguali periodi di riferimento per gli aspetti finanziari e per la vita tecnica.

Le funzioni che il DEASP deve assicurare sono così riepilogabili:

  • raccogliere in un documento unico gli interventi e le misure di cui abbia avuto esito positivo la valutazione di fattibilità tecnica ed economica;
  • coordinare la programmazione degli interventi nel periodo prefissato, ordinando gli interventi in base al criterio di merito risultante dall’ACB (indicatori di sintesi raccomandati) e ad altri criteri di fattibilità e maturità dei progetti;
  • permettere una valutazione della necessità e congruità di eventuale sostegno finanziario dei progetti in conto capitale, in aggiunta agli strumenti incentivanti convenzionali per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili;
  • prevedere le modalità del monitoraggio degli interventi e la valutazione della loro efficacia;
  • permettere la valutazione del potenziale di riduzione della CO2, dell’utilità collettiva (benefici netti) e dei costi d’investimento per il complesso degli interventi pianificati in ambito portuale, a sostegno della formazione e aggiornamento delle politiche di mitigazione.
  1. Ai fini della predisposizione del DEASP, i soggetti pubblici, i concessionari e i soggetti privati che operano nell’ambito portuale invieranno all’AdSP, dietro apposita richiesta, indicheranno le proposte di interventi energetico-ambientali da inserire nel DEASP. A sua volta, l’AdSP formulerà le proposte di interventi energetico-ambientali di diretta responsabilità (edifici dell’AdSP, illuminazione portuale, flotta di veicoli di servizio dell’AdSP), unitamente alle misure/strumenti a sostegno del DEASP (regole di concessione, previsione di agevolazioni, etc.).

Le proposte riguardanti opere pubbliche o di pubblica utilità dovranno essere corredate dal documento di fattibilità delle alternative progettuali previsto dal nuovo Codice Appalti (cfr. Allegato 2) in cui le alternative progettuali dovranno essere valutate con la tecnica di ACB raccomandata in funzione della dimensione e tipo di progetto (cfr. cat. 3.a, 3.b, 3.c, 3.d della tab. 1-cap.2).

Le proposte di impianti o sistemi informativi che necessitano di cofinanziamento (cat. 2.a, 2.b della tab. 1-cap.2) dovranno essere corredate dallo studio di ACB del progetto.

In questi due casi (cat. 2 e 3 della tab. 1-cap.2), è opportuna l’elaborazione di una scheda informativa che riporti le informazioni essenziali dell’analisi costi -benefici, come:

  • una descrizione di sintesi (non tecnica) del progetto;
  • il periodo di riferimento per l’ACB;
  • il rapporto benefici – costi inclusivo della valutazione delle esternalità ambientali evitate, nel periodo di riferimento; resta inteso che i costi ed i benefici sono calcolati in termini differenziali rispetto allo scenario assunto come riferimento;
  • le emissioni evitate nel periodo di riferimento.

Per quanto riguarda gli interventi della cat. 1 della tab. 1-cap.5, per essi è sufficiente una scheda informativa che riporti:

  • una descrizione di sintesi (non tecnica) del progetto;
  • il periodo di riferimento dell’intervento energetico ambientale;
  • le emissioni di CO2 evitate attese nel periodo di riferimento, rispetto allo scenario tendenziale senza intervento;
  • il rapporto riduzione costi esercizio/costi investimento durante l’intera vita tecnica.
  1. Per ciascun progetto l’AdSP verifica i documenti di fattibilità tecnico-economica e i risultati riportati nella scheda di sintesi.
  2. L’AdSP organizza gli interventi energetico-ambientali del DEASP in funzione delle tre tecniche di ACB raccomandate o della non necessità di ACB (interventi energetico- ambientali di cat. 1), ai fini della loro inclusione nel DEASP.

Per ognuna delle tecniche di ACB, sarà predisposta una lista preliminare che indichi, per ogni intervento, i valori dell’indicatore di sintesi dell’ACB (“rapporto benefici – costi”, se ACB completa o semplificata; “rapporto risultati attesi-investimento”, se analisi costi – efficacia), gli indicatori di redditività e sostenibilità finanziaria, e la durata in anni del periodo di riferimento dell’analisi.

Per gli interventi energetico-ambientali che non necessitano di ACB, l’AdSP predisporrà una lista preliminare che indichi, per ogni intervento, il potenziale di CO2 evitata nel periodo di riferimento del progetto e la durata in anni del periodo di riferimento.

  1. Ai fini dell’inserimento dell’intervento proposto nel DEASP, se sottoposto ad ACB (completa o semplificata), valgono le seguenti regole generali:
  2. a)  gli interventi con esito negativo dell’ACB (rapporto benefici / costi < 1) non possono essere inclusi nel DEASP;
  3. b)  gli interventi energetico –ambientali con esito positivo dell’ACB (rapporto benefici / costi ≥ 1) dovranno esibire indicatori con esito positivo dell’analisi di redditività finanziaria (TIRF < WACC senza contributo pubblico in conto capitale e TIRF > WACC con contributo) e di sostenibilità finanziaria (cfr cap. 2.4.1 e 2.4.2), ovvero tali da giustificare la congruità del livello di co-finanziamento in conto capitale richiesto e attestare la capacità del progetto di reggere finanziariamente nel tempo;
  4. c)  se il livello di cofinanziamento pubblico in conto capitale che rende redditizio il progetto sotto il profilo finanziario supera il Valore attuale netto economico (VANE) dell’ACB (cofinanziamento > [VANE]), la domanda di cofinanziamento va rigettata, in quanto il progetto richiede un esborso eccessivo allo Stato, superiore alla sua utilità pubblica;
  5. d)  per quanto riguarda gli interventi energetico-ambientali per i quali non è necessaria l’ACB, vanno esclusi gli interventi per i quali l’indicatore sulle emissioni di CO2 evitate è negativo.
  6. Alla fine della procedura di esclusione e ordinamento degli interventi sopra- esposta, l’AdSP predisporrà la lista degli interventi da inserire nel DEASP, in funzione del tipo di tecnica di analisi applicata nella valutazione dei progetti[18] La creazione di tante liste quanto i tipi di tecniche impiegate è coerente con l’approccio seguito dalle linee Guida del MIT per la valutazione delle opere pubbliche (lista per analisi costi/efficacia e lista per ACB). (quattro liste, rispettivamente per: i progetti senza obbligo di ACB, i progetti analizzati con indicatore di risultati/costo; i progetti analizzati con ACB semplificata e i progetti analizzati con ACB completa). La lista ordinerà gli interventi in funzione del valore dell’indicatore di ACB (dal più elevato al più piccolo).

Esempio per progetti valutati con ACB semplificata

 

Titolo (promotore)  

Cat. (tabella 1)

Indicatore ACB: B/C > 1 Indicatore

redditività finanziaria: TIRF (TIRF > WACC)

 

Cofinanzia- mento

riduzione prevista

CO2 (media annua) [19] CO2 complessivamente evitata dall’intervento nel periodo di riferimento in rapporto agli anni del periodo.

Valore dell’indicatore Valore dell’indicatore  

euro

tonn
Impianto di generazione elettricità da moto ondoso (AdSP) 2.a 2,5 2% senza contributo in conto capitale

7% con contributo in conto capitale

(WACC di progetto =6%)

500.000 6.000
Scavo di canale portuale per navi con minor EEDI (progetto di efficienza energetica)  

3.c

2,1 TIRF negativo (progetto privo di entrate tariffarie da servizi)

3% con contributo in conto capitale

(WACC di progetto =3%)

 

9.000.000

100.000

Le quattro liste degli interventi energetico-ambientali (una per categoria) stabiliranno le priorità del DEASP. Gli interventi da finanziare saranno individuati sulla base di:

  • disponibilità di risorse finanziarie per ciascuna delle categorie di interventi energetico-ambientali
  • lista degli interventi prioritari per ogni categoria.
5.6. Il finanziamento e la promozione degli interventi: possibili fonti pubbliche, europee e nazionali, e misure incentivanti

Gli interventi da realizzare possono prevedere l’utilizzo di finanziamenti finalizzati, sia nazionali che europei.

A livello comunitario è disponibile il programma CEF (Connecting Europe Facility), la cui dotazione finanziaria per il periodo 2014 - 2020 è di circa € 33,2 mld€, di cui la maggior parte, 26 mld, destinata ai Trasporti (air, rail, road, water).

L’attuazione del programma è scaglionata da programmi e bandi annuali. Particolare attenzione è posta a progetti che realizzino sinergie tra i settori dei Trasporti e dell'Energia, per i quali è previsto un co-finanziamento UE del 60% dei costi ammissibili, a seguito di un approfondito processo di valutazione e selezione.

Per quanto riguarda i fondi nazionali, nei prossimi anni assumerà importanza l’istituzione del fondo “Greenports”, previsto all’interno dell’obiettivo 7 del PSNPL per migliorare la sostenibilità ambientale dei porti, con particolare attenzione all’efficienza energetica ed alle fonti rinnovabili.

Riguardo questi temi, esistono canali finanziari che possiamo distinguere tra quelli specifici per il sistema portuale e dei trasporti (in particolare i Fondi Strutturali), e quelli indirizzati a tutti gli operatori.

Il PON infrastrutture e reti, in Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia, ha tra i suoi obiettivi la promozione di sistemi di trasporto sostenibili[20] OT 7 Sviluppare e migliorare sistemi di trasporto sostenibili dal punto di vista dell'ambiente (anche a bassa rumorosità) e a bassa emissione di carbonio, inclusi vie navigabili interne e trasporti marittimi, porti, collegamenti multimodali e infrastrutture aeroportuali, al fine di favorire la mobilità  , finanziando (2,5 mld€) progetti presentati dalle cinque Aree Logistiche Integrate (ALI), che debbono includere porti, piattaforme logistiche, interporti, etc.., connettendoli con i corridoi multimodali della rete europea di trasporto.

La promozione di sistemi di trasporto sostenibili è obiettivo prioritario anche dei POR regionali.

Anche il Piano d’Azione e Coesione, nella quota di competenza del Ministero delle infrastrutture, dovrebbe finanziare l’efficientamento energetico dell’area portuale (mobilità elettrica all’interno dei porti, illuminazione più efficiente, fonti rinnovabili per autoconsumo, etc..).

Tra gli strumenti generali di supporto agli interventi per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili, la cui effettiva disponibilità può variare nel tempo, si segnalano:

  • Il Conto Termico, che finanzia con un contributo in conto capitale dal 40 al 65% piccoli interventi di efficientamento energetico degli edifici; è auspicabile una ampia utilizzazione anche di questo strumento, in una logica di miglioramento diffuso dell’efficienza energetica;
  • La tariffa onnicomprensiva, per gli impianti di produzione di energia elettrica a fonte rinnovabile;
  • La detrazione fiscale del 50/65% (per gli operatori privati), che consente il finanziamento di piccoli interventi;
  • I certificati bianchi, efficaci per interventi di medio-grande dimensione;
  • Il Fondo di Rotazione per l’Efficienza Energetica, per interventi di efficientamento degli edifici pubblici nel porto.

Possono contribuire alla promozione degli interventi anche le misure-azioni che non richiedono opere ed investimenti da parte dell’AdSP, ma che incidono sui comportamenti dei diversi soggetti produttori di CO2 nel porto, attraverso clausole dei contratti di concessione ed altri strumenti gestiti dalle AdSP, che possono incentivare i soggetti privati coinvolti a realizzare, per quanto di competenza, interventi con gli stessi obiettivi.

In particolare, è possibile ipotizzare, a titolo di esempio:

  1. L’uso modulato di incentivi ed agevolazioni, che potrebbero favorire ad esempio l'uso di navi meno inquinanti. La UE è favorevole a tale approccio secondo la sua comunicazione su una politica europea dei porti (COM (2007) 616).
  2. Il controllo delle performance dei concessionari/operatori introducendo nei rispettivi atti/autorizzazioni gli standard previsti per le emissioni ovvero inserendo criteri sulle emissioni e buone pratiche operative nei processi di selezione;
  3. L’applicazione di uno schema d’incentivazione a sostegno degli operatori terminalisti che investono in impianti/attrezzature che utilizzino meno energia e/o fonti energetiche rinnovabili;
  4. L’inserimento di criteri di consumo e di efficienza energetica e buone pratiche operative nei processi di selezione dei concessionari e nei processi di acquisto;
  5. L’applicazione di uno schema d’incentivazione a sostegno di armatori e operatori che utilizzino energia elettrica fornita da terra;
  6. La previsione nelle gare per gli appalti dei dragaggi dell’uso di nuove tecnologie molto meno energivore (sistemi ad aspirazione piuttosto che i tradizionali ad escavazione), con ulteriori vantaggi ambientali sia rispetto alla invasività dei lavori, che rispetto alla possibilità di utilizzazione dei materiali estratti.

La disponibilità di finanziamenti per la realizzazione delle infrastrutture GNL e per l’elettrificazione delle banchine potrebbe essere strategica per l’attuazione delle misure previste, sia per il sostegno delle attività degli operatori, cui è demandata la realizzazione delle infrastrutture necessarie, sia per l’utenza di settore, cui competerà il rinnovo o il retrofitting delle unità navali.


 

1. ALLEGATO 1: CARBON FOOTPRINT; PROGETTAZIONE E SVILUPPO DELL’INVENTARIO DI GHG

1.1. Confini organizzativi

Lo sviluppo di un inventario delle emissioni presuppone la definizione dei confini organizzativi, che sono basati sul livello di gestione o responsabilità del porto, ma che dovranno necessariamente includere le fonti di emissione all’interno dell’area portuale estranee alla responsabilità gestionale dell’AdSP.

I confini organizzativi servono per determinare le operazioni comprese nell’inventario di GHG dell’AdSP e possono essere stabiliti secondo i seguenti criteri:

  • Controllo: l’AdSP contabilizza tutte le emissioni e/o rimozioni di GHG quantificate dalle installazioni sulle quali essa ha il controllo finanziario od operativo;
  • Equa-ripartizione: l’AdSP contabilizza le emissioni e/o rimozioni di GHG provenienti dalle relative installazioni in proporzione alla propria parte.
  • Relazione funzionale; l’AdSP contabilizza le emissioni di tutti i soggetti, operanti nell’ambito delle funzioni connesse al trasporto marittimo;
1.2. Confini operativi

La definizione dei confini operativi comprende l’identificazione delle emissioni di GHG associate alle operazioni dell’AdSP, stabilendo se una fonte di emissione è diretta (controllata o di proprietà dell’AdSP) oppure indiretta (influenzata dall’AdSP ma controllata da terzi). Il rapporto tra l’AdSP e i suoi terminali operativi è importante per la suddivisione delle emissioni in dirette, indirette da consumo energetico e altre emissioni indirette. Le emissioni vengono suddivise in tre ambiti (scope) di seguito descritti.

