La legge 4 agosto 2006, n. 248, di conversione del decreto-legge del 4 luglio 2006 n. 223 (conosciuto come decreto “Bersani”, dal nome del ministro proponente), stabilì, all'art. 36-bis, comma 3 che, a decorrere dal 1° ottobre 2006, a fini di promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro, nell’ambito dei cantieri edili, i datori di lavoro dovevano munire il personale occupato di un’apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. Si trattava di una norma recante le misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori. Tutto ciò con specifico riguardo al settore dell'edilizia, il quale vanta sempre i primi posti nelle statistiche nazionali, quanto a gravità e a indice di mortalità infortunistica.
Hai già rinnovato l'abbonamento ad Ambiente&Sicurezza? Clicca qui!
La circolare esplicativa n. 29 emanata dal ministero del Lavoro il 28 settembre 2006 ebbe chiarì che l'ambito di applicazione del comma 3 dell’art. 36 bis della L. n. 248/2006, «stante il riferimento a "l'ambito dei cantieri edili" (…) sembra coincidere con le imprese che svolgono le attività descritte dall'allegato I del D.Lgs. n. 494/1996, nel quale sono ricomprese sia aziende inquadrate o inquadrabili previdenzialmente come imprese edili sia imprese non edili che operano comunque nell'ambito delle realtà di cantiere».
Il campo di applicazione
Il campo di applicazione della previsione andava pertanto individuato con riferimento a tutte quelle imprese che svolgevano le attività di cui all'allegato I del D.Lgs. 494/1996 (attuale allegato X al D.Lgs. n. 81/2008), dando con ciò vita a un “cantiere temporaneo o mobile”, ora definito dall’art. 89, comma 1, lett. a) del testo unico della sicurezza sul lavoro.
Successivamente, l’obbligo di indossare la tessera di riconoscimento fu esteso dall’art. 6 della legge 3 agosto 2007, n. 123, con decorrenza 1° settembre 2007, sia al personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice sia ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro delle imprese, anche quando essi operano al di fuori di un cantiere edile, dunque in regime di “appalti interni” ex art. 26 del D.Lgs. n. 81/2008 (all’epoca art. 7 del D.Lgs. n. 626/1994). Si trattava, insomma, dell’estensione dell’analoga misura già prevista dall’art. 36-bis del decreto Bersani per il settore dell’edilizia. Questa estensione generalizzata produsse il risultato di assoggettare i lavoratori in ogni caso e in ogni realtà di lavoro, sia che fossero lavoratori dipendenti sia che operassero quali lavoratori autonomi, all’obbligo di indossare il tesserino di identificazione.
Sempre in base alle indicazioni della circolare ministeriale n. 29/2006, i dati contenuti nella tessera di riconoscimento «devono consentire l'inequivoco ed immediato riconoscimento del lavoratore interessato e pertanto, oltre alla fotografia, deve essere riportato in modo leggibile almeno il nome, il cognome e la data di nascita. La tessera inoltre deve indicare il nome o la ragione sociale dell'impresa datrice di lavoro».
Va detto che l’obbligo relativo alla tessera di riconoscimento costituisce un adempimento sicuramente funzionale alla logica del cantiere sicuro e dell’appalto sicuro; e tuttavia di sicurezza per così dire “superficiale”, attesa la cronica carenza dei controlli da parte degli organi di vigilanza. Inoltre, non è escluso che del tesserino facciano fittiziamente uso anche i lavoratori irregolari, frustrando così le ragioni che ne hanno legislativamente ispirato l’introduzione.
L’intervento del ministero
Circa la portata dell’obbligo è poi intervenuta la circolare del ministero del Lavoro 14 novembre 2007, n. 24, la quale, nell’intento di fornire indicazioni operative al personale ispettivo sulle norme di immediata attuazione della legge n. 123/2007, ha precisato che l’obbligo datoriale, «come risulta chiaramente dalla formulazione normativa, è quello di “munire” il “personale occupato” dall’azienda − come tale intendendosi sia i lavoratori subordinati che coloro i quali risultano comunque inseriti nel ciclo produttivo, ricevendo direttive in ordine alle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa dedotta in contratto (ad esempio lavoratore a progetto) − della tessera di riconoscimento, mentre l’obbligo in capo al lavoratore è quello di esporre detta tessera» e che, tenuto conto delle citate finalità della disposizione, i lavoratori «sono tenuti a portare indosso in chiara evidenza la tessera di riconoscimento e medesimo obbligo fa capo ai lavoratori autonomi che operano nell’ambito dell’appalto, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto (ad esempio, artigiani)».