  • Ambito 1: comprende tutte le emissioni dirette sotto il controllo organizzativo dell’AdSP e tutte le emissioni dei soggetti, diversi dall’AdSP, che operano all’interno dell’area portuale e che hanno con l’Autorità un rapporto contrattuale, svolgendo funzioni connesse con il trasporto marittimo. Sono escluse le emissioni di stabilimenti posti all’interno dell’area portuale, ma indipendenti dalle sue funzioni. Le emissioni dirette di GHG derivanti da elettricità, calore e vapore generati ed esportati o distribuiti dall’organizzazione, possono essere rendicontate separatamente, ma non devono essere dedotte dal totale delle emissioni dirette dell’AdSP. Le emissioni di CO2 derivanti dalla combustione di biomasse devono essere quantificate separatamente.
  • Ambito 2: comprende le emissioni indirette di GHG provenienti dal consumo di elettricità prelevata dalla rete nazionale, dall’acquisto di calore e vapore importati e consumati dall’AdSP per le proprie necessità funzionali.
  • Ambito 3: comprende tutte le emissioni indirette non appartenenti all’Ambito 2, come ad esempio i viaggi per raggiungere il posto di lavoro e i viaggi di lavoro degli impiegati, il trasporto dei prodotti, dei materiali o delle persone, la produzione di materi prime; la contabilizzazione di tali emissioni è facoltativa. Sottolineiamo che, essendo il monitoraggio effettuato anche al termine del periodo di applicazione del DEASP, è necessario che le emissioni contabilizzate provengano dalle stesse fonti. A titolo di esempio si riportano alcune sorgenti di GHG contabilizzate per l’ambito 3: Gestione dei rifiuti (trasporto e trattamento), Perdite di trasmissione e distribuzione nella rete elettrica nazionale, Mobilità personale casa-lavoro con veicoli non di proprietà dell’organizzazione, Trasferte di lavoro di dipendenti con veicoli non di proprietà dell’organizzazione, Emissioni derivanti dall’estrazione, trasporto e distribuzione di combustibili.
1.3. Anno base

La valutazione delle emissioni di GHG è riferita ad un periodo base specifico, generalmente coincidente con l’anno solare o finanziario più recente per cui sono disponibili e verificabili i dati dell’inventario. La scelta dell’anno base è importante per definire gli obiettivi di riduzione dell’inventario di GHG.

1.4. Calcolo dell’Inventario dei GHG (Identificazione e Calcolo delle Emissioni)

All’interno dei confini organizzativi, l’AdSP deve quantificare e documentare le emissioni di GHG secondo le seguenti fasi:

  • identificazione delle sorgenti di GHG;
  • selezione della metodologia di quantificazione;
  • selezione e raccolta dei dati di attività relativa ai GHG;
  • selezione o sviluppo di fattori di emissione di GHG;
  • calcolo delle emissioni di GHG;
  • ricalcolo dell’inventario di GHG;
  • valutazione e riduzione dell’incertezza;
1.5. Identificazione delle sorgenti di GHG

L’AdSP deve identificare e documentare le sorgenti di GHG che contribuiscono alle proprie emissioni dirette. Vanno documentati separatamente i fornitori di elettricità, calore e vapore importati e consumati dall’AdSP. Se vengono quantificate le altre emissioni indirette di GHG, devono essere identificate e documentate separatamente le sorgenti di GHG che contribuiscono alle altre emissioni indirette.

1.6. Selezione delle metodologie di quantificazione

L’AdSP deve selezionare ed utilizzare metodologie di quantificazione che minimizzino ragionevolmente l’incertezza e forniscano risultati accurati, coerenti e riproducibili.

1.7. Selezione e raccolta dei dati di attività relativa ai GHG

Se vengono utilizzati dati di attività relativa ai GHG per quantificare le emissioni, l’AdSP deve selezionarli e raccoglierli coerentemente con la metodologia selezionata.

1.8. Selezione o sviluppo di fattori di emissione di GHG

Se vengono utilizzati dati di attività relativa ai GHG, l’AdSP deve selezionare o sviluppare fattori di emissione di GHG che:

  • siano derivati da una origine riconosciuta;
  • siano appropriati alla sorgente o all’assorbitore di GHG in questione;
  • siano validi al momento della quantificazione;
  • tengano conto dell’incertezza della quantificazione e siano calcolati in modo da fornire risultati accurati e riproducibili;
  • siano coerenti con il previsto utilizzo dell’inventario dei GHG.

L’AdSP deve spiegare la propria selezione di fattori di emissione di GHG, compresa l’identificazione delle loro origini e della loro adeguatezza all’utilizzo dell’inventario. L’AdSP deve spiegare ogni cambiamento ai fattori di emissione di GHG precedentemente utilizzati e, laddove applicabile, calcolare nuovamente l’inventario dell’anno di riferimento.

1.9. Calcolo delle emissioni di GHG

L’AdSP deve calcolare le emissioni di GHG in conformità alla metodologia di quantificazione selezionata.

Laddove vengano utilizzati dati di attività relativa ai GHG per quantificare le emissioni, le stesse devono essere calcolate moltiplicando i dati di attività relativa ai GHG per i fattori di emissione di GHG.

1.10. Ricalcolo dell’Inventario di GHG

L’AdSP deve sviluppare, applicare e documentare una procedura di ricalcolo per l’anno base di riferimento per tenere conto dei seguenti aspetti:

  • modifiche nei confini operativi;
  • proprietà e controllo delle sorgenti o degli assorbitori di GHG trasferiti dentro o fuori dai confini organizzativi;
  • modifiche nelle metodologie di quantificazione dei GHG che comportano significativi cambiamenti nelle emissioni di GHG quantificate.
1.11. Valutazione e riduzione dell’incertezza

Per la realizzazione dell’inventario delle emissioni, si deve far riferimento a metodologie consolidate e condivise a livello internazionale, utilizzate anche per l’inventario nazionale realizzato da ISPRA. L’AdSP dovrebbe inoltre implementare una valutazione dell’incertezza, compresa quella associata ai fattori di emissione e di rimozione.

Per la documentazione sulle metodologie di stima, individuazione dei fattori di emissione e stima delle incertezze si può far riferimento alle seguenti pubblicazioni che riportano per ogni categoria emissiva l’individuazione delle emissioni caratteristiche e forniscono i relativi fattori di emissione associati:

  • IPCC, 2006. 2006 IPCC Guidelines for National Greenhouse Gas Inventories, Prepared by the National Greenhouse Gas Inventories Programme, Eggleston H.S., Buendia L., Miwa K., Ngara T. and Tanabe K. (eds). Published: IGES, Japan.
  • EMEP/EEA, 2016. Air Pollutant Emission Inventory Guidebook. EEA. Technical report No 21/2016.

Tali documenti propongono diverse metodologie di stima delle emissioni, in genere suddivise in tre livelli di dettaglio, definiti Tier, dalla più semplificata, Tier 1, a quella più accurata, Tier 3, da applicare a seconda dei dati di base e delle informazioni disponibili.

I fattori di emissione da utilizzare devono rispondere il più possibile alla realtà che si sta analizzando. Laddove questi fossero di difficile raccolta si può far riferimento a quelli di default specificati nelle suddette Guidelines o a quelli utilizzati per la realizzazione dell’Inventario nazionale che possono esser consultati sul sito ISPRA agli indirizzi:

  • http://www.sinanet.isprambiente.it/it/sia-ispra/serie-storiche-emissioni/fattori-di- emissione-per-le-sorgenti-di-combustione-stazionarie-in-italia/view;
  • http://www.sinanet.isprambiente.it/it/sia-ispra/serie-storiche-emissioni/fattori-di- emissione-per-la-produzione-ed-il-consumo-di-energia-elettrica-in-italia/view ;
  • http://www.sinanet.isprambiente.it/it/sia-ispra/fetransp.

Tali fattori e la descrizione delle metodologie nell’Inventario Nazionale sono disponibili

nei rapporti redatti dall’ISPRA e comunicati alle Convenzioni internazionali:

  • Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2015. National Inventory Report 2017, http://www.sinanet.isprambiente.it/it/sia-ispra/serie-storiche-emissioni/national- inventory-report/view ;
  • Italian Informative Inventory Report 1990-2015, http://www.sinanet.isprambiente.it/it/sia-ispra/serie-storiche- emissioni/informative-inventory-report/view.

ALLEGATO 2: NORMATIVA SULL’ANALISI COSTI BENEFICI NELLA VALUTAZIONE E PROGRAMMAZIONE DI INTERVENTI PORTUALI

I principali filoni di normativa applicabile in fase di valutazione, programmazione e verifica degli interventi in ambito portuale, che è necessario considerare ai fini delle analoghe disposizioni dell’art. 4 bis del DLgs 169/2016 che regolamenta il documento di pianificazione energetica e ambientale del sistema portuale, [21] Le “analogie” o ambiti di sovrapposizione normativa, che è necessario coordinare, riguardano soprattutto gli aspetti del comma 3 dell’art. 4bis evidenziati di seguito in neretto: “(...) A tal fine, il documento di Pianificazione energetica e ambientale del sistema portuale individua:

d)  all’interno di una prefissata cornice temporale, gli interventi e le misure da attuare per il perseguimento dei traguardati obiettivi, dando conto per ciascuno di essi della preventiva valutazione di fattibilità tecnico-economica, anche mediante analisi costi-benefici;

e)  le modalità di coordinamento fra gli interventi e le misure ambientali con la programmazione degli interventi infrastrutturali nel sistema portuale;

f)  adeguate misure di monitoraggio energetico e ambientale degli interventi realizzati, al fine di valutare la loro efficacia.” sono:

  •  Normativa sulla valutazione degli investimenti relativi a opere pubbliche e di pubblica utilità (DLgs 29 dicembre 2011, n. 228 e provvedimenti attuativi), rilevante per la pianificazione degli investimenti infrastrutturali in ambito portuale che utilizzino cofinanziamenti o garanzie delle amministrazioni centrali;
  • Normativa sui contratti pubblici (DLgs 18 aprile 2016, n. 50 e seguenti), pertinente per gli appalti pubblici di lavori e opere in ambito portuale;
  • Normativa comunitaria sui progetti finanziati con fondi europei, pertinente per i progetti infrastrutturali in ambito portuale finanziati con fondi europei.

Di seguito sono riportati i passaggi normativi strettamente riguardanti la materia in esame.

2.1. Normativa sulla valutazione degli investimenti relativi a opere pubbliche e di pubblica utilità (DLgs 29 dicembre 2011, n. 228[22] Dlgs 228/2011 dà attuazione all'articolo 30, comma 9, lettere a), b), c) e d) della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche.  e provvedimenti attuativi)

Per gli investimenti in opere pubbliche in ambito portuale, che utilizzino cofinanziamenti o garanzie finanziarie delle amministrazioni centrali, occorre fare riferimento al D.lgs. 29 dicembre 2011, n. 228, “Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere a), b), c) e d) della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche” e successivi provvedimenti attuativi, fra i quali in particolare:

- il DPCM 3 agosto 2012, “Attuazione dell’art.8, c.3, del D.lgs. 228/2011 in materia di Linee guida per la valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche e del documento pluriennale di pianificazione degli investimenti”;

- il “Vademecum per l’applicazione del Modello di Linee Guida ai fini della predisposizione del Documento Pluriennale di Pianificazione ai sensi del D. DLgs. n. 228/2011”, documento predisposto dall’Unità di Valutazione degli Investimenti Pubblici (UVAL) della Presidenza del Consiglio – Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica (DIPE), con la finalità di fornire “indicazioni operative per la stesura da parte delle Amministrazioni Centrali delle Linee Guida previste dal Dlgs 228 e propedeutiche alla predisposizione del “Documento Pluriennale di Pianificazione”;

- le “Linee Guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche nei settori di competenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti” (DM 16 giugno 2017 n° 300).

Va premesso che il D.lgs. 228/2011 introduce una profonda riforma delle modalità di valutazione e programmazione degli investimenti in opere pubbliche, che è ancora in corso di completamento.

In base all’art. 1 del D.lgs 228/2011:

“1. I Ministeri sono tenuti a svolgere le attività di valutazione ex ante ed ex post di cui al presente decreto al fine di garantire la razionalizzazione, la trasparenza, l'efficienza e l'efficacia della spesa in conto capitale destinata alla realizzazione di opere pubbliche e di pubblica utilità, di seguito "opere pubbliche", a valere sulle leggi di spesa pluriennale e a carattere permanente.

  1. Le predette attività di valutazione sono obbligatorie per le opere finanziate a valere sulle risorse iscritte negli stati di previsione dei singoli Ministeri ovvero oggetto di trasferimento da parte degli stessi a favore di soggetti attuatori, pubblici o privati, in forza di specifica delega. Le predette attività sono altresì obbligatorie per le opere pubbliche che prevedono emissione di garanzie a carico dello Stato.”

Ai sensi dell’art. 2 del D. DLgs 228/2011 ogni Ministero è tenuto a predisporre un Documento Pluriennale di Pianificazione (DPP), da aggiornare ogni tre anni, che dovrebbe render conto della realizzazione di un’articolata procedura di valutazione delle singole opere da finanziare o già finanziate, che prevede le seguenti fasi:

  • la valutazione ex ante dei fabbisogni e delle esigenze infrastrutturali (art. 3);
  • la valutazione ex ante delle singole opere (art. 4);
  • la selezione delle singole opere (art. 5);
  •  la valutazione ex post delle singole opere (art. 6).

Il DPP deve includere e rendere coerenti tutti i piani e i programmi d'investimento per opere pubbliche finanziate con le risorse del Ministero; esso contiene l'intero lavoro tecnico-valutativo necessario per coordinare il bilancio dell'ente con la programmazione (triennale e annuale) delle opere pubbliche e, quindi, anche con i piani triennali e l'elenco annuale dei lavori degli enti e delle aziende vigilate. “I Ministeri hanno l'obbligo di traslare i contenuti del DPP nei contratti di programma che stipulano con le aziende vigilate. Le attività di vigilanza si intendono estese agli obblighi in capo alle aziende vigilate derivanti dall'adozione del Documento.” [23] Art. 2, comma 4 del Dlgs 228/2011.

Ai fini della predisposizione del DPP, ogni Ministero dovrebbe varare proprie Linee guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche nei settori di propria competenza, secondo lo schema-tipo fornito dal Regolamento attuativo della riforma avviata col Dlgs 228/2011: il DPCM 3 agosto 2012.

Per quanto riguarda le opere marittime, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), attraverso la Direzione generale del MIT per la vigilanza sulle Autorità di Sistema portuale, le infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per vie d’acqua interne”, esercita le competenze di “indirizzo, vigilanza e controllo sulle Autorità di sistema portuale anche con riferimento all’attuazione dei programmi infrastrutturali” e “di programmazione di settore e assegnazione delle risorse finanziarie per la realizzazione di infrastrutture portuali”. [24] Cfr. art. 6, comma 8, del DPCM 11 febbraio 2014, n. 72 .

Il MIT ha elaborato le Linee Guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche nei settori di propria competenza (DM 300 del 16 giugno 2017), regolando l’articolazione dei rapporti fra Ministero ed enti e aziende vigilate nella predisposizione del DPP e nell’attuazione dei compiti di valutazione richiesti dal Dlgs 228/2011.

A proposito della fase del DPP riguardante la valutazione ex ante delle singole opere, regolata dall'art. 4 del decreto legislativo n. 228/2011, il DPCM 3 agosto 2012 prevede:“2.1. La valutazione ex ante delle singole opere è svolta attraverso l'elaborazione degli studi di fattibilità ed è finalizzata ad individuare le soluzioni progettuali ottimali per il raggiungimento degli obiettivi identificati nella valutazione ex ante dei fabbisogni di infrastrutture e servizi.