Quanto al campo di applicazione dell’art. 6 della legge n. 123/2007, la medesima circolare del ministero del Lavoro n. 24/2007 precisò che esso doveva individuarsi nei soli appalti “interni”, e che la ratio della disposizione era di «consentire una più agevole identificazione del personale impegnato in contesti organizzativi complessi caratterizzati dalla compresenza, in uno stesso luogo, di lavoratori appartenenti a diversi datori di lavoro».
Ora, poiché l’art. 6 della legge n. 123/2007 è stato integralmente abrogato dall’art. 304, c.1, lett. c) del D.Lgs. n. 81/2008, mentre il comma 4 dell’art. 36-bis del D.L. n. 223/2006 è rimasto in vita, si è determinata una asimmetria normativa: a sensi di legge solo nei cantieri edili (non negli appalti interni che si svolgano al di fuori del campo di applicazione del titolo IV del D.Lgs. n. 81/2008), i datori di lavoro con meno di dieci dipendenti possono (ancora) assolvere all'obbligo di munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento «mediante annotazione, su apposito registro di cantiere vidimato dalla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente da tenersi sul luogo di lavoro, degli estremi del personale giornalmente impiegato nei lavori».
Sul punto la già citata circolare ministeriale n. 29/2006 ha ritenuto che dalla formulazione della norma «si evince che l'obbligo di tenere il registro in argomento è riferito a ciascun cantiere, cosicché l'impresa interessata è tenuta ad istituire più registri qualora impegnata contemporaneamente in lavori da effettuare in luoghi diversi. Viceversa, in caso di lavori da realizzarsi in tempi diversi, sarà possibile utilizzare il medesimo registro evidenziando tuttavia separatamente il giorno ed il luogo cui le annotazioni si riferiscono». Ancora la prefata circolare puntualizza che il registro «non può mai essere rimosso dal luogo di lavoro in quanto altrimenti si vanifica la finalità per la quale lo stesso è stato istituito «e che «le annotazioni sullo stesso vanno effettuate necessariamente prima dell'inizio dell'attività lavorativa giornaliera in quanto trattasi di un registro “di presenza” in cantiere”».
L’obbligatorietà
Allo stato attuale della normativa, ferma restando - come già detto - l’operatività dei commi 3 e 4 dell’art. 36-bis del D.L. n. 223/2006 (riferibili però unicamente alla realtà dei cantieri edili), l’obbligo di munire i lavoratori dipendenti (e assimilabili) della tessera di riconoscimento è sancito in linea generale, sia in capo al datore di lavoro sia in capo a ciascun dirigente prevenzionistico (secondo le attribuzioni e competenze a essi conferite), dall’art. 18, comma 1, lett. u) del D.Lgs. n. 81/2008 (obbligo di munire i lavoratori, nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto, di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro). Secondo quanto dispone l’art. 5 della Legge 13 agosto 2010 n. 136 di contrasto alla mafia, ai fini dell’identificazione degli addetti nei cantieri, «la tessera di riconoscimento di cui all'articolo 18, comma 1, lettera u), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, deve contenere, oltre agli elementi ivi specificati, anche la data di assunzione e, in caso di subappalto, la relativa autorizzazione». L’obbligo – questa volta di “esposizione”- della tessera di riconoscimento è stabilito sia per i lavoratori subordinati sia per i lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro: ma mentre per costoro la violazione dell’obbligo è assoggettata alla sanzione amministrativa pecuniaria da 55,84 a 335,05 euro, per datore di lavoro e dirigenti la più grave sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 1 mila euro stabilita originariamente dall’art. 55, comma 4, lett. h) del D.Lgs. n. 81/2008 è stata soppressa (sic!), con decorrenza 25 giugno 2008, dall’art. 39, comma 12 del D.L. 25.6.2008, n. 112 («Alla lettera h)») dell'articolo 55, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, le parole «degli articoli 18, comma 1, lettera u)» sono soppresse”), mentre è stata mantenuta la sanzione amministrativa pecuniaria più blanda di cui all’art. 55, comma 5, lett. i) del D.Lgs. n. 81/2008, correlata alla violazione dell’art. 26, comma 8 stesso decreto, pari ad una forbice sanzionatoria da da 111,68 a 558,41 euro riferita però a «ciascun lavoratore».