2.2. Essa viene di norma condotta applicando i principi dell'Analisi costi-benefici (ACB), come consolidati nella letteratura scientifica internazionale e dalle indicazioni metodologiche impartite dalla Commissione Europea e da altri autorevoli organismi. L'analisi costi-benefici viene applicata nell'ambito degli studi di fattibilità o della documentazione equivalente ed è necessaria anche nel caso in cui sia stato già predisposto il progetto preliminare.

La valutazione con l'approccio costi-benefici permette la verifica di modalità e tempi di realizzazione delle opere e presenta gli opportuni indicatori di realizzazione, che saranno oggetto di valutazione ex post.”

(...)

“L'analisi costi-benefici è utilizzata come principale metodologia per la valutazione degli investimenti pubblici proposti e realizzati dalle amministrazioni centrali dello Stato. Qualora non sia possibile quantificare i benefici o misurarli in termini monetari si suggerisce di ricorrere all'analisi costi-efficacia analisi dei fabbisogni infrastrutturali degli obiettivi da realizzare e sulle azioni da intraprendere.”[25] Premessa del DPCM 3 agosto 2012.  

Attraverso ulteriori passaggi, il DPCM citato prevede una gradazione del livello di approfondimento della valutazione ex ante: in attuazione di un principio di proporzionalità nelle attività di valutazione ex ante, introduce la seguente classificazione degli interventi, basata sulla dimensione dell’investimento e sulla possibilità di rientro finanziario del progetto (tramite entrate tariffarie sui servizi offerti in fase di utilizzo dell’opera):

a) Gli interventi di rinnovo del capitale, quali ad esempio manutenzione straordinaria, recupero e ristrutturazione: “a fini valutativi lo studio di fattibilità deve essere incentrato principalmente o esclusivamente sull'analisi delle alternative progettuali e su una approfondita analisi dei costi, individuando dove possibile standard, costi parametrici e costi sostenuti per interventi analoghi. Sotto il profilo delle tecniche valutative sono richieste analisi costi-efficacia, anche sulla base delle indicazioni contenute nell'allegato II.”

b) Nuove opere puntuali di piccola dimensione, inferiori ai 10 milioni di euro, privi di introiti tariffari: “in questi casi si può procedere a predisporre studi di fattibilità semplificati, che attraverso un'attenta analisi della domanda, dei costi e dei principali benefici permettano di dimostrare sinteticamente l'utilità, l'efficienza e l'efficacia degli interventi”.

c) Opere, senza introiti tariffari, superiori ai 10 milioni di euro: “per questi interventi

si richiede: 1) lo studio di fattibilità; 2) l'analisi costi-benefici; 3) l'analisi dei rischi. Nel caso di grandi progetti nell'accezione fatta propria dalla Commissione europea (investimenti superiori ai 50 milioni di euro), costituisce strumento di riferimento la guida per l'analisi costi-benefici adottata dalla Commissione europea ai fini dell'accesso ai fondi strutturali.”

  1. d) Opere di qualsiasi dimensione, per le quali è prevista una tariffazione del servizio: “in questi casi, occorre una redazione esaustiva degli studi di fattibilità in vista di un ampio utilizzo sia dell'analisi economica con il confronto di costi e benefici - già prevista per altre fattispecie - sia dell'analisi finanziaria con specifico riferimento ai piani finanziari (flussi di cassa), tenendo altresì conto delle istruzioni fornite dal CIPE ai fini dell'approvazione delle opere della legge obiettivo che abbiano introiti tariffari (delibera CIPE 27 maggio 2004, n. 11).”
2.2. Normativa sugli appalti pubblici (DLgs 18 aprile 2016, n. 50 e seguenti)

È importante richiamare alcune innovazioni introdotte dal nuovo Codice Appalti (D. Lgs n. 50 del 18 aprile 2016 e successive integrazioni, fra le quali il recente D. Lgs “Correttivo Appalti”), per i loro effetti in materia di appalti pubblici di lavori[26] L’art. 3 del Dlgs 50/2016 riporta le seguenti definizioni:

dd) «contratti» o «contratti pubblici», i contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto l'acquisizione di servizi o di forniture, ovvero l'esecuzione di opere o lavori, posti in essere dalle stazioni appaltanti;

(...)

ll) «appalti pubblici di lavori”, i contratti stipulati per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici aventi per oggetto:

1) l'esecuzione di lavori relativi a una delle attività di cui all’allegato I;

2) l'esecuzione, oppure la progettazione esecutiva e l'esecuzione di un'opera;

3) la realizzazione, con qualsiasi mezzo, di un'opera corrispondente alle esigenze specificate dall'amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore che esercita un'influenza determinante sul tipo o sulla progettazione dell'opera;”

e opere in ambito portuale, ivi inclusi quelli con potenziale di riduzione della CO2.

Il nuovo Codice supera la precedente “Legge Obiettivo”, che stabiliva un percorso dedicato per la programmazione delle infrastrutture strategiche, riconducendo la pianificazione e la programmazione delle infrastrutture prioritarie a due strumenti ordinari, quali il Piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL) e i Documenti pluriennali di pianificazione (DPP) di cui al decreto legislativo n. 228 del 2011.Mentre il PGTL “contiene le linee strategiche delle politiche della mobilità delle persone e delle merci nonché dello sviluppo infrastrutturale del Paese”[27] Comma 2 art .201 del Codice. , il “DPP di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011 n. 228 del 2011, di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, oltre a quanto stabilito dal comma 2dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 228 del 2011, contiene l’elenco delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese, ivi compresi gli interventi relativi al settore dei trasporti e della logistica la cui progettazione di fattibilità è valutata meritevole di finanziamento, da realizzarsi in coerenza con il PGTL.“[28] Comma 3 art. 201 così come modificato dall’art. 119 del correttivo Appalti. Inoltre, il nuovo Codice riforma il ciclo di progettazione delle opere con la finalità di migliorarne la qualità ed eliminare la causa principale del lievitare dei costi delle opere pubbliche, rappresentata da gare su progettazioni preliminari insufficientemente sviluppate. Il nuovo Codice prevede tre, e non più quattro, livelli di progettazione: 1) il progetto di fattibilità tecnica ed economica (che accorpa il precedente “studio di fattibilità” e il “progetto preliminare”), 2) il progetto definitivo e 3) il progetto esecutivo, che viene posto a base di gara.

La nuova forma di “progetto di fattibilità tecnica ed economica” intende rafforzare la qualità non solo tecnica ma anche economica della valutazione preventiva nella prima fase del ciclo di progettazione, dato che esso avrà il compito di individuare, “tra più soluzioni progettuali, quella col miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività”, confermando in questo modo la disciplina sulla valutazione ex ante mediante analisi costi benefici (da condurre al livello di studio di fattibilità), introdotta dal decreto legislativo n. 228/2011 e regolamentata dal DPCM 3 agosto 2012.Nel box 1 è riportato uno stralcio dalle principali norme del Codice di Appalti riguardanti il progetto di fattibilità tecnica ed economica e l’analisi costi benefici (art. 23 del DLgs 50/2016, integrato con le modifiche apportate dal D.Lgs19 aprile 2017, n. 56, “Correttivo Appalti”), [29] In neretto sono evidenziati i passaggi maggiormente pertinenti per le finalità delle presenti Linee Guida. In corsivo è evidenziato il testo introdotto col Correttivo Appalti. dalle quali si evince una coerenza terminologica fra le disposizioni del Codice Appalti e il comma 3 dell’art. 4bis (“Il DPEA individua (...) gli interventi e le misure da attuare per il perseguimento dei traguardati obiettivi, dando conto per ciascuno di essi della preventiva valutazione di fattibilità tecnico-economica, anche mediante analisi costi-benefici”).

Box 1

Stralcio art. 23 del Codice Appalti, di pertinenza per le linee guida

“1. La progettazione in materia di lavori pubblicisi articola, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo ed è intesa ad assicurare:

a) il soddisfacimento dei fabbisogni della collettività;

b) la qualità architettonica e tecnico funzionale e di relazione nel contesto dell’opera;

c) la conformità alle norme ambientali, urbanistiche e di tutela dei beni culturali e paesaggistici, nonché il rispetto di quanto previsto dalla normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza;

d) un limitato consumo del suolo;

e) il rispetto dei vincoli idro‐geologici, sismici e forestali nonché degli altri vincoli esistenti;

f) il risparmio e l’efficientamento ed il recupero energetico nella realizzazione e nella successiva vita dell’opera, nonché la valutazione del ciclo di vita e della manutenibilità delle opere;

g) la compatibilità con le preesistenze archeologiche;

h) la razionalizzazione delle attività di progettazione e delle connesse verifiche attraverso il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture;

i) la compatibilità geologica, geomorfologica, idrogeologica dell’opera;

l) accessibilità e adattabilità secondo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di barriere architettoniche. (2…) 3. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, su proposta del Consiglio superiore dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo sono definiti i contenuti della progettazione nei tre livelli progettuali. Con il decreto di cui al primo periodo è, altresì, determinato il contenuto minimo del quadro esigenziale che devono predisporre le stazioni appaltanti. Fino alla data di entrata in vigore di detto decreto, si applica l’articolo 216, comma 4.

3-bis (..)Con ulteriore decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta del Consiglio superiore dei lavori pubblici, sentita la Conferenza Unificata, è disciplinata una progettazione semplificata degli interventi di manutenzione ordinaria fino a un importo di 2.500.000 euro. Tale decreto individua le modalità e i criteri di semplificazione in relazione agli interventi previsti.”

  1. La stazione appaltante, in rapporto alla specifica tipologia e alla dimensione dell’intervento indica le caratteristiche, i requisiti, gli elaborati progettuali necessari per la definizione di ogni fase della progettazione. È consentita, altresì, l’omissione di uno o di entrambi i primi due livelli di progettazione, purché il livello successivo contenga tutti gli elementi previsti per il livello omesso, salvaguardando la qualità della progettazione.
  2. Il progetto di fattibilità tecnica ed economica individua, tra più soluzioni, quella che presenta il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività, in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e prestazioni da fornire. Ai soli fini delle attività di programmazione triennale dei lavori pubblici e dell’espletamento delle procedure di dibattito pubblico di cui all’articolo 22 nonché dei concorsi di progettazione e di idee di cui all’articolo 152, il progetto di fattibilità può essere articolato in due fasi successive di elaborazione. In tutti gli altri casi, il progetto di fattibilità è sempre redatto in un’unica fase di elaborazione. Nel caso di elaborazione in due fasi, nella prima fase il progettista, individua ed analizza le possibili soluzioni progettuali alternative, ove esistenti, sulla base dei principi di cui al comma 1, e redige il documento di fattibilità delle alternative progettuali secondo le modalità indicate dal decreto di cui al comma 3. Nella seconda fase di elaborazione, ovvero nell’unica fase, qualora non sia redatto in due fasi, il progettista incaricato sviluppa, nel rispetto dei contenuti del documento di indirizzo alla progettazione e secondo le modalità indicate dal decreto di cui al comma 3, tutte le indagini e gli studi necessari per la definizione degli aspetti di cui al comma 1, nonché elaborati grafici per l’individuazione delle caratteristiche dimensionali, volumetriche, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare e le relative stime economiche, ivi compresa la scelta in merito alla possibile suddivisione in lotti funzionali. Il progetto di fattibilità deve consentire, ove necessario, l’avvio della procedura espropriativa.

“5-bis. Per le opere proposte in variante urbanistica ai sensi dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, il progetto di fattibilità tecnica ed economica sostituisce il progetto preliminare di cui al comma 2 del citato articolo 19 ed è redatto ai sensi del comma 5.”;

  1. Il progetto di fattibilità è redatto sulla base dell’avvenuto svolgimento di indagini geologiche, idrogeologiche, idrologiche, idrauliche, geotecniche, sismiche, storiche, paesaggistiche ed urbanistiche, di verifiche preventive dell’interesse archeologico, di studi preliminari sull’impatto ambientale e evidenzia, con apposito adeguato elaborato cartografico, le aree impegnate, le relative eventuali fasce di rispetto e le occorrenti misure di salvaguardia, deve, altresì, ricomprendere le valutazioni ovvero le eventuali diagnosi energetiche dell’opera in progetto, con riferimento al contenimento dei consumi energetici e alle eventuali misure per la produzione e il recupero di energia anche con riferimento all’impatto sul piano economico-finanziario dell’opera; indica, inoltre, le caratteristiche prestazionali, le specifiche funzionali, le esigenze di compensazioni e di mitigazione dell’impatto ambientale, nonché i limiti di spesa, calcolati secondo le modalità indicate dal decreto di cui al comma 3, dell’infrastruttura da realizzare ad un livello tale da consentire, già in sede di approvazione del progetto medesimo, salvo circostanze imprevedibili, l’individuazione della localizzazione o del tracciato dell’infrastruttura nonché delle opere compensative o di mitigazione dell’impatto ambientale e sociale necessarie.

 

In base ai correttivi recentemente apportati al Codice, la valutazione di fattibilità di un intervento dovrà avvenire in due fasi:

  •  in una prima fase viene effettuata l’analisi di fattibilità delle alternative progettuali (documento di fattibilità delle alternative progettuali) in cui sono realizzate le analisi che precedentemente erano richieste per lo studio di fattibilità (art. 14 del DPR 5 ottobre 2010, n. 207), fra le quali l’analisi della domanda, l’analisi delle possibili alternative progettuali; l’analisi dell’offerta in base alla soluzione realizzativa individuata; l’analisi economico-finanziaria (costi e ricavi); l’analisi della fattibilità economica e sociale (analisi costi benefici);
  •  in una seconda, eventuale, fase sono condotti gli approfondimenti e studi necessari per accertare la fattibilità tecnica della soluzione più conveniente per la collettività (cfr. elenco del comma 1 dell’art. 23), e procedere con le ulteriori fasi di progettazione e con le operazioni di propedeutiche (ottenimento delle linee di credito, espropri, etc.) finalizzate alla realizzazione dell’opera.

Le linee guida del MIT per la valutazione degli investimenti pubblici (“Linee guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche nei settori di competenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti” del 14 novembre 2016) realizzano il necessario raccordo, in chiave attuativa della normativa vigente, fra la fase di definizione degli obiettivi strategici della politica nazionale dei trasporti e la fase di programmazione degli interventi, incentrata sui progetti di fattibilità tecnica ed economica e, in particolare, sulla valutazione ex ante mediante analisi costi benefici.

Ai fini della predisposizione del DPP, gli enti vigilati (come le AdSP) e le altre amministrazioni che usufruiscono delle risorse finanziarie del MIT (regioni, etc.), trasmettono al Ministero le proprie proposte di interventi di preminente interesse nazionale, includendo il progetto di fattibilità, redatto in base a quanto previsto dalla disciplina illustrata. Il Ministero, verificata la coerenza della valutazione ex ante dell’intervento effettuata dal soggetto proponente con le modalità e i criteri definiti dalle Linee Guida, e verificata la rilevanza dell’interventi nel raggiungimento degli obiettivi indicati nel PGTL o altri strumenti sovraordinati al DPP (es. Piani regolatori delle AdSP), procede al suo inserimento nel DPP, definendone il livello di priorità.

2.3. Normativa comunitaria

Si ricorda, infine, che la valutazione ex ante dei progetti d’investimento mediante analisi costi- benefici è richiesta dalla normativa europea sull’utilizzo dei fondi comunitari perlomeno nei seguenti casi, tutti riferiti a progetti di notevole dimensione finanziaria: [30] L’elenco non è esaustivo. Si citano i fondi europei maggiormente utilizzati per la realizzazione delle opere portuali.