Se l’ambito è il cantiere
Da segnalare che la stessa identica violazione, qualora commessa in un cantiere edile, risulta assoggettata alla sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal comma 5 del già citato art. 36-bis del D.L. n. 223/2006, «da euro 100 ad euro 500 per ciascun lavoratore». Nondimeno, poiché detta sanzione, a differenza di quelle previste dal testo unico, non è soggetta alla rivalutazione quinquennale prevista dall’art. 306, comma 4-bis del testo unico, l’asimmetria sanzionatoria rispetto alla violazione dell’art. 26, comma 8 del D.Lgs. n. 81/2008 risulta evidente.
L’obbligo di munirsi (autonomamente) di tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, è stata imposta anche ad altre categorie di persone (componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del codice civile, lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell’articolo 2222 del codice civile, coltivatori diretti del fondo, soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, artigiani e piccoli commercianti), sempre a condizione che effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto. Ciò dispone l’art. 21, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 81/2008, la cui inosservanza prevede l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 55,84 a 335,05 euro «per ciascun soggetto» (art. 60, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 81/2008, nel testo emendato dal D.Lgs. n. 106/2009). Anche in questo caso l’art. 5 della legge 13 agosto 2010 n. 136 di contrasto alla mafia dispone che «nel caso di lavoratori autonomi», la tessera di riconoscimento di cui all'articolo 21, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 81/2008 «deve contenere anche l'indicazione del committente». Peraltro, quest’obbligo riguarda solo i lavoratori autonomi ex art. 2222 del codice civile non anche i lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel luogo di lavoro ai sensi dell’art. 20, comma 3, seconda parte del D.Lgs. n. 81/2008, essendo questi, in base all’undicesimo “considerando” e all’art. 10, par. 2 della direttiva 92/57/Cee, assimilabili alla figura del cosiddetto “datore di lavoro che lavora”. Inoltre, mentre questi ultimi devono munirsi della tessera di riconoscimento provvedendovi “per proprio conto”, per i primi non è chiaro se la debba fornire o meno il committente (nel silenzio della legge la soluzione obbligata è che dovrebbero giocoforza provvedere autonomamente i lavoratori autonomi (per l’appunto).
E coordinatori e datori?
Attesa la finalità della tessera di riconoscimento (individuazione dei lavoratori impegnati nella realizzazione dell’opera edile di ingegneria civile), di essa non sono obbligati a fare uso (se non a titolo facoltativo) né i coordinatori né i datori di lavoro delle imprese esecutrici. Ma quid iuris per i datori di lavoro che esercitano essi stessi la propria attività professionale, dei quali il legislatore si è totalmente dimenticato, nonostante essi siano da ricomprendere nella categoria degli “altri gruppi di persone” indicati all’art. 10, par. 2 della direttiva 92/57/Cee, e nonostante lo stesso legislatore comunitario, nell’undicesimo “considerando” di questa direttiva, abbia valutato che i datori di lavoro, che esercitano essi stessi un'attività professionale su un cantiere temporaneo o mobile «possono con le loro attività mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori»? (in base alle indicazioni delle circolari esplicative n. 29/2006 e n. 24/2007 già citate, sembrerebbe ipotizzabile anche nei loro confronti l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 55,84 a 335,05 euro «per ciascun soggetto», di cui all’art. 60, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 81/2008).
Da ultimo, pur in assenza di una esplicita previsione normativa, si riporta l’indirizzo della circolare ministeriale n. 29/2006 (riferibile però unicamente ai cantieri edili):«Sotto il profilo sanzionatorio la mancata tenuta sul luogo di lavoro del registro ovvero l'irregolare tenuta dello stesso comporta in capo al datore di lavoro la medesima sanzione prevista con riferimento alle tessere di riconoscimento (da € 100 ad € 500 per ciascun lavoratore), essendo il registro uno strumento alternativo ed equipollente alle stesse».