  •  “grandi progetti” di investimento a valere sulle risorse dei programmi operativi nazionali co-finanziati con risorse comunitarie (> 50 milioni di euro); [31] Cfr. artt. 101-102 del Regolamento n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, il Regolamento delegato n. 480/2014 della Commissione del 3 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1303/2013, e l’Allegato 3 del Regolamento di esecuzione 207/2015 della Commissione, del 20 gennaio 2015, che regolamenta la metodologia di esecuzione dell'analisi costi- benefici ai sensi del Regolamento 1303/2013.  
  • progetti di interesse comune soggetti a finanziamento comunitario (TEN-T [32] Cfr. artt. 2,7 e 51 del Regolamento 1315/2013 sulle linee guida per lo sviluppo delle TEN-T. ), anche qualora finanziati mediante la CEF (Connecting Europe Facility).[33] Cfr. art 10.6 del Regolamento 1316/2013 sul Meccanismo per collegare l’Europa (CEF). 

 

3. ALLEGATO 3: IL MODELLO PER LA QUANTIFICAZIONE DEI COSTI ESTERNI: LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE DELLE ESTERNALITÀ AMBIENTALI NELL’ACB

Di seguito si riportano le procedure e i parametri da adottare per la valutazione delle esternalità ambientali ricorrendo alle tre tecniche illustrate nel cap. 5. Le AdSP potranno utilizzare parametri diversi laddove lo ritengano necessario, ad esempio per la specificità del contesto. In questo caso, il valutatore dovrà illustrare in modo esaustivo i motivi di tale scelta, citando le fonti utilizzate o i risultati delle indagini sul campo effettuate.

3.1. Analisi costi - benefici completa

Facendo riferimento al cap. 5.4.1, nel caso di analisi costi - benefici completa, dovranno essere quantificate non solo tutte le pertinenti voci di costo e di beneficio “interno” al progetto (costi d’investimento, di esercizio, eventuali ricavi e ulteriori benefici economici diretti interni non finanziari), ma anche i benefici esterni (costi esterni ambientali evitati) dell’intervento energetico-ambientale. Il riferimento metodologico da seguire per la conduzione dell’ACB completa è costituito dal cap. 3 delle Linee guida del MIT per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche (DM 300 del 16 giugno 2017), eventualmente integrato da Guide to Cost-Benefit Analysis of Investment Projects (2014) della European Commission-DG for Regional and Urban Policy. Per semplicità di calcolo, si raccomanda di impostare l’ACB ai prezzi correnti di un anno base (generalmente l’anno in cui sono fatte le stime dei costi), evitando in questo modo di fare assunzioni sul futuro andamento dei prezzi. Per il calcolo dell’indicatore benefici/costi, i benefici e i costi individuati per ciascuna annualità, nella vita tecnica del progetto, dovranno essere attualizzati all’anno base mediante il tasso sociale reale di sconto raccomandato dal cap. 3.7.3 delle Linee guida del MIT per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche (DM. 300 del 16 giugno 2017).

3.2. Analisi costi-benefici semplificata

Facendo riferimento al cap. 5.4.2 delle presenti Linee Guida, nel caso di analisi costi- benefici semplificata, dovranno essere quantificati esclusivamente i costi di investimento e di esercizio (denominatore del rapporto benefici-costi) e i benefici ambientali (costi esterni ambientali evitati - numeratore del rapporto benefici-costi) dell’intervento energetico- ambientale rispetto allo scenario alternativo di riferimento. Nella quantificazione economica di queste voci, il riferimento metodologico da seguire rimane il cap. 3 delle citate Linee guida del MIT, eventualmente integrato da Guide to Cost-Benefit Analysis of Investment Projects (2014) della European Commission-DG for Regional and Urban Policy. In particolare, i costi individuati per ciascuna annualità nella vita tecnica del progetto dovranno essere attualizzati all’anno base mediante il tasso sociale reale di sconto raccomandato dal cap. 3.7.3 delle Linee guida del MIT per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche (DM. 300 del 16 giugno 2017).

3.3. Analisi costi-efficacia

Nel caso di analisi costo-efficacia dovrà essere quantificato l’indicatore di costo-efficacia descritto nel cap. 5 delle presenti Linee Guida. Pertanto, dovranno essere quantificati rispettivamente i costi di investimento (al denominatore dell’indicatore risultati-costi) e i benefici ambientali, ovvero le tonnellate di emissioni equivalenti evitate (numeratore dell’indicatore risultati-costi) dell’intervento energetico-ambientale rispetto allo scenario alternativo. Se l’esborso finanziario dell’investimento è previsto su diverse annualità, i costi di investimento dovranno essere attualizzati all’anno base della valutazione utilizzando il tasso sociale reale di sconto raccomandato dal cap. 3 delle Linee guida del MIT per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche (DM. 300 del 16 giugno 2017). Per quanto riguarda i risultati ambientali dell’intervento, come anticipato nel cap. 5 si raccomanda di utilizzare la seguente formula:

a*ton CO2 evitate + b* ton PM2,5 evitate + c * ton NOx evitate

CInv

Dove:

ton CO2 evitate, ton PM2,5 evitate, ton NOx evitate sono i quantitativi delle emissioni annuali evitate dal progetto energetico-ambientale nel periodo di riferimento, rispetto allo scenario alternativo, e i parametri a, b, c esprimono i fattori equivalenza alle emissioni di CO2[34] I fattori di equivalenza sono stati ricavati dai costi esterni per tonnellata di inquinante (euro2010/t) riportati nella tab. A4_5 delle Linee Guida del MIT (2017), opportunamente aggiornati ai prezzi dell’anno base dei valori monetari del presente lavoro (2015) in base all’indice HICP di Eurostat. Nel caso del PM2,5 è stato considerato il valore unitario relativo alle aree urbane, considerato che la maggior parte dei porti nazionali è collocato in zone con elevata densità di popolazione.  :

a = 1 b = 2193 c = 120

Si ricorda che, per applicare la formula, ogni progetto dovrà preliminarmente soddisfare la condizione tonCO2evitate >0 (cioè deve ridurre le emissioni di CO2).

Di seguito sono forniti i riferimenti metodologici per la conduzione dell’ACB e, in particolare, per la quantificazione delle voci di costo/beneficio esterno ambientale, per le principali tipologie di intervento energetico-ambientale in ambito portuale.

3.4. Progetti di produzione di energia elettrica mediante fonti rinnovabili

a) Fonti rinnovabili senza combustione (eolico, fotovoltaico, moto ondoso e altre) ACB completa e semplificata

Il beneficio ambientale del progetto è calcolato in base ai costi esterni specifici (euro/MWhel) evitati, riferiti alla produzione di energia elettrica mediante impianti termoelettrici (a combustibili fossili e bioenergie). La colonna 1 della tabella A fornisce i valori standard dei costi esterni del mix di fonti degli impianti termoelettrici, da considerare come benefici degli impianti a fonti rinnovabili (bioenergie escluse), calcolati per il periodo 2015-2030 sulla base degli obiettivi al 2030 della Strategia Energetica Nazionale (2017). I valori di costo esterno tengono conto dei danni sanitari, all’agricoltura, ai materiali e alla biodiversità associati alle emissioni di gas serra (CO2, CH4, N2O), di sei inquinanti atmosferici (SOx, NOx, NMVOC, NH3, PM2.5, PM2.5-10), di nove metalli pesanti (Cd, As, Ni, Pb, Hg, Cr, Cu, Se, Zn) e di alcuni inquinanti in traccia (Diossine e HCB). [35] Fonti utilizzate: Valori di danno unitario per l’Italia tratti da NEEDS (2008) e Exiopol (2010).

NEEDS (2008): Preiss P., Friedrich R. and Klotz V., Report on the procedure and data to generate averaged/aggregated data, Deliverable n. 1.1 - RS 3a, NEEDS project, 6th FRP

http://www.needs-project.org/2009/Deliverables/RS3a%20D1.1.zip

Exiopol (2010): Wolf Müller, Philipp Preiss, Volker Klotz, Rainer Friedrich, External Cost Values for EE SUT Framework, Final report providing external cost values to be applied in an EE SUT framework, Exiopol DIII.1.b-2, IER University Stuttgart, march 2010. http://www.feem-project.net/exiopol/index.php .

I costi esterni delle emissioni di CO2sono stati quantificati applicando alle emissioni il valore monetario centrale della tabella A4_12 delle Linee guida del MIT per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche (DM. 300 del 16 giugno 2017), a sua volta desunto dal Manuale della EC-DG MOVE “Update of the Handbook on External Costs of Transport”, 2014.

Una volta individuati i costi esterni evitati del progetto, si può procedere al calcolo dei benefici ambientali assoluti nella vita tecnica del progetto: per ogni progetto di impianto a fonti rinnovabili, il quantitativo annuale atteso di elettricità ceduta alla rete dovrà essere moltiplicato per i corrispondenti benefici ambientali attesi (del medesimo anno). Per annualità oltre il 2030, potranno essere presi come riferimento i valori standard del 2030. Analisi costi-efficacia

Il beneficio ambientale del progetto è calcolato in base alle emissioni evitate di CO2, di PM2,5 e di NOx per ogni kWh di energia elettrica prodotta dal progetto a rinnovabili, espresse in termini di CO2 equivalenti. Il valore standard di beneficio unitario (gCO2 eq.evitate/kWh), calcolato in base al mix di fonti degli impianti termoelettrici nel 2015[36] Tale valore è stato calcolato a partire dalle emissioni specifiche di CO2, NOx e PM2,5 per il mix di impianti termoelettrici (combustibili fossili e biomasse), individuate in base ai dati ISPRA sui consumi ed emissioni delle centrali e ai dati TERNA sui rendimenti del parco termoelettrico, applicando il fattore di equivalenza alle emissioni di CO2 desunto dalla tab. A4_5 delle Linee Guida del MIT (2017).  è

gCO2 evitate/kWh+gPM2,5 evitate/kWh+gNOx evitate/kWh = 539,2 gCO2eq evitate/kWh

Nella sua formula più semplice (invarianza del beneficio unitario annuo), l’indicatore di costo-efficacia per l’intervento energetico-ambientale sarà espresso dal totale delle tonnellate di CO2 equivalenti nell’arco di vita per euro di investimento del progetto:

539,2 tonCO2 eq /GWh*GWh di produzione annua dell’impianto*numero di anni di vita
___________________________________________________________
CInv

b) Bioenergie (biomasse, bioliquidi e altre)

 

ACB completa e semplificata

Il beneficio ambientale del progetto è calcolato in base ai costi esterni specifici (euro/MWhel) evitati, derivanti dalla differenza fra i costi esterni della produzione di energia elettrica mediante impianti termoelettrici a combustibili fossili e quelli mediante bioenergie. La colonna 2 della tabella A fornisce i valori standard dei benefici ambientali (costi esterni evitati) degli impianti di produzione mediante bioenergie, calcolati per il periodo 2015-2030 sulla base degli obiettivi al 2030 della Strategia Energetica Nazionale (2017). I valori di costo esterno tengono conto dei danni sanitari, all’agricoltura, ai materiali e alla biodiversità associati alle emissioni di gas serra (CO2, CH4, N2O), di sei inquinanti atmosferici (SOx, NOx, NMVOC, NH3, PM2.5, PM2.5-10), di nove metalli pesanti (Cd, As, Ni, Pb, Hg, Cr, Cu, Se, Zn) e di alcuni inquinanti in traccia (Diossine e HCB) dei suddetti impianti. Negli impianti a bioenergie, le emissioni di CO2sono state considerate nulle in accordo con le metodologie raccomandate negli inventari sulle emissioni (neutralizzazione attraverso corrispondente assorbimento di CO2della biomassa).

Una volta individuati i costi esterni specifici evitati del progetto, si può procedere al calcolo dei benefici ambientali assoluti negli anni di vita tecnica del progetto: il quantitativo annuale atteso di elettricità ceduta alla rete dovrà essere moltiplicato per i corrispondenti benefici ambientali annuali.

Analisi costi-efficacia

Il beneficio ambientale del progetto è dato dalla differenza fra le emissioni di CO2, di PM2,5 e di NOx per ogni kWh di energia elettrica prodotta con impianti a combustibili fossili (554,4 gCO eq /kWh, in base al mix nazionale del 2015, escludendo le biomasse) e le emissioni per kWh degli impianti che utilizzano bioenergie (147,5 gCO eq /kWh). Il valore standard di beneficio unitario (gCO2 equivalenti evitate /kWh) è

(554,4–147,5)=406,9gCOeq evitate/kWh

L’indicatore di costo-efficacia per l’intervento energetico-ambientale sarà espresso dal

totale delle t di CO2 equivalenti nell’arco di vita per euro di investimento del progetto:

406,9 tCO2 eq/GWh * GWh di produzione annua dell’impianto * numero di anni di vita
__________________________________________________________
CInv

3.5. Progetti di efficienza energetica

a) Progetti di efficienza negli usi finali di energia elettrica (risparmio di energia elettrica)

Nei progetti di efficienza negli usi finali di energia elettrica il beneficio ambientale è dato dai costi esterni ambientali evitati associati al risparmio di energia elettrica.

Considerato che la produzione da fonti rinnovabili gode di priorità di dispacciamento, si assume che il risparmio energetico negli usi finali comporti una minor produzione interamente ascrivibile agli impianti che usano combustibili fossili.

Inoltre, occorre tener conto dei benefici ambientali aggiuntivi mediamente associati ai minori consumi ausiliari e alle minori perdite di rete (in base al bilancio elettrico nazionale si stima che questi corrispondano circa al 12%).

La colonna 3 della tabella A fornisce i valori standard dei costi esterni evitati, riferiti al mix nazionale di fonti fossili, da considerare come benefici ambientali dei progetti di efficienza energetica negli usi finali di elettricità, calcolati per il periodo 2015-2030 sulla base degli obiettivi al 2030 della Strategia Energetica Nazionale (2017) [37] Tali valori sono stati calcolati a partire dalle emissioni specifiche del mix di impianti termoelettrici, individuate in base ai dati ISPRA sui consumi energetici ed emissioni delle centrali e in base ai dati TERNA sui rendimenti del parco termoelettrico, applicando i valori di danno della CO2 delle linee guida del MIT. Per gli altri inquinanti in atmosfera sono stati considerati i pertinenti valori di costo marginale delle emissioni, individuati fra i valori di danno differenziati per altezza del camino (camini alti e intermedi, per le centrali termoelettriche) e ambito (urbano/extraurbano), forniti dai progetti NEEDs (2008) ed Exiopol (2010), ripresi a loro volta dalle Linee Guida del MIT per i valori di costo marginale riguardanti le fonti di emissione al livello del suolo (tab. A 4_5). I valori costo esterno del mix di produzione elettrica, inizialmente calcolati al 2015, sono stati poi ricalcolati per al 2030 per tener conto dei due obiettivi della SEN 2017, di graduale eliminazione del ricorso al carbone e di ulteriore incremento delle rinnovabili elettriche. Per quest’ultime è stato assunto un livello obiettivo di 173 TWh al 2030 di produzione nazionale da fonti rinnovabili (108.9 TWh nel 2015).  .

I costi esterni specifici sono previsti diminuire nel tempo in funzione della progressiva riduzione della produzione da carbone e del progressivo incremento della quota del gas naturale.

Per ogni progetto di efficienza energetica dovrà essere quantificato il risparmio annuale atteso nei consumi di energia elettrica, nella vita tecnica dell’intervento; per ogni anno, esso dovrà essere moltiplicato per il valore di beneficio ambientale specifico (euro2015/MWh) di ogni annualità, riportato in colonna 3 della tabella A.

 

Tabella A: Valori di beneficio ambientale per gli impianti a fonti rinnovabili e per gli interventi di efficienza negli usi di elettricità, euro2015 / MWh

 

 

Analisi costi-efficacia

Nei progetti di efficienza negli usi finali di energia elettrica il beneficio ambientale è dato dalle emissioni evitate associate al risparmio di energia elettrica. Tenendo conto dei consumi ausiliari e delle perdite di rete, il valore standard di beneficio unitario per CO2, NOx e PM2,5 nel 2015[38] I consumi ausiliari e le perdite di rete comportano un incremento di produzione di circa il 12% rispetto all’energia finale consumata.  è di 620,4 gCO eq evitate /kWh

b) Progetti di efficienza energetica nel riscaldamento degli edifici

Efficienza energetica nella produzione di calore residenziale

Nei progetti di efficienza energetica nella produzione di calore, il beneficio ambientale è dato dai costi esterni ambientali evitati della produzione di energia termica in relazione all’energia primaria del combustibile risparmiato. La colonna 1 della tabella B riporta i costi esterni specifici standard (euro2015/MWh di energia) della produzione di energia termica per le seguenti tipologie di combustibile usato dall’impianto di riscaldamento: legname e biomasse, gasolio, gas naturale e GPL. Per semplicità, tali valori sono assunti costanti nel periodo 2015-2030. Va calcolata preliminarmente l’energia primaria risparmiata dall’intervento di efficienza, a parità di energia finale resa (calore prodotto), per poi applicare il valore di costo esterno specifico della colonna 1, tabella B.

Ai fini dell’analisi costi – efficacia, la colonna 2 della tabella B riporta le emissioni specifiche per CO2, NOx e PM2,5 nel 2015 per tipo di combustibile dell’impianto di riscaldamento, desunte dai fattori di emissione riportati dall’inventario ISPRA e successivamente aggregate in termini di CO2 equivalente adoperando i fattori di equivalenza indicati all’inizio del capitolo. Anche in questo caso, la procedura richiede di calcolare preliminarmente l’energia primaria risparmiata, a parità di energia finale resa (calore prodotto), per poi applicare il dato di emissioni specifiche della colonna 2, tabella B.

Cambiamento del combustibile nella produzione di calore residenziale

Nel caso di interventi energetico-ambientali che comportino una riduzione delle emissioni di CO2 mediante cambiamento del tipo di combustibile utilizzato, si dovrà calcolare il beneficio ambientale netto dell’intervento a parità di calore prodotto. La procedura richiede di calcolare distintamente l’energia primaria consumata nello scenario con intervento rispetto allo scenario alternativo, a parità di energia finale resa (kWh di calore prodotto), per poi applicare ai quantitativi ottenuti di energia primaria i pertinenti valori di costo esterno riportati nella colonna 1 della tabella B. Il beneficio ambientale specifico netto sarà dato dalla differenza fra i costi esterni associati all’uso del vecchio combustibile e quelli del nuovo combustibile, a parità di energia finale resa. Infine, il beneficio ambientale netto annuale sarà dato dal prodotto fra il beneficio specifico e la produzione annuale attesa di calore.

Nell’analisi costi - efficacia vanno utilizzate le emissioni specifiche riportate nella colonna 2 della tabella B (differenza fra le emissioni specifiche del vecchio combustibile e quelle del nuovo combustibile)

Tabella B: Valori di beneficio ambientale per il risparmio di energia primaria del combustibile, per tipo di combustibile utilizzato dagli impianti di riscaldamento (valori in euro2015 / MWh)

 

 

 

 

 

Riduzione del fabbisogno energetico dell’edificio

Negli interventi di riqualificazione energetica dell’edificio (diversi dagli interventi sull’impianto di produzione del calore), il beneficio ambientale è dato dai costi esterni ambientali evitati della produzione e distribuzione del calore in relazione all’energia finale risparmiata. In questo caso si raccomanda di applicare i costi esterni specifici standard (euro2015 / MWhth) riferiti al mix nazionale atteso di combustibili usati per il riscaldamento residenziale riportati nella tabella C. [39] Il calcolo tiene conto dei rendimenti medi delle apparecchiature di generazione del calore, in funzione del tipo di combustibile e di un 10% forfetario di perdite di energia nella fase finale di distribuzione del calore. I valori di beneficio ambientale del risparmio di calore sono previsti in riduzione nel periodo 2015-2030, come conseguenza di una maggior penetrazione delle rinnovabili termiche e della variazione del mix di combustibili fossili (aumento della quota del gas naturale e riduzione della quota degli impianti a biomasse e a gasolio).  La riduzione del fabbisogno annuodi calore dell’edificio (espressa in MWhth), apportata dall’intervento di riqualificazione energetica, sarà moltiplicata per il beneficio ambientale degli anni in cui si realizza il risparmio di energia (periodo temporale di riferimento del progetto); per gli anni oltre il 2030 si può utilizzare il valore del 2030.

Tabella C: Valori di beneficio ambientale per il risparmio di calore associato all’intervento di riqualificazione energetica, riferiti al mix atteso di combustibili per il riscaldamento nel periodo 2015-2030 (valori in euro2015 / MWhth)

 

 

Nell’analisi costi - efficacia, il beneficio ambientale dell’intervento di riqualificazione energetica degli edifici è dato dalle emissioni specifiche evitate di CO2, NOx e PM2,5 della produzione e distribuzione del calore in relazione all’energia finale risparmiata, pari a 1186,8 kg CO2 eq/ MWhth (10% di perdite nella distribuzione). Il minor fabbisogno annuo di calore dell’edificio sarà moltiplicato per le emissioni specifiche evitate e per il numero di anni in cui si realizza il risparmio di energia (periodo temporale di riferimento del progetto).

3.6. Altri interventi energetico - ambientali

Nei precedenti paragrafi 3.4 e 3.5 sono stati classificati i principali interventi che possono essere realizzati per ottenere una riduzione delle emissioni di CO2, per i quali sono stati calcolati i relativi benefici ambientali. Di seguito sono elencati altri interventi possibili, per i quali si rimanda ai criteri generali di valutazione dei costi esterni, richiamati ai punti 3.6.1, 3.6.2, 3.6.3.

a) Progetti di riduzione della CO2 mediante elettrificazione (stazioni di allaccio alla rete delle navi in banchina, gru mobili, pompe di calore, veicoli elettrici, ecc)

Per questi progetti l’analisi dovrà includere la quantificazione dei benefici ambientali evitati dall’intervento di elettrificazione (rispetto alla soluzione basata su combustibili fossili) includendo nella valutazione non solo i costi esterni ambientali dello scenario senza intervento ma anche i costi esterni ambientali del MWhel prelevato dalla rete elettrica. Per quanto riguarda i primi, il progetto dovrà quantificare i consumi di combustibile e le emissioni in atmosfera della soluzione alternativa (scenario senza intervento) per poi applicare i valori standard di costo esterno delle emissioni riportati nell’Allegato 3[40] Nell’analisi costi efficacia la procedura richiede la quantificazione delle emissioni in atmosfera per CO2, NOx e PM2,5, la loro aggregazione in base ai fattori di equivalenza alle emissioni di CO2 (120 per NOx e 2193 per PM2,5,) e il calcolo dell’indicatore che rapporta le emissioni al costo dell’investimento. . Per quanto riguarda i costi esterni del MWhel prelevato dalla rete di distribuzione, i valori standard sono riportati nella colonna 3 della tab. A[41] Nell’analisi costi efficacia, il valore standard di beneficio unitario per CO2, NOx e PM2,5 nel 2015 è di 620,4 gCO eq ev. /kWh  .

Di seguito si riportano due esempi.

Impianto di distribuzione di energia alle navi in banchina (shore side electricity): nello scenario con intervento è necessario considerare i costi esterni ambientali dell’energia prelevata dalla rete; nello scenario alternativo bisogna quantificare i costi esterni associati alle emissioni in atmosfera dell’autoproduzione di elettricità da parte delle navi ormeggiate in porto.[42] Data la possibilità per le navi di utilizzare diversi tipi di combustibile, è opportuno ipotizzare il combustibile più conveniente disponibile in porto (il tenore di zolfo del combustibile petrolifero deve rispettare limite dello 0,1%, ai sensi della normativa vigente).

Installazione di pompe di calore elettriche: nello scenario con intervento è necessario considerare i costi esterni ambientali dell’energia elettrica prelevata dalla rete; nello scenario alternativo bisogna quantificare i costi esterni associati alle emissioni della produzione di calore mediante impianti di riscaldamento (valori del mix nazionale riportati nella tabella C). Il confronto sarà fatto sulla base del COP (Coefficient of Performance) della pompa di calore, che rapporta l’energia termica resa all’energia elettrica consumata (MWhth/MWhel), calcolando in questo modo i costi esterni ambientali che si verificherebbero per produrre la medesima quantità di energia termica resa dalla pompa di calore ricorrendo a impianti di riscaldamento a combustibili fossili

Si ricorda che, nell’applicazione delle tre tecniche raccomandate di valutazione ex ante, il numeratore dei rispettivi indicatori di sintesi dovrà innanzitutto evidenziare la sussistenza di un beneficio netto del progetto di segno positivo, evitando la possibilità di fornire sostegno a progetti con costi ambientali netti per la collettività.[43] Ovviamente, per le due tecniche di ACB monetaria (ACB completa e semplificata) l’indicatore di sintesi dato dal rapporto fra i benefici e i costi dovrà anche assicurare un valore di beneficio superiore ai costi.

b) Progetti di riduzione della CO2 nella logistica portuale (mezzi di movimentazione) e nei trasporti

In questa categoria rientrano, ad esempio, gli interventi di sostituzione di mezzi di trasporto con mezzi a GNL, o gli interventi di sostituzione di mezzi di movimentazione (reachstacker, motrici, gru mobili) con versioni a minor consumo o con alimentazioni alternative diverse dall’elettricità (GPL, GNC, GNL e idrogeno, ai sensi della direttiva DAFI).

Per questo tipo di progetti, l’ACB (completa e semplificata) dovrà valutare i costi esterni evitati dell’intervento rispetto allo scenario alternativo, prendendo in esame le seguenti categorie di esternalità ambientali, tipiche dei mezzi di trasporto:

  • costi esterni delle emissioni di gas serra (cfr. §3.6.1);
  • costi esterni delle emissioni inquinanti in atmosfera (cfr. §3.6.2)

-  rumore (valutazione necessaria se l’intervento comporti una riduzione o –a maggior

ragione- un peggioramento delle emissioni sonore) (cfr. §3.6.3);

-  incidentalità (valutazione necessaria se l’intervento comporti una riduzione o un peggioramento dei rischi di incidente dovuti all’operatività in porto dei mezzi di

carico-scarico merci e dei mezzi di trasporto) (cfr. §3.6.3);

-  congestione da traffico stradale (valutazione necessaria se l’intervento energetico-

ambientale comporti una mitigazione o un peggioramento dell’intensità di traffico in porto) (cfr. §3.6.3).

3.6.1. Costi esterni delle emissioni di gas serra

Il riferimento metodologico da seguire per la valutazione monetaria dei benefici di riduzione delle emissioni di CO2 è costituito dal valore centrale della tabella A4_12 delle Linee guida del MIT per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche (2016), a sua volta desunto dal Manuale della EC-DG MOVE “Update of the Handbook on External Costs of Transport”, 2014. Dato che tale valore (90 euro/tonn. CO2) è di riferimento per l’intera Unione Europea ed è espresso ai prezzi del 2010, esso dovrà essere aggiornato ai prezzi dell’anno di riferimento dell’ACB in base all’indice dei prezzi al consumo delle famiglie nell’UE (HICP-Harmonised Index of Consumer Price). [44] Fonte: Eurostat: http://ec.europa.eu/eurostat/web/hicp/data/database

Per la valutazione monetaria degli altri gas serra, diversi dalla CO2, si farà riferimento alla tabella di fattori di equivalenza alle emissioni di CO2, basata sul Global Warming Potential  (GWP), ripresa dal sito IPCC, Fourth Assessment Report, al link https://www.ipcc.ch/publications_and_data/ar4/wg1/en/ch2s2-10-2.html[45] Ovvero l’analoga tabella inclusa nel 5° Rapporto IPCC  

3.6.2. Costi esterni delle emissioni inquinanti in atmosfera

Il riferimento metodologico da seguire per la valutazione monetaria dei benefici di riduzione delle emissioni di SO2, NOx, NMVOC, e PM2,5 da fonti terrestri poste a livello del suolo o con camini bassi, associati agli interventi energetico-ambientali in porto, è costituito dalla tabella A4_5 delle Linee guida del MIT per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche (DM. 300 del 16 giugno 2017), a sua volta desunta dai valori di danno unitario delle emissioni dei camini a livello del suolo (low high of release) del progetto NEEDS-CASES (2008) riportati dal Manuale della EC-DG MOVE “Update of the Handbook on External Costs of Transport”, 2014. Tali valori vanno applicati anche alle emissioni delle navi, quando in fase di stazionamento in banchina o in manovra di avvicinamento / allontanamento in porto.

 

Dato che le emissioni delle navi in fase di navigazione si verificano in un contesto marittimo privo di popolazione esposta a scala locale (intorno della fonte), si raccomanda di utilizzare i valori specifici della tabella G, anch’essi desunti dal progetto NEEDS e riferiti alla fase di navigazione nel Mediterraneo.

Tabella G: Costi marginali delle emissioni inquinanti nel Mediterraneo per tonnellata emessa nel 2010 (low height of release) (euro2010/tonn 2010)

2010
SO2 6.766
NOx 1.894
NMVOC 760
PM2,5 18.502

 

Fonte: NEEDS, Report on the procedure to generate average/Aggregated data, RS3A WP1

3.6.3. Costi esterni del rumore, dell’incidentalità e della congestione

Il riferimento metodologico da seguire per la valutazione monetaria di eventuali benefici di riduzione del rumore, dell’incidentalità e della congestione associati agli interventi energetico-ambientali in porto, è costituito dai cap. 2.4, 2.2, 2.1 dell’Appendice delle Linee guida del MIT (DM. 300 del 16 giugno 2017), le cui tabelle sono state desunte dal Manuale della EC-DG MOVE “Update of the Handbook on External Costs of Transport”, 2014.

 

 

 

 

5. ALLEGATO 5: RIFERIMENTI NORMATIVI SUI PORTI

In aggiunta ai fondamentali riferimenti normativi citati nel testo, vengono di seguito indicate numerose normative Internazionali, Europee e Nazionali, delle quali è necessario tener conto nella redazione di un DEASP.

  • Direttiva 2000/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2000, relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico (recepita dal Decreto Legislativo 24 giugno 2003, n. 182), come modificata dalla Direttiva 2007/71/CE (recepita con DM MATTM del 1° luglio 2009)
  • La Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio COM 2002/595 del 20.11.2002 “Strategia dell’Unione europea per ridurre le emissioni atmosferiche delle navi marittime” nella quale invitava le Autorità Portuali a imporre, incentivare o favorire l’impiego dielettricità erogata dalle reti elettriche terrestri per le navi ormeggiate nei porti.
  • Direttiva sul tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo 6.7.2005, 2005/33/CE (recepita con il DLgs 9 novembre 2007, n. 205) come modificata dalla Direttiva 2012/33/UE (recepita con il DLgs 16 luglio 2014, n. 112).
  • Direttiva 2005/35/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005 relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni per violazioni
  • Green Paper “Verso una politica marittima dell’Unione: una visione europea degli oceani e dei mari”7.6.2006, COM (2006) 275
  • Raccomandazione della Commissione dell’8 maggio 2006 finalizzata a promuovere l’utilizzo di elettricità erogata da reti elettriche terrestri per le navi ormeggiate nei porti comunitari, situati nelle vicinanze di zone residenziali in cui:
  1. vengono superati i valori limite per la qualità dell’aria,
  2. siano stati manifestati timori riguardo ad elevati livelli di inquinamento acustico.

Nella raccomandazione sono anche contenuti elementi tecnici utili a definire alcuni aspetti di dettaglio quali:

  1. Requisiti tecnici - configurazione standard
  2. Benefici - riduzione delle emissioni
  3. Costi - spese in conto capitale e costi di esercizio
  4. Comparazione dei costi e dei benefici
  5. Conclusioni

“Una Politica Marittima Integrata per l’Unione Europea”, 10.10.2007 COM (2007) 575

“Comunicazione su una politica europea dei porti”, 18.10.2007 COM (2007) 616 “Due volte 20 per il 2020, l’opportunità del cambiamento climatico per l’Europa”, 23.1.2008, COM (2008) 30 definitivo.

“Direttiva relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”, 21.5.2008, 2008/50/CE

“Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino”, 17.6.2008, 2008/56/CE “Rendere i trasporti più ecologici”, 8.7.2008, COM (2008) 433 definitivo

IMO, Amendment MARPOL Annex IV, “Reduction emissions from ships”, 57° Session (4/4/2008)

La Direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, a cui gli Stati membri si devono conformare entro il 16 maggio 2017, introduce alcune tematiche che, sebbene nella sede specifica si riferiscano alla VIA, consentono di esplicitare i contenuti del concetto di sostenibilità ambientale, quali:

    1. Efficienza delle risorse,
    2. Produzione, smaltimento e recupero rifiuti.
    3. Tutela della biodiversità,
    4. Cambiamenti climatici (emissioni CO2eq).

Nuovi standards PIANC di riferimento (Associazione Mondiale per le infrastrutture di trasporto per acqua: PIANC Italia ha sede presso il Consiglio Superiore dei LL.PP.; svolge una funzione simile all’UNI.)

-  WG158 – Masterplans for the development of existing ports. Promosso da PIANC Italia.

-  WG150 – Sustainable ports. A guide for Port Authorities

-  WG143 – Initial assessment of environmental effects of navigation and infrastructure projects

-  WG135 – Design principles for small and medium marine container terminals

-  WG121 – Harbor approach channels. Design guidelines

-  WG159 - Renewals and Energy Efficiency for Maritime Ports

  • Rapporto ISPRA “Trasporto marittimo e gestione ambientale nelle aree portuali italiane", 17 maggio 2016 http://www.isprambiente.gov.it/it/events/presentazione-del-rapporto-ispra-trasporto-marittimo-e-gestione-ambientale-nelle-aree-portuali-italiane
  • Pubblicazioni e workshops da ESPO/EcoPorts (Associazione Europea che promuove la sostenibilità dei porti - http://www.ecoports.com/):
  1. ESPO / EcoPorts Port Environmental Review 2016
  2. Top 10 environmental priorities 2016
  3. EcoPorts workshop on waste reception facilities, Piraeus 28 March 2014
  4. Top environmental priorities of European Ports for 2013, December 2013
  5. ESPO Green Guide; Towards excellence in port environmental management and sustainability (OCT 2012)
  6. Annex 1: Good Practice examples in line with the 5Es (JUL 2013)
  7. Annex 2: Legislation influencing European ports
  8. Italian translation of the ESPO Green_Guide

 

6. ALLEGATO 6: EFFICIENZA ENERGETICA ED USO DI FONTI RINNOVABILI NEI PORTI: casi di studio nei porti italiani

6.1. Napoli – Progetto DIMEMO

Presso il porto di Napoli nel 2015 è stato realizzato nel molo San Vincenzo il primo impianto pilota al mondo di un dispositivo “a tracimazione” per la conversione dell’energia da moto ondoso integrato totalmente in una diga marittima, grazie ad un progetto finanziato dal MIUR nell’ambito del Programma Operativo Nazionale (PON) Ricerca e Competitività 2007-2013.

Tale progetto si è posto l’obiettivo di dare una risposta concreta al problema della reciproca integrazione tra richiesta energetica e politica ambientale a scala urbana, promuovendo le fasi finali di ricerca e la realizzazione di una tecnologia innovativa di conversione dell’energia ondosa in elettricità appropriatamente studiata per i climi meteomarini del Mediterraneo, a vantaggio della sostenibilità ambientale e della qualità della vita nelle piccole e grandi realtà urbane costiere.

La realizzazione del prototipo, inoltre, è stata coerente con quanto riportato nel Piano strategico nazionale della Portualità e della Logistica (PSNPL) approvato il 3 luglio 2015, nell’ambito dell’obiettivo 7 (Sostenibilità) in cui si riporta che “risulta necessario innovare il modo con cui concepire e disegnare l’infrastruttura portuale (...) attraverso l’integrazione con elementi di l’infrastruttura portuale (...) attraverso l’integrazione con elementi di innovazione tecnologica”.

La tecnologia, denominata DIMEMO (Diga Marittima per l’Energia del Moto Ondoso) è integrata con una diga foranea, un’infrastruttura dotata di una propria utilità ben definita. Tramite questa integrazione, non solo vi è il vantaggio di produrre elettricità “pulita”, ma anche del non dover disporre di un investimento economico iniziale, in quanto la maggior parte dei costi strutturali devono comunque essere sostenuti per la diga stessa. Infatti, le dighe frangiflutti hanno il compito di dissipare l’energia dell’onda incidente mentre il DIMEMO ha lo scopo di catturare il più possibile tale energia per convertila in una forma più sfruttabile, ovvero quella elettrica. A differenza di altri dispositivi che necessitano di “entrare in fase” con l’onda, il DIMEMO, a partire da una minima altezza d’onda riesce a raccogliere il contributo dell’intero stato di mare con tutte le sue irregolarità nella distribuzione nel dominio del tempo. Ovviamente, la configurazione geometrica va adattata sulla base delle specifiche climatiche del sito in esame.

Il progetto, iniziato nel mese di giugno 2012 e conclusosi nel mese di settembre 2015, ha richiesto un costo totale pari a 685.000 €. Questo importo è stato finanziato con il partenariato dell’Autorità Portuale e per l’80% (548.000 €) con il contributo pubblico derivante dal Piano di Azione e Coesione (PAC). Il PAC è stato adottato nel novembre del 2011, concepito con l’obiettivo di superare i ritardi dell’avvio dell’operatività dei fondi strutturali del Programma Operativo Nazionale (PON) Ricerca e Competitività 2007- 2013, accelerandone l’attuazione dei programmi di spesa e rispondendo alle richieste dell’Unione Europea.

Il lavoro di ricerca ha avuto come primario indirizzo la fattibilità tecnico-economica di questo dispositivo. Praticamente ci si è posti l’obiettivo di limitare il periodo di ritorno dell’investimento (payback) a 5 anni, risultato ampiamente raggiunto come confermato sin dai primi dati. Infatti, se è vero che l’energia del moto ondoso gode delle più alte incentivazioni finanziarie rispetto le altre tecnologie di energie rinnovabili (in particolare la feed-in-tariff italiana è la più alta al mondo), è altrettanto accertato che la realizzazione di sistemi “stand alone” in mare comporta costi di investimento importanti. Puntare sulla integrazione con infrastrutture portuali o difese costiere consente di operare un “cost sharing” in quanto i costi della sottostruttura dovrebbero comunque già essere sostenuti per la difesa dal mare (della costa o dei porti). Inoltre, il sistema rampa-vasca del DIMEMO presenta costi simili (o in alcuni casi, anche inferiori) rispetto ad una tradizionale mantellata realizzata con massi ciclopici artificiali.

Grazie alle innovazioni tecniche sperimentate, si è permesso di compiere notevoli passi avanti su alcune questioni rimaste irrisolte e già evidenziate nella letteratura tecnico- scientifica. Tra queste si annoverano:

  • performance di non tracimabilità del muro di coronamento e protezione del bacino portuale a tergo dell'opera;
  • riduzione delle sottospinte idrodinamiche;
  • ottimizzazione dell'efficienza della rampa frontale;
  • riduzione dei costi di costruzione dei muri di coronamento.

Alcune informazioni sono scientificamente valide ed "esportabili" anche per configurazioni di dighe marittime innovative non destinate alla produzione di energia elettrica da moto ondoso.

Per quanto concerne lo studio sugli apparati elettromeccanici di potenza, si è evidenziato che a fronte di tutta la letteratura tecnica disponibile è possibile una estrazione energetica efficace ed efficiente anche con tipologie di turbine non convenzionalmente impiegate per i valori di salto idraulico e di portata tipici delle installazioni a scala reale del DIMEMO (cosiddette "Low-head turbines").

Nell'ambito della progettazione software e modellazione numerica, sono stati predisposti i modelli fisico-matematici avanzati ed i relativi algoritmi d'ambito, alcuni dei quali supervisionati da esperti ricercatori per il settore di riferimento, suddivisi nei seguenti moduli:

  • modulo trasformazione ondosa (generazione onde random da caratteristiche spettrali con analisi zero-up crossing e campionatura dei periodi wave-by-wave);
  • modulo di generazione di serie temporale delle portate del tipo wave-by-wave;
  • modulo relativo alla trasformazione delle portate in volumi nella vasca del DIMEMO, con individuazione della condizione idraulica d'origine per ogni intervallo spazio-temporale, compreso sub-modulo di propagazione del getto d'onda lungo la sezione trasversale;
  • modulo di propagazione delle portate all'interno della vasca-canale del DIMEMO;
  • modulo di efflusso idraulico dalle turbine.

Per quanto riguarda il potenziale energetico ondoso, le analisi effettuate in laboratorio hanno riguardato il Mar Mediterraneo nella sua globalità e alcune località utili per le indagini sperimentali e/o per analisi preliminari relative ad alcuni promettenti siti per gli impianti. In particolare, sono state completate le analisi del potenziale energetico del moto ondoso di tutta la Regione Campania. Le simulazioni hanno mostrato che nel porto di Napoli sarà possibile produrre tra i 10 e i 20 kW per ogni metro fronte-mare.

Nel corso del 2016 è iniziata la fase di ricerca è monitoraggio che mostrerà esattamente il quantitativo di energia prodotta, che – oltre ad essere usata dal porto stesso – potrebbe anche essere messa in sinergia con altre fonti rinnovabili per desalinizzare l’acqua in aree isolate, in particolare nelle piccole isole.

Con riferimento ai temi ambientali, infine, va certamente ricordato come DIMEMO, essendo contestualizzato al muro paraonde, è assolutamente invisibile dal retrostante waterfront ed è silenzioso, poiché l’apparato elettro-meccanico è racchiuso in un apposito locale macchine. L’impianto è totalmente innocuo alla fauna marina. Contribuisce, anzi, al miglioramento della qualità delle acque interne al bacino portuale, moderando sensibilmente il tasso di inquinanti presenti. Infine, il muro paraonde può essere realizzato con un effetto materico “finto roccia”, ovvero con forme e colori della roccia locale per una migliore integrazione nel paesaggio naturale delle strutture emergenti.

6.2. Civitavecchia – Progetto REWEC 3

Civitavecchia è stato il porto pilota nell’ambito di un progetto europeo TEN-T conclusosi nel 2015 e volto a ridurre le emissioni derivanti dalle attività portuali grazie all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile.

In particolare il progetto, nato dall'esperienza dell'Università di Reggio Calabria Mediterranea, con investimenti dell'Autorità Portuale e dell'Unione europea, si è posto l’obiettivo di attuare una tecnologia innovativa per lo sfruttamento delle energie del mare (onde, correnti e maree) denominata REWEC 3.

Nel dettaglio, il sistema che è stato sviluppato prevede l'installazione di particolari cassoni in cemento nella darsena del porto e con l’ausilio di turbine chiamate “autorettificanti” consente di produrre energia elettrica sfruttando il moto ondoso naturale del mare. L'obiettivo è quello di modificare il mix energetico utilizzato per le infrastrutture e introdurre nuovi sistemi – anche di trasporto – all'interno del porto, alimentati da fonti di energia rinnovabili.

Un cassone del REWEC3 è costituito da un condotto verticale che interagisce con il moto ondoso mediante un’imboccatura superiore. Tale condotto è, poi, collegato ad una camera di assorbimento attraverso un'apertura di fondo. La camera di assorbimento è posta in contatto con l’atmosfera mediante un condotto nel quale è alloggiata una turbina autorettificante. Perciò la camera di assorbimento contiene una massa d’acqua nella parte inferiore e una sacca d’aria nella parte superiore. A causa del moto ondoso davanti alla parete si genera una fluttuazione di pressione sull’imboccatura superiore esterna del condotto verticale, che causa a fasi alterne l’entrata e l’uscita dell'acqua dall'impianto. La fluttuazione porta a comprimere (cresta d’onda) e decomprimere (cavo d’onda) il polmone d'aria nella camera di assorbimento ed il flusso d’aria generato fa azionare la turbina/generatore posizionata nella parte superiore della camera producendo energia elettrica.

Il progetto REWEC3, concluso nel dicembre 2015, è in fase sperimentale e dai primi monitoraggi sembra vi siano risultati straordinariamente positivi. Successivamente si passerà alla produzione industriale delle turbine e alla realizzazione di questi cassoni particolari, per arrivare poi a un sistema industriale che fornirà definitivamente un grande supporto al consumo energetico del porto.

6.3. Venezia – Accordo “Venice Blue Flag”

Nel mese di marzo 2017 il Comune di Venezia, l'Autorità di Sistema portuale del Mare Adriatico e 41 compagnie di navigazione hanno sottoscritto l’accordo volontario di durata annuale “Venice Blue Flag 2017” per limitare l’impatto inquinante delle navi da crociera, senza danneggiare le attività del comparto.

L’accordo, che rinnova quelli analoghi già sottoscritti negli ultimi dieci anni, è stato sottoscritto dalla totalità delle compagnie che fanno scalo a Venezia che si impegnano ad usare carburanti a basso contenuto di zolfo per entrare e sostare al porto di Venezia, in segno di rispetto verso la città e l’ambiente. In particolare, gli armatori si impegnano a far funzionare i motori principali e ausiliari delle loro navi con combustibile per uso marittimo con tenore di zolfo non superiore allo 0,1 % in massa, e questo non solo all’ormeggio, ma anche durante la navigazione e le fasi di manovra all’interno dell’area portuale. Inoltre, le macchine di bordo saranno gestite in modo da ridurre il più possibile le emissioni nocive dei gas di scarico.

La Capitaneria di Porto, al fine di verificare il rispetto dell’accordo, svolgerà controlli a campione prelevando quantitativi di carburante che saranno poi analizzati grazie ad uno specifico protocollo.

Per l’edizione 2017 sono state introdotte alcune novità che riguardano la trasparenza: i risultati dei controlli effettuati dalla Capitaneria di Porto verranno pubblicati sia sul sito web del Comune di Venezia che su quello dell'Autorità di Sistema portuale del Mare Adriatico e le Compagnie firmatarie accettano di comunicare la conformità o meno al “Venice Blue Flag” in base ai controlli effettuati. In alternativa, le compagnie potranno comunicare tempestivamente alla Capitaneria di Porto l’uso di diversi sistemi ugualmente efficaci come i filtri “scrubber”.

Secondo le valutazioni tecniche dell’ARPAV condotte nel 2016, l’accordo “Venice Blue Flag” rappresenta una misura efficace per l’abbattimento degli inquinanti atmosferici derivanti dal traffico navale crocieristico, con una riduzione del 91% delle emissioni di anidride solforosa (SO2), del 46% per il materiale particolato (PM10) e del 2% per gli ossidi di azoto (NOX).

6.4. Savona-Vado – Cold ironing

Nel bacino di Vado Ligure è presente un impianto di cold ironing, che permette lo spegnimento dei motori dei traghetti in sosta con conseguente abbattimento delle emissioni di inquinanti gassosi in atmosfera.

Il sistema, avviato nel 2008 come impianto di piccole dimensioni per l’elettrificazione delle banchine destinate ai traghetti, è stato successivamente ampliato grazie ad un investimento di 80.000 € della compagnia Sardinia Ferries.

Attualmente l’impianto è in grado di erogare 1,5 MW di potenza e consente di alimentare contemporaneamente tre traghetti ormeggiati in banchina.

Nel porto di Vado Ligure, inoltre, procedono i lavori di realizzazione di una piattaforma multipurpose che hanno raggiunto uno stato di avanzamento di circa il 45%. Attualmente è in corso l’iter approvativo di una variante costruttiva che prevede una realizzazione, tutta in terrapieno, a fronte dell’iniziale progetto parzialmente a giorno. Nella variante sono ricomprese anche le predisposizioni edili per una possibile futura alimentazione elettrica alle navi in banchina.

6.5. Cagliari – Servizio di noleggio e ricarica di auto elettriche

Il porto di Cagliari, in relazione al suo posizionamento strategico, oltre alle vocazioni tradizionali ha una funzione di piccolo hub della mobilità nel cuore della città. Non solo i crocieristi, ma privati ed il terziario attingono a questo bacino per le esigenze quotidiane. È proprio in quest’ottica che si inserisce la proposta dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna che, con la collaborazione della società APCOA Parking Italia, ha attivato nel porto di Cagliari un servizio aperto pubblico per il noleggio e la ricarica di auto elettriche. Il servizio, dopo una fase di test iniziale che ha riscontrato notevole interesse da parte degli operatori, è stato presentato ufficialmente nel mese di gennaio 2017.

Sono state realizzate due stazioni di ricarica per le auto elettriche, composta ciascuna da otto postazioni: una accanto a via Roma in prossimità delle marine destinate al diportismo in transito e del capolinea del bus-navetta dedicato al trasporto dei crocieristi, l’altra sul molo Ichnusa in previsione della realizzazione di un’importante marina dedicata ai grandi yacht. Le stazioni di ricarica nascono, infatti, con l’intento di essere dedicate ai turisti, diportisti in transito e crocieristi, ma sono accessibili a chiunque abbia un’auto elettrica, residenti compresi.

Ciascuna delle sedici colonnine ha una potenza di 3,7 kW e richiede in media quattro ore per completare un’intera ricarica. Il servizio, disponibile tutti i giorni della settimana, viene attivato tramite opportune tessere messe a disposizione dagli operatori presenti nei punti di ricarica.

Attualmente, inoltre, sono disponibili per il noleggio quattro autovetture elettriche a “zero emissioni”, con un’autonomia di circa 100 chilometri, autorizzate al transito in tutte le ZTL comunali ed esentate dal pagamento della tariffa di sosta.

Le tariffe, inclusive di ricarica, variano dai 48 euro giornalieri per un’auto a due posti ai 53 euro giornalieri per quella a 4 posti. La sola ricarica del veicolo, della durata media di 4 ore, costa al pubblico 3 euro.

Il servizio di noleggio e ricarica auto elettriche, finanziato grazie a fondi europei e con il partenariato dell’Autorità di Sistema Portuale, è del tutto innovativo per la città di Cagliari ed in generale per la Sardegna dove la diffusione come l’effettiva fruibilità, al pari del resto d’Italia, presenta ancora notevoli lacune e un forte gap da colmare verso i principali paesi europei.

Tale iniziativa assume particolare rilevo anche alla luce del decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/94/UE del 16 dicembre 2016 che sancisce, tra le altre prescrizioni, che entro il 31 dicembre 2020 venga realizzato un numero adeguato di punti di ricarica per la mobilità elettrica accessibili al pubblico.

6.6. Livorno – Progetto Greencranes

L’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale ha presentato nel 2014 un prototipo di carrello elevatore (reachstacker) alimentato con un sistema dual fuel a diesel e GNL, con l’intento di ridurne l’impatto ambientale ed il consumo energetico.

Il prototipo è stato sviluppato nell’ambito delle attività del progetto europeo Greencranes, cui l’Autorità di Sistema ha partecipato tra il 2012 ed il 2014, avente come fine ultimo quello di testare nuove tecnologie e combustibili alternativi nei terminal contenitori esistenti in ambito portuale, contribuendo a mitigare l’inquinamento generato principalmente dalle emissioni di gas serra.

La realizzazione del prototipo ha dimostrato che il carburante GNL è applicabile nella realtà portuale e che l’utilizzo dell’alimentazione duale si è rivelata in grado di abbattere sia i costi di esercizio che di portare ad un abbattimento dei danni ambientali: inserendo un motore alimentato a diesel e GNL in un carrello elevatore tradizionale il consumo si riduce del 50%.

6.7. Genova – Cold ironing

Nel corso del 2017 nel porto di Genova l’Autorità di Sistema Portuale ha portato a compimento il progetto di elettrificazione delle banchine nell’area delle riparazioni navali, come importante tassello verso l’obiettivo della riduzione delle emissioni di anidride carbonica in ambito portuale

Si tratta del primo caso in Italia di elettrificazione delle banchine in un bacino di carenaggio di un porto: tutte le navi che sosteranno nell’area per lavori di manutenzione e refit, verranno alimentate da terra con energia elettrica, senza dover tenere i motori accessi neppure per un minuto, con conseguente abbattimento dell’inquinamento sia acustico che atmosferico.

Il progetto, nato nel 2009 come progetto pilota e successivamente integrato nel programma di politica ambientale e nel Piano energetico ambientale del porto di Genova, ha visto l’avvio dei lavori nel 2015 ed ha previsto un costo di circa 9,7 milioni di euro, in parte provenienti dal Ministero dell’Ambiente e in parte da fondi europei (POR FESR).

È previsto, inoltre, un ulteriore investimento di 15 milioni di euro di cui dodici saranno destinati all’elettrificazione del terminal PSA di Voltri-Prà mentre altri 3 milioni di euro andranno alla Stazione Marittima.

D’ora in avanti Enel fornirà l’energia elettrica ai concessori delle banchine di ormeggio del bacino di carenaggio che si occuperanno di gestire la fornitura a bordo delle navi, mentre l’armatore riconoscerà al concessionario gli oneri associati alla posa in opera della connessione elettrica nave-terra e gli oneri del consumo elettrico della nave.

Tutte le 12 banchine delle riparazioni navali sono state dotate di un cavo flessibile montato su una struttura mobile, che prende energia da due centraline elettriche, arriva a bordo delle navi per poi essere collegato ad un apposito quadro di bordo ed è in grado di erogare una potenza sino a 15 MW.

In attesa di quantificare con precisione l’impatto positivo in termini percentuali sul tema delle emissioni è stato stimato che, in virtù della maggiore efficienza e delle misure d'abbattimento delle emissioni presenti nelle centrali elettriche rispetto ai tradizionali generatori di bordo, si potrà ottenere una riduzione del 30% delle emissioni di CO2 e del 95% degli ossidi di azoto e del particolato, oltre all'azzeramento dell'inquinamento acustico.

6.8. Genova – Impianti fotovoltaici

Nell’agosto del 2011 è stato completato il primo impianto fotovoltaico nel porto di Genova all’interno del terminal Ignazio Messina & C. Spa. I moduli di Ferrania Solis hanno rappresentato la prima opera fotovoltaica tra quelle previste dal Piano energetico ambientale portuale (PEAP). L’impianto, realizzato sulla copertura di un capannone del terminal Nino Ronco in concessione al Gruppo Messina, ha una potenza di circa 200 kW ed è in grado di produrre oltre 230.000 kWh all’anno. Per la realizzazione dell’impianto destinato ad operare nell’area portuale sono stati utilizzati i moduli testati secondo la normativa IEC61701:2000 che certifica la resistenza dei prodotti utilizzati in ambiente marino. L’opera è stata realizzata con l’intento di evitare emissioni in atmosfera di oltre 137 tonnellate all’anno di gas serra (CO2) e quasi 300 kg/anno di ossidi di azoto (NOX), e di consentire un risparmio annuo, in termini di energia primaria, di oltre 60 tonnellate equivalenti (TEP) di petrolio per anno.

Successivamente, nel 2012 si sono conclusi i lavori per la realizzazione di un impianto fotovoltaico nel cantiere di San Giorgio del Porto, specializzato in trasformazioni e riparazioni navali. La struttura è stata progettata per risparmiare ogni anno circa il 30% dei consumi energetici strutturali (relativi agli uffici, alle officine e all’illuminazione delle banchine): il beneficio ambientale ogni anno può essere stimato, in termini di emissioni in atmosfera risparmiate, attorno a 73 tonnellate di CO2 e quasi 300 kg di NOX. La realizzazione dell’impianto ha comportato una spesa complessiva di poco superiore al mezzo milione di euro, e ha dato vita a moduli fotovoltaici composti da 136 nastri in silicio amorfo e 320 pannelli costituiti da silicio policristallino. La superficie interessata supera i 1.500 m2, mentre la produzione di energia può superare i 110.000 KWh all’anno, per una potenza totale di 100 KWp, grazie all’integrazione totale con la copertura del cantiere. La realizzazione di questo impianto fotovoltaico si inserisce all’interno del cosiddetto PEAP del Porto di Genova.

Nel mese di novembre 2015 è stato installato un nuovo impianto fotovoltaico sul tetto dell’autosilo dei Magazzini del Cotone nel Porto Antico di Genova. Quella che a prima vista può sembrare una copertura metallica per le auto parcheggiate, in realtà è una struttura metallica alla quale sono fissati 756 moduli fotovoltaici policristallini da 255 Wp per una potenza totale di 192,78 KWp. L’impianto fotovoltaico sarà in grado di risparmiare circa 210.000 kWh/anno, permettendo un risparmio annuo di circa 34.900 €. Gli interventi sono stati, inoltre, occasione per una sostituzione integrale delle luci del silos con nuove lampade led che permetteranno una riduzione del 43% dei consumi a

Figura 1: evoluzione delle emissioni di CO2 della flotta EUDA

fronte di un notevole incremento di luce e di una maggiore percezione di sicurezza per le persone.

7. ALLEGATO 7: IL RUOLO DEL DRAGAGGIO NELLE EMISSIONI DI CO2

EUDA (European Dredging Association) e IADC (International Association of Dredging Companies) hanno stimato che la flotta mondiale di dragaggio contribuisce alle emissioni di CO2 con circa 7.7 Mton di CO2/anno (2008), rappresentando circa lo 0.6 % in tonnellaggio della flotta mondiale, che, secondo l’IMO (International Maritime Organization), produce circa 1 Gton di CO2/anno(2009, 2014). Inoltre EUDA stima che la flotta dei membri dell’associazione produce 2.8/3.4 Mton di CO2/anno (2014) (Vd fig 1).

La stima della carbon footprint applicata al dragaggio è un’operazione complessa. L’indice EEDI (Energy Efficiency Design Index) infatti non è appropriato per la stima delle emissioni e per l’individuazione di obiettivi di riduzione dei mezzi di dragaggio, in quanto le draghe utilizzano l’energia sia in fase di navigazione che di lavoro. Inoltre le emissioni di una draga dipendono dalle specifiche condizioni di progetto, quali caratteristiche dei fondali, profondità di dragaggio, spazi di manovra, cicli di lavoro (fasi di carico e scarico, distanze da percorrere, ecc.), ecc. Pertanto l’ottimizzazione delle emissioni di CO2 nel settore dei dragaggi è possibile solo a livello di progetto.

Nonostante ciò i membri di EUDA nel 2016 hanno prodotto un report nel quale si tenta di stabilire una metodologia per la stima della carbon footprint di alcuni mezzi di dragaggio (trailing suction hopper dredgers, cutter suction dredgers e back hoedredgers) in determinate condizioni di progetto (Vd.fig.2).

Le maggiori compagnie di dragaggio europee sono impegnate nella riduzione delle emissioni di CO2 attraverso la predisposizione di piani di programmazione per la gestione dell’energia e l’adozione di misure e/o interventi nei diversi ambiti (ambito 1, 2 e 3), quali ad esempio:

  • l’efficientamento energetico di uffici e magazzini e ricorso ad energia prodotta da fonti sostenibili (es. solare, vento);
  • l’utilizzo di carburanti alternativi per i propri mezzi (es. GNL, biocarburanti). 72

 

Tale impegno è dovuto in particolare alla CO2 Performance Ladder, uno strumento incentivante utilizzato da agenzie governative e imprese nei Paesi Bassi e Belgio per incoraggiare le compagnie che partecipano a procedure di gara ad adottare misure di riduzione delle emissioni di CO2 nello sviluppo dei propri progetti, al fine di acquisire punteggio utile in fase di valutazione delle proposte progettuali.

In particolare, per quanto riguarda la flotta ed i mezzi di terra, le possibili misure sono volte sia ad aumentare la consapevolezza in relazione ai consumi energetici (es. focus sui consumi di carburante, ottimizzazione nella gestione dell’energia e nella programmazione delle attività), sia ad un efficientamento dei mezzi mirato alla riduzione del consumo di carburante (es. ottimizzazione della forma dello scafo, pulizia dello scafo, rivestimenti antifouling, additivi per i carburanti, carburanti alternativi come GNL, biocarburanti e idrogeno, utilizzo di mezzi ibridi, miglioramento dell’efficienza delle teste draganti, ottimizzazione dell’efficienza delle pompe, , utilizzo di sistemi di automazione e controllo, miglioramento della performance dei motori, utilizzo di sistemi di recupero del calore da gas esausti, pulizia periodica delle eliche, ottimizzazione delle velocità e delle rotte di navigazione, ecc.) [http://www.european-dredging.eu/pdf/Annex_%2001-WODCON_XX_2013- EuDA_Paper_on_Blue_Carbon_opportunities_for_dredging.pdf; http://www.european-dredging.eu/pdf/Annex_02-WODCON_XXI_2016- EuDA_Paper_on_Sutainable_Blue_Carbon_Management_and_Dredging.pdf; http://www.european-dredging.eu/pdf/50-007- 2_EuDA_position_paper_on_Green_House_Gases_09_12_01_final.pdf; http://www.imo.org/en/OurWork/Environment/PollutionPrevention/AirPollution/Pages/GHG- Emissions.aspx;

http://www.european-dredging.eu/pdf/4_EuDA_Dredgers_way_forward.pdf] https://boskalis.cld.bz/Boskalis-CSR-report-2016/361;

http://deme-group.com/sites/default/files/deme-qhses-doc- 031_deme_energy_management_action_plan_0.pdf; https://www.iadc-dredging.com/ul/cms/terraetaqua/document/4/2/7/427/427/1/article- approaching-emissions-in-dredging-terra-et-aqua-137-3.pdf]

Note   [ + ]

1. Il D.Lgs. 232/2017 ha modificato la denominazione del DIP (Documento di Indirizzo della Pianificazione) in DPSS (Documento di Pianificazione Strategica di Sistema), specificandone i contenuti ed i riferimenti: nelle more della conseguente modifica delle Linee Guida per i PRdSP, in questo documento viene mantenuto il termine DIP, da considerarsi ai nostri fini coincidente con il DPSS.
2. Il D.Lgs. 232/2017 ha modificato la denominazione del DIP (Documento di Indirizzo della Pianificazione) in DPSS (Documento di Pianificazione Strategica di Sistema), specificandone i contenuti ed i riferimenti: nelle more della conseguente modifica delle Linee Guida per i PRdSP, in questo documento viene mantenuto il termine DIP, da considerarsi ai nostri fini coincidente con il DPSS.
3. In un’intervista del maggio 2012 al giornale on-line seareporter.it Peter Xotta, Executive Vice President Operations di Port Metro Vancouver spiegava “grazie all’installazione delle tecnologie dell’alimentazione da banchina dal 2009 abbiamo ridotto di ben 3140 tonnellate all’anno le emissioni nell’atmosfera di gas serra”
4. OECD (2011), Environmental Impacts of International Shipping: The Role of Ports, OECD Publishing
5. Elaborazioni ISPRA su ipotesi di 500 ormeggi di medie dimensioni, Trasporto marittimo e gestione ambientale nelle aree portuali italiane, Rapporti 242/2016, ISPRA 2016 20
6. Il Dlgs 19 aprile 2017, n. 56, correttivo al Codice Appalti, contiene specifiche previsioni in proposito. 
7. Le “analogie” o ambiti di sovrapposizione normativa, che è necessario coordinare, riguardano soprattutto gli aspetti del comma 3 dell’art.4bis del D.Lgs 169/2016 evidenziati di seguito in neretto: “(...) A tal fine, il documento di Pianificazione Energetica e Ambientale del Sistema Portuale individua:

  1. a) all’interno di una prefissata cornice temporale, gli interventi e le misure da attuare per il perseguimento dei traguardati obiettivi, dando conto per ciascuno di essi della preventiva valutazione di fattibilità tecnico-economica, anche mediante analisi costi-benefici;
  2. b)  le modalità di coordinamento fra gli interventi e le misure ambientali con la programmazione degli interventi infrastrutturali nel sistema portuale;
  3. c)  adeguate misure di monitoraggio energetico e ambientale degli interventi realizzati, al fine di valutare la loro efficacia.”
8. Dal DPCM 3 agosto 2012: “2.1. La valutazione ex ante delle singole opere attraverso l'elaborazione degli studi di fattibilità è finalizzata ad individuare le soluzioni progettuali ottimali per il raggiungimento degli obiettivi identificati nella valutazione ex ante dei fabbisogni di infrastrutture e servizi.2.2. Essa viene di norma condotta applicando i principi dell'Analisi costi-benefici (ACB), come consolidati nella letteratura scientifica internazionale e dalle indicazioni metodologiche impartite dalla Commissione Europea e da altri autorevoli organismi. L'analisi costi-benefici viene applicata nell'ambito degli studi di fattibilità ed è necessaria anche nel caso in cui sia stato già predisposto il progetto preliminare.”  
9.   “Linee guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche nei settori di competenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti” DM 300 del 16 Giugno 2017.
10. Quando l’intervento energetico-ambientale in ambito portuale riguarda impianti o infrastrutture private che non comportano contributi pubblici in conto capitale, le modalità di realizzazione delle valutazioni economiche non sono regolate per legge e rientrano nella sfera di autonomia dei proponenti, fermandosi generalmente alla redditività e bancabilità del progetto ai fini dell’erogazione del credito.
11. Ci si aspetta che in questa categoria ricada la maggioranza dei progetti per interventi energetico- ambientali. Infatti, i concessionari e gli altri soggetti privati e pubblici operanti nel porto possono autonomamente promuovere i progetti di efficienza energetica e fonti rinnovabili ritenuti più redditizi, ricorrendo agli strumenti ordinari di incentivazione delle fonti rinnovabili dell’efficienza energetica ed effettuando in autonomia le opportune valutazioni di fattibilità tecnico-economica per i propri progetti.
12. Dato che al DEASP spetta anche il compito di “stabilire adeguate misure di monitoraggio energetico e ambientale degli interventi realizzati, al fine di valutarne la loro efficacia”, una possibile motivazione per i proprietari/gestori di tali progetti a fornire tali informazioni all’AdSP consiste nello stimolo ad una efficace gestione che l’attività di monitoraggio dei risultati può indirettamente fornire ai gestori/proprietari (ad es. riducendo il rischio sui flussi attesi di risparmio economico connessi con gli investimenti in efficienza energetica) o nel supporto amministrativo nel superamento di problematiche che si venissero a creare nella vita operativa dell’impianto. 
13. Il Piano strategico nazionale dei Porti e della Logistica (2015) prevede le seguenti attività sull’obiettivo 7: “7.1. Ipotesi di D.L. che introduca l’obbligo di redazione dei Piani Energetici e Ambientali da parte delle AdSP”.

7.2. Istituzione di un fondo nazionale Greenports di cofinanziamento iniziative coerenti con i PEA dei Porti da assegnare sulla base di criteri di priorità e premialità.

7.3. Di concerto con il MISE, introduzione di misure incentivanti per il rinnovo delle flotte nell’ottica di inserire natanti con caratteristiche di green ed Energy efficient, in rispetto della normativa comunitaria sugli aiuti di Stato.”

14. Cap. 3.6 di MIT (2016). 
15. Alternativamente, gli indicatori dell’analisi costi-efficacia possono essere espressi anche nella forma inversa, come obiettivo espresso con unità di misura fisica in rapporto ai costi del progetto.
16. Dato che gli indicatori raccomandati nell’analisi costi-benefici completa e semplificata del DEASP prevedono il rapporto fra i benefici e i costi, quest’ultimo indicatore di costo –efficacia appare più coerente con le altre tecniche di valutazione ex ante degli interventi.  
17, 34. I fattori di equivalenza sono stati ricavati dai costi esterni per tonnellata di inquinante (euro2010/t) riportati nella tab. A4_5 delle Linee Guida del MIT (2017), opportunamente aggiornati ai prezzi dell’anno base dei valori monetari del presente lavoro (2015) in base all’indice HICP di Eurostat. Nel caso del PM2,5 è stato considerato il valore unitario relativo alle aree urbane, considerato che la maggior parte dei porti nazionali è collocato in zone con elevata densità di popolazione.  
18. La creazione di tante liste quanto i tipi di tecniche impiegate è coerente con l’approccio seguito dalle linee Guida del MIT per la valutazione delle opere pubbliche (lista per analisi costi/efficacia e lista per ACB).
19. CO2 complessivamente evitata dall’intervento nel periodo di riferimento in rapporto agli anni del periodo.
20. OT 7 Sviluppare e migliorare sistemi di trasporto sostenibili dal punto di vista dell'ambiente (anche a bassa rumorosità) e a bassa emissione di carbonio, inclusi vie navigabili interne e trasporti marittimi, porti, collegamenti multimodali e infrastrutture aeroportuali, al fine di favorire la mobilità  
21. Le “analogie” o ambiti di sovrapposizione normativa, che è necessario coordinare, riguardano soprattutto gli aspetti del comma 3 dell’art. 4bis evidenziati di seguito in neretto: “(...) A tal fine, il documento di Pianificazione energetica e ambientale del sistema portuale individua:

d)  all’interno di una prefissata cornice temporale, gli interventi e le misure da attuare per il perseguimento dei traguardati obiettivi, dando conto per ciascuno di essi della preventiva valutazione di fattibilità tecnico-economica, anche mediante analisi costi-benefici;

e)  le modalità di coordinamento fra gli interventi e le misure ambientali con la programmazione degli interventi infrastrutturali nel sistema portuale;

f)  adeguate misure di monitoraggio energetico e ambientale degli interventi realizzati, al fine di valutare la loro efficacia.”

22. Dlgs 228/2011 dà attuazione all'articolo 30, comma 9, lettere a), b), c) e d) della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche.  
23. Art. 2, comma 4 del Dlgs 228/2011.
24. Cfr. art. 6, comma 8, del DPCM 11 febbraio 2014, n. 72
25. Premessa del DPCM 3 agosto 2012.  
26. L’art. 3 del Dlgs 50/2016 riporta le seguenti definizioni:

dd) «contratti» o «contratti pubblici», i contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto l'acquisizione di servizi o di forniture, ovvero l'esecuzione di opere o lavori, posti in essere dalle stazioni appaltanti;

(...)

ll) «appalti pubblici di lavori”, i contratti stipulati per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici aventi per oggetto:

1) l'esecuzione di lavori relativi a una delle attività di cui all’allegato I;

2) l'esecuzione, oppure la progettazione esecutiva e l'esecuzione di un'opera;

3) la realizzazione, con qualsiasi mezzo, di un'opera corrispondente alle esigenze specificate dall'amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore che esercita un'influenza determinante sul tipo o sulla progettazione dell'opera;”

27. Comma 2 art .201 del Codice.
28. Comma 3 art. 201 così come modificato dall’art. 119 del correttivo Appalti. Inoltre, il nuovo Codice riforma il ciclo di progettazione delle opere con la finalità di migliorarne la qualità ed eliminare la causa principale del lievitare dei costi delle opere pubbliche, rappresentata da gare su progettazioni preliminari insufficientemente sviluppate. Il nuovo Codice prevede tre, e non più quattro, livelli di progettazione: 1) il progetto di fattibilità tecnica ed economica (che accorpa il precedente “studio di fattibilità” e il “progetto preliminare”), 2) il progetto definitivo e 3) il progetto esecutivo, che viene posto a base di gara.
29. In neretto sono evidenziati i passaggi maggiormente pertinenti per le finalità delle presenti Linee Guida. In corsivo è evidenziato il testo introdotto col Correttivo Appalti.
30. L’elenco non è esaustivo. Si citano i fondi europei maggiormente utilizzati per la realizzazione delle opere portuali.
31. Cfr. artt. 101-102 del Regolamento n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, il Regolamento delegato n. 480/2014 della Commissione del 3 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1303/2013, e l’Allegato 3 del Regolamento di esecuzione 207/2015 della Commissione, del 20 gennaio 2015, che regolamenta la metodologia di esecuzione dell'analisi costi- benefici ai sensi del Regolamento 1303/2013.  
32. Cfr. artt. 2,7 e 51 del Regolamento 1315/2013 sulle linee guida per lo sviluppo delle TEN-T.
33. Cfr. art 10.6 del Regolamento 1316/2013 sul Meccanismo per collegare l’Europa (CEF). 
35. Fonti utilizzate: Valori di danno unitario per l’Italia tratti da NEEDS (2008) e Exiopol (2010).

NEEDS (2008): Preiss P., Friedrich R. and Klotz V., Report on the procedure and data to generate averaged/aggregated data, Deliverable n. 1.1 - RS 3a, NEEDS project, 6th FRP

http://www.needs-project.org/2009/Deliverables/RS3a%20D1.1.zip

Exiopol (2010): Wolf Müller, Philipp Preiss, Volker Klotz, Rainer Friedrich, External Cost Values for EE SUT Framework, Final report providing external cost values to be applied in an EE SUT framework, Exiopol DIII.1.b-2, IER University Stuttgart, march 2010. http://www.feem-project.net/exiopol/index.php 

36. Tale valore è stato calcolato a partire dalle emissioni specifiche di CO2, NOx e PM2,5 per il mix di impianti termoelettrici (combustibili fossili e biomasse), individuate in base ai dati ISPRA sui consumi ed emissioni delle centrali e ai dati TERNA sui rendimenti del parco termoelettrico, applicando il fattore di equivalenza alle emissioni di CO2 desunto dalla tab. A4_5 delle Linee Guida del MIT (2017).  
37. Tali valori sono stati calcolati a partire dalle emissioni specifiche del mix di impianti termoelettrici, individuate in base ai dati ISPRA sui consumi energetici ed emissioni delle centrali e in base ai dati TERNA sui rendimenti del parco termoelettrico, applicando i valori di danno della CO2 delle linee guida del MIT. Per gli altri inquinanti in atmosfera sono stati considerati i pertinenti valori di costo marginale delle emissioni, individuati fra i valori di danno differenziati per altezza del camino (camini alti e intermedi, per le centrali termoelettriche) e ambito (urbano/extraurbano), forniti dai progetti NEEDs (2008) ed Exiopol (2010), ripresi a loro volta dalle Linee Guida del MIT per i valori di costo marginale riguardanti le fonti di emissione al livello del suolo (tab. A 4_5). I valori costo esterno del mix di produzione elettrica, inizialmente calcolati al 2015, sono stati poi ricalcolati per al 2030 per tener conto dei due obiettivi della SEN 2017, di graduale eliminazione del ricorso al carbone e di ulteriore incremento delle rinnovabili elettriche. Per quest’ultime è stato assunto un livello obiettivo di 173 TWh al 2030 di produzione nazionale da fonti rinnovabili (108.9 TWh nel 2015).  
38. I consumi ausiliari e le perdite di rete comportano un incremento di produzione di circa il 12% rispetto all’energia finale consumata. 
39. Il calcolo tiene conto dei rendimenti medi delle apparecchiature di generazione del calore, in funzione del tipo di combustibile e di un 10% forfetario di perdite di energia nella fase finale di distribuzione del calore. I valori di beneficio ambientale del risparmio di calore sono previsti in riduzione nel periodo 2015-2030, come conseguenza di una maggior penetrazione delle rinnovabili termiche e della variazione del mix di combustibili fossili (aumento della quota del gas naturale e riduzione della quota degli impianti a biomasse e a gasolio).  
40. Nell’analisi costi efficacia la procedura richiede la quantificazione delle emissioni in atmosfera per CO2, NOx e PM2,5, la loro aggregazione in base ai fattori di equivalenza alle emissioni di CO2 (120 per NOx e 2193 per PM2,5,) e il calcolo dell’indicatore che rapporta le emissioni al costo dell’investimento.
41. Nell’analisi costi efficacia, il valore standard di beneficio unitario per CO2, NOx e PM2,5 nel 2015 è di 620,4 gCO eq ev. /kWh  
42. Data la possibilità per le navi di utilizzare diversi tipi di combustibile, è opportuno ipotizzare il combustibile più conveniente disponibile in porto (il tenore di zolfo del combustibile petrolifero deve rispettare limite dello 0,1%, ai sensi della normativa vigente).
43. Ovviamente, per le due tecniche di ACB monetaria (ACB completa e semplificata) l’indicatore di sintesi dato dal rapporto fra i benefici e i costi dovrà anche assicurare un valore di beneficio superiore ai costi.
44. Fonte: Eurostat: http://ec.europa.eu/eurostat/web/hicp/data/database
45. Ovvero l’analoga tabella inclusa nel 5° Rapporto IPCC  

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